Le date
Concerto di Natale
Musiche di Rossini e Strauss
Biglietteria
Prove Aperte
Biglietti: Euro 10,00/8,00 + prevendita
67a Stagione
Abbonamenti
Interi: da € 252,00 a € 157,50
Ridotti: da € 189,00 a € 115,50
Biglietti
Interi: da € 19,00 a € 10,00
Ridotti: da € 15,00 a € 8,50
Il Cast
Direttore: Daniele Agiman
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Note di sala
Johann Strauss padre: Zampa Galop
Josef Strauss: Frauenherz
Gioachino Rossini: Sinfonia da Il Signor Bruschino
Josef Strauss: Delirien Walzer
Johann Strauss figlio: Jubelfest Marsch
Gioachino Rossini: Sinfonia da La Cenerentola
Johann Strauss figlio: Lagunenwalzer
Johann Strauss figlio: Eljen A Magjar
Gioachino Rossini: Sinfonia da Italiana In Algeri
Johann Strauss figlio: Unter Donner Und Blitz
Johann Strauss figlio: Ouverture da Die Fledermaus
Johann Strauss padre: Radetzky Marsch
Guida a cura di Mariateresa Dellaborra
Il secolo XIX, particolarmente ricco di fermenti in ambito artistico, nella produzione musicale ha assistito al fiorire di nuovi generi ed è stato costellato da una serie di personalità che hanno segnato tappe fondamentali nell’evoluzione sia delle forme sia degli stili, gettando le basi per innovative tendenze. Tra queste, Strauss jr e Rossini: ognuno con uno specifico ruolo e ambito d’azione. Johann Strauss figlio (1825-1899) è indubitabilmente riconosciuto come uno dei più importanti compositori austriaci di musica da ballo e di operette; Rossini (1792-1868) come il trait d’union tra il melodramma settecentesco e quello ottocentesco, primus inter pares nel cosiddetto “quadrifoglio romantico” (completato da Bellini, Donizetti e Verdi), nonché creatore del grand opéra francese. Entrambi piuttosto longevi per l’epoca (vissero più di settant’anni), entrambi punto di riferimento per molti compositori della loro generazione, entrambi impegnati nella divulgazione della musica di colleghi contemporanei.
Oltre ad incentrare l’attenzione quasi esclusivamente su questi due autori, che presentano numerose somiglianze, il programma del concerto offre un interessante ventaglio delle forme musicali più in voga nel XIX secolo (danze: polka, walzer, marcia, galop; sinfonie e ouverture d’opera), riuscendo a far assaporare, per dirla con Emile Zola, «come quel mondo potesse essere bello».
Figlio primogenito del compositore Johann Strauss sr, Johann jr deve la sua fama soprattutto ai valzer, del quale era (ed è tuttora) universalmente riconosciuto “re”. Robert Schumann ne ha precisato le motivazioni, facendo ricorso a questa distinzione: « Ci sono i valzer della testa, i valzer dei piedi e i valzer dei cuori. I primi vengono scritti sbadigliando, in camicia da notte, quando in strada sfrecciano le carrozze dirette ad un ballo e nessuno si ferma a raccoglierti. […]. I secondi sono quelli di Strauss, in cui tutto ondeggia e salta (riccioli, occhi, labbra, braccia, piedi). Lo spettatore viene trascinato fra i ballerini, i suonatori sono allegri. […]. ». Molti valzer godono tuttora di apprezzamento considerevole: è il caso di Lagunen-Walzer op. 411, composto nel 1883 ed eseguito in prima assoluta nella Göldener-Saal del Musikverein di Vienna, teatro ancora oggi destinato a consacrare la fama del musicista durante il tradizionale concerto di capodanno. Il brano è basato sui motivi dell’operetta Eine nacht in Venedig. In particolare la melodia principale del valzer è tratta dal canto che il Duca di Urbino deve intonare nel terzo atto. Tale passo, efficacissimo per inventiva melodica, venne clamorosamente fischiato a causa del testo piuttosto imbarazzante («Di notte, i gatti sono grigi, di notte teneramente si dicono miao») che fu prontamente modificato («Oh, come è splendido vedere, tutte queste belle donne»).
Tra le oltre 500 composizioni strumentali che Strauss allineò nel corso di una carriera più che quarantennale, altre danze, quadriglie e balli allora alla moda, hanno goduto di estrema notorietà: in particolare la polka veloce Éljen a Magyar! (Viva gli ungheresi!), op. 332, concepita appositamente nel marzo 1869 ed eseguita durante la serata inaugurale del nuovo Redoutensaal nella cittadina di Pest. La dedica alla “Nobile nazione ungherese” fu particolarmente applaudita dal pubblico e il brano ripetutamente richiesto come bis durante il concerto. I temi gradevoli, sapientemente elaborati trovarono il loro momento di massimo apprezzamento nella coda, liberamente ispirata alla Ràkòczi-Marsch, una canzone patriottica molto popolare in Ungheria che aveva già attirato l’attenzione di Hector Berlioz ed era stata inserita nell’opera La damnation de Faust (1846). Ulteriore esempio di Schnell Polka, forma di ispirazione popolare desunta dal mondo boemo, è Unter Donner und Blitz op. 324 (Sotto tuoni e lampi) che, proprio avvalendosi del tempo veloce, riesce a descrivere con estrema efficacia le immagini contenute nel titolo.
Anche lo schema formale della Marcia fu approfondito e divulgato da Johann jr che riuscì a trasformarlo da pezzo prevalentemente legato a cerimonie militari o con funzioni specifiche in ambito politico e civile, in brano da intrattenimento, pur mantenendone le caratteristiche peculiari. La Jubelfest-Marsch op. 396, ne è esempio illuminante. Essa fu infatti scritta per rendere ancora più sontuose le celebrazioni nuziali del 10 maggio 1881 a Vienna tra il figlio dell’imperatore Rodolfo e la principessa Stefania del Belgio. Fu diretta personalmente dall’autore nel Theater an der Wien, nella versione solo orchestrale, pur essendo stata originariamente pensata con un testo celebrativo, destinato a un coro maschile e scritto da Richard Genee librettista fidato di Strauss.
Altro repertorio in cui Strauss seppe proficuamente impegnarsi fu quello dell’operetta. Sedici titoli nell’arco di poco meno di trent’anni, sancirono la sua notorietà e contribuirono ad affermare il genere, tanto che nella seconda metà dell’Ottocento in Austria si parlò di Goldene Operettenära (Era d’oro dell’operetta viennese). Il più deciso successo straussiano coincise con l’allestimento di Die Fledermaus (Il pipistrello)
Pur realizzato in modo piuttosto rocambolesco nell’aprile del 1874, Il pipistrello ottenne un esito clamoroso non tanto per quanto atteneva il libretto, che rimaneggiava, adattandola al gusto viennese, la commedia Le réveillon di Henri Meilhac e Ludovic Halévy, quanto per il fascino della musica che, senza travolgere, come scrisse un critico in occasione della prima, ebbe la capacità di suscitare l’attenzione e il coinvolgimento degli spettatori che accompagnarono col battito delle mani quasi ogni numero dello spettacolo. Di lì a poco, com’era sua abitudine, rielaborando i motivi e le più belle melodie del Fledermaus, Strauss ricavò le danze per le sale da concerto.
Il concerto odierno prevede un ulteriore omaggio agli Strauss attraverso l’esecuzione di due brani di Josef, secondogenito della famiglia, non interessato alla carriera militare, cui voleva destinarlo il padre, ma agli studi di ingegneria. Soltanto a seguito di una prolungata malattia del fratello Johann, nel 1853, fu costretto ad applicarsi allo studio musicale, trasformandosi in brevissimo tempo in direttore e violinista. Ebbe subito dalla sua parte critica e pubblico e lo stesso Johann ne riconobbe il talento. Oltre a comporre brani originali, Josef contribuì ad ampliare in modo determinante il repertorio delle orchestre Strauss inserendo sempre più frequentemente nei suoi concerti pagine di Wagner, Berlioz e Liszt.
Per il carattere schivo e il desiderio di introspezione, apparve tipico artista romantico, attento a studiare il repertorio contemporaneo e a trarne ispirazione. Ad esempio apprezzava e considerava estremamente congeniale l’opera di Schubert – tanto da essere considerato “lo Schubert del Valzer” – oltre che quella di Wagner, della quale offrì un valido esempio con Delirien-Walzer (Valzer del delirio) op. 212. La malinconia e il tormento che vi traspaiono, riflettono appieno il carattere ombroso e schivo dell’autore. Di altro tono, sebbene vi sia sempre prevalente la propensione alla poesia e alla dolcezza, è la polka-mazurka, Frauenherz (Cuore di donna) op. 166.
Ad inizio e a conclusione del concerto, secondo la migliore tradizione viennese, sono incastonati due brani di Johann Strauss senior: Zampa Galop op. 62a e Radetzky March, op. 228, composta nel 1848 con dedica al maresciallo austriaco Joseph Radetzky von Radetz per la sua vittoria a Novara su Carlo Alberto e subito divenuta popolare tra le truppe. La consuetudine odierna del pubblico, che accompagna con il battito delle mani e sotto la direzione del direttore alcune sezioni della composizione, è legata all’effetto che il brano produsse nei primi spettatori. Appena la ascoltarono, infatti, gli ufficiali austriaci si misero subito ad accompagnare sincronicamente la musica con le mani e i piedi. In effetti, nonostante il titolo e il piglio militare, l’atmosfera generale della composizione è festosa, se non addirittura spensierata, e sembra, secondo quanto ipotizzato da alcuni studiosi, non tanto l’omaggio solenne di Strauss senior, fedele monarchico, alla vita militare, quanto il ringraziamento di un padre per aver dispensato il figlio dall’averla intrapresa. La struttura del brano è scandita su tre ampie sezioni che, ad eccezione dell’introduzione, affidata al gruppo di fiati, prevedono regolarmente la ripresa del trascinante e ritmato ritornello.
Nel teatro d’opera settecentesco, l’ouverture, com’è noto, aveva essenzialmente il compito di richiamare l’attenzione degli spettatori circa l’inizio dello spettacolo. Il pubblico infatti, giunto in teatro soprattutto per concludere o intraprendere commerci e affari disparati o per dedicarsi a divertimenti di vario genere, considerava la musica prevalentemente come sottofondo alle proprie attività e seguiva l’opera solo nei momenti in cui la prima donna o il primo uomo entravano in scena con i loro “pezzi forti”. Il brano introduttivo dunque non necessariamente doveva avere un legame o una relazione diretta con l’opera. Rossini non si sottrae a questa prassi, ma la sua ouverture acquista ben presto una “forza aggressiva” che cambia i connotati stessi dello schema formale oltre a elettrizzare l’ascoltatore, a catalizzarne l’attenzione e a predisporlo alla gioia fisica del suono, rivelando le “generalità” inconfondibili del suo creatore. Questa aggressività che afferra il pubblico è evidente nelle tre pagine in programma, le prime due delle quali originali (scritte cioè espressamente per le opere in cui vennero presentate), la terza prelevata da un altro melodramma.
Con Il signor Bruschino o sia il figlio per azzardo (1813) Rossini chiude un primo periodo di attività e dà avvio a una seconda fase di opera buffa che avrà come esempi perfetti L’Italiana in Algeri e Cenerentola (oltre al Barbiere di Siviglia). L’opera non ottenne successo, a cominciare dall’ouverture che conteneva un coup de théâtre geniale e che invece fu interpretato come uno scherzo, una burla ai danni degli spettatori. Questa novità, che coinvolge soprattutto l’aspetto ritmico dell’ouverture, riguarda i violini, trattati, in una sezione specifica, come strumenti a percussione. Infatti, all’inizio, prima dell’esposizione del primo motivo tematico fondamentale, tutto staccato e brillante, essi devono staccare l’arco dalle corde e batterlo sul leggio, creando una sospensione, un’attesa. La stessa operazione viene ripetuta anche prima della comparsa del secondo tema, delicato e affidato a flauti e clarinetti; ancora in concomitanza con la ripresa di entrambi e, come se non bastasse, alla fine, prima degli accordi di chiusura. Se questa trovata lasciò disgustato il pubblico, fu invece molto apprezzata dalla critica che la intese come segno di intelligenza ironica, di “attesa del suono”, pur senza disconoscerne il significato burlesco.
Con L’Italiana in Algeri (1813) lo schema formale tradizionale dell’ouverture viene allargato. Un’introduzione, Andante pacato, si impone per il malinconico e capriccioso disegno dell’oboe e lascia intravvedere lo spirito del crescendo che inonderà l’intera partitura. Segue quindi una nuova sezione in cui il tema principale viene gestito in modo sapiente, con un perfetto equilibrio di imitazioni e di giochi tematici. La melodia sorge spontanea ed elegante dal flauto, poi passa nei violini, si fa più incisiva nel dialogo col flauto e dà quindi vita al crescendo che inizia in pianissimo.
Con Cenerentola, ultima opera comica di Rossini, che dal 1817 si dedicherà esclusivamente all’opera seria, si assiste al “riciclo” dell’ouverture, cioè all’adozione – tuttavia assolutamente naturale – da un’altra opera, La gazzetta, che non ebbe buona accoglienza dal pubblico. L’ouverture presenta un efficace contrasto tra i due tempi di cui si compone: un Maestoso, solenne e in taluni punti enigmatico, e un Allegro vivace, scherzoso e brillante. In questo caso, paradossalmente, l’ouverture sembra sintetizzare l’intera vicenda narrata durante l’opera (non va dimenticato che questa fu prodigiosamente creata in meno di 24 giorni) e in più sfrutta al massimo grado le particolari risorse tecniche di ogni singolo strumento, realizzando quel prodigioso procedimento per cui, come ebbe a dire Rognoni, in Rossini «il suono si fa parola».
Mariateresa Dellaborra, laureata in musicologia e diplomata in pianoforte, si dedica principalmente allo studio della musica italiana tra xviii e xix secolo. Ha pubblicato libri e saggi per Olschki, ETS, Brepols, L’epos, Lim, Ut Orpheus, Rugginenti, Marsilio, compilato numerose voci per The New Grove Dictionary of music and musicians (2 edition) e Die Musik in Geschichte und Gegenwart e curato diverse edizione critiche sia di composizioni strumentali sia di melodrammi. È responsabile del settore Monumenti Musicali Italiani della Società Italiana di Musicologia e è docente di conservatorio per storia ed estetica della musica.