Le date
Direttore: Daniel Cohen
Oboe: Andrea De Francesco
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Biglietteria
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Biglietti (ingressi singoli)
Interi Primo Settore € 20,00 + prev.
Secondo Settore € 14,50 + prev.
Balconata € 11,00 + prev.
Ridotti* Primo Settore € 16,00 + prev.
Secondo Settore € 12,50 + prev.
Balconata € 9,00 + prev.
Primo Settore (Platea, da fila 1 a fila 30)
Secondo Settore (Platea, da fila 31 a fila 40)
I Pomeriggi in Anteprima
Biglietti:
Interi € 10,00 + prev.
Ridotti* € 8,00 + prev.
*(Giovani under 26; Anziani over 60; Cral; Associazioni Culturali; Biblioteche; Gruppi; Scuole e Università)
Il Cast
Direttore: Daniel Cohen
Oboe: Andrea De Francesco
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Note di sala
3° ritratto: Wolfgang Amadeus Mozart I (1756-1791)
Wolfgang Amadeus Mozart
Sinfonia n. 38 K504 in Re Maggiore “Praga”
Adagio – Allegro
Andante
Presto
Concerto per oboe e orchestra K314 in Do Maggiore
Allegro aperto
Adagio non troppo
Rondo: Allegretto
* * *
Wolfgang Amadeus Mozart
Sinfonia n. 39 K543 in Mi bemolle Maggiore
Adagio – Allegro
Andante con moto
Menuetto: Allegretto
Allegro
Note di sala a cura di Gaia Varon
Giuseppe Ferlendis, il più noto membro di una numerosa famiglia di musicisti, divenne l’oboista della cappella dell’arcivescovo di Salisburgo nell’aprile del 1777; non è chiaro se fosse davvero uno strumentista eccellente: Leopold Mozart lo definì uno dei favoriti dell’orchestra, forse riferendosi più alla persona che all’esecutore, ma Haydn, che ebbe modo di ascoltarlo a Londra, lo giudicò assai mediocre. In ogni caso si deve a lui la composizione dell’unico concerto per oboe dell’allora ventunenne Wolfgang.
Nel settembre dello stesso anno, Mozart terminò il concerto e poi partì con la madre per un lungo viaggio nella speranza di vedere il mondo, ma soprattutto di guadagnare; in inverno era a Mannheim e diede la partitura a Friedrich Ramm, oboista della prestigiosa orchestra locale, che se ne mostrò entusiasta e lo eseguì più volte: «ha fatto sensazione», scrisse Mozart al padre, e «ora è il cavallo di battaglia di Ramm». Morta la madre a Parigi e sfumate le speranze che Mozart aveva riposto nel viaggio, il compositore rientrò nel 1779 a Salisburgo e l’unica menzione che si trova successivamente del concerto per oboe risale al 1783, quando l’oboista dell’orchestra di Eszterháza ne richiese una copia, pagandola tre ducati, dopo di che l’opera sparì e fu a lungo considerata perduta. Solo nel 1920, il musicologo e biografo di Mozart Berhnard Paumgartner, che era direttore dell’archivio del Mozarteum di Salisburgo, rinvenne un pacco di vecchie parti d’orchestra, su una delle quali era annotato «Concerto in do/oboe principale» e il nome di Mozart. Paumgartner riconobbe nella musica che aveva davanti l’allora ben noto Concerto in Re Maggiore per flauto e trovò la chiave della misteriosa scomparsa: probabilmente a un certo punto, fra il 1777 e il 1778, per rispondere velocemente a una gradita commissione del flautista dilettante Ferdinand de Jean, Mozart trascrisse il suo concerto per oboe spacciandolo per una nuova composizione.
La versione originale mostra una scrittura perfettamente idiomatica per l’oboe (cosa non sempre vera della trascrizione flautistica) e l’intera pagina risulta più equilibrata. Il Concerto è classicamente articolato in tre movimenti, ciascuno dei quali ricco di espressività e invenzione melodica. Il primo reca un’indicazione poco consueta che Mozart usava spesso in quel periodo, Allegro aperto; il solista entra ben presto per soffermarsi quasi subito su una lunga nota tenuta che fa pensare a certe arie d’opera in cui si dava modo al cantante, in genere un castrato, di mettere in mostra fiato e virtuosismi. E ancora a un’aria d’opera si può pensare per il canto vagamente malinconico dell’oboe nell’Andante, sostenuto da un accompagnamento di rara discrezione. Nel terzo movimento, Allegro, il legame con l’opera si fa esplicito: il tema principale diventerà, anni dopo, quello di un’aria nel Ratto dal Serraglio, «Welche Wonne, welche Lust»; oh, che gioia, che piacer, canterà Blonde nel II atto dell’opera; qui non c’è il testo, ma quel piacere è già palpabile e il delizioso dialogo fra solista e orchestra ha tutta la verve e la delicatezza del Mozart teatrale.
Nel 1786 Le nozze di Figaro facevano furore a Praga e la città si preparava ad accoglierne calorosamente l’autore: la sua trentottesima sinfonia vi sarà eseguita il 7 gennaio del 1787 e ne riporterà il titolo che la accompagna. Mozart non ne scriveva da tre anni, durante i quali aveva però esplorato con profitto molte altre vie: il concerto per pianoforte, un genere che dominava in maniera sempre più potente e originale, la prima opera della trilogia scritta in collaborazione con Lorenzo da Ponte, una serie di quartetti che programmaticamente imponeva, agli ascoltatori come agli interpreti, una nuova consapevolezza cameristica; e nel frattempo aveva cominciato a studiare la musica barocca. Quest’espansione di orizzonti condusse Mozart a rinnovare profondamente anche la sua concezione sinfonica e, forse contando sull’attesa dei praghesi, a osare nella nuova composizione scelte ben oltre i limiti di ciò che aveva prodotto sino ad allora in questo campo, a cominciare dalla struttura e dalle dimensioni: la Praga comprende tre movimenti, in luogo dei consueti quattro, ma due di essi sono immensi, il primo in particolare il più lungo mai scritto fino ad allora.
La Sinfonia si apre con un’introduzione di inedita imponenza ed espressività: un unissono tenuto, poi quattro rapide corse verso l’alto in accelerazione; il blocco non si ripete ed entra invece una melodia cantabile enunciata dai violini, seguita da un divagare disseminato di gruppetti e modulazioni inframmezzati da risposte dei timpani fino a una conclusione resa scura e inquietante da dissonanze e cromatismi. Anziché partire in quarta, l’Allegro emerge sommesso da una linea sincopata dei violini e siamo già completamente immersi in un teatro musicale, dove le idee, i motivi, i materiali non sono immediatamente riconducibili alla rassicurante organizzazione della forma-sonata, ma si concatenano in maniera imprevista e audace, costruendo un movimento del tutto fuori dall’ordinario.
L’Andante centrale si snoda a partire da un tema sinuoso che è puro canto, a cui ne seguirà un secondo e poi ancora un terzo, che si sviluppano come in una scena lirica in un susseguirsi di varianti espressive. L’opera interviene con una citazione esplicita all’inizio del terzo movimento, aperto dal tema di Cherubino in fuga dal Conte nelle Nozze di Figaro che scivola via rapido e leggero finché non viene fermato da un forte dell’orchestra; ma eccolo rientrare, ora ironicamente affidato ai legni, e questo gioco si ripete più volte fino alla conclusione di questa stupefacente sinfonia.
Un anno e mezzo più tardi, quando completò la successiva trentanovesima sinfonia, Mozart era entrato nell’ultimo, doloroso e complicato periodo della sua vita, segnato da difficoltà economiche e personali. Scriverà poi ancora, nell’arco di pochissime settimane, la lieve e felice n. 40, forse la più conosciuta delle sue sinfonie, e la solare e maestosa Jupiter e per nessuna delle tre si sa con certezza quali circostanze abbiano portato alla loro creazione e neppure se siano mai state eseguite vivente l’autore. La n. 39 è senz’altro quella meno conosciuta e, come la Praga, si apre con un’introduzione lenta, cupa e solenne che conduce pacatamente all’Allegro in forma sonata, aperto da un tema delicato affidato ai violini a cui ne seguirà uno di grande effetto coloristico, con i clarinetti e un pizzicato degli archi gravi. Il gioco di colori è al cuore della costruzione del secondo movimento, in cui Mozart fa a meno di trombe e timpani e cerca una scrittura cameristica di seducente intimità. In questa sinfonia, come nelle due successive, Mozart torna alla struttura in quattro movimenti e qui inserisce un Minuetto fra i suoi più riusciti, una danza dal profumo campestre che incornicia un trio costruito su un’accattivante melodia dei clarinetti con incantevoli effetti di eco. Il finale sembra evocare lo spirito di Haydn nel brio e nell’essere costruito su un unico tema, sottoposto alle più diverse manipolazioni ritmiche e contrappuntistiche.
M° Daniel Cohen
Direttore d’orchestra
In seguito al successo ottenuto per il suo debutto alla Staatsoper Berlin, dirigendo la Sagra della Primavera di Stravinsky nella stagione 2016/2017, Daniel Cohen è tornato nel prestigioso teatro tedesco invitato a dirigere: Il Flauto magico, Il barbiere di Siviglia, Turn of the screw con la regia di Klaus Guth. Nel biennio 2015 2017 è stato Kapellmeister alla Deutsche Oper Berlin, periodo durante il quale ha avuto occasione di dirigere opere quali Così fan tutte, Don Giovanni, Die Zauberflöte, Il barbiere di Siviglia, Dornröschen, Lucia di Lammermoor, La Traviata e Morgen und Abend la nuova opera di G.F.Haas new opera. Tra gli altri impegni ricordiamo: La clemenza di Tito alla Canadian Opera Company, la prima italiana di Maria di Venosa di D’Avalos al Festival della Valle d’Itria, Don Quichotte al Teatro Lirico di Cagliari, A Midsummer Night’s Dream al Massimo di Palermo.
Particolarmente interessanti poi le collaborazioni con la New Israeli Opera dove ha diretto: La Cenerentola, Die Entführung aus dem Serail, Le Nozze di Figaro, Rigoletto, Otello, Lady Macbeth of Mtsensk, La Dama di Picche e Wozzeck.
Attivo anche sul versante concertistico ha diretto, oltre all’orchestra della Staatskapelle Berlin, orchestre quali la Los Angeles Philharmonic, la Dresdner Philharmonie, la Helsinki Philharmonic, la RTÉ National Symphony a Dublino, la West Australian Symphony Orchestra, l’ Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, la Milwaukee Symphony, la Israeli Philharmonic, l’Orchestre de Chambre de Lausanne e la Sinfonieorchester Basel. Interessato al repertorio contemporaneo ha frequentato la Lucerne Festival Academy Composer Project lavorando al fianco di Pierre Boulez. Per l’ensemble Gropius Ensemble, ha curato diversi progetti trasversali tra musica e teatro con l’attore Itay Tiran. Cohen ha inoltre collaborato con diversi component della London Symphony Orchestra prendendo parte al programma per giovanni compositori LSO Soundhub.
Ancora studente alla RAM di Londra, Cohen fu nominato Direttore Musicale per dieci stagioni della Jersey Chamber Orchestra lavorando con artisti quali Nicola Benedetti, Sophie Bevan, Alison Balsom e Lawrence Zazzo.
Come assistente di Gustavo Dudamel ha diretto nella stagione 2013-2014 diversi concerti con la Los Angeles Philharmonic alla Walt Disney Concert Hall, mentre nell’estate 2014 ha partecipato al Tanglewood Music Festival.
Come violinista è stato parte della West-Eastern Divan Orchestra, per la quale è stato anche Direttore assistente di Daniel Barenboim, per progetti sulle sinfonie di Beethoven e per l’incisione del Derive II di Boulez.
Andrea De Francesco
Oboe solista
Dopo il diploma nel 2002 con il massimo dei voti al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, si perfeziona al Mozarteum di Salisburgo con Stefan Schilli, alla prestigiosa Accademia della Symphonieorchester des Bayerischen Rundfunks di Monaco e, infine, all’ Hochschule für Musik und Theater di Monaco di Baviera, dove ottiene il diploma da solista nella classe di Francois Leleux. Tra i riconoscimenti ottenuti si segnala il 2° premio al 3° Concorso Internazionale per Oboe Tomassini di Petritoli nel 2005. Nel 2008 vince il Concorso per Primo oboe alla Filarmonica Toscanini di Parma, dove suona per alcuni anni. Negli stessi anni collabora regolarmente come Primo oboe con il Teatro alla Scala e la Filarmonica della Scala sotto la direzione, tra gli altri, di Daniel Barenboim, Lorin Maazel, Riccardo Muti, Daniele Gatti, Esa-Pekka Salonen, Riccardo Chailly. Nel 2012 vince il Concorso per Primo oboe al Teatro Regio di Torino e al Teatro alla Scala. Collabora regolarmente con la Bayerische Staatsoper, dove si è esibito sotto la direzione tra gli altri di Kirill Petrenko e Zubin Metha. Dal 2017 è Primo oboe stabile dei Pomeriggi Musicali.
Orchestra I Pomeriggi Musicali
27 novembre 1945, ore 17.30: al Teatro Nuovo di Milano debutta l’Orchestra I Pomeriggi Musicali. In programma Mozart e Beethoven accostati a Stravinskij e Prokov’ev. Nell’immediato dopoguerra, nel pieno fervore della ricostruzione, l’impresario teatrale Remigio Paone e il critico musicale Ferdinando Ballo lanciano la nuova formazione con un progetto di straordinaria attualità: dare alla città un’orchestra da camera con un solido repertorio classico ed una specifica vocazione alla contemporaneità. Il successo è immediato e l’Orchestra contribuisce notevolmente alla divulgazione popolare in Italia della musica dei grandi del Novecento censurati durante la dittatura fascista: Stravinskij, Hindemith, Webern, Berg, Poulenc, Honegger, Copland, Yves, Français. I Pomeriggi Musicali avviano, inoltre, una tenace attività di commissione musicale. Per I Pomeriggi compongono infatti Casella, Dallapiccola, Ghedini, Gian Francesco Malipiero, Pizzetti. Questa scelta programmatica si consolida nel rapporto con i compositori delle leve successive: Berio, Bussotti, Luciano Chailly, Clementi, Donatoni, Hazon, Maderna, Mannino, Manzoni, Margola, Pennisi, Testi, Tutino, Panni, Fedele, Francesconi, Vacchi. Oggi I Pomeriggi Musicali contano su un vastissimo repertorio che include i capolavori del Barocco, del Classicismo e del primo Romanticismo insieme alla gran parte della musica moderna e contemporanea. Compositori come Honegger e Hindemith, Pizzetti, Dallapiccola, Petrassi e Penderecki hanno diretto la loro musica sul podio de I Pomeriggi Musicali, che diventano trampolino di lancio verso la celebrità di tanti giovani artisti. È il caso di Claudio Abbado, Leonard Bernstein, Rudolf Buchbinder, Pierre Boulez, Michele Campanella, Giuliano Carmignola, Aldo Ceccato, Sergiu Celibidache, Riccardo Chailly, Daniele Gatti, Gianandrea Gavazzeni, Carlo Maria Giulini, Vittorio Gui, Natalia Gutman, Angela Hewitt, Leonidas Kavakos, Alexander Lonquich, Alexander Igor Markevitch, Zubin Mehta, Carl Melles, Riccardo Muti, Donato Renzetti, Hermann Scherchen, Thomas Schippers, Christian Thielemann, Salvatore Accardo, Antonio Ballista, Arturo Benedetti Michelangeli, Bruno Canino, Dino Ciani, Severino Gazzelloni, Franco Gulli, Nikita Magaloff, Nathan Milstein, Massimo Quarta, Maurizio Pollini, Corrado Rovaris e Uto Ughi. Tra i Direttori stabili dell’Orchestra, ricordiamo Nino Sanzogno, il primo, Gianluigi Gelmetti, Giampiero Taverna e Othmar Maga, per arrivare ai milanesi Daniele Gatti, Antonello Manacorda e Aldo Ceccato, direttore emerito dell’Orchestra. In alcuni casi, la direzione musicale è stata affiancata da una direzione artistica; in questa veste: Italo Gomez, Carlo Majer, Marcello Panni, Marco Tutino, Gianni Tangucci, Ivan Fedele, Massimo Collarini e, da luglio 2013, Maurizio Salerno. L’Orchestra I Pomeriggi Musicali svolge la sua attività principalmente a Milano e nelle città lombarde, mentre in autunno contribuisce alle stagioni liriche dei Teatri di Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Mantova, Pavia – all’interno del cartellone di Opera Lombardia – e alla stagione di balletto del Teatro alla Scala. Invitata nelle principali stagioni sinfoniche italiane, l’Orchestra è ospite anche delle maggiori sale da concerto europee. I Pomeriggi Musicali sono una Fondazione costituita dalla Regione Lombardia, dal Comune di Milano, dalla Provincia di Milano, e da enti privati, riconosciuta dallo Stato come istituzione concertistico-orchestrale e dalla Regione Lombardia come ente primario di produzione musicale. Sede dell’Orchestra I Pomeriggi Musicali è lo storico Teatro Dal Verme, sito nel cuore di Milano.