74ª Stagione Sinfonica Orchestra I Pomeriggi Musicali Ritratti d'Autore - I Pomeriggi Musicali - Teatro Dal Verme

Le date

Sala Grande
giovedì 18 ottobre 2018
Ore: 10:00*
sabato 20 ottobre 2018
Ore: 17:00
giovedì 18 ottobre 2018
Ore: 20:00
*I Pomeriggi in anteprima

Note

Concerto parte dell’iniziativa “Novecento italiano”, un palinsesto lungo un anno per raccontare, ricordare e riflettere sulla grande avventura culturale del secolo scorso.

Per informazioni: www.comune.milano.it

Direttore: Alessandro Cadario
Orchestra I Pomeriggi Musicali

Biglietteria

DIVERSE SOLUZIONI DI ABBONAMENTI
Per informazioni visita la pagina dedicata: Abbonamenti e Carnet

Biglietti (ingressi singoli)
Interi Primo Settore € 20,00 + prev.
Secondo Settore € 14,50 + prev.
Balconata € 11,00 + prev.
Ridotti* Primo Settore € 16,00 + prev.
Secondo Settore € 12,50 + prev.
Balconata € 9,00 + prev.
Primo Settore (Platea, da fila 1 a fila 30)
Secondo Settore (Platea, da fila 31 a fila 40)

I Pomeriggi in Anteprima
Biglietti:
Interi € 10,00 + prev.
Ridotti* € 8,00 + prev.
*(Giovani under 26; Anziani over 60; Cral; Associazioni Culturali; Biblioteche; Gruppi; Scuole e Università)

Il Cast

Direttore: Alessandro Cadario
Orchestra I Pomeriggi Musicali

Note di sala

Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791)
Sinfonia n. 41 K551 in Do Maggiore
Allegro vivace
Andante cantabile
Menuetto: Allegretto
Molto Allegro

* * * 

Fabio Vacchi (1949)
Love’s Geometries 

Sergej Sergeevič Prokof’ev (1891-1953)
Sinfonia n. 1 op. 25 in Re Maggiore “Classica”
Allegro
Larghetto
Gavotte: Non troppo allegro
Finale: Molto vivace

Note di sala a cura di Gaia Varon
Quando a trentadue anni, nell’estate del 1788, Mozart scrisse in poche settimane di lavoro febbrile tre sinfonie non poteva certo immaginare che sarebbero state le sue ultime. Per chi ascolta, tre secoli e rotti dopo, la K 551 in Do Maggiore, familiarmente nota semplicemente come la Jupiter (il titolo non è di Mozart, ma fu apposto successivamente da un editore), è sorprendente quanto sia il culmine, una vera e propria summa della sua concezione sinfonica. Non perché quella stupefacente sapienza sia esibita, anzi: è perlopiù mimetizzata in un profluvio di quell’inventiva così immediatamente (e forse apparentemente) spontanea che di Mozart è la cifra caratteristica.

Il primo movimento, Allegro vivace, si apre con decisione, accordi e vigorose terzine, a cui risponde un frammento che pare quasi voler scivolare via inascoltato; questo materiale viene ripetuto e variato fino all’ingresso di un secondo tema di perfetta grazia mozartiana. Dopo un attimo di sospensione torna l’energico tema iniziale e con ciò l’esposizione parrebbe conclusa, ma imprevedibilmente l’autore inserisce, quasi terzo tema, una briosa melodia dal tratto squisitamente teatrale: pochi mesi prima Mozart l’aveva usata sulle parole «Voi siete un po’ tonto, Mio caro Pompeo, L’usanze del mondo, Andate a studiar», in un’arietta da inserire in un’opera di Pasquale Anfossi. Perché la introduce nella Jupiter e proprio qui? Si può liquidarlo come un gioco di autocitazione, una pratica allora diffusa, e Mozart contava magari sul fatto che qualcuno la riconoscesse con divertimento. Quest’inserto però rompe una geometria sin lì perfetta, una concatenazione impeccabile di idee musicali che l’orchestra aveva già provveduto a far crescere di tensione; non solo, è anche l’irruzione di un altro mondo, quello dell’opera buffa, ossia di un registro più «basso» rispetto al più «alto» discorrere sinfonico. Mozart, in sostanza corre dei rischi che noi oggi non percepiamo più, non foss’altro che per il fatto che ci suona ormai così familiare; spingendo la costruzione formale fino a un crinale, fino al punto in cui solo il talento sconfinato può conservare l’equilibrio, ottiene un’inedita, anche per lui, complessità e ricchezza emotiva. Tanto più che proprio quella melodia innocente diventa, nella parte centrale del movimento, la materia su cui Mozart mette in campo con insuperabile maestria il linguaggio dotto del contrappunto, creando una magnifica intensità emotiva. Quasi dicesse: ecco cosa lo studio può fare per la conoscenza delle cose del mondo. Un connubio di arguzia e sottigliezza drammatica che marca tutta la sinfonia, il lirico eppur sensualissimo movimento lento, il Minuetto giocato sulla trasformazione del secondo tema dell’Allegro vivace, il Finale che è una sorta di palinsesto di citazioni di musiche proprie e altrui, trattato con sapienza in stile fugato che nelle mani geniali di Mozart si trasmuta in un sentimento di pura euforia.

Duecentotrent’anni dopo la Jupiter, Love’s Geometries, Geometrie d’amore è un titolo che parrebbe quasi un ossimoro, almeno se pensiamo alla divaricazione fra matematica come costruzione perfetta ma algida e amore come abbandono e calore. Proprio perciò è un titolo che offre un’immediata chiave di lettura e una sorta di sintesi del comporre di Fabio Vacchi: la ricomposizione della frattura fra le due componenti essenziali del far musica, architettura rigorosa e slancio espressivo, è il nucleo della sua posizione estetica.

Vacchi appartiene alla generazione cresciuta quando imperava il verbo di Darmstadt e dintorni, quando cioè le tendenze dominanti, tali fino a divenire diktat, richiedevano che il comporre fosse ricerca di sempre nuove soluzioni linguistiche e formali, di costruzioni serrate e impeccabili come teoremi, dove l’espressione di affetti ed emozioni non era semplicemente irrilevante, ma spesso guardata con sospetto, se non addirittura bandita. Coraggiosamente, in solitudine, con pervicacia, Fabio Vacchi ha percorso un diverso cammino di ricerca: senza rinnegare l’esperienza della modernità rifugiandosi, come altri hanno fatto, nel puro e semplice recupero di forme e stili del passato, ha insufflato in un linguaggio raffinatissimo e pienamente contemporaneo l’affetto, lo slancio, l’emozione. Le sue «geometrie» sono rigorosissime, squisitamente musicali, una struttura architettonica ferrea dove non si sgarra di una virgola, ma a ogni istante rese espressive, sensuali addirittura, grazie a un consumato artigianato compositivo: il suono si espande e si riduce, si dilata e si raccoglie, si fa ora armonicamente denso ora terso e luminoso, con colori costantemente cangianti e a tratti di un’iridescenza puramente gioiosa. L’architettura non solo garantisce la coerenza assoluta, ma agisce come un prisma attraverso il quale il fascio di suoni si scompone in una successione di emozioni e di pura sensualità musicale.

«Credo che se Haydn fosse vissuto fino a oggi avrebbe conservato il suo stile. Questo era il genere di sinfonia che volevo scrivere, una sinfonia in stile classico». Nell’autobiografia Sergej Prokof’ev racconta l’estate dell’anno che avrebbe cambiato la Russia e il mondo con la Rivoluzione d’ottobre come un periodo quieto e produttivo, trascorso fuori Pietroburgo in perfetta solitudine, leggendo Kant e componendo molto, ma senza il pianoforte che, di proposito, aveva lasciato in città. Negli anni precedenti Prokof’ev si era guadagnato la reputazione di enfant terrible della musica russa: nel 1913 il suo secondo Concerto per pianoforte aveva scatenato proteste molto accese, tanto che l’impresario dei Ballets Russes a Parigi, Sergej Djagilev, aveva pensato a lui per un nuovo succès de scandale dopo la Sagra della primavera di Stravinskij; il progetto non andò in porto, ma la composizione sinfonica, intitolata Suite scita, che Prokof’ev trasse dalle musiche inizialmente composte per Djagilev si guadagnarono lo scandalo e il successo che aveva abilmente fiutato l’astuto Djagilev.

Pare che Prokof’ev scherzasse sull’aumento dei prezzi delle uova marce provocato dal suo concerto, ma forse la veste di ragazzaccio e di autore di musiche dissonanti e dalle sonorità esplosive cominciava a stargli stretta: l’estate del 1917, straordinariamente proficua, segna una svolta verso uno stile compositivo più coeso, più lirico, in cui armonia e colore molto più raramente servono a impressionare gli ascoltatori. Prokof’ev era solito comporre al pianoforte, ma in quell’estate scrisse la Sinfonia classica sulla carta, in cerca di colori «più naturali e trasparenti». Senz’altro andava in cerca anche del favore del pubblico e lo ottenne: la Sinfonia classica è stata, fin dalla prima esecuzione, fra i brani di maggior successo di Prokof’ev.

M° Alessandro Cadario
Direttore d’orchestra
Alessandro Cadario è Direttore ospite principale dell’Orchestra I Pomeriggi Musicali di Milano dal 2016.
Direttore d’orchestra dal gesto raffinato ed espressivo, si distingue per la presenza carismatica e le sue interpretazioni meditate e convincenti, sia nel repertorio sinfonico sia in quello operistico.
Ha diretto importanti orchestre tra cui l’Orchestra del Teatro Mariinsky, il Coro e l’Orchestra del Teatro Regio di Torino, l’Orchestra Filarmonica di Monte-Carlo, Orchestra Filarmonica della Fenice, l’Orchestra del Teatro Carlo Felice, L’Orchestra del Teatro Massimo di Palermo, l’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, l’Orchestra e Coro del Teatro Petruzzelli di Bari, la Filarmonica Arturo Toscanini, l’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento, l’Orchestra e Coro del Teatro Lirico di Cagliari, i Cameristi della Scala.

Ha definitivamente attirato l’attenzione degli addetti ai lavori nel 2014, in occasione del suo debutto alla Società del Quartetto di Milano e, nel 2015 nella stagione dell’Opera di Firenze e del Teatro Petruzzelli (“Stabat Mater: con Cadario è un gran Rossini”, titola la Gazzetta del Mezzogiorno)

Sempre nel 2015 ha debuttato al Teatro alla Scala di Milano in occasione del Festival delle orchestre internazionali.

Ha diretto nel 2016 la City Chamber Orchestra di Hong Kong nella Grande Messa in do minore K.427 di Mozart e lo stesso anno ha debuttato anche alla Biennale Musica di Venezia.

Ha inoltre collaborato con solisti come Mario Brunello, Vittorio Grigolo, Alessandro Carbonare, Gautier Capuçon, Francesco Meli, Giovanni Sollima, Francesca Dego e Daniel Müller-Schott.

È stato scelto dalla Presidenza del Senato per dirigere il prestigioso concerto natalizio 2017 – in diretta RAI 1 dall’Aula del Senato.

Nella stagione 2018 ha debuttato a San Pietroburgo con l’Orchestra del Mariinski e al Teatro Regio di Torino con i Quattro pezzi sacri di Verdi.

I suoi prossimi impegni includono il ritorno nella stagione sinfonica del Teatro Petruzzelli di Bari e al Festival MITO SettembreMusica.

Orchestra I Pomeriggi Musicali
27 novembre 1945, ore 17.30: al Teatro Nuovo di Milano debutta l’Orchestra I Pomeriggi Musicali. In programma Mozart e Beethoven accostati a Stravinskij e Prokov’ev. Nell’immediato dopoguerra, nel pieno fervore della ricostruzione, l’impresario teatrale Remigio Paone e il critico musicale Ferdinando Ballo lanciano la nuova formazione con un progetto di straordinaria attualità: dare alla città un’orchestra da camera con un solido repertorio classico ed una specifica vocazione alla contemporaneità. Il successo è immediato e l’Orchestra contribuisce notevolmente alla divulgazione popolare in Italia della musica dei grandi del Novecento censurati durante la dittatura fascista: Stravinskij, Hindemith, Webern, Berg, Poulenc, Honegger, Copland, Yves, Français. I Pomeriggi Musicali avviano, inoltre, una tenace attività di commissione musicale. Per I Pomeriggi compongono infatti Casella, Dallapiccola, Ghedini, Gian Francesco Malipiero, Pizzetti. Questa scelta programmatica si consolida nel rapporto con i compositori delle leve successive: Berio, Bussotti, Luciano Chailly, Clementi, Donatoni, Hazon, Maderna, Mannino, Manzoni, Margola, Pennisi, Testi, Tutino, Panni, Fedele, Francesconi, Vacchi. Oggi I Pomeriggi Musicali contano su un vastissimo repertorio che include i capolavori del Barocco, del Classicismo e del primo Romanticismo insieme alla gran parte della musica moderna e contemporanea. Compositori come Honegger e Hindemith, Pizzetti, Dallapiccola, Petrassi e Penderecki hanno diretto la loro musica sul podio de I Pomeriggi Musicali, che diventano trampolino di lancio verso la celebrità di tanti giovani artisti. È il caso di  Claudio Abbado, Leonard Bernstein, Rudolf Buchbinder, Pierre Boulez, Michele Campanella, Giuliano Carmignola, Aldo Ceccato, Sergiu Celibidache, Riccardo Chailly, Daniele Gatti, Gianandrea Gavazzeni, Carlo Maria Giulini, Vittorio Gui, Natalia Gutman, Angela Hewitt, Leonidas Kavakos, Alexander Lonquich, Alexander Igor Markevitch, Zubin Mehta, Carl Melles, Riccardo Muti, Donato Renzetti, Hermann Scherchen, Thomas Schippers, Christian Thielemann, Salvatore Accardo, Antonio Ballista, Arturo Benedetti Michelangeli, Bruno Canino, Dino Ciani, Severino Gazzelloni, Franco Gulli, Nikita Magaloff, Nathan Milstein, Massimo Quarta, Maurizio Pollini, Corrado Rovaris e Uto Ughi. Tra i Direttori stabili dell’Orchestra, ricordiamo Nino Sanzogno, il primo, Gianluigi Gelmetti, Giampiero Taverna e Othmar Maga, per arrivare ai milanesi Daniele Gatti, Antonello Manacorda e Aldo Ceccato, direttore emerito dell’Orchestra. In alcuni casi, la direzione musicale è stata affiancata da una direzione artistica; in questa veste: Italo Gomez, Carlo Majer, Marcello Panni, Marco Tutino, Gianni Tangucci, Ivan Fedele, Massimo Collarini e, da luglio 2013, Maurizio Salerno. L’Orchestra I Pomeriggi Musicali svolge la sua attività principalmente a Milano e nelle città lombarde, mentre in autunno contribuisce alle stagioni liriche dei Teatri di Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Mantova, Pavia – all’interno del cartellone di Opera Lombardia – e alla stagione di balletto del Teatro alla Scala. Invitata nelle principali stagioni sinfoniche italiane, l’Orchestra è ospite anche delle maggiori sale da concerto europee. I Pomeriggi Musicali sono una Fondazione costituita dalla Regione Lombardia, dal Comune di Milano, dalla Provincia di Milano, e da enti privati, riconosciuta dallo Stato come istituzione concertistico-orchestrale e dalla Regione Lombardia come ente primario di produzione musicale. Sede dell’Orchestra I Pomeriggi Musicali è lo storico Teatro Dal Verme, sito nel cuore di Milano.