69ª Stagione Sinfonica Orchestra I Pomeriggi Musicali - I Pomeriggi Musicali - Teatro Dal Verme

Le date

Sala Grande
giovedì 06 febbraio 2014
Ore: 10:00*
giovedì 06 febbraio 2014
Ore: 21:00
sabato 08 febbraio 2014
Ore: 17:00
*I Pomeriggi in anteprima

Vivaldi Le quattro stagioni
Haydn Sinfonia n. 60 (Il distratto)

Serie Red Planet

Biglietteria

BIGLIETTI
Interi
Primo Settore (Platea dalla fila 1 alla 30) € 19,00
Secondo Settore (Platea dalla fila 31 alla 40) € 13,50
Balconata € 10,50

Ridotti
(Giovani under 26 ; Anziani over 60; Cral ; Associazioni Culturali ; Biblioteche ; Gruppi; Scuole e Università)
Primo Settore (Platea dalla fila 1 alla fila 30) € 15,00
Secondo Settore (Platea dalla fila 31 alla fila 40) € 11,50
Balconata € 8,50

Il Cast

Concertatore e violino Alessandro Braga

Orchestra I Pomeriggi Musicali

Note di sala

ANTONIO VIVALDI (1678-1741)

Le quattro stagioni
Primavera
Allegro
Largo
Allegro
Estate
Allegro non molto
Adagio
Presto
Autunno
Allegro
Adagio molto
Allegro
Inverno
Allegro non molto
Largo
Allegro

Antonio Vivaldi sembra il protagonista di un romanzo d’avventura. Dal punto di vista musicale è compositore, violinista, direttore d’orchestra, insegnante, uomo di teatro e impresario; dal punto di vista umano, un prete dai capelli rossi, con un rapporto molto controverso con la religione. Viaggia per l’Europa, stringendo buoni rapporti con i potenti dell’epoca e molti suoi concerti vengono ricopiati e attentamente studiati a più riprese da Johann Sebastian Bach. Nonostante dunque sia considerato un compositore dal talento straordinario, in vita, a Venezia, Vivaldi non viene mai ufficialmente riconosciuto come musicista degno di una posizione professionale prestigiosa. Con la sua morte l’aura avventurosa che lo circonda non cala: finito in povertà e caduto nell’oblio, riemerge una prima volta, come una sorta di araba fenice, a metà del XIX secolo. Infine, tra gli anni Venti e Trenta del secolo scorso, per un caso fortuito, torna alla luce la sua eredità di grandi partiture: il prete rosso riemerge dal passato e bussa, ancora una volta, alle porte del presente. Le sue caratteristiche musicali – che ancora oggi affascinano – sono straordinariamente espresse nella sua opera più celebre: Le stagioni. Pubblicate ad Amsterdam tra il 1720 ed il 1725, questi quattro concerti per violino, sono preceduti da altrettanti sonetti – forse scritti dallo stesso Vivaldi – che descrivono in versi le immagini a cui la musica dà vita, seguendo un macroschema fisso. Tutti e quattro sono formati da tre movimenti (allegro – adagio/largo – allegro/presto): se nel primo e nel terzo movimento vi è un’alternanza di tutti e solo, nel secondo, più breve, il violino solista si esibisce in passaggi particolarmente virtuosistici o di grande cantabilità, sostenuto dagli altri archi. La potenziale staticità di questo schema è brillantemente superata grazie agli impasti timbrici che Vivaldi sapientemente crea: egli sperimenta nuove espressività sonore, inusitati timbri strumentali. Come su una tela, dipinge immagini di vita comune con sfumature sempre nuove, con colori tanto affascinanti quanto ricercati e particolari: è questo un punto privilegiato in cui ricercare l’identità di Vivaldi, mentre lo si ascolta. Questa stessa ricerca timbrica è particolarmente evidente in un’altra sua opera, il Concerto per undici strumenti solisti, una sorta di sfilata carnevalesca in cui gli strumenti vengono accoppiati, formando inusuali e accattivanti materiali sonori. La semplicità della struttura del concerto vivaldiano facilita la percezione della straordinaria delicatezza qualitativa della musica. Il suo racconto si sviluppa anche grazie alla presenza di ritmi fortemente caratterizzanti. Nella rappresentazione dei venti nell’Estate, ad esempio, sono le cellule ritmiche incisive e ripetute che danno forma all’immagine dell’improvvisa violenza dei temporali estivi: una caratterizzazione ritmica dal precoce sapore rossiniano. L’interesse di Vivaldi, in un periodo nel quale il genere del concerto era diffuso ma non ancora classicamente codificato, è tutto volto a sorprendere e meravigliare l’ascoltatore con effetti teatrali; non manca però un’attenzione ai temi più cantabili, come quello presentato dal violino solista nell’Adagio dell’Inverno, sostenuto dal pizzicato degli altri violini, che fanno percepire la caduta dei fiocchi di neve. L’attenzione ritmica e quella melodica si intersecano dando vita ad alcuni freschi passaggi, come la danza dal carattere popolaresco che apre l’Autunno: quasi un’eco anticipatore della Pastorale beethoveniana. Tutto questo crea nella musica strumentale un’espressività allargata, spesso con un carattere melodrammatico o addirittura onomatopeico. Si tratta quindi di uno sconfinamento nel territorio che fino ad allora era stato pressoché esclusivo della musica vocale: impossibile non sentire i cinguettii dei diversi uccelli che Vivaldi fa fischiettare all’inizio della Primavera. Poliedrico e controverso, ancora oggi Vivaldi divide critica e appassionati. Da una parte è famosa la pessima considerazione che di lui aveva Igor Stravinsky: lo definiva un musicista che aveva composto per cinquanta volte lo stesso concerto (in particolare si riferiva alle “progressioni vivaldiane”, sempre presenti – e dunque fin troppo prevedibili – in ogni suo lavoro). Dall’altra è rinomato il rapporto intimo instauratosi tra Vivaldi e Gian Francesco Malipiero, che porterà alla straordinaria fusione della musica dei due nella composizione Vivaldiana. Vivaldi è, dunque, un fiume carsico con un potenziale innovativo, che lo rende in qualche modo contemporaneo: sembra sparire nei meandri del tempo e poi, quando meno te lo aspetti, riemerge in forme sorprendenti nella coscienza e nel gusto dei musicisti e degli ascoltatori, smuovendo e contribuendo a portare a nuovi sviluppi il linguaggio musicale.

 Benedetta Amelio*

Primavera
Giunt’ è la Primavera e festosetti

La Salutan gl’ Augei con lieto canto,

E i fonti allo Spirar de’ Zeffiretti

Con dolce mormorio Scorrono intanto:

Vengon’ coprendo l’aer di nero amanto

E Lampi, e tuoni ad annuntiarla eletti

Indi tacendo questi, gl’ Augelletti;

di nuovo al lor canoro incanto:

E quindi sul fiorito ameno prato

Al caro mormorio di fronde e piante

Dorme ‘l Caprar col fido can’ à lato.

Di pastoral Zampogna al suon festante

Danzan Ninfe e Pastor nel tetto amato

Di primavera all’ apparir brillante.

Estate
Sotto dura stagion dal sole accesa

Langue l’huom, langue ‘l gregge, ed arde ‘l pino,

Scioglie il cucco la voce, e tosto intesa

Canta la tortorella e ‘l gardellino.

Zeffiro dolce spira, ma contesa

Muove Borea improvviso al suo vicino;

E piange il Pastorel, perché sospesa

Teme fiera borasca, e ‘l suo destino;

Toglie alle membra lasse il suo riposo

Il timore de’ lampi, e tuoni fieri

E de mosche, e mosconi il stuol furioso:

Ah che pur troppo i suoi timor sono veri

Tuona e fulmina il cielo grandinoso

Tronca il capo alle spiche e a’ grani alteri.

Autunno
Celebra il Vilanel con balli e Canti

Del felice raccolto il bel piacere

E del liquor di Bacco accesi tanti

Finiscono col Sonno il lor godere

Fa’ ch’ ogn’ uno tralasci e balli e canti

L’ aria che temperata dà piacere,

E la Staggion ch’ invita tanti e tanti

D’ un dolcissimo sonno al ben godere.

I cacciator alla nov’alba à caccia

Con corni, Schioppi, e cani escono fuore

Fugge la belva, e Seguono la traccia;

Già Sbigottita, e lassa al gran rumore

De’ Schioppi e cani, ferita minaccia

Languida di fuggir, mà oppressa muore. 

Inverno
Agghiacciato tremar tra nevi algenti

Al Severo Spirar d’ orrido Vento,

Correr battendo i piedi ogni momento;

E pel Soverchio gel batter i denti;

Passar al foco i dì quieti e contenti

Mentre la pioggia fuor bagna ben cento

Caminar Sopra il ghiaccio, e a passo lento

Per timor di cader girsene intenti;

Gir forte Sdruzziolar, cader a terra

Di nuovo ir Sopra ‘l giaccio e correr forte

Sin ch’ il giaccio si rompe, e si disserra;

Sentir uscir dalle ferrate porte

Scirocco, Borea, e tutti i Venti in guerra

Quest’ è ‘l verno, ma tal, che gioja apporte.

Bibliografia
Walter Kolneder, Vivaldi, Milano, Rusconi, 1978;

Michael Talbot, Vivaldi, Torino, EDT, 1978;

Alberto Basso, L’età di Bach e di Haendel, vol. V, a cura della Società Italiana di Musicologia, X voll., Torino, EDT, 1983;

Paul Everett, Vivaldi: the four seasons and other concertos, op. 8, Cambridge, Cambridge University Press, 1996;

Cesare Fertonani, La musica strumentale di Antonio Vivaldi, Firenze, Leos. Olshki, 1998;

Egidio Pozzi, Antonio Vivaldi, Palermo, L’Epos, 2007;

Vivaldi, a cura di Michael Talbot, Farnham, Ashgate, 2010;

Michael Talbot, The Vivaldi compendium, Woodbridge, U.K., Boydell, 2011.

Discografia
vl. Felix Ayo, I Musici (Philips, 1955);

London symphony orchestra, dir. Claudio Abbado (Polydor, 1981);

vl. Salvatore Accardo, Orchestra da camera italiana (BMG, 1990);

Orchestra dell’Accademia di S. Cecilia, dir. Bernardino Molinari (Ermitage, 1991);

vl. Giulio Franzetti, dir. Riccardo Muti, I solisti della Scala (EMI, 1994);

FRANZ JOSEPH HAYDN (1732-1809)
Sinfonia n. 60 “il distratto”
Adagio – Allegro di molto
Andante
Menuetto – Trio
Presto
Adagio (di lamentatione)
Finale – Prestissimo

Come in Vivaldi, anche in Haydn si assiste a una continua generazione di idee musicali brillanti, sempre nuove e diverse. La sua vita, sebbene si sia svolta per la maggior parte nella staticità lussuosa di sfarzosi palazzi – solo nel 1790, a sessanta anni, si trasferirà a Vienna per intraprendere la carriera di compositore indipendente – è tanto lunga e culturalmente frizzante da permettergli di passare attraverso tutte le trasformazioni che traghetteranno la musica barocca sino a vedere la sponda della musica romantica: nasce quando Bach sta componendo la Messa in Si minore, muore quando Mozart è già scomparso da quasi vent’anni e Beethoven ha già scritto la Sesta sinfonia. Per la maggior parte del tempo lavora come musicista per la potente, ricca famiglia ungherese degli Esterhàzy: è proprio a questo gravoso incarico che dobbiamo l’enorme quantità di opere da lui composte. Anche se geograficamente isolati, i palazzi Esterhàzy erano continuamente frequentati da illustri ospiti provenienti da tutta Europa: Haydn, dunque, impara e assimila i vari linguaggi musicali che si stanno sviluppando. Nella sua musica, come dice Mila, si incarna un mondo poetico “che è come la sintesi di tutta la più luminosa galanteria del Settecento, irrobustita da un crescente senso dell’individualità, proprio del prossimo Romanticismo, e da energiche reminescenze di modi popolareschi”. Questo incredibile e insaziabile genio motivico, assume una forma ben precisa: quella della forma-sonata. Con Haydn nascono i germogli che poi matureranno dapprima nella sua stessa opera più matura, poi in Mozart e Beethoven. La forma-sonata – ovvero l’organizzazione del discorso musicale in tre parti (esposizione – parte centrale – ripresa) nelle quali vengono prima presentati due differenti temi, poi sviluppati, infine riproposti – non porta solo ad una razionalizzazione del discorso musicale, ma anche alla nascita della moderna melodia armonica, che prova gusto nella continua modulazione dei temi: si crea una nuova polifonia, ben lontana dalle fughe, imitazioni e canoni barocchi. Razionalità e estro motivico si sposano nella Sinfonia n. 60; composta per la famiglia Esterhàzy nel 1775, questa sinfonia nasce come accompagnamento musicale al testo teatrale tedesco Il distratto. La musica tratteggia teatralmente il profilo del protagonista della commedia: un giovane sbadato – destinato a sposare una ragazza, ma innamorato di un’altra – che al termine di molteplici equivoci, dopo aver ottenuto di potersi unire con la donna sognata, dimenticherà persino di andare al suo matrimonio! La sinfonia si sviluppa in sei movimenti, la cui caratteristica principale è una divertente schizofrenia tra ritmi rapidi e lenti, tra forte e piano improvvisi dell’orchestra. Dopo l’Adagio introduttivo, si trova l’Allegro, composto in forma-sonata: è un movimento brillante e vigoroso con arresti e ripartenze improvvise dell’orchestra. Il secondo movimento è particolarmente teatrale: si apre con una divertente alternanza tra un breve motivo cantabile degli archi a cui risponde irriverentemente una fanfara di oboi e corni. Questo “botta e risposta” sembra rappresentare il dialogo tra due personaggi; inizialmente opposti, archi e fiati vanno poi a unirsi in una sorta di danza che mantiene la melodiosità aggraziata dei primi e la baldanza dei secondi. Nel terzo movimento regna l’assurdo: a un pomposo e festoso inizio – un tema che ritorna più avanti nel corso di questo movimento, ma in modo minore, con un carattere più solenne – segue un motivo lirico; in seguito, dopo una sospettosa progressione, compare quasi un accenno di danza. In un brano breve si alternano umori completamente differenti, quasi a descrivere l’incapacità di essere lineare del protagonista delle commedia. Il quarto movimento si struttura come un’irrefrenabile corsa che porta al quinto: si apre con un motivo cantabile dal sapore mozartiano (si pensi alla celebre aria Porgi amor qualche ristoro delle Nozze o al Laudate Dominum dei Vespri), interrotto da una nuova fanfara straniante; il finale è caratterizzato da un motivo che ricorda una canzoncina per bambini e l’ormai caro rallentamento improvviso che sfocia poi nella rapida corsa a chiusura del movimento. Nell’ultima parte si trova una famosa trovata di Haydn: l’inizio vigoroso e rapido è interrotto da una parte volutamente “stonata”. Il sesto movimento, riprende poi col tema che l’aveva aperto e presenta nuovamente rallentamenti, accelerazioni e folli cambi dinamici, da forte a piano. “Una scettica ma umana festevolezza, una bonomia sapiente delle cose del mondo e del loro valore e dei loro limiti, una serenità cosciente e non spensierata, ecco il mondo poetico di Haydn, ora volubile e galante negli aggraziati minuetti e nei vertiginosi rondò, ma anche capace di espansioni tese e patetiche” (Massimo Mila).
Benedetta Amelio*

Bibliografia
Giorgio Pestelli, L’età di Mozart e di Beethoven, vol. VI, a cura della Società Italiana di Musicologia, X voll., Torino, EDT, 1982;

Charles Rosen, Lo stile classico: Haydn, Mozart, Beethoven, Milano, Feltrinelli, 1982;

Stendhal, Vita di Haydn, Firenze, Passigli Editori, 1983;

H. C. Robbins Landon e David Wyn Jones, Haydn: vita e opere, Milano, Rusconi, 1988;

James Webster, Haydn’s “farewell” symphony and the idea of classical style, Cambridge, Cambridge University Press, 1991;

Haydn, a cura di A. Lanza, Bologna, Società Editrice del Mulino, 1999;

The Oxford Composer Companions: Haydn, a cura di David Wyn Jones, Oxford, OUP, 2002;

David Wyn Jones, The life of Haydn, Cambridge, Cambridge University Press, 2009.

Discografia
Hogwood, Accademy of Acient Music (L’oiseau-lyre, 1982)

Harnoncourt, Concentus Musicus Wien (Taldec, 1998)

Yoel Levi, The Isdrael Philarmonic Orchestra (Helicorn)

dir. Simon Rattle, Birmingham Symphony Orchestra (EMI)

* Per il 2014, La Fondazione I Pomeriggi Musicali, in virtù di una convenzione attivata con l’Università degli Studi di Milano, ha scelto di affidare la stesura dei programmi di sala della 69ª Stagione sinfonica a studenti laureandi in Discipline musicologiche. Gli studenti selezionati, accumulando esperienza e formandosi professionalmente, lavorano sotto la supervisione del musicologo Paolo Castagnone.