70ª Stagione Sinfonica Orchestra I Pomeriggi Musicali - I Pomeriggi Musicali - Teatro Dal Verme

Le date

Sala Grande
giovedì 16 aprile 2015
Ore: 10:00*
giovedì 16 aprile 2015
Ore: 21:00
sabato 18 aprile 2015
Ore: 17:00
*I Pomeriggi in anteprima

Fedele, Volo, per sax e orchestra (prima esecuzione assoluta)
Milhaud, Concertino di primavera per violino e orchestra
Mahler, Sinfonia n. 1 (rev. Klaus Simon)

Biglietteria

BIGLIETTI
Interi
Primo Settore (Platea, dalla fila 1 alla 30): € 19,00 + prevendita
Secondo Settore (Platea, dalla fila 31 alla 40): € 13,50 + prevendita
Balconata: € 10,50 + prevendita

Ridotti (Giovani under 26; Anziani over 60; Cral; Ass. Culturali, Biblioteche; Gruppi; Scuole e Università)
Primo Settore (Platea, dalla fila 1 alla fila 30) € 15,00 + prevendita
Secondo Settore (Platea, dalla fila 31 alla fila 40) € 11,50 + prevendita
Balconata € 8,50 + prevendita

CARNET LIBERI DI SCEGLIERE:
da oggi sei libero di abbonarti a 6, 8 o 10 concerti della Stagione scegliendo in base alle tue preferenze e alle tue disponibilità senza dover rinunciare al vantaggio economico dell’abbonamento (i carnet costano da €. 56,40 a €. 163,00 a seconda del numero di concerti selezionati)

Per informazioni e prenotazioni:
promozione@ipomeriggi.it 02/87905267

Il Cast

Direttore: Marco Angius
Violino: Fatlinda Thaci
Sassofono: David Brutti
Orchestra I Pomeriggi Musicali

Note di sala

Ivan Fedele
(Lecce 1953)

Volo, per sax e orchestra
Prima esecuzione assoluta – Commissione I Pomeriggi
Musicali
Durata: 17’ 

Darius Milhaud
(Aix-en-Provence, 1892 – Ginevra, 1974)

Concertino di primavera per violino e orchestra
Durata: 8’
Moderatamente animato 

* * *

Gustav Mahler
(Kaliště, 1860 – Vienna, 1911)

Sinfonia n. 1 (rev. Klaus Simon)
Durata: 50’
Langsam. Schleppend wie ein Naturlaut
Kräftig bewegt, doch nicht zu schnell
Feierlich und gemessen, ohne zu schleppen
Stürmisch bewegt

Saggio di Claudia Ferrari
In questo concerto abbiamo il privilegio di ospitare la prima esecuzione assoluta di una nuova opera del Maestro Ivan Fedele. Su Volo, per sax e orchestra, troverete nei “Pilucchi” una spiegazione del compositore, articolata e precisa, che fornisce un’immagine globale dell’opera, tratteggiandone il profilo con specifiche indicazioni tecniche accompagnate da alcune suggestioni visive. Ciò che resta da dire, per non dilungarsi in spiegazioni eccessivamente specialistiche che non sarebbero un valore aggiunto per l’ascoltatore, è di cogliere quest’occasione, in quanto tale. Siamo qui a teatro, davanti a noi abbiamo un programma molto interessante: due autori del passato (un passato, mai passato) seguiranno a un autore contemporaneo, dall’alto profilo: lasciamo da parte i pregiudizi che da ormai un secolo dominano quando si tratta di contemporaneità. Le occasioni per ascoltare qualcosa di davvero contemporaneo, non qualcosa di contemporaneo per definizione ma non per età – Schoenberg, Webern e compagni avrebbero all’incirca 130 anni – sono spesso stagioni dedicate a gruppi di appassionati; questa è un’occasione in cui classico e contemporaneo si affiancano e si mescolano, senza badare a categorizzazioni. La musica va oltre ai confini entro i quali tendiamo spesso a volerla relegare, sostiene il peso di definizioni utili agli addetti ai lavori e molte volte addirittura fuorvianti per l’ascoltatore. Oggi, qui a teatro, siamo tutti ascoltatori, con l’animo aperto e curioso di un presente che ci viene incontro e sta a noi accogliere.

La prima esecuzione del Concertino di primavera per violino e orchestra di Darius Milhaud avvenne a Parigi, nel 1935, sotto la sua direzione. Il titolo suggerisce inevitabilmente un riferimento alle Stagioni vivaldiane; il compositore ne era affascinato e aveva per altro realizzato una registrazione delle Quattro stagioni nei circa vent’anni che impiegò per scrivere i quattro piccoli concerti che comporranno poi un unico ciclo, il cui fascino è dato dalla particolarità timbrica, grazie alla quale si viene a creare una continuità tra le quattro parti che lo costituiscono. Oggi ascolteremo quella che potremmo chiamare “la primavera” di Milhaud, la cui composizione è iniziata addirittura prima della prima guerra mondiale, continuando poi per diversi anni.

Il violino, assoluto protagonista di questi nove minuti pieni di energia, disegna linee sottili sui registri acuti, tracciando disegni virtuosistici che si contrappongono all’insieme orchestrale in un dialogo incessante e mai banale. Il jazz che Milhaud aveva incontrato durante un soggiorno negli Stati Uniti affiora già dalle prime battute: brevi interventi in uno stile apparentemente molto lontano da quello del “Gruppo dei Sei” di cui il compositore faceva parte, che però Milhaud riesce a fondere perfettamente ai momenti caratterizzati da armonie forti e da un notevole contrappunto. Uno stile moderno e a tratti ironico, quello di Milhaud, che in questo concertino si esprime in una leggerezza che confina e si fonde con naturalezza a tratti rigorosi e dallo spiccato virtuosismo.

Quello della Prima Sinfonia di Mahler è un vero e proprio percorso. Non si può parlare di quest’opera descrivendone semplicemente i quattro movimenti canonici, come fosse una normale prassi strutturale concepita dal compositore; non ci si può riferire a questa sinfonia come primo tassello, punto di partenza delle dieci (di cui l’ultima incompleta) scritte da Mahler. Su questa partitura il compositore tornò per continui cambiamenti e revisioni per un periodo durato venticinque anni: i primi abbozzi risalgono al 1884 e gli ultimi ritocchi al 1909. La struttura divisa nei classici quattro movimenti non è un punto di partenza, bensì il risultato di un work in progress che avvicina Mahler a una forma mentis estremamente contemporanea, legandolo però al passato della grande tradizione della Sinfonia romantica, da cui rinascere, con un linguaggio che guardi al futuro.

La prima stesura, terminata nel 1888 e diretta da Mahler stesso nella prima esecuzione nel novembre 1889 a Budapest, era strutturata in cinque sezioni, divisa in due parti (3 movimenti la prima, due la seconda). La visione del compositore era più vicina all’idea di un poema sinfonico che non a una sinfonia, tanto che nella seconda versione, terminata nel 1893, decise di inserire una didascalia programmatica ad ognuno dei movimenti, introducendo anche un titolo, Titano.

Nemmeno questa visione però soddisfaceva appieno Mahler, che già l’anno successivo decise di togliere sia titolo che indicazioni programmatiche, considerandoli di fatto non solo insufficienti per comprendere la musica, ma addirittura fuorvianti. Così, la Sinfonia si fece tale: il secondo movimento, un Andante (Blumine) venne tolto, così l’opera si configurò nella classica divisione in quattro parti, con la particolarità dello spostamento del tempo lento dal secondo al terzo movimento. L’equilibrio della composizione è impeccabile, ma in una forma classica si respira la forza propulsiva del futuro che Mahler racchiude in queste pagine, in cui porta l’organico orchestrale dalle normali proporzioni ottocentesche al gigantismo che sarà poi tipico delle sue future sinfonie.

Nella Sinfonia in Re Maggiore, Mahler va oltre all’antitesi tra “musica pura” e “musica a programma” che aveva animato i dibattiti del mondo musicale nella seconda metà dell’Ottocento volendo quasi dividere il pensiero e il modo di procedere tra brahmsiani e seguaci della scuola tedesca di Liszt e Wagner, e lo fa proprio tramite le scelte musicali: i quattro movimenti canonici non sono infatti collegati in maniera coesa dalla scelta dei materiali, la disomogeneità trova una soluzione nell’ultimo movimento, che di fatto, per dimensioni e carattere, risulta contrapposto ai tre precedenti. I temi vengono riproposti e mescolati, richiamando forse una visione beethoveniana; ripetizioni testuali di brevi frammenti proposti precedentemente generano un crescendo sonoro di proporzioni notevoli, che culmina negli interventi degli ottoni, quasi esultanti, che conducono di fatto a quello che può essere visto come un vero e proprio finale trionfante, romantico: ancora una volta uno sguardo al passato, salutato con rispetto ed emozione prima di intraprendere un nuovo cammino.

Oggi ascolteremo una versione per orchestra da camera di quest’immensa composizione, a firma di Klaus Simon; la nostra attenzione dovrà essere riposta nella struttura, nell’ideale compositivo mahleriano, nella visione aperta verso il futuro. Sarà possibile cogliere ogni sfumatura dei temi, ogni richiamo alla natura (primo tempo) e la caratteristica contrapposizione di situazioni sonore, tra alcuni momenti in cui il tempo sembra quasi sospeso e altri in cui l’organico orchestrale diventa quasi irruento; contrapposizione di estremi opposti, apparentemente inconciliabili, che trovano nel genio di  Mahler piena espressione.