67a Stagione Sinfonica Orchestra I Pomeriggi Musicali - I Pomeriggi Musicali - Teatro Dal Verme

Le date

Sala Grande
giovedì 01 dicembre 2011
Ore: 00:00*
giovedì 01 dicembre 2011
Ore: 21:00
sabato 03 dicembre 2011
Ore: 17:00
*I Pomeriggi in anteprima

Marcello Panni, Short
Alfredo Casella, Concerto per violoncello e orchestra op.58
Goffredo Petrassi, Ritratto di don Chisciotte
Giacomo Puccini/Marcello Panni, Inno a Diana; Inno a Roma

Biglietteria

Prove Aperte

Biglietti: Euro 10,00/8,00 + prevendita

67a Stagione

Abbonamenti
Interi: da € 252,00 a € 157,50
Ridotti: da € 189,00 a € 115,50

Biglietti
Interi: da € 19,00 a € 10,00
Ridotti: da € 15,00 a € 8,50

Il Cast

Direttore: Marcello Panni
Violoncello: Umberto Clerici
Tenore: Luca Di Gioia
Orchestra I Pomeriggi Musicali

Note di sala

Guida all’ascolto di Oreste Bossini
I lavori scelti nel programma del concerto compongono una sorta di ritratto musicale di Roma nel Novecento. Marcello Panni è stato fin dagli esordi, negli anni Sessanta, uno dei protagonisti della scena musicale romana, segnalandosi come uno dei più promettenti compositori e direttori d’orchestra della nuova generazione. Suo maestro è stato il grande vecchio della musica italiana, Goffredo Petrassi, che ritroviamo nel programma con uno dei lavori più rappresentativi della sua produzione teatrale, il balletto Ritratto di Don Chisciotte. A sua volta il nome di Petrassi è legato alla figura di Alfredo Casella, il musicista italiano del primo Novecento più colto e aperto alle nuove tendenze della musica europea. Grazie al generoso aiuto di Casella, il giovane Petrassi ebbe la possibilità di far conoscere a livello internazionale i suoi primi lavori, che destarono una favorevole impressione per la capacità d’interpretare in maniera vivace e fresca lo stile neoclassico allora dominante.

Il programma dunque mette in luce un filo rosso che collega l’ambiente musicale romano dagli anni Trenta fino ai giorni nostri, mostrando come la scuola di Casella abbia conferito un respiro culturale di livello internazionale a una tradizione radicata in una altissima storia secolare. Casella portò nella Roma musicale del regime fascista, avvolta di retorica imperiale e immersa in sorpassati edonismi, il gusto per il gioco e la maschera delle avanguardie parigine, sulla falsariga del neoclassicismo di Stravinskij. Il tocco ironico e leggero della musica di Panni ha forse la sua lontana origine nella cerchia di giovani musicisti e intellettuali riuniti attorno alla casa romana di Casella, che cercava di mantenere aperto il dialogo tra la cultura italiana e il resto del mondo occidentale in un momento particolarmente difficile e carico d’incognite della storia europea.

Panni ha scritto Short per l’Orchestra Sinfonica di Melbourne, in Australia, che ha eseguito per la prima volta il lavoro nel maggio 2008 con la direzione di Oleg Caetani. Si tratta di una musica per un immaginario corto cinematografico, “short” appunto, articolato in un ciclo di cinque brevi pezzi per orchestra.

Il desiderio di scavare nel rapporto tra linguaggi diversi, alla ricerca di affinità e di corrispondenze sempre più intrecciate nel panorama della cultura attuale, è un gioco intellettuale che alimenta in forme diverse la musica di Panni. Una di queste è per esempio la trascrizione, che può toccare un’ampia gamma di sfumature, dalla parodia al travestimento. In questo caso si tratta di un “costume” orchestrale disegnato da Panni per due lavori di musica vocale di Giacomo Puccini, l’Inno a Diana e l’Inno a Roma. Il primo è un testo dell’avvocato e giornalista napoletano d’origine francese Carlo Abeniacar (Charles Abéniacar), musicato da Puccini nel 1897. I due erano amici e compagni di avventure in quanto cacciatori, sui quali appunto l’Inno invoca in maniera scherzosa la protezione di Diana. Il secondo invece è un testo del poeta e librettista Fausto Salvatori, che sulla falsariga del Carmen Saeculare di Orazio celebra la gloria della capitale d’Italia all’indomani della Vittoria. Puccini, che non aveva mai dimostrato molto entusiasmo per la Guerra, conferì alla sua maniera una veste musicale alla retorica del testo, che nel 1919 aveva solo un’intonazione patriottica. L’originale infatti prevede il modesto eroismo di un accompagnamento di pianoforte, mentre le versioni più note divennero le trascrizioni per banda e per orchestra di autori come Alessandro Vessella e Nuccio Fiorda. Il regime fascista sfruttò in maniera spregiudicata l’Inno a Roma, che divenne negli anni successivi una sorta di iscrizione d’ufficio dell’autore al Partito, grazie anche alla popolarità di grandi interpreti come Beniamino Gigli. Panni gioca nella sua versione musicale con le contraddizioni di Puccini, che non riusciva a fare a meno allo stesso tempo né della riservatezza della sfera privata né del protagonismo delle luci della ribalta. I due Inni orchestrati da Panni sono stati ascoltati per la prima volta all’Università di Roma “Tor Vergata” il 4 marzo del 2009.

L’esaltazione della Roma imperiale è stata uno dei cardini della politica culturale fascista degli anni Trenta. Anche all’interno dei circoli artistici favorevoli al regime, tuttavia, non tutti avevano le stesse opinioni sulla questione delle radici dell’identità italiana. In campo musicale, per esempio, Casella era il più autorevole rappresentante del movimento modernista, che intendeva rinnovare la musica italiana recuperando un rapporto con la musica strumentale del primo Settecento, in polemica con il vecchio melodramma ottocentesco. La riscoperta della musica di Vivaldi rappresenta una delle imprese culturali più rilevanti intraprese in quegli anni da Casella, in collaborazione con il poeta americano Ezra Pound e la sua compagna Olga Rudge. La Vivaldi Renaissence culminò nel 1939 con una famosa rassegna dell’Accademia Chigiana promossa da Casella, che riportò all’attenzione del pubblico l’appassionato stile concertante del Prete Rosso. La struttura della musica barocca era inoltre il modello principale del Neoclassicismo dominante negli anni Trenta a livello europeo. Casella aveva sperimentato diverse soluzioni formali di questo genere, in particolare con il Triplo Concerto op. 56 del 1933, scritto su misura per il Trio Italiano, formato assieme al violinista Alberto Poltronieri e al violoncellista Arturo Bonucci. Due anni dopo, Casella scrisse per Bonucci anche un Concerto solistico, op. 58, che rappresenta uno dei lavori migliori di musica strumentale italiana del Novecento storico. Malgrado l’influenza di Vivaldi sulla forma concertante, la musica di Casella è animata da un impulso dinamico futurista che rasenta in certi punti il furore. L’armonia si salda con il ritmo per formare dei blocchi sonori squadrati, che ricordano lavori analoghi di quegli anni di Hindemith e di Prokof’ev. Il Largo, grave centrale contiene le pagine più originali, grazie a un intenso lirismo espressivo e a invenzioni timbriche di grande effetto.

Ritratto di Don Chisciotte è stato il secondo balletto di Petrassi scritto in collaborazione con il coreografo ungherese Aurelio Milloss, autore anche del soggetto. La partitura risale all’autunno del 1945, ma lo spettacolo fu allestito dai Ballets des Champs-Elysées di Boris Kochno soltanto nel novembre del 1947. La Suite orchestrale invece ha avuto la prima esecuzione il 15 settembre 1946 al Teatro La Fenice di Venezia, dove Petrassi era stato Sovrintendente prima della Guerra. Come nel caso del precedente La follia di Orlando, l’intenzione degli autori era di raffigurare un ritratto per così dire spirituale del personaggio di Cervantes, evitando una coreografia di carattere narrativo e d’azione. La musica di Petrassi rispecchia il carattere astratto del soggetto e scruta nell’animo di Don Chosciotte con una magistrale ricchezza di sfumature timbriche e d’invenzione contrappuntistica. La Suite, articolata in sette sezioni, contiene quasi per intero la musica del balletto, tranne un intermezzo e qualche episodio minore. Petrassi traccia un robusto arco drammatico, che poggia sulle quattro danze della coreografia. La prima illustra la metamorfosi dell’uomo idealista in Don Chisciotte, segnato da un bizzarro assolo di violino. Nella seconda vengono condensate in sintesi le prime avventure del Cavaliere errante, con un linguaggio musicale di volta in volta brillante e visionario. Dopo un breve riferimento a Dulcinea nel secondo Intermezzo, la terza danza esprime il carattere contemplativo dell’eroe, impegnato negli esercizi ascetici e nella riflessione religiosa. Infine le ultime avventure e la morte rappresentano la conclusione di un lavoro teatrale volto a scavare nella psicologia dell’uomo contemporaneo, che si rispecchia in uno dei principali archetipi della letteratura moderna. La conclusione della musica di Petrassi è amara e pessimista, soltanto ammorbidita qua e là dal dolce affiorare dei ricordi.