Le date
Arnold Schönberg, Verklarte Nacht op. 4
Ludvig van Beethoven, Sinfonia n. 8 op. 93
Biglietteria
Prove Aperte
Biglietti: Euro 10,00/8,00 + prevendita
67a Stagione
Abbonamenti
Interi: da € 252,00 a € 157,50
Ridotti: da € 189,00 a € 115,50
Biglietti
Interi: da € 19,00 a € 10,00
Ridotti: da € 15,00 a € 8,50
Il Cast
Direttore: Pierre André Valade
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Note di sala
Guida all’ascolto di Margherita Senes
Nel 1899 il giovane Arnold SchÓ§nberg compone il «poema sinfonico per sestetto d’archi» Verklärte Nacht (Notte trasfigurata), ispirandosi all’omonima poesia di Richard Dehmel. Rimetterà mano alla partitura nel 1917 per elaborarne la versione orchestrale.
Definito da Mittner “compendio forse insuperato di tutto il cattivo gusto del fine secolo”, Richard Dehmel interpreta liricamente il pensiero naturalistico di quegli anni sulla scia di Detlev von Liliencron, risultando, però, meno autentico di quest’ultimo e più propenso, piuttosto, ad un simbolismo “decorativo” e superficiale alla continua “ricerca della liberazione dell’istinto erotico dalle convenzioni sociali e più ancora dalla tirannia dell’intelletto”. Eppure, se la critica di oggi certo non lo osanna, Dehmel viene apprezzato dai contemporanei e pubblica diverse raccolte di versi, tra cui, nel 1896, Weib und Welt (La donna e il mondo) in cui compare, per l’appunto, Verklärte Nacht. Un uomo e una donna camminano in un bosco di notte al chiarore della luna; la donna confessa: «Ich trag ein Kind, und nicht von dir, ich geh in Sünde neben dir.» (Ho in grembo un bambino, ma non tuo, cammino nel peccato accanto a te). L’uomo, spinto dalla forza dell’amore e incurante delle convenzioni, proclama come suo il bambino, che si trasfigurerà nel frutto del loro amore.
SchÓ§nberg pare seguire la narrazione poetica con una scrittura musicale ora pacata e riflessiva, ora animata e intensa; egli però utilizza la tecnica del leit-motiv in maniera del tutto libera dai modelli tradizionali e ricorre costantemente a un cromatismo esasperato, irreversibilmente avviato verso la dissoluzione del senso tonale. In realtà egli stesso ammette che la composizione non rientra nei canoni della musica a programma e che «…ha delle caratteristiche che sono sufficienti all’ascolto… ovvero che essa può essere apprezzata come ‘musica pura’.» Chi ascolta, dunque, è libero di vivere le proprie suggestioni, indipendentemente dalla conoscenza del testo poetico, e può essere capace di cogliere l’essenza più profonda dell’opera d’arte musicale. Autodefinendosi brahmsiano e wagneriano, SchÓ§nberg svela le origini del suo percorso di formazione e riconosce i suoi maestri, ma allo stesso tempo intraprende un cammino personale e originale che lo porterà alla rivoluzione del linguaggio musicale. In un saggio del 1912, affronta l’antica questione dell’emancipazione della musica dal testo letterario trattando il problema con nuove argomentazioni e, ponendo l’accento sul concetto che la musica va intesa «in termini puramente musicali», egli ribadisce che sono la forma e la struttura della composizione gli strumenti cardine per la sua comprensibilità.
La prima viennese di Verklärte Nacht avviene nel 1903 grazie all’interessamento di Gustav Mahler, che ne affida l’esecuzione al Quartetto Rosé e a due strumentisti dei Wiener Philharmoniker. Il pubblico della celebre società di concerti Tonkunstlerverein non gradisce il brano che viene «fischiato con tumulti e pugilati», come riferisce lo stesso SchÓ§nberg; eppure di lì a qualche anno, soprattutto grazie alla versione orchestrale, la composizione otterrà consensi e successo, divenendo una delle sue opere più eseguite.
La prima esecuzione della Sinfonia n. 8, il 27 febbraio 1814 presso la Sala grande della Redoute a Vienna, cade sotto sfortunati auspici: il programma, infatti, prevede anche la Settima Sinfonia op.92, oltre che La Vittoria di Wellington op.91, e ciò provoca una malaugurata concorrenza tra i due lavori che si risolve in una chiara preferenza del pubblico per la Settima. Scrive a proposito l’ Allgemeine Musikalische Zeitung : «la Sinfonia non è stata accolta con l’entusiasmo caratteristico delle opere di unanime consenso… manca di furore…». Si dice che Beethoven, indispettito e contrariato per il mancato successo, abbia sarcasticamente affermato che sicuramente l’Ottava Sinfonia era la sua migliore anche se è altrettanto vero che in tempi successivi rivede la sua posizione e si pronuncia più volte in favore della Settima. Oggettivamente l’Ottava Sinfonia si contraddistingue per alcune differenze sostanziali all’interno della produzione sinfonica beethoveniana, differenze che però vanno lette nel segno della continuità dell’evoluzione del suo pensiero compositivo e non in contrapposizione. Chiamata dallo stesso Beethoven die kleine (la piccola) per la sua brevità, l’Ottava interrompe quel processo di dilatazione delle proporzioni che era stato una costante fino all’op. 92 rifugiandosi in una dimensione apparentemente settecentesca, fatta di grazia, allegria e dolcezza. All’ascolto, però, non possono sfuggire alcuni elementi ritmici e melodici di contrasto, che pervadono la composizione di atmosfere ora comiche, ora sarcastiche, ora pigre ora scoppiettanti. Singolare novità l’ Allegretto scherzando in luogo del tempo lento, puntellato dall’accompagnamento dei fiati che, sembra, sia stato ispirato a Beethoven dall’invenzione del metronomo di Mälzel. Di contro, ricompare a sorpresa il Minuetto, lento e serafico, che ci immerge con sapiente ironia nell’aria galante del secolo appena concluso. L’Allegro vivace finale ci restituisce brio e buon umore in un rutilante susseguirsi di acuti stratagemmi compositivi, soprattutto in favore del tema iniziale, che si insinua, si trasforma e si ripresenta in un crescendo emotivo da lasciare senza fiato.