71ª Stagione Sinfonica Orchestra I Pomeriggi Musicali - Teatro Dal Verme

Le date

Sala Grande
giovedì 05 maggio 2016
Ore: 00:00*
giovedì 05 maggio 2016
Ore: 21:00
sabato 07 maggio 2016
Ore: 17:00
*I Pomeriggi in anteprima

Direttore Alvise Casellati
Violino Alessandro Braga
Orchestra I Pomeriggi Musicali

Andreuccetti Bauci, commissione I Pomeriggi Musicali
Sibelius Valse triste
Beethoven Due romanze per violino e orchestra op. 40 e op. 50
Grieg Sinfonia in do minore EG 119

Biglietteria

Carnet Liberi di scegliere 12, 10 o 8 concerti a scelta fra le nostre proposte del giovedì sera.
Segui il link alla pagina dedicata: ABBONAMENTI E CARNET
Abbonamenti Concerti in Anteprima, 18 o 10 concerti delle prove aperte il giovedì mattina.
Segui il link alla pagina dedicata: ANTEPRIME 2015/2016

Interi
Primo Settore (Platea, da fila 1 a 30) € 20,00 + prevendita
Secondo Settore (Platea, da fila 31 a 40) € 14,50 + prevendita
Balconata € 11,00 + prevendita

Ridotti (Giovani under 26; Anziani over 60; Cral; Ass.Culturali, Biblioteche; Gruppi; Scuole e Università)
Primo Settore (Platea da fila 1 a 30) € 16,00 + prevendita
Secondo Settore (Platea da fila 31 a 40) € 12,50 + prevendita
Balconata € 9,00 + prevendita

Il Cast

Direttore Alvise Casellati
Violino Alessandro Braga
Orchestra I Pomeriggi Musicali

Note di sala

Nicoletta Andreuccetti (1968)
Bauci, commissione I Pomeriggi Musicali

Jean Sibelius (1770-1827)
Valse Triste

Ludwig van Beethoven (1770-1827)
Due romanze per violino e orchestra op. 40 e op. 50

* * *

Edvard Grieg (1843-1907)
Sinfonia in do minore EG 119
I. Allegro molto
II. Adagio espressivo
III. Intermezzo: Allegro energico
IV. Finale: Allegro molto vivavce

Note a margine di Renato Meucci
Creato come una delle sei musiche di scena per un lavoro in prosa intitolato Kuolema (“morte”) scritto dal cognato Arvid Järnefelt nel 1903, Valse triste di Sibelius fu estrapolato e pubblicato separatamente, dopo che fin dalla prima esecuzione esso aveva ottenuto uno straordinario successo. Da allora è rimasto come uno dei gioielli più conosciuti non solo del grande compositore finlandese, ma anche dell’intero repertorio orchestrale di contenuta estensione, come d’altronde le sue numerose trascrizioni, a partire da quella celeberrima per pianoforte.

Forse i puristi storceranno il naso, ma non posso far a meno di ricordare che a suo tempo una pubblicità televisiva rese famosa la Romanza op. 50 di Beethoven (o almeno il suo inizio) più di quanto avrebbero potuto decine di sale da concerto: e d’altronde quanta musica d’arte ha riempito a torto o a ragione le colonne sonore dei messaggi promozionali o di tanta cinematografia? Reminiscenze a parte, resta che l’evocazione melodica di questa breve “romanza senza parole”, insieme con la sua compagna op. 40, entrambe del 1802, costituì per Beethoven un passaggio fondamentale con il quale egli venne preparando la sua innovativa concezione del concerto per violino e orchestra (d’altronde, benché Beethoven venga ricordato più spesso come eccellente pianista non va dimenticato che egli suonava altrettanto bene anche il violino).

Torniamo in alto all’Europa con una sinfonia del norvegese Edvard Grieg, scritta nel 1863-64 da un artista allora appena ventenne e l’unica che egli portò a compimento (restano solo abbozzi di altri lavori del genere), mentre il secondo e terzo movimento furono da lui stesso trascritti per pianoforte a quattro mani col titolo Pezzi sinfonici op. 14. Il brano è in realtà una prova di composizione suggeritagli dal compositore danese Niel Gade e conclusa da Grieg nonostante egli non si sentisse adatto a un tale esperimento, né per formazione né per indole. Il risultato lo lascio giudicare a voi: per me si tratta di un’esercitazione dalla quale non emerge un’individualità compiuta, ma tanti stili e tante modalità  compositive diverse. Fu forse per questo che il compositore appose sul manoscritto l’avvertimento che essa non avrebbe dovuto “mai essere eseguita”; prescrizione rispettata per ben 113 anni, fino alla definitiva violazione, avvenuta per la prima volta nel 1981.

BAUCI
di Nicoletta Andreuccetti
Bauci è straniante metafora dell’alterità: è invisibile, ma esiste, è oltre la terra, ma giace sulla terra. Bauci è la presenza distanziante dello sguardo qui tradotto in suono. Un suono filiforme, inudibile ma terrestre, terso e luminoso ma proteso nell’oscuro. Un suono, da scrutare da lontano nell’assenza, metafora di ogni ricerca: una ricerca senza aggettivi, senza perché, soglia ultima cui è condannato l’umano.