Le date
Direttore: Carlo Boccadoro
Pianoforte: Emanuele Arciuli
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Biglietteria
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Biglietti (ingressi singoli)
Interi Primo Settore € 20,00 + prev.
Secondo Settore € 14,50 + prev.
Balconata € 11,00 + prev.
Ridotti* Primo Settore € 16,00 + prev.
Secondo Settore € 12,50 + prev.
Balconata € 9,00 + prev.
Primo Settore (Platea, da fila 1 a fila 30)
Secondo Settore (Platea, da fila 31 a fila 40)
I Pomeriggi in Anteprima
Biglietti:
Interi € 10,00 + prev.
Ridotti* € 8,00 + prev.
*(Giovani under 26; Anziani over 60; Cral; Associazioni Culturali; Biblioteche; Gruppi; Scuole e Università)
Il Cast
Direttore: Carlo Boccadoro
Pianoforte: Emanuele Arciuli
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Note di sala
Igor Stravinskij (1882-1971)
Concerto in Mi bemolle Maggiore “Dumbarton Oaks”
Tempo giusto
Allegretto
Con moto
Philip Glass (1937)
Concerto per pianoforte e orchestra n. 1 “Tirol Concerto”
Movimento I
Movimento II
Movimento III
* * *
Franz Schubert (1797-1828)
Sinfonia n. 6 D. 589 in Do Maggiore “Die Kleine“
Adagio – Allegro
Andante
Scherzo: Presto – Più lento
Allegro moderato
Note di sala a cura di Gaia Varon
Nella vicenda creativa di molti compositori si riconosce un itinerario che, semplificando molto, si può riassumere nell’iniziare dalla musica del proprio tempo spingendola però lungo strade nuove fino a consolidare uno stile proprio e poi, a quel punto, rivolgere lo sguardo agli stili o alle forme del passato, magari per trovarvi risposte antiche a problemi nuovi.
Igor Stravinskij portò alle estreme conseguenze possibili il linguaggio tardoromantico e la brillante tecnica orchestrale russa di cui era l’erede e poi, a partire dagli anni Venti, si volse al passato, riprendendone talvolta addirittura le melodie, ma soprattutto gli equilibri e le simmetrie formali, usando al loro interno ritmi, colori e armonie del proprio stile precedente, un modo di procedere che fu il cuore di una lunga stagione creativa nota come neo-classica (negli anni ’50 virerà alla dodecafonia, che però era, a quel punto, musica del passato): «Uno sguardo indietro – raccontava Stravinskij a Robert Craft – ma anche uno sguardo allo specchio». Appartiene a questa fase il Concerto in Mi bemolle Maggiore che deve il nome alla tenuta chiamata Dumbarton Oaks, proprietà di una coppia di mecenati americani che commissionarono il brano. Stravinskij lo compose fra il 1937 e il 1938, in un periodo particolarmente doloroso, segnato dalla malattia e dalla morte della moglie Katia e della figlia Ludmila, in cui la musica di Bach gli fu di grande conforto: la suonava ogni giorno, raccontò più tardi, ed era attratto in particolar modo dai Concerti brandeburghesi di cui è indubbia l’eco in Dumbarton Oaks, che reinventa la forma del concerto grosso. Stravinskij riprende il tradizionale schema veloce-lento-veloce, ma i movimenti confluiscono l’uno nell’altro, uniti da pochi, pacati accordi; ciascuno presenta motivi brevi che sono sviluppati contrappuntisticamente e che i due gruppi in cui l’orchestra si articola si rimandano in un gioco di botta e risposta; i due veloci includono ciascuno, poco prima della conclusione, un fugato. È una musica asciutta e spedita alla maniera barocca, ma con ritmi ripetitivi al basso, cambiamenti di metro, sincopi e accenti che ne modificano radicalmente la sostanza. Almeno un tema è riconoscibilmente tratto dal terzo brandeburghese, ma Stravinskij non volle chiarire se consapevolmente o meno: «Posso dire solo che Bach sarebbe stato felice che lo usassi: è esattamente il genere di prestiti che praticava lui stesso».
Philip Glass nacque nell’anno in cui i coniugi Bliss commissionarono a Stravinskij Dumbarton Oaks e il suo percorso verso un proprio stile cominciò con il rifiuto della musica d’avanguardia che dominava il panorama durante la sua giovinezza; proseguì con la scoperta della cultura classica indiana che divenne centrale nella sua musica (e nella sua vita in generale), arrivando verso la fine degli anni Sessanta all’elaborazione di una nuova concezione musicale, che poggiava su quella indiana e africana, ma anche sul progressive rock, basata su brevi moduli ritmicamente ben caratterizzati e ripetuti ciclicamente, con variazioni minime, in un orizzonte armonico ben circoscritto, che prese il nome di minimalismo. Con questo nuovo stile, Glass ha composto musiche dei generi più diversi e inventandosene alcuni, ma dalla fine degli anni Ottanta si è rivolto sistematicamente a quelli classici della sinfonia e del concerto per solista e orchestra, in parte anche grazie alla sollecitazione del compositore e direttore Dennis Russell Davies.
Il Tirol Concerto per pianoforte e orchestra fu commissionato dal festival Klangspuren di Jenbach, in Austria, con il sostegno dell’ente turistico del Tirolo e dell’Orchestra da camera di Stoccarda, e alla prima esecuzione assoluta, nel settembre del 2000, Russell Davies ne fu solista e direttore. Nel primo dei tre movimenti, aperto dal pianoforte solo, il linguaggio inconfondibile di Glass si manifesta in una veste luminosa e colorata, a tratti con una trasparenza mozartiana.
La pagina centrale, più spedita rispetto ad adagi o larghetti tradizionali, è strutturalmente la più complessa della composizione; si apre con un’introduzione di sapore barocco, tinta di mestizia, e procede poi attraverso sezioni successive che si alternano e ripetono, via via più veloci, con un’espressività crescente sempre pervasa di malinconia. A spazzarla via, come in tante composizioni classico-romantiche, provvede il rapido e brillante finale che cambia costantemente passo e ritmo e sembrerebbe poter durare all’infinito.
Il bisogno di tornare al passato toccò anche a Franz Schubert, che ebbe però solo il tempo di cominciare a studiarne opere e stili prima di morire, a soli trentun anni; se nella musica da camera e vocale trovò molto presto una voce propria, nelle sue prime sei sinfonie, composte fra i sedici e i ventun anni, è invece palese lo sforzo di appropriarsi di stili e maniere degli autori del suo tempo, a partire naturalmente dalla scuola classica viennese nel cui alveo si andava formando, principalmente Haydn e Beethoven. Nella Sesta è palpabile però la presenza della musica di Gioachino Rossini che in quel periodo (la sinfonia schubertiana fu composta nel 1818) a Vienna faceva furore e al quale il giovane Franz aveva già reso omaggio con due ouverture «nello stile italiano»; se quelle appaiono più chiaramente esercizi di stile, nella sinfonia la lezione rossiniana si innesta sulle radici classiche e si nutre di un humus culturale borghese e già intriso di una sensibilità preromantica.
Una premonizione di quella sensibilità si può cogliere negli accordi strappati con cui si apre l’introduzione lenta, ma subito arriva un tema delicato, palleggiato fra flauti e violini, che conduce dolcemente a un Allegretto in forma sonata, in cui i due temi di sapore italiano vengono elaborati con uno humour che ricorda piuttosto Haydn che Rossini. L’Andante racchiude fra due sezioni dalla grazia melodica impeccabile una parte centrale più rapida, sospinta da un moto di terzine. È invece Beethoven l’evidente riferimento del terzo tempo, per il quale infatti Schubert adotta qui per la prima volta l’indicazione Scherzo, anziché Minuetto come nelle cinque sinfonie precedenti; si respira già, tuttavia, un’aria schubertiana, nell’andamento vagamente ipnotico delle sezioni rapide e nel carattere danzante del Trio centrale.
Anche nell’apertura del Finale sembrerebbe di cogliere un profumo di danza, ma si innesca immediatamente un moto quasi meccanico che spingerà il movimento fino alla fine, con un incalzare che può ricordare Rossini, ma in effetti è già squisitamente schubertiano, un impulso motorio e ripetitivo che assumerà un ruolo strutturalmente determinante, molti anni più tardi, nella sua altra Sinfonia in Do Maggiore, detta La Grande. La Sesta si guadagnò, a quanto pare, l’appellativo di Piccola quando, in un concerto che celebrava Schubert poche settimane dopo la sua morte, nel 1828, fu eseguita per la prima volta in pubblico in sostituzione dell’altra, giudicata dall’orchestra ineseguibile.
M° Carlo Boccadoro
Direttore d’orchestra
Carlo Boccadoro ha studiato al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano dove si è diplomato in Pianoforte e Strumenti a Percussione. Nello stesso istituto ha studiato Composizione con diversi insegnanti, tra i quali Paolo Arata, Bruno Cerchio, Ivan Fedele e Marco Tutino. Dal 1990 la sua musica è presente in importanti stagioni concertistiche e sale da concerto tra cui: Teatro alla Scala, Biennale di Venezia, Bang On A Can Marathon di New York, Orchestra Filarmonica della Scala, Gewandhaus di Lipsia, Aspen Music Festival, Monday Evening Concerts (Los Angeles), Detroit Symphony Orchestra, Musikverein di Vienna, Salle Pleyel di Parigi, Teatro La Fenice di Venezia, Barbican Centre di Londra, Alte Oper di Francoforte, Festival di Lucerna, Concertgebouw di Amsterdam, National Concert Hall Dublin, Royal Academy di Glasgow, Maggio Musicale Fiorentino, Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, Filarmonica ‘900 del Regio di Torino, I Pomeriggi Musicali, Orchestra Giuseppe Verdi di Milano, Arena di Verona, Festival MITO, Unione Musicale di Torino; Mittelfest di Cividale del Friuli; Tiroler Festpiel; Società del Quartetto di Milano, Festival Bolzano Danza, Settimane Musicali di Stresa; Teatro Comunale di Bologna; Ferrara Musica, Aterforum, Orchestra Arturo Toscanini dell’Emilia Romagna, Teatro Regio di Parma; Orchestra della Toscana; Cantiere Internazionale D’Arte di Montepulciano; Accademia Filarmonica Romana; RomaEuropa Festival, Teatro Massimo di Palermo; Teatro Comunale di Cagliari, e molti altri. Ha collaborato con artisti provenienti da mondi molto diversi, tra i quali Riccardo Chailly, Omer Meir Wellber, Gianandrea Noseda, John Axelrod, Franco Battiato, Luca Ronconi, Gavin Bryars, David Lang, Enrico Dindo, Lu Ja, Antonio Ballista, Donald Crockett, James MacMillan, Vicky Ray, Evan Ziporyn, Bruno Canino, Marcello Panni, Eugenio Finardi, Domenico Nordio, Mario Brunello, Enzo Cucchi, Gianluigi Trovesi, Gianni Coscia, Federico Maria Sardelli, Giovanni Mancuso, Giuseppe Albanese, il duo Pepicelli, Roberto Prosseda, Claudio Bisio, Moni Ovadia, Andrea Lucchesini, Ars Ludi, Bruno Casoni, Danilo Rossi, Emanuele Segre, Fabrizio Meloni, Valerio Magrelli, Giovanni Sollima, Pietro De Maria, Lina Sastri, Abdullah Ibrahim, Jim Hall, Paolo Fresu, Maria Pia De Vito, Mauro Negri, Paolo Birro, Bebo Ferra, Glauco Venier, Roberto Dani, Andrea Dulbecco, Paolino Dalla Porta, Emanuele Cisi, Furio Di Castri, Chris Collins. Nel 2001 è stato selezionato dalla Rai per partecipare alla Tribuna Internazionale dei Compositori dell’UNESCO a Parigi. Nel 2004 Luciano Berio gli ha commissionato, per l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, l’opera per ragazzi La nave a tre piani, eseguita all’Auditorium di Roma diretta dall’Autore stesso nel 2005 e successivamente ripresa lo stesso anno dal Teatro Regio di Torino. Ha inoltre scritto altre quattro opere da camera: A qualcuno piace tango (eseguita a Torino, Milano, Palermo, Montepulciano, Narni, Terni, Amelia) Robinson (eseguita a Terni, Narni, Amelia, Torino e Napoli), Cappuccetto rosso (Modena) e Boletus (Terni). È tra i fondatori del progetto culturale Sentieri selvaggi, che comprende un Festival al Teatro Elfo Puccini di Milano e un Ensemble di cui è direttore artistico e musicale. Svolge anche attività come direttore d’orchestra: ha diretto l’Orchestra del Teatro alla Scala, l’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, la Royal Philarmonic Orchestra, I Pomeriggi Musicali di Milano, l’Orchestra Giuseppe Verdi di Milano, l’Orchestra della Toscana, L’Orchestra del Teatro Regio di Torino, l’Orchestra della Fondazione Arena di Verona e altre ancora. Diverse sue composizioni sono state registrate su etichette discografiche come EMI Classics, Sony Classical, Ricordi, Warner Classics, Canteloupe Music, Agorà, Velut Luna, Materiali Sonori, Sensible Records, Phoenix Classics.
Emanuele Arciuli
Pianoforte solista
Emanuele Arciuli si è imposto come una delle voci più originali e interessanti della scena concertistica. Il suo repertorio spazia da Bach alla musica d’oggi, di cui – con speciale riferimento agli Stati Uniti – è considerato uno dei più convinti interpreti dagli stessi compositori, con molti dei quali ha stabilito un proficuo rapporto di stima. Suona regolarmente per alcune fra le maggiori istituzioni musicali. In Italia, ad esempio, collabora con orchestre come l’OSN della Rai, il Maggio Musicale Fiorentino, La Fenice di Venezia, il Comunale di Bologna, il Teatro Petruzzelli di Bari e l’Orchestra Verdi di Milano; suona in recital al Teatro alla Scala di Milano, al San Carlo di Napoli, per l’Arena di Verona, gli Amici della Musica di Firenze, l’Unione Musicale di Torino, la IUC di Roma. È stato invitato da molti festival come l’“A. Benedetti Michelangeli di Brescia e Bergamo”, il Festival dei Due Mondi di Spoleto, Settembre Musica di Torino, Ravenna Festival, Ravello Festival, RedCats di Los Angeles, Miami Piano Festival etc. Il suo impegno nella musica contemporanea lo porta ad esibirsi regolarmente nelle maggiori rassegne (Milano Musica, Biennale di Venezia, Nuova Consonanza di Roma etc.).
Tra le orchestre con cui ha suonato in ambito internazionale, ricordiamo Rotterdam Philharmonic, Brussel Philharmonic, Residentie Orkest Den Haag alla Concertgebouw di Amsterdam, RTSI di Lugano, Brucknerorchester Linz, Tonkünstler di Vienna (al Musikverein, per Wien Modern), Filarmonica di San Pietroburgo, Saint Paul Chamber Orchestra, Indianapolis Symphony Orchestra e molte altre.
Fra i direttori con cui collabora citiamo Roberto Abbado, Andrei Boreyko, Dennis Russell Davies, Diego Fasolis, Yoel Levi, Brad Lubman, Wayne Marshall, James MacMillan, Kazushi Ono, Zoltan Pesko, Stefan Reck, Jonathan Stockhammer, Arturo Tamayo, Mario Venzago. Attivo anche in ambito cameristico, collabora regolarmente con Sonia Bergamasco e Andrea Rebaudengo.
Accanto al repertorio più tradizionale, che continua a frequentare con assiduità, Emanuele suona moltissima musica del nostro tempo. Ha eseguito in prima assoluta oltre quindici nuovi concerti per pianoforte e orchestra, molti dei quali scritti per lui. Più di cinquanta, infine, le pagine pianistiche composte per lui da autori come George Crumb, Milton Babbitt, Frederic Rzewski, Michael Nyman, Michael Daugherty, William Bolcom, John Harbison, Aaron Jay Kernis per citarne solo alcuni. Il progetto ‘Round Midnight, eseguito fra l’altro al Miller Theater di New York, e commissionato da CCM di Cincinnati, ha ottenuto una attenzione vastissima a livello internazionale. Il suo interesse per la musica americana si è concretizzato in un libro, Musica per pianoforte negli Stati Uniti (Edt) e in numerose lezioni, sia radiofoniche che televisive.
Nel 2011 gli è stato conferito il premio della critica musicale italiana “Franco Abbiati” come miglior solista dell’anno. Tra gli altri riconoscimenti, ha ricevuto anche una nomination per i Grammy Award per il cd dedicato a George Crumb.
Incide per Stradivarius, Chandos, Vai, Innova Records, Bridge. Recentissimo Walk in Beauty, una ricca antologia di musica americana.
Insegna inoltre pianoforte contemporaneo all’Accademia di Pinerolo.
Docente di pianoforte al Conservatorio “Piccinni” di Bari, tiene regolarmente workshop per numerose università degli Stati Uniti, dove si reca dal 1998 e dove ha tenuto oltre quaranta tournée.
Orchestra I Pomeriggi Musicali
27 novembre 1945, ore 17.30: al Teatro Nuovo di Milano debutta l’Orchestra I Pomeriggi Musicali. In programma Mozart e Beethoven accostati a Stravinskij e Prokov’ev. Nell’immediato dopoguerra, nel pieno fervore della ricostruzione, l’impresario teatrale Remigio Paone e il critico musicale Ferdinando Ballo lanciano la nuova formazione con un progetto di straordinaria attualità: dare alla città un’orchestra da camera con un solido repertorio classico ed una specifica vocazione alla contemporaneità. Il successo è immediato e l’Orchestra contribuisce notevolmente alla divulgazione popolare in Italia della musica dei grandi del Novecento censurati durante la dittatura fascista: Stravinskij, Hindemith, Webern, Berg, Poulenc, Honegger, Copland, Yves, Français. I Pomeriggi Musicali avviano, inoltre, una tenace attività di commissione musicale. Per I Pomeriggi compongono infatti Casella, Dallapiccola, Ghedini, Gian Francesco Malipiero, Pizzetti. Questa scelta programmatica si consolida nel rapporto con i compositori delle leve successive: Berio, Bussotti, Luciano Chailly, Clementi, Donatoni, Hazon, Maderna, Mannino, Manzoni, Margola, Pennisi, Testi, Tutino, Panni, Fedele, Francesconi, Vacchi. Oggi I Pomeriggi Musicali contano su un vastissimo repertorio che include i capolavori del Barocco, del Classicismo e del primo Romanticismo insieme alla gran parte della musica moderna e contemporanea. Compositori come Honegger e Hindemith, Pizzetti, Dallapiccola, Petrassi e Penderecki hanno diretto la loro musica sul podio de I Pomeriggi Musicali, che diventano trampolino di lancio verso la celebrità di tanti giovani artisti. È il caso di Claudio Abbado, Leonard Bernstein, Rudolf Buchbinder, Pierre Boulez, Michele Campanella, Giuliano Carmignola, Aldo Ceccato, Sergiu Celibidache, Riccardo Chailly, Daniele Gatti, Gianandrea Gavazzeni, Carlo Maria Giulini, Vittorio Gui, Natalia Gutman, Angela Hewitt, Leonidas Kavakos, Alexander Lonquich, Alexander Igor Markevitch, Zubin Mehta, Carl Melles, Riccardo Muti, Donato Renzetti, Hermann Scherchen, Thomas Schippers, Christian Thielemann, Salvatore Accardo, Antonio Ballista, Arturo Benedetti Michelangeli, Bruno Canino, Dino Ciani, Severino Gazzelloni, Franco Gulli, Nikita Magaloff, Nathan Milstein, Massimo Quarta, Maurizio Pollini, Corrado Rovaris e Uto Ughi. Tra i Direttori stabili dell’Orchestra, ricordiamo Nino Sanzogno, il primo, Gianluigi Gelmetti, Giampiero Taverna e Othmar Maga, per arrivare ai milanesi Daniele Gatti, Antonello Manacorda e Aldo Ceccato, direttore emerito dell’Orchestra. In alcuni casi, la direzione musicale è stata affiancata da una direzione artistica; in questa veste: Italo Gomez, Carlo Majer, Marcello Panni, Marco Tutino, Gianni Tangucci, Ivan Fedele, Massimo Collarini e, da luglio 2013, Maurizio Salerno. L’Orchestra I Pomeriggi Musicali svolge la sua attività principalmente a Milano e nelle città lombarde, mentre in autunno contribuisce alle stagioni liriche dei Teatri di Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Mantova, Pavia – all’interno del cartellone di Opera Lombardia – e alla stagione di balletto del Teatro alla Scala. Invitata nelle principali stagioni sinfoniche italiane, l’Orchestra è ospite anche delle maggiori sale da concerto europee. I Pomeriggi Musicali sono una Fondazione costituita dalla Regione Lombardia, dal Comune di Milano, dalla Provincia di Milano, e da enti privati, riconosciuta dallo Stato come istituzione concertistico-orchestrale e dalla Regione Lombardia come ente primario di produzione musicale. Sede dell’Orchestra I Pomeriggi Musicali è lo storico Teatro Dal Verme, sito nel cuore di Milano.