68ª Stagione Sinfonica Orchestra I Pomeriggi Musicali - I Pomeriggi Musicali - Teatro Dal Verme

Le date

Sala Grande
giovedì 17 gennaio 2013
Ore: 10:00*
giovedì 17 gennaio 2013
Ore: 21:00
sabato 19 gennaio 2013
Ore: 17:00
*I Pomeriggi in anteprima

Serie Red Planet – Serie Curiosity

Wolfgang Amadeus Mozart, Serenata K. 320 (Posthorn) direttore: Pietro Mianiti
Johann Sebastian Bach, Concerto n. 5 in fa minore per pianoforte e orchestra
Johann Sebastian Bach, Concerto n. 3 in Re maggiore per pianoforte e orchestra

Biglietteria

ABBONAMENTO ai 23 concerti

Interi
Primo Settore (Platea dalla fila 1 alla fila 30) € 276,00 (+ prev.)
Secondo Settore (Platea dalla fila 31 alla fila 40) € 218,50 (+ prev.)
Balconata € 172,50 (+ prev.)

Ridotti (Giovani under 26; Anziani over 60; Cral; Associazioni Culturali; Biblioteche; Gruppi; Scuole e Università)
Primo Settore (Platea dalla fila 1 alla fila 30) € 207,00 (+ prev.)
Secondo Settore (Platea dalla fila 31 alla fila 40) € 161,00 (+ prev.)
Balconata € 126,50 (+ prev.)


BIGLIETTI

Interi
Primo Settore (Platea dalla fila 1 alla 30) € 19,00
Secondo Settore (Platea dalla fila 31 alla 40) € 13,50
Balconata € 10,50

Ridotti
(Giovani under 26 ; Anziani over 60; Cral ; Associazioni Culturali ; Biblioteche ; Gruppi; Scuole e Università)
Primo Settore (Platea dalla fila 1 alla fila 30) € 15,00
Secondo Settore (Platea dalla fila 31 alla fila 40) € 11,50
Balconata € 8,50

Il Cast

Pianoforte concertante: Ramin Bahrani
Orchestra I Pomeriggi Musicali

Note di sala

a cura di Oreste Bossini

Johann Sebastian Bach
Concerto per clavicembalo e orchestra in fa minore BWV 1056
I. (senza indicazione) II. Largo III. Presto
Concerto per clavicembalo e orchestra in Re maggiore BWV 1054
I. Allegro II. Adagio e piano sempre III. Allegro

L’interesse di Bach per il nuovo genere del Concerto si è sviluppato durante il servizio in qualità di Kapellmeister presso la corte di Köthen, dal 1717 al 1723. Grazie all’amore per le arti del giovane principe Leopold e della principessa-madre Gisela Agnes, la piccolà città della Sassonia vantava una fiorente vita musicale. L’energico Kapellmeister aveva alle proprie dipendenze una pattuglia di eccellenti musicisti, tra i quali spiccavano il violinista Johann Spiess, il violista da gamba Christian Ferdinand Abel e il violoncellista Christian Bernhard Linigke. La maggior parte della produzione concertante del periodo di Köthen purtroppo è andata perduta, ma ha trovato una nuova veste nelle successive Cantate e nei lavori di musica sacra. Un gruppo di Concerti invece ha compiuto un percorso diverso. Bach aveva cominciato già a Köthen a sperimentare le possibilità concertanti degli strumenti a tastiera, all’epoca confinati al ruolo di ripieno dell’armonia. Il Quinto Concerto Brandeburghese rappresenta l’esempio più audace di questa ricerca per gli strumenti più congeniali a Bach, l’organo e il clavicembalo. Nel successivo periodo di Lipsia, Bach sembra sviluppare in maniera più articolata il tema del concerto per tastiera. Il suo interesse era risvegliato dalla presenza del rinomato Collegium Musicum, fondato a Lipsia dal grande Telemann e guidato poi da Bach a partire dalla primavera del 1729. L’attività dell’ensemble ruotava attorno al leggendario Caffè Zimmermann, che disponeva di locali al chiuso per far musica in centro, nella Catharinenstraße, e di un ampio giardino per l’estate appena fuori le porte della città. La maggior parte dei Concerti per clavicembalo sopravvissuti sono il frutto del rimaneggiamento di precedenti lavori, scritti in origine per uno o più strumenti di natura melodica, come il violino o l’oboe. La cronologia di questi lavori rimane incerta. Il manoscritto autografo che contiene la serie dei sette Concerti per un solo clavicembalo è difficile da collocare. Sembra probabile che il manoscritto risalga a dopo il 1739, ma non aiuta a ricostruire la cronologia della composizione dei Concerti, che potrebbero appartenere a epoche diverse.

La risposta non arriva di sicuro dal Concerto in fa minore BWV 1056. La presenza di un modello originario per violino in sol minore sembra ormai accettata dalla critica moderna. Qui il Largo centrale presenta lo stesso materiale musicale della Sinfonia con oboe della Cantata n. 156 Ich steh’ mit einem Fuß in Graben. Esistono però alcune differenze significative nel passaggio dall’una all’altra forma. In primo luogo, l’Adagio della Sinfonia diventa un Largo nel Concerto, accentuando il carattere patetico del movimento. La tonalità passa da fa maggiore a la bemolle maggiore, una terza minore più in alto. Infine la melodia, che nella Sinfonia era cantata dall’oboe, ora viene accompagnata dall’orchestra pizzicando le corde, anziché sfregando gli archetti. L’accompagnamento con il pizzicato, imparato senza dubbio dai maestri italiani come Vivaldi, introduce un colore completamente nuovo nel mondo del Concerto bachiano. Su questo chiaroscuro dell’orchestra, il solista esalta il carattere espressivo della linea melodica, sulla quale si attorcigliano come tralci di vite gli abbellimenti in stile toccatistico della tastiera. In sole 21 battute, una in più del corrispondente Adagio della Sinfonia, Bach concentra il nocciolo del percorso poetico del Concerto, che prosegue senza soluzione di continuità nel Presto finale. La scrittura concisa in effetti è una delle caratteristiche principali del Concerto in fa minore e si manifesta sin dal movimento iniziale senza indicazione espressiva. Il tema insiste in maniera ostinata sulla nota fondamentale dell’armonia, con un fraseggio squadrato e angoloso. Il carattere percussivo del primo movimento ricompare anche nel Presto finale, che rappresenta una sorta di riscrittura del materiale musicale precedente. Il livello di virtuosismo richiesto al solista è decisamente superiore a quello del precedente Concerto, con accordi pieni, indipendenza delle mani e passaggi a tre voci a parti late. Il Concerto in fa minore in definitiva è un lavoro meditato, scritto forse per se stesso e poco incline al gusto galante ormai in voga tra gli spettatori del Caffè Zimmermann.

Il Concerto in Re maggiore BWV 1054 è la trascrizione pressoché fedele del Concerto per violino in mi maggiore BWV 1042. La musica è abbassata di un tono a causa dell’estensione della tastiera, che in genere all’epoca arrivava solo fino al re acuto. Il Concerto prende le mosse dal modello vivaldiano, con un’energia ritmica irresistibile e una concisione sintattica ammirevole. Il robusto tema iniziale si sviluppa in un percorso armonico che cresce gradualmente d’intensità. L’architettura del movimento raggiunge il picco espressivo con una cadenza del solista, che sospende la pulsazione del ritmo declamando un paio di battute in tempo Adagio prima della ripresa dell’Allegro.

Dopo l’ampia pagina iniziale, l’Adagio dispiega un’ampia frase melodica. La pulsazione del basso accompagna l’emozione del solista con un palpitante passo drammatico. Il solista entra in punta di piedi con una lunga nota tenuta, che sul clavicembalo ha bisogno di essere sostenuta con un trillo, come per non disturbare la frase del basso. Pagina d’altissima retorica degli affetti, l’Adagio pare una riflessione intima (adagio e piano sempre, indica l’autore) e traboccante di sentimento religioso. Contrapposto a due movimenti densi d’emozione, l’Allegro finale in 3/8 appare di leggerezza ancora più eterea e chiude il Concerto con un rapido corteo gioioso di figure ritmiche che rimbalzano senza sosta dal solo al tutti.

Wolfgang Amadeus Mozart
Serenata K. 320 (Posthorn)
I. Adagio maestoso/Allegro con spirito II. Menuetto III. Concertante IV. Rondo V. Andantino VI. Menuetto e Trio I e II VII. Finale. Presto
Il manoscritto della Serenata in re maggiore KV320 reca la data del 3 agosto 1779. In una lettera del 29 marzo 1783, Mozart raccontava al padre di aver suonato a Vienna “la piccola sinfonia concertante della mia ultima final Musique”. La cosiddetta Finalmusik era un genere di composizione peculiare di Salisburgo. In occasione della chiusura dell’anno accademico dell’Università benedettina, studenti, musicisti di corte e strumentisti dilettanti tenevano un concerto all’aperto, diviso tra la sede dell’Università e la piazza davanti al Palazzo dell’Arcivescovo. In genere s’incaricava un musicista locale di scrivere la Finalmusik, modellata sul genere della serenata. Mozart aveva scritto la sua prima Finalmusik da ragazzino, nel 1769, e adesso tornava a comporre questo tipo di musica con l’esperienza accumulata nel corso dei suoi ultimi viaggi, in particolare dopo aver visto e ascoltato le possibilità della famosa orchestra di Mannheim. L’organico infatti è più ampio del consueto per questo tipo di lavoro, che prevede non solo le abituali coppie di flauti, oboi, fagotti, corni e trombe, ma vi aggiunge anche i timpani e un tocco di colore con il “corno di posta” nel Trio II del secondo Menuetto, da cui il soprannome. Ma non è soltanto il particolare fasto strumentale a rendere l’ultima Finalmusik scritta da Mozart uno dei lavori migliori del suo controverso biennio salisburghese prima del trasferimento a Vienna. La scrittura di Mozart rivela una forza espressiva sconosciuta fino allora alla musica per così dire leggera dell’epoca. Il primo dei sette movimenti della serenata presenta una forma piuttosto originale. L’Adagio maestoso che precede l’Allegro con spirito infatti viene inglobato nella struttura della forma sonata, ritornando nella ripresa come se facesse parte del materiale dell’esposizione. La linfa vitale della scrittura viene dallo stile dell’opera italiana, da cui proviene la verve e la leggerezza del fraseggio, unite a una fervida immaginazione nell’inventare nuovi colori nel suono dell’orchestra.

Nella sequenza dei movimenti interni spicca la serena bellezza dell’Andante grazioso, definito da Mozart “Concertante”. In realtà il gioco della doppia coppia di flauto e oboe rappresenta una magnifica trovata per moltiplicare gli effetti spettacolari dello stile concertante. Anche qui è interessante vedere come Mozart interviene sulla forma, facendo riprendere dall’intera orchestra alcuni frammenti del materiale dell’esposizione all’interno della cadenza. Il Rondo successivo mostra una scrittura analoga al movimento precedente, entrambi nella tonalità di sol maggiore, accentuando però il carattere solistico dello stile concertante di oboe e flauto.

La seconda parte della Serenata si apre con un Andantino in re minore, che getta sulla rosea luminosità della musica precedente un’ombra di cupi pensieri. Il pathos della frase iniziale è concentrato nell’ottava bassa dei violini, conferendo all’intero movimento una tinta scura e vellutata. Il suono espressivo degli strumenti ad arco sale in primo piano, in maniera insolita per il carattere en plain air del genere serenata. Ma gli strumenti a fiato recuperono il loro tradizionale primato già nel successivo e secondo Menuetto. I due Trio sono l’occasione anche di un simpatico tocco di colore. Il primo infatti prevede il raddoppio della parte dei primi violini con il suono diafano di un flautino, mentre il secondo rovescia lo scherzo tramite la corpulenta voce di un corno di posta ansioso di mettersi in mostra.

La Serenata termina con uno scoppiettante Finale, lanciato a briglia sciolta dalle rapidissime semicrome dei violini, che salutavano festosamente il Signor Rettore e tutti i Professori.