70ª Stagione Sinfonica Orchestra I Pomeriggi Musicali - I Pomeriggi Musicali - Teatro Dal Verme

Le date

Sala Grande
giovedì 27 novembre 2014
Ore: 21:00

I Virtuosi Italiani
Maestro di concerto, Alberto Martini
Musiche di Vivaldi, Corelli,Tartini,Geminiani 

Biglietteria

BIGLIETTI
Interi
Primo Settore (Platea, dalla fila 1 alla 30): € 19,00 + prevendita
Secondo Settore (Platea, dalla fila 31 alla 40): € 13,50 + prevendita
Balconata: € 10,50 + prevendita

Ridotti (Giovani under 26; Anziani over 60; Cral; Ass. Culturali, Biblioteche; Gruppi; Scuole e Università)
Primo Settore (Platea, dalla fila 1 alla fila 30) € 15,00 + prevendita
Secondo Settore (Platea, dalla fila 31 alla fila 40) € 11,50 + prevendita
Balconata € 8,50 + prevendita

CARNET LIBERI DI SCEGLIERE:
da oggi sei libero di abbonarti a 6, 8 o 10 concerti della Stagione scegliendo in base alle tue preferenze e alle tue disponibilità senza dover rinunciare al vantaggio economico dell’abbonamento (i carnet costano da €. 56,40 a €. 163,00 a seconda del numero di concerti selezionati)

Per informazioni e prenotazioni:
promozione@ipomeriggi.it 02/87905267

Il Cast

I Virtuosi Italiani
Maestro di concerto al violino: Alberto Martini

Note di sala

Antonio Vivaldi (1678 – 1741)
Concerto per violino e archi in Mi bemolle maggioreLa Tempesta di mare” RV 253
Presto – Largo – Presto

Solista Antonio Aiello
Concerto per violino in Do maggiore “Il Piacere” RV 180
Allegro-Largo Cantabile-Allegro

Concerto per violino in mi minoreIl Favorito” RV 277
Allegro – Andante – Allegro

Tomaso Albinoni
Sinfonia in Sol Maggiore
Allegro – Adagio – Allegro

Giuseppe Tartini
Concerto in La Maggiore per violino, archi e basso continuo D 96
Allegro – Largo Andante – Allegro

violino Alberto Martini

Arcangelo Corelli
Concerto Grosso Op. VI n. 4 in Re Maggiore
Adagio, Allegro – Adagio – Vivace – Allegro

Alberto Martini, Luca Falasca violini; Leonardo Sapere violoncello, Marco Vincenzi cembalo

Francesco S. Geminiani
Concerto Grosso n.12 in re minore sull’Opera Quinta di Arcangelo Corelli “La Follia” Tema con variazioni

Alberto Martini, Luca Falasca violini; Leonardo Sapere violoncello, Marco Vincenzi cembalo
Introduzione al Concerto di Lorenzo Arruga

Settecento coi Virtuosi Italiani, che bellezza! Ci si abbandona al suono, con le melodie belle come all’opera, con il ritmo che scatta come al rock, senza tanto pensare, con la voglia di farci portar via. Vivaldi e gli altri… e spunta all’orizzonte, con il prezioso incanto, con i tesori infiniti, con la soave mollezza, Venezia…

Calma. Intanto non c’è solo Venezia; dei quattro autori uno è di Fusignano, Fusgnàn in romagnolo, mezz’ora da Ravenna,  ottomila persone adesso allora meno, civiltà di edifici, nella pronuncia zeta debole, tante scuole. Un altro è nato a Padova,  non lontana ma ben diversa da Venezia, città universitaria, più di dieci volte più grande di Fusignano,  con i suoi punti forti: Sant’Antonio coi pellegrini da tutto il mondo, Giotto con le storie di Cristo, già allora da mezzo millennio. Il terzo è un toscanaccio lucchese, gran didatta del violino, che esce presto dalle antiche mura che ancora chiudono bella città antica,  gira l’Europa, a Londra piace al re Giorgio I e si affilia, probabilmente primo italiano, alla massoneria, e passa da Parigi, trionfa in Irlanda, muore a Dublino.

E guardate le loro facce: Vivaldi rosso di capelli, naso grifagno ma pendente, mento avanzato, senza parrucca ma con i ricci che poggiano sull’abito da prete; Corelli viso lungo, bocca stretta, occhi pronti a fare onore al suo nome battesimale, Arcangelo, parrucca a maxiriccioloni; Tartini dolce, ironico, simpatico, sfuggente, moderno; Geminiani che crescendo si è un poco affilato ed ha preso una rispettabilità britannica un po’ distratta. Quattro persone diversissime.

Eppure, ascoltandole distrattamente abbiamo l’impressione d’una scuola comune.  E’ la formula del concerto che li unisce prima di tutto: quel concerto del Settecento dove il violino solista non litiga musicalmente col gruppo dei colleghi, non si pone in contrasto, ma in colloquio; e dove il virtuosimo del concertista sembra spesso prolungare armoniosamente i desideri e le ambizioni di tutti gli altri; quelle ampie progressioni che continuano a dar spinta al discorso,  quei contrasti fa il forte pieno e il piano quasi esagerato, e negli adagio le lunghe ampie frasi di canto: vere melodie, tanto che non ci stupiamo se in una partitura autografa di Tartini ci acorgiamo che ha scritto sopra, spesso, versi di poesia, come se stesse musicando un libretto.  Poi, la cautela mentale nell’armonia, salvo eccezioni: non offese all’orecchio, nondisturbi alla logica. E l’andare tutti assieme, senza conflitti e senza smarrimenti.

Con Antonio Vivaldi è il primo incontro, quest’anno; e lo ritroveremo alla vigilia della Primavera per un programma intero. Ora sentiamo tre concerti meravigliosi. La tempesta di mare, dall’inizio memorabile con lo scoppio dell’orchestra con semplici note ribattute degli archi, il chiamarsi e rispondersi, nella stupenda esattezza della logica musicale, tanto che quasi sembra non la musica imitare i ritmi di svolgimento d’una burrasca, ma il mare che si lascia disciplinare dalla forma della musica.  Il piacere, con quell’adagio con la frase che si ripiega voluttuosamente su se stessa e gli altri tempi come oro o sole.

Il favorito, che non si sa con sicurezza se fosse il favorito dall’autore o dall’imperatore, che è tra gli ultimi scritti da Vivaldi ad un quarto di secolo, per poi dedicarsi soprattutto al teatro d’opera, e che aizza il violino a conquiste tecniche, a interventi d’ampio canto, a uscite dal buon gusto ufficiale dello stile che si chiamò “galante”, in un’architettura sontuosa ed importante.  L’ultima sinfonia è un’ouverture d’opera: quella Olimpiade di Metastasio musicata da innumerevoli compositori. Ed è teatro dalle prime battute, con i grandi contrasti di volume, e ci spinge verso un’attesa, forse proprio che si apra il sipario.

Corre, Vivaldi, scandisce, e si impenna con melodie spaziose, luminose. Ci dà per naturale l’equilibrio delle parti, l’infallibilità dell’armonia, la sicurezza dei timbri strumentali, come se la ricchezza di dottrina fosse uno spontaneo atto di vita. I suoi concerti si protendono nell’avventura: sono – verrebbe da dire – concerti di mare, come la sua città e la sua gente.

I concerti di Corelli verrebbe invece di chiamarli concerti di terra. I violini, le viole si scatenano veloci e a volte ruvidi e si inseguono ispirandosi al canone e alla fuga, ma vengono costantemente richiamati alla certezza dell’impianto generale; gli archi bassi autorevolmente segnano l’armonia, a cui negli “adagio”, come in questo del Quarto Concerto, si lascia scivolare quando una melodia eloquente rischia di spingersi troppo lontano. Quest’ordine non è una forzatura, questo senso dei conti che tornano esatti è la pienezza d’una forma che sta nascendo, appunto quella del concerto barocco.

Che invece viene aperta, come uno scrigno segreto, dai concerti di Tartini: una specie di magico potere sta nel tocco cangiante cui è chiamato il violino solista; un fraseggio in cui sembra voler scegliere ogni nota non per esitazione ma per garantirne la preziosità;  stupire non per sopraffazione di bravura, bensì nascondendola per offrire pura bellezza.

In Geminiani, infine, la bellezza pare perennemente conquistata dando contrasti e forma a idee e spunti diversi; come quasi un’improvisazione fra sapienti, e come amici che hanno voglia di manifestarsi ma anche di ascoltarsi l’un l’altro e di rispondersi.

Questo è un concerto di persone forti: sapevano suonare con grande bravura, conoscevano a menadito gli strumenti, leggevano, studiavano matematica e filosofia, volevano comunicare. Stagione fortunata della musica grande, senza fratture con le arti e con la musica di consumo, col coraggio delle idee, anche di esporsi creando.

Averne nostalgia è esercizio sterile, il mondo e noi siamo troppo cambiati; ma come sarebbe importante cercare di coglierne la lezione.