Le date
Serie Red Planet
Stravinskij Dances concertantes
Haydn Arianna a Nasso, cantata
Stravinskij No word from Tom, recitativo e aria da The Rake’s progress
Haydn Sinfonia n. 103
Biglietteria
BIGLIETTI
Interi
Primo Settore (Platea dalla fila 1 alla 30) € 19,00
Secondo Settore (Platea dalla fila 31 alla 40) € 13,50
Balconata € 10,50
Ridotti (Giovani under 26 ; Anziani over 60; Cral ; Associazioni Culturali ; Biblioteche ; Gruppi; Scuole e Università)
Primo Settore (Platea dalla fila 1 alla fila 30) € 15,00
Secondo Settore (Platea dalla fila 31 alla fila 40) € 11,50
Balconata € 8,50
Il Cast
Direttore Antonello Manacorda
Soprano Lisa Larssonn
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Note di sala
Igor’ Fëdorovič Stravinskij (1882-1971)
Danses concertantes (1942)
Marche, Introduction
Pas d’action – Con moto
Thème varié – Lento
Pas de deux – Risoluto. Andante sostenuto
Marche, Conclusion
22 minuti
Franz Joseph Haydn (1732-1809)
Arianna a Nasso, cantata Hob.XXVIb:2
Recitativo – Largo e sostenuto
Aria – Largo
Recitativo – Andante. Con più moto. Adagio
Aria – Larghetto. Presto
20 minuti
Igor’ Fëdorovič Stravinskij
No word from Tom, recitativo e aria da The Rake’s progress (1951)
9 minuti
Franz Joseph Haydn
Sinfonia n. 103, “Rullo di tamburi”, in Mi bemolle maggiore, Hob. 1/103 (1795)
Adagio – Allegro con spirito
Andante più tosto
Menuetto
Allegro con spirito
30 minuti
A cura di Livio Giuliano.
Stravinskij – Danses concertantes
Chi per affinare i propri studi, chi obbligato da contingenze politiche, chi per necessità economiche, per disagi con la legge, un po’ di meno coloro che l’hanno fatto per inseguire un grande amore, gli artisti cambiano il volto della propria produzione viaggiando. Il trasferimento detta inevitabilmente un mutamento nello stile: le composizioni si adattano alle nuove circostanze, determinate da un committente esigente, da un pubblico notevolmente diverso o semplicemente da un vezzo dell’artista, deciso a far del trasferimento una svolta poetica universalmente riconoscibile. È indubbio che le committenze londinesi mutarono la facies delle opere di Franz Joseph Haydn, il quale, morto il principe suo protettore Nicola Esterházy nel 1790, si trovò libero di accettare incarichi dall’estero.
Diverso è il caso di Igor Stravinskij. All’abbandono della Russia nel 1910 corrispose quel mutamento stilistico che sarebbe sfociato nella scandalosa Sagra della primavera: in questo caso, tuttavia, bisogna riconoscere che Parigi, meta à la page per gli artisti a cavallo tra i due secoli, non fu tanto la causa della trasformazione, bensì il luogo idoneo per far fermentare un mutamento già in atto. Nelle intenzioni di Stravinskij, disturbare l’udito raffinato del pubblico parigino era un espediente appetibile per affermarsi nella buona società francese.
Nel 1939, la musica è già cambiata: Stravinskij si oppone all’atonalità con il celeberrimo ritorno allo stile classico (ne sono esempi Pulcinella e Apollon musagète), in cui le armonie del passato diventavano limpide, le melodie tornano ad essere cantabili e i ritmi si prestano ai passi della danza viennese o francese. Il neoclassicismo di Stravinskij, tuttavia, è “neo-” perché rivitalizzato dall’originalità di un compositore per il quale, dopo la Sagra, tornare a un passato antico avrebbe significato reinterpretare la storia tramite la propria inconfondibile cifra stilistica.
Il successo è mondiale, ma la guerra obbliga l’eclettico a trasferirsi nuovamente, questa volta negli Stati Uniti. Tra costa orientale e costa occidentale, l’apprezzamento del pubblico e l’abbondanza di commissioni testimoniano gli effetti dell’incipiente globalizzazione che sta uniformando il gusto del XX secolo: il viaggio, pur essendo transoceanico, non determinerà eccessivi mutamenti nel suo stile, cosicché le Danses concertantes attestano l’assestamento di Stravinskij in territorio neoclassico. Classicità à la Stravinskij, dunque: i cinque ininterrotti movimenti delle Danses alternano alcuni momenti dichiaratamente rivolti al passato della tonalità trionfante ad altri in cui nel ritmo cangiante il compositore dichiara tutta la propria dirompente autorialità. Il cuore delle Danses sono le variazioni, il numero centrale, nel quale archi e fiati si intrecciano in sognanti melodie, porgendo il braccio ai virtuosismi delle coreografie di George Balanchine.
Bibliografia
- Stravinskij, a cura di Gianfranco Vinay, Bologna: Il Mulino, 1992;
- Carlo Migliaccio, I balletti di Igor Stravinskij, Milano, Mursia, 1992.
Discografia
- 1986, Avanti Chamber Orchestra, dir. Jukka-Pekka Saraste, BIS.
Haydn – Arianna a Nasso
Una malinconica melodia accompagna il risveglio di Arianna: con una mesta aria, ella chiama a sé il suo uomo. In un crescendo, una progressione di accordi accompagna la giovine mentre sale su uno scoglio per mirare la costa dove scorge le navi greche allontanarsi: Teseo sta fuggendo, Arianna è stata abbandonata. La musica si fa concitata, l’ira prevale su alcuni sprazzi melanconici di dolore, l’affranta è pronta a maledire il traditore, lo spergiuro che aveva promesso gioia e amore eterni: la voce progredisce lentamente, di dissonanza in dissonanza, verso il grave e dalle zone più oscure si erge l’ultima aria, un lamento in cui l’Adagio iniziale, cui corrisponde l’esternazione del dolore, cede subito il passo a un Presto, nel quale Arianna, sconfortata, dà sfogo alla propria ira.
Teseo mio ben, dove sei? Dove sei tu?
Vicino d’averti mi parea,
ma un lusinghiero sogno fallace m’ingannò.
Già sorge in ciel la rosea Aurora,
e l’erbe e i fior colora Febo
uscendo dal mar col crine aurato.
Sposo, sposo adorato, dove guidasti il piè.
Forse le fere ad inseguir
ti chiama il tuo nobile ardor.
Ah vieni, ah vieni, o caro,
ed offrirò più grata preda ai tuoi lacci.
Il cor d’Arianna amante, che t’adora costante,
stringi, stringi con nodo più tenace,
e più bella la face splenda del nostro amor.
Soffrir non posso d’esser da te divisa un sol momento.
Ah di vederti, o caro, già mi strugge il desio;
ti sospira il mio cor, vieni, vieni idol mio.
Dove sei, mio bel tesoro,
chi t’invola a questo cor?
Se non vieni, io già mi moro,
né resisto al mio dolor.
Se pietade avete, oh Dei,
secondate i voti miei,
a me torni il caro ben.
Dove sei? Teseo! Dove sei?
Ma a chi parlo?
Gli accenti Eco ripete sol.
Teseo non m’ode, Teseo non mi risponde,
e portano le voci e l’aure e l’onde.
Poco da me lontano esser egli dovria.
Salgasi quello che più d’ogni altro
s’alza alpestre scoglio; ivi lo scoprirò.
Che miro? Oh stelle, misera me,
quest’ è l’argivo legno!
Greci son quelli!
Teseo! Ei sulla prora!
Ah m’ingannassi almen …
no, no, non m’inganno.
Ei fugge, ei qui mi lascia in abbandono.
Più speranza non v’è, tradita io sono.
Teseo, Teseo, m’ascolta, Teseo!
Ma oimè! vaneggio!
I flutti e il vento lo involano
per sempre agli occhi miei.
Ah siete ingiusti, o Dei,
se l’empio non punite! Ingrato!
Perchè ti trassi dalla morte
dunque tu dovevi tradirmi!
E le promesse, e i giuramenti tuoi?
Spergiuro, infido! hai cor di lasciarmi.
A chi mi volgo, da chi pietà sperar?
Già più non reggo,
il piè vacilla, e in così amaro istante
sento mancarmi in sen l’alma tremante.
A che morir vorrei
in sì fatal momento,
ma al mio crudel tormento
mi serba ingiusto il ciel.
Misera abbandonata
non ho chi mi consola.
Chi tanto amai s’invola
barbaro ed infedel.
Haydn manifestò spesso il proprio rammarico di non aver concesso alla musica vocale l’importanza che meritava: alla fine del vincolante incarico presso la famiglia Esterházy, Arianna a Nasso è il tentativo di evadere dall’egemonia della musica strumentale e offrire un omaggio alla vastità degli affetti che solo la musica vocale – e italiana in particolare – poteva illustrare. Nei recitativi, Haydn manifesta con maggior maestria la propria originalità nel restituire gli affetti contrastanti della protagonista, mentre aderisce con fedeltà al modello dell’opera seria settecentesca – e, più specificatamente, mozartiana – nella costruzione delle due arie.
Bibliografia
- Howard C. Robbins Landon, Haydn. Vita e opere, Milano, Rusconi, 1988;
- Haydn, a cura di Andrea Lanza, Bologna, Il Mulino, 1999.
Discografia
- 1993, pf. András Schiff, soprano Cecilia Bartoli, Decca Records
Stravinskij – No word from Tom, recitativo e aria da The Rake’s progress
Il fantasma di Mozart, statuaria figura della classicità musicale, aleggia ancora nel Rake’s progress, il melodramma che alla fine degli anni Quaranta Stravinskij costruisce (Wystan Auden e Chester Kallman ne curano il libretto) contrastando l’imperante moda wagneriana. Il modello settecentesco sopravvive nella divisione in atti, nell’alternanza di arie e recitativi, secchi e accompagnati, nella scelta dell’organico orchestrale, in certi numeri corali, ma forse in nient’altro: la narrazione è colma di riferimenti alla letteratura contemporanea, la costruzione armonica è spesso inusitata. Nessuna fanciulla dapontiana o metastasiana, inoltre, avrebbe cantato il proprio amore per un infingardo dissoluto come quel Tom che, in compagnia del losco Nick Shadow, si reca a Londra, dove, debole e corruttibile, abbraccerà il vizio e l’abiezione
In una struttura quadripartita, Anne constata il proprio amore per Tom: disposta a abbandonare il solido, seppur anziano, padre, partirà alla volta di Londra per soccorrere il debole amante.
No word from Tom.
Has love no voice?
Can love not keep a May-time vow in cities?
Fades it as the rose cut for a rich display?
Forgot! But no! To weep is not enough.
He needs my help.
Love hears, love knows,
love answers him
across the silent miles and goes.
Quietly, night, oh! find him and caress
and may thou quiet find his heart,
although it be unkind. nor may its beat confess,
although I weep, it knows of loneliness.
Guide me, oh! moon, chastely
when I depart,
and warmly be the same
he watches without grief or shame.
It can not be thou art a colder moon
upon a colder heart.
My father!
Can I desert him and his devotion
for a love who has deserted me? No.
My father has strength of purpose,
while Tom is weak and needs
the comfort of a helping hand.
Oh God! protect dear Tom,
support my father
and strengthen my resolve.
I go to him.
Love can not falter, can not desert.
though it be shunned or be forgotten,
though it be hurt, if love be love,
it will not alter.
Should I see my love in need,
it shall not matter what he may be.
Non una parola da Tom.
Non ha voce amore, non sa amore tenere fede
nelle città ai voti fatti a maggio?
Sfiorisce come una rosa tagliata per essere esposta?
Dimentica! Ma no! Piangere non basta.
Ha bisogno del mio aiuto
Amore sente, amore sa,
amore gli risponde
al di là delle distanze silenziose e va.
Silenziosamente, o notte! trovalo e accarezzalo
e possa tu trovare sereno il suo cuore
anche se è scortese, né possa il suo battito rivelare,
anche se io piango, che conosce la solitudine.
Guidami, o luna, cautamente,
quando mi avvio,
e sii, affettuosamente, la stessa
che egli guarda senza dolore o vergogna.
Non potresti essere luna più fredda
su più freddo cuore
Mio padre!
Posso lasciarlo e allontanarmi dal suo affetto
per un amore che mi ha lasciato? No.
Mio padre ha forza di carattere,
mentre Tom è un debole ed ha bisogno
del conforto di una mano amica.
O Dio! Proteggi il caro Tom,
sostieni mio padre
e rafforza la mia risoluzione
Vado da lui.
Amore non può vacillare, non può venir meno,
anche se disprezzato o dimenticato,
anche se ferito, se amore è amore,
non può mutare.
Se dovessi vedere il mio amore in difficoltà,
non avrà importanza che cosa sarà.
Bibliografia
- Bruno Antonini, Straniamento e invenzione nel Rakeʼs progress di Igor Stravinskij, Firenze, Passigli, 1990;
- Massimo Mila, Compagno Stavinsky, Torino, Einaudi, 1983;
- Gianfranco Vinay, Stravinsky Neoclassico, Venezia, Marsilio, 1987.
Discografia
- 1997, dir. John Eliot Gardiner, London Symphony, Deutsche Grammophon.
Haydn – Sinfonia n. 103, “Rullo di tamburi”, in Mi bemolle maggiore,
Oramai fuori da Esterháza (la dimora della famiglia che per trent’anni finanziò la sua opera), Haydn giunge a Londra nel capodanno del 1791, incaricato dall’impresario Johann Peter Salomon di condurre alcune sinfonie. Il successo lo riporterà in terra inglese tre anni più tardi per dirigere l’Opera Concerts, composta da sessanta musicisti. Il 4 maggio del 1795 esegue la Sinfonia n. 100, “Militare”, e n. 104, l’ultima, raggiungendo l’acme della sua carriera. Il successo gli valse l’appellativo di “Shakespeare della musica”, nome apparentemente poco giustificabile, se si considera che l’Illuminismo attribuiva alla drammaturgia del poeta inglese un valore innanzitutto morale. Non deve stupire che Londra, alla fine del Settecento, reputasse la musica strumentale (priva, quindi, di parole e di significato esplicito) capace di trasmettere lo stesso contenuto etico dei drammi di Shakespeare: negli anni di Haydn, il nascente preromanticismo elaborava il concetto di “musica assoluta”, quella musica che proprio in virtù dell’assenza della linea vocale possedeva un significato ineffabile, un’essenza che elevava lo spirito verso le verità dell’etica, della filosofia e della religione. Il valore drammatico e i contrasti affettivi che avevano caratterizzato le cantate e il melodramma erano consegnati alla musica strumentale e rinnovati.
Il primo movimento della Sinfonia 103, “Rullo di tamburi”, realizza questo conflitto profondo nella dialettica (in seguito pienamente realizzata nell’oratorio La creazione) tra l’Adagio, dominato dal registro grave di fagotti, violoncelli e contrabbassi – le note iniziali ricordavano al pubblico cattolico il Dies irae – e l’Allegro, forma-sonata i cui ritmi di danza innestano nella produzione haydniana un inedito colore popolare. È la società londinese che determina questa novità nella produzione di Haydn: il pubblico inglese non è unicamente aristocratico come quello delle sale viennesi e ungheresi, bensì è animato da un’ampia classe commerciale in ascesa, interessata ad ascoltare la musica della nobiltà (vuoi per reale trasporto, vuoi per ambizione) e in virtù della quale la produzione colta è rinvigorita da elementi prossimi al gusto borghese.
Bibliografia
- Charles Rosen, Lo stile classico, Milano, Feltrinelli, 1979;
- Stendhal, Vita di Haydn, Milano, Casagrande-Fidia-Sapiens, 2009.
Discografia
- 1958, Sinfonieorchester des Bayerischen Rundfunks, dir. Eugen Jochum, Deutschegrammophon;
- 1991, Royal Concertgebouw Orchestra, dir. Nikolaus Harnoncourt, Teldec Classics.