Le date
Direttore: George Pehlivanian
Violoncello: Andrei Ioniță
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Concerto in collaborazione con Gioventù Musicale
Padre Komitas, Suite des danses arménienne pour cordes (arr. Pehlivanian)
Čajkovskij, Variazioni su un tema rococò in La maggiore op. 33
Beethoven, Snfonia n. 3 in Mib maggiore op. 55 “Eroica”
Biglietteria
BIGLIETTI SINGOLI CONCERTI
Interi
Primo Settore (Platea, da fila 1 a 30) € 20,00 + prevendita
Secondo Settore (Platea, da fila 31 a 40) € 14,50 + prevendita
Balconata € 11,00 + prevendita
Ridotti (Giovani under 26; Anziani over 60; Cral; Ass.Culturali, Biblioteche; Gruppi; Scuole e Università)
Primo Settore (Platea da fila 1 a 30) € 16,00 + prevendita
Secondo Settore (Platea da fila 31 a 40) € 12,50 + prevendita
Balconata € 9,00 + prevendita
Per le speciali e convenienti formnmule di abbonamento ancora attive segui il link : ABBONAMENTI E CARNET
Il Cast
Direttore: George Pehlivanian
Violoncello: Andrei Ioniță
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Concerto in collaborazione con Gioventù Musicale
Note di sala
Čajkovskij Variazioni su un tema rococò in La maggiore op. 33
Thema. Moderato assai quasi Andante–Moderato semplice (61 bars)
Var. I. Tempo della Thema
Var. II. Tempo della Thema
Var. III. Andante sostenuto
Var. IV. Andante grazioso
Var. V. Allegro moderato
Var. VI. Andante
Var. VII e Coda. Allegro vivo
Beethoven Snfonia n. 3 in Mi bemolle maggiore op. 55 “Eroica”
Allegro con brio
Marcia funebre. Adagio assai
Scherzo. Allegro vivace – Trio
Finale. Allegro molto
Nata a margine di Renato Meucci
Lo dico? Non lo dico? Oso? Non si offenderà nessuno? Ma sì, devo ammettere che le Variazioni su un tema rococò non mi sono mai piaciute. Perché? Probabilmente perché il tema su cui esse si basano sta a Čajkovskij come l’acqua dolce starebbe al mare, ossia ha ben poco che possa ricordare l’ispirazione del grande compositore russo (nonostante sia stato scritto da lui e non preso in prestito). E di questa mancanza di identificazione doveva essere consapevole egli stesso se, a differenza di altri casi nei quali aveva rifiutato qualsiasi emendamento (ad esempio per il Primo concerto per pianoforte, al punto di sfidare le ire del suo mentore Rubinstein), in questo caso invece Čajkovskij accettò che il dedicatario della composizione, il violoncellista Wilhelm Fitzenhagen, rimettesse le mani sulla partitura modificandola secondo la sua sensibilità. Ad ogni modo, e con soddisfazione di chi considera questa composizione particolarmente rappresentativa nella produzione di Čajkovskij, essa gode di una fama consolidata e si può dire che qualsiasi grande violoncellista l’abbia in repertorio e la tenga in grande considerazione.
Il brano di Čajkovskij, come consueto per questo genere di composizioni, si articola in una serie di variazioni (otto nella versione originale, sette in quella riveduta, più la coda) che mettono a dura prova la capacità virtuosistica del solista, anche per l’estensione tendente verso la tessitura più acuta dello strumento.
Giusto o sbagliato che sia il mio giudizio, vorrei però prendere da qui lo spunto per richiamare una questione di solito esclusa dalle note di sala: quella del giudizio critico, ormai scomparso dalle sale da concerto e persino dai teatri d’opera; se fino a qualche decennio fa si dimostrava il proprio consenso con sonori applausi, e il dissenso con altrettanto sonori buuh, oggi in pratica ciò non accade quasi più, né per la musica classica, né tanto meno per quella d’avanguardia. Segno dei tempi, o piuttosto, segno del disorientamento del pubblico?
Ma veniamo alla Sinfonia n. 3 di Beethoven. In questo caso non si ha bisogno di valutazioni, né vi può essere alcun dubbio: si tratta di uno dei più grandi capolavori dell’arte occidentale. Le ragioni sono tante e poi tante che sono state scritte intere monografie per spiegarle. Io lascerò agli ascoltatori il piacere dell’ascolto di questo grande capolavoro, affrontando invece un paio di questioni ad esso correlate.
A dispetto di tutta la critica e delle più accurate ricerche storico musicali (che su Beethoven sono quasi numerose quanto quelle sulla vita di Cristo) non mi risulta che sia mai stato correttamente interpretato uno degli episodi che vengono costantemente riportati nelle presentazioni di quest’opera. Si tratta della dedica a Napoleone. Tale dedica, secondo la prima e più agiografica biografia beethoveniana, pubblicata nel 1836 dal “discepolo” Ferdinand Ries, sarebbe stata cancellata per la delusione derivata dall’incoronazione aimperatore del generale corso. Ho già spiegato in altra occasione che le cose non stanno così: infatti nel 1803 lo stesso Ries, in qualità di segretario e rappresentante di Beethoven, aveva offerto la partitura all’editore Simrock per 100 fiorini; aggiungendo tuttavia che il principe Lobkowitz già da sei mesi aveva offerto 400 fiorini. La dedica definitiva a quest’ultimo spiega dunque la cancellatura, non le ragioni politiche che l’agiografia beethoveniana continua a ripetere a tutto scorno della comprensione della situazione in cui viveva allora un compositore della grandezza e della fama di un Beethoven (il quale, non dimentichiamolo, fu anche il primo a fare della sua attività di libero professionista l’unica fonte di guadagno, non essendo mai stato al servizio diretto di alcun potentato).
Ma per non fermarci a quello che potrebbe sembrare un semplice spunto aneddotico (non lo è tuttavia, visto che serve a chiarire quale fosse la reale situazione lavorativa di un musicista di tal calibro), vorrei passare a un argomento che illumina invece un aspetto dell’esecuzione musicale che potrebbe sfuggire del tutto all’ascoltatore odierno. Infatti, un tempo gli esecutori amavano prendersi delle libertà che oggi sarebbero addirittura inimmaginabili per un orchestrale, come quella di “abbellire” le melodie, infarcendole di note non scritte (una prassi tipicamente vocale, ma molto imitata dagli strumentisti più abili). Bene, in un’esecuzione dell’Eroica avvenuta a Londra addirittura nel 1824, Baldassarre Centroni, celebre oboista italiano e in precedenza stretto collaboratore di Rossini, si esibì in una serie di ornamentazioni che, se piacquero forse al pubblico, lasciarono interdetto e persino contrariato un anonimo recensore londinese. Segno che il modo di suonare stava cambiando, per diventare quello odierno, privo di qualsiasi possibilità di improvvisazione estemporanea.
M° GEORGE PEHLIVANIAN Direttore d’ orchestra
Americano d’adozione, Pehlivanian si è trasferito con la sua famiglia a Los Angeles nel 1975, dove ha studiato direzione d’orchestra con Pierre Boulez, Lorin Maazel e Ferdinand Leitner. Si è imposto all’attenzione internazionale conseguendo a soli a 27 anni il Primo premio al Concorso internazionale per Direttori d’orchestra di Besancon, primo artista americano in assoluto ad aggiudicarsi un riconoscimento di siffatto prestigio. A partire da quel momento, Pehlivanian ha definitivamente consolidato la propria fama imponendosi come uno dei direttori più coinvolgenti della propria generazione. Ha debuttato alla Long Beach Opera di Los Angeles con la direzione di Carmen e in seguito, su invito di Valery Gergiev, ha diretto Traviata all’Opera del Kirov di San Pietroburgo. A partire dal 2005 ricopre il ruolo di Direttore artistico e musicale dell’Orchestra Filarmonica Slovena, primo straniero a ottenere questa nomina. Successivamente, è stato nominato Primo Direttore Ospite della Deutsche Staatsphlharmonie Rheinland-Pfalz e, ancora, Direttore Stabile dell’Orchestra del Teatro Lirico di Cagliari, affiancando al contempo prestigiose collaborazioni con la Israel Philharmonic Orchestra. Ha ricoperto inoltre l’incarico di Primo Direttore Ospite presso la Residentie Orkest dell’Aja tra il 1996 ed il 1999 e della Wiener KammerOrchester tra il 1996 ed il 2000, esprimendosi parallelamente con il medesimo impegno e con il medesimo successo alla guida delle più famose orchestre europee ed americane. Notevoli sono le collaborazioni in ambito italiano: ha diretto l’Orchestra Filarmonica della Scala di Milano, l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma, il Maggio Musicale Fiorentino, l’Orchestra del Teatro di San Carlo di Napoli, l’Orchestra Nazionale della Rai dl Torino, l’Orchestra del Teatro Lirico di Cagliari. Ha inoltre preso parte a prestigiosi festival, tra cui il Festival dei Maggio Musicale Fiorentino, il Festival Verdi di Parma, e il Ravenna Festival. Tra le più recenti esperienze, Pehlivanian, nell’estate 2008 al Festival di Ljubljana, ha diretto l’Elektra di Strauss e il concerto di chiusura con la Israel Philharmonic. Di rilievo le sue collaborazioni con solisti di prestigio internazionale: Maxim Vengerov, Isabelle Faust, Sergej Krilov, Anne Akiko Meyers, Evelyn Glennie. Ha inciso per Virgin Classics/Emi con l’Orchestre Philharmonique di Monte Carlo, la prima incisione di musiche di Zukov per la Chandos con la Residentle Orkest den Hague; il suo curriculum conta anche un’incisione con la London Philharmonic per la BMG, una registrazione monografica dedicata a Rodrigo con l’Orquesta Nacional de Espana per Studio SM, l’integrale delle opere di Liszt per pianoforte e orchestra con Louis Lortie, ancora con la Residentie Orkest den Hague per la Chandos. Attualmente Pehlivanian vive tra Los Angeles, Parigi e Lubiana.
ANDREI IONIȚĂ Violoncello
Andrei Ioniță è nato il 1° gennaio 1994. Si è diplomato alla Scuola Musicale “Iosif Sava” di Bucarest, dove ha studiato con Ani-Marie Paladi e al College Nazionale “Saint Sava” della medesima città. Attualmente frequenta l’Universität der Künste di Berlino sotto la guida del Prof. Jens Peter Maintz. Andrei Ioniță ha partecipato alle masterclass di rinomati violoncellisti tra cui Steven Isserlis, David Geringas, Gary Hoffman, Heinrich Schiff, Wolfgang Emanuel Schmidt e Bruno Cocset. Nel 2014 si è esibito al fianco di artisti del calibro di Gidon Kremer e Christian Tetzlaff come partecipante del progetto “Chamber Music Connects the World” dell’Accademia Kronberg. I suoi primi riconoscimenti a livello internazionale sono stati la vittoria e il premio speciale come ‘migliore interpretazione di un brano su commissione’ per il Concorso ARD, nel settembre 2014 a Monaco. Nel 2015 Andrei Ioniță ha inoltre ricevuto il primo premio del Concorso Tchaikovsky, che si tiene a Mosca ogni quattro anni. Negli anni Andrei Ioniță si è esibito con orchestre del calibro della Sinfonica di Mosca diretta da Pavel Kogan, l’Orchestra di San Pietroburgo per il Musical Olympus Festival, l’Orchestra da Camera di Stoccarda, la World Philharmonic Orchestra a Parigi in occasione della Fête de la Musique e la Bucharest Symphonic Pops. È inoltre apparso al Petit Palais ed al Dôme des Invalides di Parigi, alla Cité des Sciences di Tunisi, così come a Roma, Arezzo e Montepulciano. Nella stagione 2015/16 debutterà a Berlino con la Deutsches Symphonie-Orchester diretta da Nicholas Collon. Andrei Ioniță suona su un violoncello Giovanni Battista Rogeri del 1671, su gentile concessione della Deutsche Stiftung Musikleben di Amburgo.