69ª Stagione Sinfonica Orchestra I Pomeriggi Musicali - I Pomeriggi Musicali - Teatro Dal Verme

Le date

Sala Grande
giovedì 27 febbraio 2014
Ore: 10:00*
giovedì 27 febbraio 2014
Ore: 21:00
sabato 01 marzo 2014
Ore: 17:00
*I Pomeriggi in anteprima

Serie Red Planet 

Respighi Antiche arie e danze per liuto, terza suite
Beethoven Concerto n. 1 per pianoforte e orchestra
R. Strauss Il borghese gentiluomo

Biglietteria

BIGLIETTI
Interi
Primo Settore (Platea dalla fila 1 alla 30) € 19,00
Secondo Settore (Platea dalla fila 31 alla 40) € 13,50
Balconata € 10,50

Ridotti
(Giovani under 26 ; Anziani over 60; Cral ; Associazioni Culturali ; Biblioteche ; Gruppi; Scuole e Università)
Primo Settore (Platea dalla fila 1 alla fila 30) € 15,00
Secondo Settore (Platea dalla fila 31 alla fila 40) € 11,50
Balconata € 8,50

Il Cast

Direttore Giordano Bellincampi
Pianoforte Leonardo Colafelice
Orchestra I Pomeriggi Musicali

Note di sala

OTTORINO RESPIGHI (1879-1936)
Arie antiche e danze per liuto, terza suite
Italiana (Anonimo)
Arie di corte (Jean-Baptiste Besard)
Siciliana (Anonimo)
Passacaglia (Ludovico Roncalli)
Durata: 12 minuti

Ludwig van Beethoven (1770-1827)
Concerto n. 1 per pianoforte e orchestra
Allegro con brio
Largo
Rondò: Allegro scherzando
Durata: 30 minuti

Richard Strauss (1864- 1949)
Il borghese gentiluomo
Overture
Minuetto
Der fechtmeister
Entrata a danza dei sarti
Il Minuetto di Lully
Courante
Entrata di Cleonte
Preludio all’atto II
Das diner
Durata: 25 minuti

A CURA DI BENEDETTA AMELIO*

Ottorino Respighi – Antiche arie e danze per liuto, terza suite
Nato nel 1879, nonostante faccia parte della “generazione dell’Ottanta” – insieme a Malipiero, Pizzetti, Alfano e Casella – Ottorino Respighi si distanzia dalla loro sensibilità di costante ripresa del passato per il suo primario bisogno di esprimersi, di fare musica e di farla per il pubblico, piuttosto che comporre sostenendo posizioni teoriche.

Figlio di Giuseppe Respighi, anch’egli musicista, da subito venne educato alla musica. Studiò al liceo musicale di Bologna, si diplomò in violino e, dopo averne guadagnato la stima, ricevette lezioni di composizione da Rimskij-Korsakov. Per tanto le opere del compositore bolognese racchiudono più nature: risentono del rigore formale più scolastico, del fascino che su di lui esercitò il maestro russo e anche dell’amore per il teatro che portò Respighi a curare trascrizioni di brani monteverdiani.

La terza suites delle Antiche danze e arie per liuto, fu composta nel 1932 (la prima nel 1917 e la seconda nel 1924). Si tratta della trascrizione per orchestra d’archi di quattro antichi brani per liuto, i primi tre risalenti al XVI secolo, l’ultimo al XVII secolo: Italiana di un autore ignoto, Aria di corte di Jean-Baptiste Besard, Siciliana di un altro musicista di cui non si conosce il nome e Passacaglia di Lodovico Roncalli. La voglia di rinnovare la musica italiana, facendole intraprendere strade differenti rispetto a quella dell’imperante melodramma nostrano, fu alla base della riscoperta della musica antica che caratterizzò il percorso di alcuni compositori di quegli anni.

Come è però evidente da questa suite, tale riscoperta, per Respighi, non assume carattere filologico: in questo brano egli ricrea un’atmosfera ricca di colori, tanto che il suo intervento da abile orchestratore non è celato, anzi, sembra costituire l’ossatura stessa della musica. L’Italiana si caratterizza per un incedere quasi solenne, mitigato dalla dolce cantabilità della linea melodica. Il secondo brano si suddivide in più episodi: un vero e proprio dialogo pacato tra strumenti ne costituisce la prima parte; successivamente esso si vivacizza, prende un più deciso movimento, per poi, in una sorta di terza parte, tornare più riflessivo. La stessa Aria continua con un’altra differente sezione introdotta da pizzicati e prosegue con vivaci arcate, giungendo così alla ripresa del solenne motivo iniziale. La Siciliana ha un carattere nostalgico e precede la Passacaglia finale, maestosa, a tratti dal leggero sapore di danza di corte.

Uno dei tratti caratteristici della musica di Respighi è la perfezione nella realizzazione: anche le sue musiche meno interiormente motivate suonano bene, sono adatte alla voce, allo strumento o al complesso a cui sono destinate, in modo spontaneo, senza che si abbia l’impressione della pignoleria e senza che la condotta musicale tradisca il minimo sforzo (Carlo Parmentola).

Bibliografia
Dizionario enciclopedico universale della musica e dei musicisti: le biografie, diretto da Alberto Dal Basso, vol. VI, Torino, UTET, 1988, pp. 307-309;

Massimo Mila, Breve storia della musica, Torino, Einaudi, 1993;

Baroni, Fubini, Petazzi, Santi, Vinay, Storia della musica, Torino, Einaudi, 1999.

Discografia:
Carlo Chiarappa, Accademia bizantina, (Denon, 1995);

Deutsches Musikschulorchestter, Jörg-Peter Weigle (Ars Musici, 2010). 

Ludwig van Beethoven – Concerto per pianoforte e orchestra n. 1
Sin dall’infanzia il mio zelo nel servire in qualsiasi modo la nostra povera umanità sofferente attraverso l’arte non è mai sceso a compromesso con alcuna motivazione meno nobile (Ludwig van Beethoven).

Pensando a Beethoven, subito si viene presi da un senso di timore dovuto all’aura di severità, intransigenza, incomunicabilità, solitudine e collera che circonda questo personaggio. Da sempre dipinto come un uomo burbero, il maestro di Bonn fu però ben altro. Fu un uomo capace di un sentire di una profonda grandezza: dai suoi scritti emerge l’incredibile amore per l’umanità, la passione per l’«Immortale amata» (una donna di cui lui stesso tenne celato il nome e per cui scrisse parole intense quali «Eternamente tuo, eternamente mia, eternamente uniti!»), l’affetto per l’amata vedova Josephine Brunswick de Korompa, il forte legame con il nipote Karl (figlio del defunto fratello), che Beethoven definiva il «prezioso tesoro affidatogli». Sono solo alcuni spunti dai quali si evince una caratteristica presente nel maestro, almeno al pari della sua innegabile rozzezza: era un grande amatore dell’umanità intera e di alcune persone in particolare. E questo amore sconfinato che lui sentiva, questa compassione – cioè un vero e proprio “patire insieme” – è una delle principali molle che muove le opere beethoveniane.

Il Concerto in Do maggiore per pianoforte e orchestra n. 1, op. 15 fu ultimato nel 1798 e riporta la dedica ad una giovane allieva. Eseguito probabilmente dallo stesso Beethoven a Praga, nonostante la numerazione, non occupa la prima posizione tra i concerti beethoveniani, ma la terza: i due concerti composti in precedenza vennero pubblicati solo successivamente. L’Allegro con brio che apre il concerto si caratterizza per una solenne freschezza che fa tornare alla mente composizioni di Haydn e Mozart. I due temi musicali che lo animano – il primo fiero, maestoso, quasi da sfilata militaresca; il secondo più cantabile, dal sapore decisamente mozartiano – vengono prima ampiamente presentati dall’orchestra e successivamente ripresi variati dal solista al quale è richiesto un intenso virtuosismo; si intrecciano tra loro, trascolorano nell’ampio sviluppo centrale per poi venir riproposti – secondo il tipico schema della forma sonata – e traghettati alla coda finale. Il movimento centrale (Largo) spicca per un’affettuosa, intensa e profonda espressività. Il pianoforte si esibisce in vive e brevi frasi musicali, alle volte semplicemente sostenuto dall’orchestra, altre in dialogo con essa, la quale, solo si fa più incisiva in alcuni momenti della partitura. A passi di commuovente lirismo si alternano frasi musicali di sicura solennità. Il Rondò finale è seguito da un Allegro scherzando. L’atmosfera diventa qui, nel finale, popolare, spensierata, scherzosa e gagliarda. La gaiezza di alcuni spunti tematici e l’intensità tutta mozartiana dell’Adagio, sono solo alcune testimonianze di natura musicale dell’affetto e del felice vigore che pure animava il cuore del burbero genio di Bonn.

Bibliografia
Maynard Solomon, Beethoven: la vita, l’opera, il romanzo familiare, Venezia, Marsilio editori, 1986;

Joseph Kermann, Alan Tyson, Beethoven, Milano, Ricordi, 1986;

William S. Newman, Beethoven on Beethoven: playing his piano music his way, New York-London, W. W. Norton and company, 1991.

Discografia
pf. Svjatoslav Richter, dir. Charles Munch, Boston Symphony Orchestra (RCA Victor, 1961);

pf. Claudio Arrau, dir. Alceo Galliera, London Symphony Orchestra (Decca, 1970);

pf. Wihlem Kempff, Berliner Philarmoniker (Grammophon, 1992);

pf. Leif Ode Adsnes, Mahler Chamber Orchestra (SONY, 2012).

Richard Strauss – Il borghese gentiluomo, suite
Nel maggio del 1949, quattro mesi prima di morire, Richard Strauss si reca al Gärtnerplatztheater di Monaco per assistere alla recita del suo Borghese gentiluomo. Era ormai alla soglia degli ottanta anni e fortemente indebolito dalla malattia, eppure tenne particolarmente a assistere a quello che sarà il suo ultimo spettacolo. Questo ci dà la misura di quanto il compositore tedesco amasse quest’opera.

La gestazione del Borghese gentiluomo fu talmente travagliata che oggi si contano quattro differenti brani dall’ “argomento” simile, tutti indicati col n. 60 all’interno del catalogo delle opere straussiane. In primo luogo vi è Der bürger als edelmann (Il borghese gentiluomo), una commedia danzata tratta dal testo di Molière – rappresentato per la prima volta alla corte di Francia nel 1670 con le musiche di Jean-Baptiste Lully; vi è poi la suite orchestrale che riporta lo stesso titolo; infine, due differenti versioni dell’opera Ariadne auf Naxos (Arianna a Nasso).

Invero, nel 1912 andò in scena a Stoccarda l’opera Arianna a Nasso: Hugo von Hofmanstall, librettista di Strauss, aveva coagulato in un unico testo la commedia di Molière Le bougeois gentilhomme e il famoso mito greco. Questa prima versione dell’Arianna non riscosse successo; pertanto, Strauss ne fece una seconda versione (1916), scindendo le due opere: da una parte il Borghese gentiluomo, dall’altra L’Ariadne. Il materiale del Der bürger als edelmann confluì in una suite per orchestra – che riporta lo stesso titolo – e che contiene quelli che erano i nove numeri più importanti della composizione che prima era un’opera.

L’Ouverture iniziale ha un carattere ambiguo: a frasi musicali brillanti, seguite da altre più severe o dolci, come la parte riservata all’oboe; vi sono continue modulazioni e cambi di ritmo. Il Minuetto è un breve, sereno e saltellante brano musicale, affidato ad archi e flauti. Nel Der fechtmeister viene narrata una lezione di scherma: le fiere trombe introducono il maestro d’armi, mentre il pianoforte sottolinea la goffaggine e l’incapacità dell’allievo; successivamente entrano in scena i sarti. Il violino sottolinea la presenza di uno in particolare che sembra girare e rigirare intorno al padrone per prendere le misure dell’abito che ha in mente di confezionargli. Segue un altro Minuetto, questa volta più affettuoso, dolce; poi il Courante, brano che, in guisa simile al precedente, è impregnato di galanteria sei-settecentesca. Il settimo brano introduce Cleonte, pretendente della figlia del padrone, giudicato da quest’ultimo prima indegno, ma ora, presentato in abiti lussuosi, non più. Tale brano si divide in tre sezioni, ben distinguibili tra loro: la prima serena e riflessiva, la seconda più brillante, la terza quasi solenne. Il Preludio al secondo atto, costituisce il penultimo brano della suite. L’ultimo, il nono, Das diner, è il brano più complesso: una sfilata da carnevale veneziano che porta in tavola le varie portate del grande banchetto finale.

Particolarità del pezzo sono certamente le varie citazioni musicali che lo innervano: il Rehingold di Wagner, un breve passo da La donna è mobile da Rigoletto di Verdi, ma anche provenienti dalla carriera musicale di Strauss stesso, come alcuni richiami tratti dal Don Quixote o dal Rosenkavalier. Il finale è veramente scoppiettante: un valzer viennese accompagna in tavola l’ultimo piatto da cui esce uno sguattero che, danzando scherzosamente, conclude la suite.

La geniale capacità d’orchestrazione di Strauss dà qui prova della sua grandezza: attraverso quei motivi – che in un primo momento erano stati pensati come musica per un’opera teatrale – egli individua i personaggi, ne modella il carattere, fa percepire lo svolgimento della divertente ed incalzante azione drammaturgica. I personaggi parodistici di Molierè-Lully tornano a vivere in tutto il loro brio nella musica estremamente narrativa del compositore tedesco.

Bibliografia
Norman Del Mar, Richard Strauss, III voll., London-Boston, Faber and faber, 1986.

Quirino Principe, Strauss, Milano, Rusconi, 1989.

Richard Strauss, Riflessioni e ricordi, a cura di Sergio Sablich, Torino, EDT, 1991.

Bryan Gilliam, The life of Richard Strauss, Cambridge: Cambridge University Press, 1999.

Discografia
Kent Nagnano, Orchestre de l’Opera National de Lyon (Virigin, 1997);

Michael Halasz, Melbourne Symphony Orchestra (Naxos, 1999);

Wolfgang Sawallish, Philharmonia Orchestra (Testament, 2001).

* Per il 2014, La Fondazione I Pomeriggi Musicali, in virtù di una convenzione attivata con l’Università degli Studi di Milano, ha scelto di affidare la stesura dei programmi di sala della 69ª Stagione sinfonica a studenti laureandi in Discipline musicologiche. Gli studenti selezionati, accumulando esperienza e formandosi professionalmente, lavorano sotto la supervisione del musicologo Paolo Castagnone.