74ª Stagione Sinfonica Orchestra I Pomeriggi Musicali Ritratti d'Autore - I Pomeriggi Musicali - Teatro Dal Verme

Le date

Sala Grande
giovedì 07 febbraio 2019
Ore: 10:00*
giovedì 07 febbraio 2019
Ore: 20:00
sabato 09 febbraio 2019
Ore: 17:00
*I Pomeriggi in anteprima

Direttore e violino: Sergej Krylov
Orchestra I Pomeriggi Musicali

Biglietteria

DIVERSE SOLUZIONI DI ABBONAMENTI
Per informazioni visita la pagina dedicata: Abbonamenti e Carnet

Biglietti (ingressi singoli)
Interi Primo Settore € 20,00 + prev.
Secondo Settore € 14,50 + prev.
Balconata € 11,00 + prev.
Ridotti* Primo Settore € 16,00 + prev.
Secondo Settore € 12,50 + prev.
Balconata € 9,00 + prev.
Primo Settore (Platea, da fila 1 a fila 30)
Secondo Settore (Platea, da fila 31 a fila 40)

I Pomeriggi in Anteprima
Biglietti:
Interi € 10,00 + prev.
Ridotti* € 8,00 + prev.
*(Giovani under 26; Anziani over 60; Cral; Associazioni Culturali; Biblioteche; Gruppi; Scuole e Università)

Il Cast

Direttore e violino: Sergej Krylov
Orchestra I Pomeriggi Musicali

Note di sala

4° ritratto: Felix Mendelssohn Bartholdy (1809-1847)

Felix Mendelssohn Bartholdy
Sogno di una notte di mezz’estate, ouverture op. 21
Concerto per violino e orchestra op. 64 in mi minore
Allegro molto appassionato
Andante
Allegretto non troppo – Allegro molto vivace

* * *

Felix Mendelssohn Bartholdy
Sinfonia n. 4 op. 90 in La Maggiore “Italiana”
Allegro vivace
Andante con moto
Con moto moderato
Saltarello: Presto

Note di sala a cura di Gaia Varon
Fin da bambini, Felix e Fanny Mendelssohn leggevano Shakespeare, sia in inglese, sia nelle traduzioni tedesche opera di Wilhelm Schlegel (loro zio) e Ludwig Tieck. «Sin dall’infanzia siamo stati avvinti da Il sogno di una notte di mezz’estate e Felix soprattutto la fece sua. Si identificava con tutti i personaggi, li ricreava, per così dire; ognuno dei personaggi che Shakespeare produsse con l’immensità del suo genio». In questo racconto di Fanny c’è in nuce la molla che spinse il fratello Felix, a soli diciassette anni, a scegliere quest’opera per scrivere la sua prima ouverture da concerto, una composizione descrittiva per una commedia fra le più sottili e intricate di Shakespeare. In maniera convincente, il biografo e studioso di Mendelssohn, Eric Werner situa questa scelta nel contesto di una relazione «schizofrenica» con la natura del tempo e dell’ambiente del giovane Felix, fra una filosofia sempre più rivolta alle scienze naturali e la tendenza a farsi attrarre dal fantastico di elfi e foreste magiche. Come che sia, Mendelssohn nell’estate del 1826 aveva preso l’abitudine di «sognare e comporre» in giardino e lì intese «iniziare a sognare il sogno di una notte di mezz’estate» di cui doveva aver ben assimilato lo spirito, tanto da saperne ricreare l’incanto fantastico attraverso una serie di impressioni musicali che non si limitano alla pura descrizione. Quattro accordi luminosi, in cui è surrogata l’introduzione lenta abituale nella forma dell’ouverture, risuonano come un incantesimo che apre le porte della foresta magica su cui regnano Oberon e Titania e sono poi temi e motivi a incarnarne gli abitanti: uno scorrere rapido e leggero che evoca l’affrettarsi delle fate, una melodia cantabile per gli amanti persi nel bosco, l’imitazione agli archi del raglio del povero Bottom con la testa mutata in quella di un asino, il ruggito del leone all’oficleide o tuba, una fanfara per Teseo. L’invenzione gestuale e soprattutto di colore è sempre stupefacente per quante volte si ascolti questa pagina che Schumann definiva uno «sfavillio di gioventù».

Quasi vent’anni separano la composizione dell’ouverture dal debutto di un’altra pagina mendelssohniana celeberrima e che ha del miracoloso, il suo Concerto per violino e orchestra che fu eseguito per la prima volta al Gewandhaus di Lipsia con la direzione di Niels Gade e Ferdinand David, a cui era dedicato, come solista, il 13 marzo del 1845. Mendelssohn e David si erano conosciuti vent’anni prima, diventando rapidamente amici. Quando nel 1835 Mendelssohn si stabilì a Lipsia per assumere la guida dell’orchestra del Gewandhaus, chiamò David come spalla e quando nel 1843 fondò il locale Conservatorio lo nominò fra i primi insegnanti. Il progetto di un concerto per violino a lui dedicato risale al 1938, ma prese forma solo nel 1844 e Mendelssohn, che pure suonava fin dall’infanzia e magnificamente il violino, si consultò ripetutamente con l’amico riguardo alla tecnica strumentale, ma anche su aspetti più generali di costruzione complessiva, prendendo molto a cuore i suoi consigli. Malato, non ebbe modo di assistere alla prima esecuzione dell’opera, ma due anni più tardi, nell’ottobre del 1847, lo ascoltò superbamente eseguito da un giovane, Joseph Joachim, destinato a diventare il violinista più importante dei decenni successivi. Poche settimane più tardi, Mendelssohn morì a trentott’anni.

Nei vent’anni trascorsi dalla sua giovanile ouverture, il suo linguaggio musicale era ovviamente molto cambiato, ma, come allora, anche nel Concerto per violino Mendelssohn inizia in medias res, liquidando la convenzionale introduzione dell’orchestra in una battuta e mezza marcata dai timpani e dal pizzicato dei contrabbassi che spalancano la scena per l’ingresso del solista. È una delle molte innovazioni formali del Concerto, come l’anticipazione della cadenza del solista, che diviene così la giuntura fra sviluppo e ripresa anziché un puro spazio di esibizione poco prima della conclusione del movimento; Mendelssohn lega inoltre fra loro i tre movimenti, prima con una nota tenuta del fagotto che in maniera sorprendente emerge dall’accordo finale e conduce all’Andante e poi, al termine di questo, con una fanfara che attacca immediatamente e avvia il brio ritmicamente elastico del Finale; il Concerto si chiude in un luminoso Mi Maggiore, la stessa tonalità del Sogno di una notte di mezz’estate. Non è l’unico elemento che dà la sensazione di un legame fra le due pagine: anche nel Concerto c’è la miscela di perizia costruttiva e di una semplicità che ha del miracoloso, quasi che qui Mendelssohn avesse ritrovato la felicità creativa della sua adolescenza.

La Sinfonia n. 4 fu composta fra il 1829 e il 1833 (dieci anni prima dunque di quando fu completata la n. 3 detta Scozzese), ma Mendelssohn non ne era soddisfatto e ne procrastinò la pubblicazione, continuando a rimaneggiarla negli anni seguenti; solo dopo la sua morte la Sinfonia fu eseguita (e infine pubblicata) nella versione che conosciamo. Il titolo che la accompagna, Italiana (un titolo che, una volta tanto, si deve all’autore), rimanda al viaggio di Mendelssohn nel nostro Paese e ai primi spunti raccolti allora da cui si sviluppò successivamente la composizione, che tuttavia non contiene citazioni di autentici temi popolari né mira a descrivere propriamente un paesaggio: «la musica – scriveva Mendelssohn in una lettera ai familiari – non l’ho trovata nell’arte, ma nelle rovine, nei paesaggi e nell’allegria della natura». L’«italianità» della Sinfonia sta dunque piuttosto nella luminosità e nella freschezza che la pervadono, a partire dal tema solare e palpitante come una corsa gioiosa con cui si apre. Più scuro, affidato a oboe, fagotto e viole, il tema principale dell’Andante sulle cui origini vi sono più congetture: un canto processionale udito a Roma o forse un tema di un Lied di Carl Zelter con cui Mendelssohn rendeva omaggio al suo insegnante e al tempo stesso a Goethe, autore del testo (legati anche fra loro da una lunga e profonda amicizia, Goethe e Zelter erano scomparsi a pochi mesi l’uno dall’altro nel 1832).

Il terzo movimento è indicato semplicemente «Con moto moderato», ma ha la forma di uno scherzo con un magnifico trio centrale, aperto dai corni e con trilli dei violini che evocano una notte fatata non così lontata da quella di mezz’estate.

Solo l’ultimo movimento trae ispirazione dalla musica italiana, con un saltarello e una tarantella che danno vita a un movimento dominato dal ritmo, che neppure un breve inserto più cantabile riesce a scalfire.

M° Sergej Krylov
Direttore d’orchestra e violino solista
L’effervescente musicalità, il virtuosismo strabiliante come raffinato strumento sempre al servizio dell’espressività, l’intenso lirismo e la bellezza del suono sono solo alcuni elementi che hanno reso Sergej Krylov uno dei più rinomati artisti del panorama internazionale.

«Sergej Krylov ha folgorato la sala, armeggiando con quel tipo di lirismo disinvolto, quella liquida fluidità e quei toni mercuriali che contraddistinguono i migliori violinisti» osserva il THE TIMES, a seguito dell’esecuzione del Concerto per violino di Tchaikovsky avvenuta quest’anno con la London Philharmonic Orchestra e Vasily Petrenko.

Negli ultimi anni il violinista russo è stato ospite delle principali istituzioni musicali e ha collaborato con orchestre quali la St. Petersburg Philharmonic, le orchestre London Philharmonic e Royal Philharmonic, la Russian National Orchestra, la Mariinsky Orchestra, la Filarmonica della Scala, l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, l’Orchestre Philharmonique de Radio France, la Deutsche Symphonie-Orchester e la Konzerthaus Orchester di Berlino, la Budapest Festival Orchestra, l’NHK Symphony Tokyo e la Staatskapelle Dresden.

Tra le personalità artistiche che hanno maggiormente influenzato la sua formazione musicale spicca Mstislav Rostropovich, con cui negli anni si era instaurato un profondo rapporto di amicizia e stima. Tra i maggiori direttori con cui Krylov ha lavorato figurano Mikhail Pletnev, Dmitri Kitajenko, Vasily Petrenko, Valery Gergiev, Andrey Boreyko, Vladimir Jurowskij, Fabio Luisi, Roberto Abbado, Yuri Temirkanov, Vladimir Ashkenazy, Dmitry Liss, Yuri Bashmet e Michał Nesterowicz.

Tra i principali impegni della stagione 2018/19 figurano le esecuzioni del Concerto per violino di Tchaikovsky con la Russian National Orchestra/M. Pletnev e la Royal Philharmonic Orchestra/M. Alsop, il Primo concerto per violino di Prokofiev con la City of Birmingham Symphony Orchestra/S. Kochanovsky e la Qatar Philharmonic/D. Kitajenko, il Concerto n. 1 di Paganini con la St Petersburg Philharmonic/C. Dutoit e la Charlotte Symphony/R. Abbado, accanto ai concerti con la Gulbenkian Orchestra, le Filarmoniche di Zagabria e Belgrado, la BBC Philharmonic, la Ural Philharmonic/Dmitry Liss e tante altre realtà.

Dal 2008 Krylov è Direttore musicale della Lithuanian Chamber Orchestra con la quale ama esplorare nel doppio ruolo di direttore e solista un repertorio molto ampio che spazia dal barocco alla musica contemporanea. Gli impegni principali di questa stagione includono concerti al MUPA di Budapest, la cui performance è stata registrata dal vivo per la trasmissione radio-televisiva, e al Museo del Violino di Cremona per un duplice appuntamento nella cornice dello STRADIVARIfestival, in aggiunta ai concerti in Polonia, Francia e Lituania.

Nell’ambito della sua attività Krylov dedica molto spazio alla musica da camera, sia in duo con pianoforte collaborando con partner quali Denis Matsuev, Nikolai Lugansky, Itamar Golan, Michail Lifits, Bruno Canino, Boris Berezovsky, sia in gruppi allargati suonando con artisti quali Elena Bashkirova, Yuri Bashmet, Maxim Rysanov, Alexander Kniazev.

Nato a Mosca in una famiglia di musicisti, Krylov ha iniziato lo studio del violino a cinque anni completando la sua formazione alla Scuola Centrale di Musica di Mosca. Giovanissimo ha vinto tre Primi Premi in importanti concorsi internazionali: Concorso Lipizer, Concorso Stradivari e Concorso Kreisler di Vienna. Oltre alle registrazioni per EMI e Melodya, ha pubblicato recentemente due dischi con Deutsche Grammophon: il primo dedicato alle Quattro Stagioni di Vivaldi con la Lithuanian Chamber Orchestra, il secondo ai 24 Capricci di Paganini che ha suscitato grande entusiasmo da parte della critica internazionale.

La scorsa stagione ha eseguito in prima mondiale il Concerto per violino e orchestra di Ezio Bosso, ora disponibile in CD per Sony, ed è stato chiamato da Krzysztof Penderecki per registrare il suo Concerto per violino Metamorphosen nell’ambito di un vasto progetto che prevede la registrazione integrale di tutte le sue opere con la direzione del compositore stesso.

Orchestra I Pomeriggi Musicali
27 novembre 1945, ore 17.30: al Teatro Nuovo di Milano debutta l’Orchestra I Pomeriggi Musicali. In programma Mozart e Beethoven accostati a Stravinskij e Prokov’ev. Nell’immediato dopoguerra, nel pieno fervore della ricostruzione, l’impresario teatrale Remigio Paone e il critico musicale Ferdinando Ballo lanciano la nuova formazione con un progetto di straordinaria attualità: dare alla città un’orchestra da camera con un solido repertorio classico ed una specifica vocazione alla contemporaneità. Il successo è immediato e l’Orchestra contribuisce notevolmente alla divulgazione popolare in Italia della musica dei grandi del Novecento censurati durante la dittatura fascista: Stravinskij, Hindemith, Webern, Berg, Poulenc, Honegger, Copland, Yves, Français. I Pomeriggi Musicali avviano, inoltre, una tenace attività di commissione musicale. Per I Pomeriggi compongono infatti Casella, Dallapiccola, Ghedini, Gian Francesco Malipiero, Pizzetti. Questa scelta programmatica si consolida nel rapporto con i compositori delle leve successive: Berio, Bussotti, Luciano Chailly, Clementi, Donatoni, Hazon, Maderna, Mannino, Manzoni, Margola, Pennisi, Testi, Tutino, Panni, Fedele, Francesconi, Vacchi. Oggi I Pomeriggi Musicali contano su un vastissimo repertorio che include i capolavori del Barocco, del Classicismo e del primo Romanticismo insieme alla gran parte della musica moderna e contemporanea. Compositori come Honegger e Hindemith, Pizzetti, Dallapiccola, Petrassi e Penderecki hanno diretto la loro musica sul podio de I Pomeriggi Musicali, che diventano trampolino di lancio verso la celebrità di tanti giovani artisti. È il caso di  Claudio Abbado, Leonard Bernstein, Rudolf Buchbinder, Pierre Boulez, Michele Campanella, Giuliano Carmignola, Aldo Ceccato, Sergiu Celibidache, Riccardo Chailly, Daniele Gatti, Gianandrea Gavazzeni, Carlo Maria Giulini, Vittorio Gui, Natalia Gutman, Angela Hewitt, Leonidas Kavakos, Alexander Lonquich, Alexander Igor Markevitch, Zubin Mehta, Carl Melles, Riccardo Muti, Donato Renzetti, Hermann Scherchen, Thomas Schippers, Christian Thielemann, Salvatore Accardo, Antonio Ballista, Arturo Benedetti Michelangeli, Bruno Canino, Dino Ciani, Severino Gazzelloni, Franco Gulli, Nikita Magaloff, Nathan Milstein, Massimo Quarta, Maurizio Pollini, Corrado Rovaris e Uto Ughi. Tra i Direttori stabili dell’Orchestra, ricordiamo Nino Sanzogno, il primo, Gianluigi Gelmetti, Giampiero Taverna e Othmar Maga, per arrivare ai milanesi Daniele Gatti, Antonello Manacorda e Aldo Ceccato, direttore emerito dell’Orchestra. In alcuni casi, la direzione musicale è stata affiancata da una direzione artistica; in questa veste: Italo Gomez, Carlo Majer, Marcello Panni, Marco Tutino, Gianni Tangucci, Ivan Fedele, Massimo Collarini e, da luglio 2013, Maurizio Salerno. L’Orchestra I Pomeriggi Musicali svolge la sua attività principalmente a Milano e nelle città lombarde, mentre in autunno contribuisce alle stagioni liriche dei Teatri di Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Mantova, Pavia – all’interno del cartellone di Opera Lombardia – e alla stagione di balletto del Teatro alla Scala. Invitata nelle principali stagioni sinfoniche italiane, l’Orchestra è ospite anche delle maggiori sale da concerto europee. I Pomeriggi Musicali sono una Fondazione costituita dalla Regione Lombardia, dal Comune di Milano, dalla Provincia di Milano, e da enti privati, riconosciuta dallo Stato come istituzione concertistico-orchestrale e dalla Regione Lombardia come ente primario di produzione musicale. Sede dell’Orchestra I Pomeriggi Musicali è lo storico Teatro Dal Verme, sito nel cuore di Milano.