Il ritorno del direttore George Pehlivanian al Teatro Dal Verme - I Pomeriggi Musicali - Teatro Dal Verme

Il ritorno del direttore George Pehlivanian al Teatro Dal Verme

Il ventenne pianista Roman Borisov solista del Primo Concerto di Čajkovskij e poi spazio alla Sinfonia “Dal nuovo mondo” di Dvořák

Nuovo appuntamento della rassegna “Altri Pomeriggi” riservato agli Under30: incontro con gli artisti e aperitivo prima del concerto

È uno dei direttori più amati e apprezzati dal pubblico e dalla stessa Orchestra “I Pomeriggi Musicali”: George Pehlivanian che torna per i tradizionali concerti settimanali dell’istituzione milanese, al Teatro Dal Verme, giovedì 29 febbraio (ore 10 e ore 20) e sabato 2 marzo (ore 17).
In programma due capolavori del repertorio Ottocentesco con, nella prima parte, il celebre Concerto n. 1 in Si bemolle maggiore per pianoforte e orchestra op. 23 di Pëtr Il’ič Čajkovskij, solista il ventenne Roman Borisov, che debutta a Milano dopo alcuni concerti rivelazione nella maggiori sale da concerto europee. Studi a Novosibirsk e poi a Berlino, Borisov è tra i pianisti più seguiti da stampa e appassionati in questi ultimi mesi. Nella seconda parte, Pehlivanian guiderà I Pomeriggi Musicali nella Sinfonia n. 9 in Mi minore op. 95 “Dal Nuovo Mondo” di Antonín Dvořák.
Giovedì 29 febbraio alle ore 18.45, nella Sala Terrazzo del Teatro Dal Verme, ci sarà anche un nuovo appuntamento della rassegna “Altri Pomeriggi” dedicata agli Under30: prima del concerto i partecipanti potranno incontrare e fare un aperitivo con Pehlivanian e Borisov, in un clima informale e di preparazione collettiva all’ascolto.

«Lo splendido programma odierno – scrive Raffaele Mellace nelle note di sala – propone due capolavori che condividono una serie di caratteristiche: sono opera di due artisti slavi, legati tra loro da amicizia; rappresentano un confronto serrato e vittorioso con la tradizione classico-romantica occidentale; ibridano forma accademica ispirazione folklorica; hanno debuttato negli Stati Uniti; si sono guadagnati perdurante popolarità universale. Ciascuno, peraltro, declina in termini propri la felicità creativa che li contraddistingue. L’empito sentimentale tardoromantico è la cifra distintiva del Primo Concerto per pianoforte di Pëtr Il’ič Čajkovskij. Primo e sofferto cimento del compositore con questo genere di grande impegno, il Concerto fu completato in poche settimane sul finire del 1874, in quella che, inaugurata dal trionfo della Sinfonia n. 2 “Piccola Russia” l’anno prima, si stava confermando come stagione creativa di straordinaria intensità. Con questo lavoro Čajkovskij, di suo pianista di vaglia, entra in un panorama internazionale popolato da concorrenti come Liszt e Brahms. Lo fa con audace e per l’epoca sconcertante originalità formale, al tempo stesso tenendo fede agli ideali nazionalisti che postulavano la fecondazione della musica d’arte da parte del patrimonio folklorico. […] Anche la Sinfonia in programma rappresenta per il suo autore un cimento, l’estremo, con una forma illustre della tradizione occidentale. Penultima partitura sinfonica di Antonín Dvořák, la Sinfonia in Mi minore “Dal Nuovo Mondo” nasce in una stagione professionale singolare del compositore, chiamato nel 1891 dalla ricca filantropa Jeannette Thurber, a dirigere il nuovo National Conservatory of Music di New York. Reduce da una tournée in Russia su invito di Čajkovskij, unico compositore europeo di prima sfera a istituire un rapporto non episodico con gli Stati Uniti, nei tre anni della piena maturità (1892-95) trascorsi come direttore e professore di composizione, Dvořák proseguì nel solco della ricerca che l’aveva sempre ispirato, raccogliendo l’appello dei suoi interlocutori d’Oltreoceano a “indicare loro la Terra promessa, il regno di un’arte nuova e indipendente, insomma uno stile di musica nazionale”. Lo fece raccogliendo per il tramite d’un allievo afroamericano, Harry Thacker Burleigh, canti delle piantagioni e melodie dei nativi americani (le due grandi “riserve” di cultura musicale altra rispetto a quella europea), teorizzò i parametri (la scala pentatonica, che conferisce all’invenzione tematica un sapore inconfondibile, peculiarità ritmiche come la sincope) d’uno stile nazionale americano, introdusse elementi di tale vocabolario nell’importante serie di composizioni realizzata in quel torno d’anni, primi fra tutti i tre lavori del 1893: la cantata The American Flag op. 102, il Quartetto n. 12 “Americano” e appunto la Sinfonia n. 9 “Dal Nuovo Mondo”, scritta tra il 10 gennaio e il 24 maggio 1893, e presentata dal tedesco Anton Seidl nel dicembre alla Carnegie Hall di New York. Non si tratta tuttavia di genuina trascrizione di materiale folklorico, secondo una moderna concezione etnomusicologica. Piuttosto Dvořák sussume, come lui stesso dichiarò, questi materiali nel processo creativo, ricavandone motivi originali, com’era abituato a fare con la musica folklorica boema».