Le date
Note
Concerto parte dell’iniziativa “Novecento italiano”, un palinsesto lungo un anno per raccontare, ricordare e riflettere sulla grande avventura culturale del secolo scorso.
Per informazioni: www.comune.milano.it
Primo violino e direttore: Alberto Martini
Pianoforte: Giuseppe Albanese
I Virtuosi Italiani
Biglietteria
DIVERSE SOLUZIONI DI ABBONAMENTI
Per informazioni visita la pagina dedicata: Abbonamenti e Carnet
Biglietti (ingressi singoli)
Interi Primo Settore € 20,00 + prev.
Secondo Settore € 14,50 + prev.
Balconata € 11,00 + prev.
Ridotti* Primo Settore € 16,00 + prev.
Secondo Settore € 12,50 + prev.
Balconata € 9,00 + prev.
Primo Settore (Platea, da fila 1 a fila 30)
Secondo Settore (Platea, da fila 31 a fila 40)
I Pomeriggi in Anteprima
Biglietti:
Interi € 10,00 + prev.
Ridotti* € 8,00 + prev.
*(Giovani under 26; Anziani over 60; Cral; Associazioni Culturali; Biblioteche; Gruppi; Scuole e Università)
Il Cast
Primo violino e direttore: Alberto Martini
Pianoforte: Giuseppe Albanese
I Virtuosi Italiani
Note di sala
Nino Rota (1911-1979)
Concerto per archi
Preludio: Allegro ben moderato
Scherzo: Allegro comodo
Aria: Allegretto quasi adagio
Finale: Allegrissimo
Franz Liszt (1811-1886)
Malédiction, per pianoforte e archi
Benjamin Britten (1913-1976)
Young Apollo op. 16 per pianoforte, quartetto d’archi e orchestra d’archi
* * *
Pëtr Il’ič Čajkovskij (1840-1893)
Serenata per archi in Do Maggiore op. 48
Pezzo in forma di sonatina: Andante non troppo – Allegro moderato
Valse: Moderato. Tempo di Valse
Elegia. Larghetto elegiaco
Finale (Tema russo): Andante – Allegro con spirito
Note di sala a cura di Gaia Varon
Ricordato soprattutto per le musiche da film create per alcuni fra i principali registi del secondo dopoguerra e oltre, fra cui Fellini (La strada, La dolce vita), Visconti (Il gattopardo) e Coppola (Il padrino), Nino Rota ebbe anche una lunga e fertile carriera da compositore per il teatro e la sala da concerto. Figlio di musicisti, fanciullo prodigio, cominciò a comporre a otto anni, a undici ottenne il suo primo successo importante con un oratorio, L’infanzia di San Giovanni Battista, e non ne aveva ancora quattordici quando mise mano alla sua prima opera. Allievo, fra gli altri, di Ildebrando Pizzetti e Alfredo Casella, Rota era curioso di ciò che accadeva in Italia, ma anche altrove e soprattutto sulla scena americana, senza pregiudizi di genere, e sviluppò un linguaggio volutamente comunicativo, lontano da estremismi di ricerca, eppure complesso, inventivo, sempre elegante e altamente espressivo.
Il Concerto per archi, scritto nel 1964-65 (Rota aveva 53 anni) per i Musici di Roma, è articolato classicamente in quattro movimenti, ma dentro un impianto formale e uno stile tradizionali l’autore butta lì, come spezie, invenzioni ironiche e spesso piccantemente divertenti. Il Preludio iniziale instaura un clima affettuoso interrotto, di tanto in tanto, da rapidi inserti drammatici. Il secondo movimento sembra quasi intendere letteralmente l’indicazione che porta, Scherzo, con melodie dagli accenti sghembi e un vago profumo felliniano. L’atmosfera più malinconica dell’Aria che segue è infine dissipata da un Finale energico e guizzante.
Nel catalogo di Benjamin Britten, la fanfara per pianoforte, quartetto d’archi e orchestra d’archi Young Apollo op. 16 fa caso a sé, e per molti motivi, a partire da un’intricata trama di fonti d’ispirazione. L’autore citava la scoperta di uno splendore del sole come non aveva mai visto (il brano fu composto durante un soggiorno di Britten, assieme al da poco compagno Peter Pears, in Canada) e alcuni versi dell’incompiuto Hyperion di John Keats, da cui viene l’immagine del giovane Apollo, il nuovo dio della bellezza, che, scrive Britten, «sta davanti a noi con la sua energia sfavillante». La musica incarna sonoramente quella lucentezza sfolgorante, restando per otto minuti saldamente ancorata alla tonalità di La Maggiore, ma con una stupefacente ricchezza di varianti di scrittura strumentale, a partire da un’iniziale slanciata rincorsa fra piano e violino.
Britten eseguì lui stesso al piano Young Apollo nel 1939 per la radio canadese (che l’aveva commissionato) e per quella di New York, ma poi ritirò definitivamente, e senza spiegazioni, il brano, che fu riportato in vita solo nel 1979, tre anni dopo la morte dell’autore. Sulle ragioni di quella scelta, si è ipotizzato che Britten fosse insoddisfatto dell’insistenza sul La Maggiore, ma alcuni biografi, fra cui John Bridcut, propendono per una chiave più personale, ossia che dietro il giovane Apollo si celasse Wulff Scherchen, appassionato di Keats, al quale Britten era stato sentimentalmente legato; il La Maggiore, come anche in Morte a Venezia e in altre composizioni britteniane, sembra essere la tonalità che esprime l’ammirazione del compositore per la bellezza maschile: ritirare il brano era probabilmente il modo per mettere la parola fine a quella relazione, forse anche su richiesta di Pears.
Cosa si celi dietro a una fra le prime composizioni concertanti, per pianoforte earchi, di Franz Liszt rimane a oggi misterioso. Il titolo, Malédiction, non è originale: lo appose il curatore della prima edizione del pezzo, dopo che fu ritrovato fra le carte del compositore, nel 1915, traendolo dal manoscritto della parte solistica su cui Liszt aveva scritto per traverso «Malédiction». La presenza di altre parole, qua e là, sulla partitura fa pensare a un originario programma andato perduto che probabilmente si riflette nella costruzione musicale. È un unico movimento di una quindicina di minuti, che si snoda in una forma sonata piuttosto libera, dal mi minore al Mi Maggiore, attraverso una successione di materiali tematici molto contrastanti fra loro. Si apre con un gesto perentorio del pianoforte, a cui si uniscono gli archi in un passo suggestivo che gradualmente aumenta di tensione, ma poi, nella sezione successiva l’atmosfera si fa meditabonda e malinconica. Il clima espressivo continua a mutare, ora giocoso, ora appassionato, fino a un recitativo del pianoforte, che reca l’indicazione «Patetico», dopo il quale l’intensità cresce ininterrottamente fino a un brusco e «Strepitoso» finale.
Dopo un secolo come il Novecento, con il neoclassicismo e soprattutto con lo sviluppo di approcci via via sempre più storicamente informati alla musica del passato, ci vuole un guizzo di immaginazione per capire il modo in cui Čajkovskij costruisce un brano ispirandosi alle forme e allo stile di un autore di un secolo prima per il quale provava un’autentica venerazione, Wolfgang Amadeus Mozart.
Dal modello, il compositore russo trae, nel 1880, il nome e la struttura della sua Serenata per archi, ma poi immerge quella classicità vagheggiata in una sensibilità intimamente čajkovskiana.
Il primo movimento, classicamente in forma sonata, si apre con una breve introduzione, una sorta di sontuoso corale per orchestra, la cui importanza si rivela solo alla fine della Serenata. Seguono due temi, l’uno più cantabile (ma con un accompagnamento rapido e quasi atletico dei violoncelli), l’altro più ritmico, quasi un moto perpetuo, dal piglio danzante, che si sviluppano secondo i canoni finché non rientra il corale dell’inizio a concludere il brano. Nel successivo Čajkovskij soddisfa e insieme aggiorna il requisito classico della presenza di un movimento di danza con un agile ed elegante valzer per poi concedersi, nell’Elegia, un momento di pura espansione lirica, venata di malinconia, che sembra più dissolversi che concludere. Il Finale è costruito su due temi popolari russi, l’uno calmo e vagamente nostalgico, l’altro danzante e via via più vorticoso che conduce anziché all’attesa ripetizione dell’altro a un ritorno, del tutto a sorpresa, del corale introduttivo. Čajkovskij però non ha finito di sorprendere: il tema della danza veloce rientra e conduce ora a una conclusione canonica, resa tuttavia quanto mai fresca dal piccolo squarcio sulla bellezza con cui la Serenata si era aperta.
M° Alberto Martini
primo violino e direttore d’orchestra
Nato a Verona si è diplomato in violino a pieni voti presso il Conservatorio della sua città perfezionandosi poi con il M° C. Romano al Conservatorio di Ginevra.
Nel corso della sua carriera si è esibito con molte orchestre in Italia ed all’estero e nei Festival più prestigiosi nella veste di concertatore, primo violino e direttore oltre che come solista. Ha collaborato stabilmente come Primo Violino di Spalla con molte ed importanti orchestre e con i più grandi direttori d’orchestra come R. Muti, R. Chailly, V. Gergiev, D. Yurovsky, M. W. Chung, G. Sinopoli, Y. Temirkanov ecc.
Nel giugno del 2009 ha esordito come solista nella leggendaria Carnagie Hall (Pereleman Stage, Issac Stern hall) di New York.
L’attività discografica, che lo vede protagonista come direttore e concertatore è ricchissima, con più di 50 CD registrati per le case discografiche più importanti del mercato ed oltre 400 mila dischi venduti in tutto il mondo. Per la registrazione dell’opera integrale di F.A. Bonporti (in prima mondiale) ha ricevuto vari premi discografici, tra i quali: “Cinque Stelle” premio Goldberg, il “Diapason d’Oro”, le “Choc de la Musique“ oltre a varie 5 stelle della rivista italiana MUSICA.
In questi ultimi anni si è dedicato assiduamente anche allo sviluppo dell’attività di Direttore Musicale e Artistico, collaborando e allacciando un intenso rapporto di stima reciproca, con prestigiose Istituzioni e Teatri italiani nonché con solisti di fama internazionale.
Da luglio 2016 è Direttore Artistico del Teatro Ristori di Verona.
Significativo poi, l’interesse da sempre dimostrato per il repertorio di confine che lo ha portato alla realizzazione di importanti progetti con artisti del calibro di C. Corea, M. Nyman, F. Battiato, L. Einaudi, P. Glass, U. Caine, P. Fresu e molti altri.
Attualmente è titolare della cattedra di Violino al Conservatorio “L. Marenzio” di Brescia, ma viene regolarmente invitato a tenere Masterclass in varie Istituzioni Italiane ed estere e nelle commissioni dei più importanti Concorsi Internazionali di Violino e di Musica da Camera.
Suona un prezioso violino Enrico Ceruti del 1840.
Giuseppe Albanese
Pianoforte solista
Tra i più richiesti pianisti della sua generazione, Giuseppe Albanese debutta nel 2014 su etichetta Deutsche Grammophon con un concept album dal titolo “Fantasia”, con musiche di Beethoven, Schubert e Schumann. Segue nel 2015 il suo secondo album DG “Après une lecture de Liszt”, interamente dedicato al compositore ungherese. Nel marzo 2016 Decca Classics inserisce nel box con l’opera omnia di Bartók in 32 cd la sua registrazione (in prima mondiale) del brano “Valtozatok” (Variazioni).
Invitato per recital e concerti con orchestra da autorevoli ribalte internazionali quali – tra gli altri – il Metropolitan Museum, la Rockefeller University e la Steinway Hall di New York; l’Auditorium Amijai di Buenos Aires; il Cenart di Mexico City; la Konzerthaus di Berlino; la Laeisz Halle di Amburgo; la Philharmonie di Essen; il Mozarteum di Salisburgo; St. Martin in the Fields e la Steinway Hall di Londra; la Salle Cortot di Parigi; la Filarmonica di San Pietroburgo; la Filharmonia Narodowa di Varsavia; la Filarmonica Slovena di Lubiana; la Gulbenkian di Lisbona, ha collaborato con direttori del calibro di Christian Arming, John Axelrod, James Conlon, Lawrence Foster, Will Humburg, Dmitri Jurowski, Julian Kovatchev, Alain Lombard, Nicola Luisotti, Othmar Maga, Fabio Mastrangelo, Henrik Nanasi, Anton Nanut, Tomas Netopil, Daniel Oren, George Pehlivanian, Donato Renzetti, Alexander Sladkowsky, Hubert Soudant, Pinchas Steinberg, Michel Tabachnik, Jeffrey Tate, Jurai Valcuha, Jonathan Webb ecc.
Tra i festival, di particolare rilievo gli inviti al Winter Arts Square di Yuri Temirkanov a San Pietroburgo, al Castleton di Lorin Maazel (USA), all’Internazionale di Brescia e Bergamo e al MiTo SettembreMusica, alla Biennale Musica di Venezia, oltre al Mittlefest, il Tiroler Festspiele di Erl, il Festival di Colmar, En Blanco y Negro di Mexico City, il Festival di Sintra (Portogallo), il Tongyeong Festival (Corea).
In Italia ha suonato per tutte le più importanti stagioni concertistiche (incluse quelle dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di S. Cecilia e della RAI di Torino) e in tutti i più importanti teatri.
Negli ultimi tempi il Mº Albanese si è distinto per essere stato invitato a suonare in ben undici delle tredici Fondazioni Liriche italiane: il Petruzzelli di Bari, il Comunale di Bologna, il Teatro Lirico di Cagliari, il Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, il Carlo Felice di Genova, il Teatro San Carlo di Napoli, il Massimo di Palermo, il Teatro dell’Opera di Roma, il Verdi di Trieste, la Fenice di Venezia, l’Arena di Verona.
Prima di “Fantasia” e “Après une lecture de Liszt”, Albanese ha riscosso singolare successo con il CD monografico con musiche di Debussy pubblicato a gennaio 2012 per il mensile “Amadeus” in occasione dell’anniversario dei 150 anni della nascita del compositore francese. Il suo CD “1900 – Yearbooks of 20th Century Piano, dedicato all’anno solare 1900 e contenente musiche di Skrjabin, Szymanowski, MacDowell e la prima registrazione assoluta delle Variazioni di Bartók è stato recensito come CD del mese dal mensile Suonare News e 5 stelle sia nel giudizio tecnico che artistico dal mensile Amadeus.
Già “Premio Venezia” 1997 (assegnato all’unanimità da una giuria presieduta dal Mº Roman Vlad) e Premio speciale per la miglior esecuzione dell’opera contemporanea al “Busoni” di Bolzano, Albanese vince nel 2003 il primo premio al “Vendome Prize” (presidente di giuria Sir Jeffrey Tate) con finali a Londra e Lisbona: un evento definito da Le Figaro “il concorso più prestigioso del mondo attuale”.
Albanese è laureato in Filosofia col massimo dei voti e la lode (con dignità di stampa della tesi sull’Estetica di Liszt nelle “Années de Pèlerinage”) ed a soli 25 anni è stato docente a contratto di “Metodologia della comunicazione musicale” presso l’Università di Messina. Insegna attualmente Pianoforte al Conservatorio “Tartini” di Trieste.
I Virtuosi Italiani
Il complesso de I Virtuosi Italiani, nato nel 1989, è una delle formazioni più attive e qualificate nel panorama musicale internazionale, regolarmente invitata nei più importanti teatri, festival e stagioni in tutto il mondo.
Viene loro riconosciuta una particolare attitudine nel creare progetti sempre innovativi, una costante ricerca nei vari linguaggi, oltre all’eccellente qualità artistica dimostrata in anni di attività. Tra gli impegni recenti più rilevanti si segnalano in particolare il Concerto per il Senato della Repubblica Italiana e teletrasmesso in diretta da RAI 1, il “Concerto per la Vita e per la Pace” eseguito a Roma, Betlemme e Gerusalemme e trasmesso dalla RAI in Mondovisione, il Concerto presso la Sala Nervi in Vaticano alla presenza del Papa, le tournée in Turchia, Spagna, Germania, Sud America, Russia e Corea che hanno generato l’immediata riconferma per le prossime stagioni, oltre al debutto nella prestigiosa Royal Albert Hall di Londra.
Numerose sono le collaborazioni con solisti e direttori di rilevanza internazionale.
Hanno collaborato all’allestimento dell’Apollon Musagete di Stravinsky con il New York City Ballet; nel 2001 hanno eseguito tutte le opere in un atto di Rossini per l’Opera Comique di Parigi e hanno tenuto due concerti alla alla Konzerthaus di Vienna.
I Virtuosi Italiani si sono esibiti per i più importanti teatri e per i principali enti musicali italiani quali il Teatro alla Scala, il Teatro La Fenice, l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, la GOG di Genova, l’Unione Musicale di Torino, l’Istituzione Universitaria dei Concerti di Roma, il Teatro alla Pergola di Firenze, la Società Filarmonica di Roma, il Teatro Filarmonico di Verona, la Società del Quartetto di Milano e molti altri.
Numerose le tournées all’estero e concerti nelle più importanti sale del mondo: Francia (Festival Pablo Casals di Prades, Festival Berlioz, Aix-en-Provence, Bordeaux), Germania, Svizzera, Spagna, Portogallo, Inghilterra (Londra Royal Albert Hall), Polonia, Lituania, Lettonia, Finlandia, Slovenia (Festival Internazionale di Lubiana), Russia (San Pietroburgo Teatro della Filarmonica, Mosca Sala Grande del Conservatorio Tchaikovsky, Sala Tchaikovsky della Filarmonica), Turchia, Iran, Corea e Stati Uniti d’America (New York, Los Angeles, Philadelphia), Paesi Baltici.
L’attività discografica è ricchissima, con più di 100 cd registrati per le maggiori case discografiche ed oltre 500.000 dischi venduti in tutto il mondo. Tra le numerose incisioni per Sony BMG, Chandos, Emi, Tactus, Naxos, Arts e Dynamic spicca, nella doppia veste di direttore e solista in prima mondiale, l’integrale dell’opera di F. A. Bonporti, per la quale ha ricevuto vari premi discografici, tra i quali: “Cinque stelle – Premio Goldberg” della omonima rivista tedesca, il “Diapason d’or” della rivista francese Diapason, “Choc de la Musique” della rivista francese Le Monde de la Musique, oltre a vari “5 Stelle” della rivista italiana Musica.
Tra le ultime uscite discografiche un CD interamente dedicato a musiche di P. Glass per la Casa Discografica americana Orange Mountain Music; la prima registrazione mondiale in tempi moderni delle Cantate di Nicolò Porpora per soprano e archi, per Brillant Classic; un progetto discografico in prima mondiale (2 CD), su strumenti originali delle sinfonie, concerti e mottetti sacri inediti del compositore Giovanni Simone Mayr, scritti a Venezia, per NAXOS.
L’attenzione dei Virtuosi alla ricerca filologica li ha condotti a esibirsi nel repertorio barocco e classico anche su strumenti originali.
Proprio in quest’ambito nel gennaio 2013 sono usciti due DVD per UNITEL CLASSICA con le opere di G.B.Pergolesi “Il Prigionier Superbo”, “La Serva Padrona” e “La Salustia”, dirette da Corrado Rovaris.
Nel segno della versatilità e dell’attenzione riservata ad una scelta di repertorio mirato al coinvolgimento di un pubblico sempre più vasto con una particolare attenzione ai giovani, significativo è, inoltre, l’interesse da sempre dimostrato dal gruppo per il repertorio di confine. Da qui la nascita di collaborazioni e progetti con artisti come Franco Battiato, Goran Bregovic, Uri Caine, Chick Corea, Paolo Fresu, Ludovico Einaudi, Richard Galliano, Michael Nyman, Cesare Picco, Enrico Rava, Antonella Ruggiero, Gianluigi Trovesi e altri.
I concerti de I Virtuosi Italiani sono sempre stati coronati da entusiastici consensi di critica e di pubblico. Così scrive Enrico Girardi sul “Corriere della Sera”: «I Virtuosi Italiani sono un ensemble di assoluto valore. Affrontano il barocco, il classico e il contemporaneo non solo con disinvoltura, ma con una grinta, uno smalto e una “adrenalina” che produce vita e tensione senza portare oltre i limiti di una saggia pertinenza stilistica».
Dal 2011 sono protagonisti di una Stagione Concertistica, nella Chiesa dell’Ospedale della Pietà a Venezia, luogo in cui Antonio Vivaldi per tutta la sua vita suonò, insegnò e diede la luce a tutte le opere.
L’impostazione artistica vede come figure cardine quella del del Konzertmeister – primo violino Alberto Martini. Direttore Principale è Corrado Rovaris.