Pietari Inkinen al Teatro Dal Verme insieme al pianista Giuseppe Albanese
Giovedì 1 e sabato 3 febbraio in programma due capolavori Romantici: il Concerto di Schumann e l’Eroica di Beethoven.
Questa settimana, sul podio dell’Orchestra dei Pomeriggi Musicali, torna una delle più celebri bacchette di oggi, il finlandese Pietari Inkinen, ospite ricorrente delle stagioni al Dal Verme che non perde occasione per ritrovarsi con una delle sue “orchestre preferite”.
Per i consueti concerti settimanali della 79a Stagione 2023/2024 “Strumenti dell’anima” giovedì 1 febbraio (ore 10 e ore 20) e sabato 3 febbraio (ore 17), questo acclamato direttore – tra i pochi al mondo ad aver diretto al tetralogia wagneriana a Bayreuth – sarà impegnato in due pagine celeberrime del repertorio Romantico: il Concerto per pianoforte e orchestra in la minore op. 54 di Robert Schumann e la Sinfonia n. 3 in mi bemolle maggiore op. 55 “Eroica” di Ludwig van Beethoven.
Solista della pagina Schumanniana sarà il pianista Giuseppe Albanese, impegnato così in una delle dieci tappe dedicate ai più amati concerti pianistici del repertorio che si intersecano lungo la stagione dei Pomeriggi Musicali.
«“Innovativo” è forse l’aggettivo che più caratterizza i nostri tempi: un imperativo morale per qualsiasi progetto, ricerca, strategia di successo. Le due pagine in programma corrispondono pienamente a un intento squisitamente innovativo. Si potrebbe affermare che la qualità eccellente che queste partiture esprimono è debitrice, oltre che verso il genio degli autori, anche verso la volontà di rinnovamento che le ispirò». Con queste parole Raffaele Mellace introduce il pubblico nelle note di sala all’ascolto del programma di questa settimana. La pagina di Schumann fu il risultato di anni creativi tormentati, tra il 1839 e il 1845: dal debutto a Dresda affidato a Clara Wieck non è pero mai più uscito dal repertorio e ancora oggi è tra i più amati e apprezzati. Clara ne restò subito entusiasta: “Com’è ricco di invenzione, com’è interessante dal principio alla fine; com’è fresco, e quale insieme ben connesso! Studiandolo, provo un vero piacere”. Aveva ragione: la partitura è in effetti interessante, cioè innovativa e personalissima. […] Anche la Terza sinfonia rappresentò un impegno straordinario per Beethoven, che occupò eccezionalmente, al di là di abbozzi già del 1801, tra il 1802 e l’inizio del 1804, fruttando un intero quaderno di abbozzi tormentati. Della novità dell’impresa era naturalmente ben conscio lo stesso artista, che nel presentare la sinfonia all’editore chiosava fiducioso, seppur con notevole understatement: “Credo che interesserà il pubblico musicale”. Con l’Eroica Beethoven impresse una direzione affatto nuova alla sinfonia, realmente “grande” sotto vari profili: nell’accrescimento delle dimensioni, raddoppiate rispetto alle sinfonie precedenti (Beethoven stesso suggeriva di tenerne conto nella collocazione all’interno dei concerti), non per moltiplicazione dei tempi, bensì per inusuale dilatazione degli stessi; nell’accrescimento dell’organico orchestrale, che guadagna soltanto un terzo corno, strumento peraltro chiave nella partitura, ma indica alla moderna orchestra sinfonica una direzione precisa (ad esempio nella costruzione di una sezione di ottoni incomparabile con quella settecentesca). La novità storicamente forse più notevole sta però nell’intenzione di concepire un intero lavoro all’insegna di un’unica idea poetica: tradurre in suoni una grandezza fuori dal comune, quel sublime che in una stagione tanto inquieta per l’Europa non poteva se non assumere la forma dell’idealità eroica coltivata dal coevo immaginario neoclassico: perfettamente in linea con la statua di Napoleone come Marte pacificatore di Canova, esattamente coeva (1803-06) della sinfonia beethoveniana, la cui versione in bronzo campeggia nel cortile di Brera, o con i versi del terzo inno delle Grazie foscoliane, dedicato a Pallade, che «sola tien l’asta paterna / […] per cui splende / a’ magnanimi eroi sacro il trionfo».