Le date
Anniversari I: Aspettando Ludwig van Beethoven
Ludwig van Beethoven (1770-1827)
Sinfonia n. 9 in re minore per soli, coro e orchestra op. 125
Direttore: James Feddeck
Coro Costanzo Porta di Cremona
Maestro del coro: Antonio Greco
Soprano: Cinzia Forte
Mezzosoprano: Agostina Smimmero
Tenore: Marco Ciaponi
Basso: Dario Russo
Orchestra I Pomeriggi Musicali
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Il Cast
Direttore: James Feddeck
Coro Costanzo Porta di Cremona
Maestro del coro: Antonio Greco
Soprano: Cinzia Forte
Mezzosoprano: Agostina Smimmero
Tenore: Marco Ciaponi
Basso: Dario Russo
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Note di sala
Anniversari I: Aspettando Ludwig van Beethoven
Ludwig van Beethoven (1770-1827)
Sinfonia n. 9 in re minore per soli, coro e orchestra op. 125
I: Allegro ma non troppo, un poco maestoso
II: Scherzo: Molto vivace – Presto
III: Adagio molto e cantabile
IV: Presto – Allegro molto assai (Alla marcia) – Andante maestoso – Allegro energico, sempre ben marcato
Per chi studia le forme musicali e la loro trasformazione nel tempo l’intera produzione di Beethoven rappresenta un caso esemplare di quella che potremmo definire la “necessità” del nuovo nell’arte occidentale. Ciò vale per tutti i generi nei quali Beethoven si è cimentato, e in particolare per le sonate per pianoforte e per i quartetti d’archi, ma le sinfonie non sono da meno, e la Nona costituisce l’esempio superiore di quel bisogno innovativo che sembra connaturato all’arte occidentale e sconosciuto invece (o ridotto a sottili varianti) in molte altre culture musicali del pianeta. A cosa si deve questo bisogno di innovazione, perché questa necessità di cambiamento che porterà tra l’altro, tra le sue conseguenze più radicali, alla svolta clamorosa della dissoluzione della tonalità?
La società occidentale è indubbiamente basata sulla scienza e sulla conoscenza scientifica. E se il presupposto di tale conoscenza è la sperimentazione (checché ne pensino coloro che tagliano i fondi ai ricercatori) ci si può domandare se possa essere casuale il fatto che tale attitudine si riscontri anche nell’arte, che di quella società rappresenta il risvolto psicologico più profondo. Chi ha una visione strutturalistica non si meraviglia certo di ciò. Dovremmo meravigliarci piuttosto del fatto che la musica d’arte, che preferisco chiamare musica complessa, non abbia ancora trovato un suo habitat contemporaneo, un suo adeguamento alle modalità e alle tipologie di fruizione artistica più consuete al giorno d’oggi, come invece hanno fatto da tempo le arti visive e letterarie, teatro e cinema compresi. A mio avviso la musica d’arte ha già trovato la sua strada ed è solo questione di tempo, poi il nuovo si dovrà affermare ineluttabilmente. E se anche la musica d’arte di oggi non conquisterà platee immense, come un tempo quella classica, pure potrà aspirare a non essere ridotta a isolata cenerentola delle arti. Ma non è questa la sede per approfondire, magari ne riparleremo altrove.
Più appropriato è tornare alla nostra sinfonia per esaminare in che modo essa si presenti come il campione dell’innovazione formale, quantomeno alla data del 7 maggio 1824, quando fu eseguita per la prima volta a Vienna. Innanzitutto per la sua concezione complessiva, che prevede una durata all’epoca inaudita per una sola sinfonia (anche se per la verità il concerto in cui fu eseguita per la prima volta era ben più esteso, comprendendo anche altre composizioni beethoveniane). Vi è poi l’introduzione dei solisti e del coro nel quarto movimento, il che la trasforma in qualcosa d’altro, visto che per definizione la sinfonia classica era stata abitualmente fino ad allora un genere esclusivamente strumentale (si parla infatti al proposito di “sinfonia corale”). Vi è poi l’inversione dell’usuale disposizione del secondo e del terzo movimento, dunque prima lo Scherzo e poi il tempo lento, l’Adagio, e non l’abituale contrario, strategico bilanciamento in considerazione della estensione e della articolazione dell’opera nel suo complesso. Ma è proprio il gigantismo formale di ogni singolo movimento a creare l’innovazione principale. Nel primo movimento, a fronte della consueta forma-sonata, con due temi contrastanti, con l’interposto “ponte modulante”, poi elaborati in una sezione di “sviluppo”, e infine ripresentati in un’identica tonalità in una sorta di conciliazione dialettica di memoria aristotelica, qui i tempi interni si dilatano in una serie di episodi oltremodo complessi, che finiscono così per costituire quattro movimenti autonomi e forse persino separabili l’uno dall’altro.
Prendiamo ad esempio il primo tempo, che è costituito da una gigantesca forma-sonata, con una ripresa al confronto relativamente breve ma una coda insolitamente estesa. Caratteristica iniziale è la famosa preparazione del materiale, le cosiddette “quinte vuote”, l’intervallo che non dichiara la tonalità in cui ci si trova, mancando il suono intermedio della terza – donde la definizione suddetta – così da generare una sorta di sospensione, come in un albore primigenio dal quale si sprigiona la materia (e non è mancato chi ha intravisto in questa caratteristica iniziale della Nona addirittura la metafora sonora della creazione del mondo). Il primo tema si esterna allora con un energico ritmo puntato che assume enfasi crescente, per poi ritornare alla quiete iniziale, da dove parte il “ponte modulante” che porta al secondo tema, in realtà un insieme di tre differenti idee musicali: una bucolico-cantabile e due dal sapore marziale, che si intrecciano tra di loro, per dar corso quindi a una coda conclusiva in cui riappaiono brevemente alcuni elementi del primo e del secondo gruppo. La lunga elaborazione centrale dello “sviluppo” comincia con una ripetizione dell’intervallo vuoto iniziale ed è divisa in quattro parti che rielaborano elementi della prima e della seconda sezione tematica, e soprattutto i due temi principali, quello caratterizzato dalla energica pulsazione ritmica e quello lirico-bucolico della seconda sezione, con una serie di trasformazioni tra le quali particolarmente memorabile è quella in stile fugato, con lo stesso tema riproposto dalle varie sezioni dell’orchestra. La ripresa è caratterizzata dalla mancanza della parte di complemento che avevamo ascoltato nell’esposizione, donde l’accennata brevità che è motivata però dalla lunghezza della coda, la quale contiene una sorta di marcia funebre, terminando in un silenzioso unisono dell’orchestra.
Verrebbe voglia di continuare così per descrivere anche l’esaltante Scherzo che segue, ma si sa che una descrizione del genere può valere come guida all’ascolto solo se è possibile leggerla e seguirla durante l’esecuzione, il che è verosimile nel proprio salotto o nelle aule accademiche, non certo nelle sale da concerto, che sono destinate alla esecuzione e all’ascolto immediato. Ho presentato però al lettore attento una breve descrizione del primo movimento per dar conto di quanto più complessa sia la struttura di questa sinfonia rispetto a tutte le altre che l’hanno preceduta e a molte altre successive. Un impianto la cui maestosità enfatica può reggere e giustificare l’immissione nel quarto movimento di un quartetto di cantanti solisti e di un’imponente massa corale di accompagnamento, per introdurre l’amato testo di Schiller, il poeta e drammaturgo del positivismo germanico e dell’anelito alle libertà dell’uomo. A tale proposito rammento che Mazzini nella sua breve Filosofia della musica, che è di soli 12 anni successiva alla Nona e dedicata al un maestro sconosciuto, ovvero “ignoto numini“, raccomandasse proprio l’impiego dei testi di Schiller, cosa che Verdi non mancò di fare in ben quattro delle sue opere liriche.
Schiller e l’Inno alla gioia, quella musica e quel testo che hanno conquistato il mondo: infatti, oltre ad essere dal 1985 l’inno ufficiale dell’Unione Europea, esso è stato dichiarato patrimonio irrinunciabile dell’umanità. L’inno alla gioia è una trovata esaltante. Sia perché esso giunse in quel remoto 1824 a incarnare uno degli ideali di unione e solidarietà che la emergente borghesia aveva fatto propri (senza per la verità mai combattere perché essi si estendessero anche ai non appartenenti a quello strato sociale), sia perché esso è musicato su uno di quei temi camaleontici che raramente si incontrano, adatti ad esprimere una visione austera e quasi severa, ma che con altra voce, e con poco sforzo, possono tramutarsi in una fanfara briosa e persino scanzonata.
Infine la critica: contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, i giudizi su quest’opera non sono mai stati unanimi, allora come ora. A fronte di chi esalta la composizione senza se e senza ma, vi è infatti chi vi vede, soprattutto nel finale (che non piacque, peraltro, per nulla a Verdi), una certa attitudine all’autocompiacimento e alla sontuosità un po’ fine a se stessa, insomma una manifestazione esteriore piuttosto che introspettiva. A questi ultimi avrebbe certamente dato ragione il compagno Stalin, che affermò essere questa una vera e propria musica per le masse, “che dovrebbe essere eseguita più spesso”; cosa che ovviamente diede il via a una specie di “epidemia beethoveniana” in Unione Sovietica. Epidemia che è stata planetaria, fino al punto da potersi trasformare in una sorta di fissazione maniacale, come rammenta un caso cinematografico tra i più emblematici e che può riassumerli tutti, ossia Arancia Meccanica, dove l’esaltazione umanitaria non a caso è rovesciata di significato nella testa di un criminale appassionato solo dell’opera beethoveniana – e ho già affermato altrove che conviene guardarsi da chi ama in maniera esclusiva un solo e unico compositore, o artista che sia.
note a margine di Renato Meucci
M° James Feddeck
Direttore d’orchestra
Nato a New York e definito dal Chicago Tribune “Un Direttore di talento che chiaramente farà molta strada”, James Feddeck è stato vincitore di un Solti Conducting Award, un Aspen Conducting Prize ed è stato Direttore Assistente per la Cleveland Orchestra.
Nelle stagioni più recenti è apparso con le principali orchestre europee, tra cui la Sinfonica della Radio Viennese, la Deutsches Sinfonieorchester Berlin, la BBC Philharmonic, la Filarmonica di Stoccolma, la Filarmonica di Helsinki, la City of Birmingham Symphony Orchestra e la Hallé Orchestra. In Nord America ha diretto la Sinfonica di Chicago, la Cleveland Orchestra, la Sinfonica di San Francisco, la Sinfonica di Seattle, la Sinfonica di Detroit e le Sinfoniche di Toronto e Montreal.
Altri impegni della stagione 2017/18 hanno previsto debutti con l’Orchestre National de France, la Sinfonica di Barcellona, la Sinfonica di Amburgo, la Royal Liverpool Philharmonic oltre a ritorni alla BBC Symphony, alla Sinfonica di Bournemouth ed alla Orchestre National de Belgique.
Nel suo ruolo di organista, James Feddeck ha tenuto recital in tutta Europa e in Nord America. Ha studiato oboe, pianoforte, organo e direzione d’orchestra al Conservatorio di Musica di Oberlin e, nel 2010, è stato il primo vincitore dello Outstanding Young Alumni Award.
Coro Costanzo Porta di Cremona
Fondato a Cremona nel 1993 dall’attuale direttore Antonio Greco, il coro si è aggiudicato il Primo Premio al Concorso Nazionale Guido d’Arezzo nel 1998 e ha continuato a distinguersi in altre competizioni – inclusa la prima edizione della “London a Cappella Choir Competion” promossa dai Tallis Scholars di Peter Phillips nel 2014 – nella quale ha rappresentato l’unico ensemble italiano invitato ed è stato selezionato tra i finalisti.
Ha partecipato a concerti e produzioni operistiche in molti importanti festival in Italia ed Europa, sia da solo che in collaborazione con l’orchestra Cremona Antiqua dello stesso Greco e con svariati altri gruppi strumentali di primo livello, quali Accademia Bizantina di Ottavio Dantone, I Virtuosi Italiani sotto la direzione di Radulescu, l’Orchestra Barocca di Venezia di Marcon, I Pomeriggi Musicali sotto la direzione di Renzetti. Ha, inoltre, cantato in concerto, in due occasioni, con i Tallis Scholars e partecipato, con il gruppo Sentieri Selvaggi di Carlo Boccadoro alla messa in scena dell’opera contemporanea Il sogno di una cosa di Mauro Montalbetti (2014).
Insieme a La Risonanza di Fabio Bonizzoni ha portato in tour europeo una produzione di Dido and Aeneas di Purcell (incisione per Challenge Classics, 2016) e una di Messiah agli Halle Händel-Festspiele. Ha all’attivo incisioni di Madrigali di Personé (2007), Messa da Requiem K626 di Mozart in trascrizione di Carl Czerny (Discantica, 2011), un’antologia di composizioni sacre di Tebaldini (Tactus, 2012), arrangiamenti sinfonici di canzoni di De André con la London Simphony Orchestra (Sony, 2011), il libro settimo dei madrigali di Biagio Marini (Tactus 2018).
Su invito del M° Muti, il coro ha partecipato nel 2018 in concerti su musiche del Macbeth di Verdi per il Ravenna Festival e per un’esecuzione benefit in diretta televisiva nazionale a Norcia e – sempre sotto la direzione di Muti – ha fatto parte dell’edizione 2019 dell’iniziativa Vie dell’Amicizia con concerti a Ravenna ed Atene, sulle musiche della Nona Sinfonia di L.V. Beethoven.
Antonio Greco
Maestro del coro
A sette anni ha iniziato la propria esperienza nel canto corale sotto la guida di monsignor Dante Caifa, già maestro di Cappella della Cattedrale di Cremona, del quale è in seguito divenuto assistente. Si è diplomato in Pianoforte con Mario Gattoni, presso il Conservatorio Campiani di Mantova, in Musica corale e direzione di coro con Domenico Zingaro presso il Conservatorio Verdi di Milano, e ha conseguito con lode il Diploma Accademico di II livello in Polifonia rinascimentale sotto la guida di Diego Fratelli, presso il Conservatorio Schipa di Lecce. Ha studiato composizione con Marco Stassi, Nicola Evangelisti e Paolo Arcà; direzione d’orchestra con Lorenzo Parigi, Ludmil Descev, Piero Bellugi, Julius Kalmar; direzione corale con Domenico Zingaro e Roberto Gabbiani, canto con Elisa Turlà, seguendo il Metodo Voicecraft E.V.T.S. di Joe Estill. Ha studiato prassi esecutiva antica e ornamentazione con Roberto Gini; clavicembalo e basso continuo con Giovanni Togni; contrappunto e teoria rinascimentale con Diego Fratelli; ha approfondito il repertorio madrigalistico monteverdiano con Gabriel Garrido e quello delle cantate di J. S. Bach con Michael Radulescu. È stato assistente di Umberto Benedetti Michelangeli e Amedeo Monetti ai corsi di formazione orchestrale Cremona città d’arte. Ha insegnato Teoria, solfeggio e dettato musicale, Direzione di coro e repertorio corale per Didattica della musica presso l’Istituto Pareggiato Jacopo Peri di Reggio Emilia; attualmente è docente di Esercitazioni Corali presso l’istituto pareggiato di Ravenna. Nel 1993 ha fondato il Coro Costanzo Porta, alla cui guida ha vinto premi in concorsi nazionali ed internazionali, ed ha preso parte ad importanti rassegne concertistiche quali il Festival dei due Mondi di Spoleto, il Ravenna Festival, il Festival Monteverdi di Cremona, il Maggio Musicale Fiorentino, la rassegna Musica e poesia a San Maurizio organizzata dalla Società del Quartetto di Milano, collaborando con gruppi strumentali quali Accademia Bizantina, I Virtuosi italiani, Orchestra Barocca di Venezia, Ensemble Elyma, Ensemble La Risonanza, Orchestra Cantelli di Milano. Nel 2006 ha avviato la propria collaborazione con As.Li.Co e il Circuito Lirico Lombardo, del quale è stato nominato Maestro del Coro. In qualità di maestro del coro ha al proprio attivo oltre trenta titoli del repertorio operistico, dal primo barocco al Novecento storico. Dal 2010 collabora con il Festival della Valle d’Itria come docente e direttore di varie produzioni tra cui “Il novello Giasone” di Francesco Cavalli/ Alessandro Stradella, prima rappresentazione mondiale in tempi moderni, con la regia di Juliette Deschamps – esecuzione trasmessa in diretta da Radio 3.
Cinzia Forte
Soprano
Particolarmente apprezzata per l’eleganza non comune del fraseggio e la notevole presenza scenica, Cinzia Forte è ospite dei principali teatri d’opera italiani ed europei quali: Teatro alla Scala, Teatro San Carlo di Napoli, La Fenice di Venezia, Teatro Comunale di Bologna, Teatro Massimo di Palermo, Teatro Regio di Torino, Teatro dell’Opera di Roma, Rossini Opera Festival di Pesaro, Royal Opera House Covent Garden di Londra, Concertgebouw di Amsterdam, Liceu di Barcellona, Teatro de la Maestranza di Siviglia, Opernhaus di Zurigo, Théâtre des Champs-Elysées di Parigi, Opéra Royal de Wallonie di Liegi, Deutsche Oper di Berlino, Teatro Real di Madrid, Opéra di Montecarlo. Cinzia Forte collabora e ha collaborato con nomi illustri della scena operistica internazionale: Claudio Abbado, Bruno Campanella, Riccardo Chailly, Myung-Whun Chung, Jesus Lopez-Cobos, Daniele Gatti, Gianluigi Gelmetti, Jeffrey Tate e René Jacobs, e con registi quali Roberto De Simone, Willy Decker, Dario Fo, Michael Hampe, Mario Martone, Jonathan Miller, Pier Luigi Pizzi, Luca Ronconi, Emilio Sagi, Jérôme Savary, Graham Vick, Franco Zeffirelli. Tra gli impegni recenti ricordiamo: Bianca e Falliero al Rossini Opera Festival di Bad Wildbad, Madama Butterfly a Sassari, La Traviata e Le nozze di Figaro (Contessa) a Napoli e Cagliari, Otello a Liegi, Falstaff (Alice) a Cagliari, La Gazzetta a Tel Aviv, L’Olimpiade di Leo a Napoli e la Nona Sinfonia di Beethoven a LaVerdi di Milano. Cinzia Forte si è esibita in recital in programmi esclusivi con Maurizio Baglini e Silvia Chiesa, interpreta i Péchés de vieillesse di Rossini in formazione con Marco Scalastra e Sandro Cappelletto in diverse città italiane tra cui Roma, Carpi, Como.
Agostina Smimmero
Mezzosoprano
Diplomata, con il massimo dei voti al conservatorio “S. Pietro a Majella” di Napoli è vincitrice di importanti concorsi come il “Montserrat Caballé” 2012, il “Rosa Ponselle” e il “Simone Alaimo”. Debutta come Tancredi a Siviglia accanto a Mariella Devia e Gregory Kunde debuttando poi: Santuzza in Cavalleria Rusticana; Azucena ne Il Trovatore al Regio di Torino, Oviedo e in diverse piazze in Spagna e Portogallo ; La Baronessa di Champigny ne Il Cappello di Paglia di Firenze a Firenze con la direzione di Andrea Battistoni; Maddalena nel Rigoletto a Lisbona con la regia di Francesco Esposito; Mercedes nella Carmen a Milano diretta da Jader Bignamini; Fenena nel Nabucco in tournée nel circuito marchigiano; Cavalleria Rusticana a Palermo e in tournée in Italia; Il barbiere di Siviglia in un allestimento del teatro San Carlo di Napoli a Benevento. Più recentemente ha interpretato Un Ballo in Maschera per l’apertura della stagione al Regio di Parma; La Campana Sommersa di Respighi, Falstaff e Un Ballo in Maschera a Cagliari; Nabucco a Las Palmas; Suor Angelica al San Carlo di Napoli; Un ballo in maschera a Piacenza, Ravenna, Ferrara, Rennes e Nantes; La Gioconda a Piacenza, Modena e Reggio Emilia; Rigoletto a Taormina; IX Sinfonia di Beethoven a Milano per i Pomeriggi Musicali; e un gala al Real di Madrid con estratti dal Trovatore. Prossimi impegni prevedono: Cavalleria Rusticana e Pagliacci a Bologna e Gianni Schicchi a Como e in tournée.
Marco Ciaponi
Tenore
Dopo il debutto come Rodolfo ne La Bohème inizia una brillante carriera che lo porta ad essere applaudito in La Traviata (Alfredo) alla Deutsche Oper di Berlino; Edmondo in Manon Lescaut e La Fanciulla del West (Trin) diretto da Riccardo Chailly alla Scala di Milano; L’Elisir d’Amore (Nemorino) a Lucca, Ravenna, Bari, Mantova; Don Giovanni (Don Ottavio) a Colonia e Trieste diretto da Gianluigi Gelmetti, che lo ha inoltre scelto per Die Schöpfung di Haydn; Macbeth (Malcom) a Cagliari con la regia di Daniele Abbado e nella prima versione del 1847 diretto da Fabio Biondi a Varsavia; Mosè in Egitto a Napoli, diretto da Stefano Montanari; Don Pasquale al Filarmonico di Verona; Rigoletto a Tolone; Così fan tutte e Saint Etienne, solo per citarne alcuni. Attivo anche sul versante concertistico ha interpretato: la IX Sinfonia di Beethoven a Bari, Cagliari diretto da Gérard Korsten e a Milano e Pavia con l’Orchestra de I Pomeriggi musicali diretta da Donato Renzetti; Stabat Mater di Rossini a Varsavia diretto da Stefano Montanari e a Ravenna diretto da Paolo Olmi, a Tokio e Padova; concerto di gala per la riapertura del Teatro Apollo di Lecce, diretto da Gianluigi Gelmetti ed eseguito alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella; ha interpretato la Messa in Mi bemolle maggiore al Regio di Torino diretto da Michele Mariotti. Marco Ciaponi è vincitore di importanti concorsi internazionali come l’Operalia di Placido Domingo, il Labò di Piacenza e il Voci Verdiane di Busseto.
Dario Russo
Basso
Nel 2008 è invitato all’Opera Studio Nederland di Amsterdam e vince le selezioni per il progetto Lirica Junior del Carlo Felice di Genova, e da questo momento in poi è regolare ospite di teatri quali: La Scala di Milano, San Carlo di Napoli, Liceu di Barcellona, Regio di Torino, Bellini di Catania, Massimo di Palermo, Regio di Parma, Opera di Roma, ABAO di Bilbao, Campoamor di Oviedo, Concertgebouw di Amsterdam, Bunka Kaikan di Tokio, Royal Opera House Muscat. Lavora con direttori quali Fabio Luisi, Nello Santi, Donato Renzetti, Sebastian Weigle e i registi Laurent Pelly, Robert Carsen, Claus Guth, Pier Luigi Pizzi, Gianni Amelio, Gabriele Lavia. Debutta nei ruoli di Attila, Zaccaria (Nabucco), Conte di Walter (Luisa Miller), Enrico VIII (Anna Bolena), Colline (La bohéme), Oroveso (Norma), Banco (Macbeth), Ramfis/Re (Aida), Raimondo (Lucia di Lammermoor), Padre guardiano (La forza del destino), Timur (Turandot), Procida (Les vêpres siciliennes), Commendatore (Don Giovanni), Capulet (Romeo et Juliette), Lorenzo (I Capuleti e i Montecchi), Moser (I masnadieri), Sparafucile (Rigoletto), Sir Giorgio (I Puritani), Conte Rodolfo (La Sonnambula), Ferrando (Il Trovatore), Orosmane (Zaira), Zuniga (Carmen), Don Fernando (Fidelio). Nel repertorio concertistico spazia dalla musica da camera a quella sacra. Ha interpretato: Nabucco alle Terme di Caracalla; Il Trovatore a Oviedo; Requiem di Verdi a Malmö e a Milano con l’orchestra e coro Giuseppe Verdi; Rigoletto a Genova, Taormina e Tolone; Elisabetta al castello di Kenilworth per il Donizetti Opera Festival; I Masnadieri e La Sonnambula a Roma; La Bohème a Singapore e in tour in Italia; Macbeth a Limoges, Reims e Massy; Requiem di Verdi.
Orchestra I Pomeriggi Musicali
27 novembre 1945, ore 17.30: al Teatro Nuovo di Milano debutta l’Orchestra I Pomeriggi Musicali. In programma Mozart e Beethoven accostati a Stravinskij e Prokof’ev. Nell’immediato dopoguerra, nel pieno fervore della ricostruzione, l’impresario teatrale Remigio Paone e il critico musicale Ferdinando Ballo lanciano la nuova formazione con un progetto di straordinaria attualità: dare alla città un’orchestra da camera con un solido repertorio classico ed una specifica vocazione alla contemporaneità. Il successo è immediato e l’Orchestra contribuisce notevolmente alla divulgazione popolare in Italia della musica dei grandi del Novecento censurati durante la dittatura fascista: Stravinskij, Hindemith, Webern, Berg, Poulenc, Honegger, Copland, Yves, Français. I Pomeriggi Musicali avviano, inoltre, una tenace attività di commissione musicale. Per I Pomeriggi compongono infatti Casella, Dallapiccola, Ghedini, Gian Francesco Malipiero, Pizzetti. Questa scelta programmatica si consolida nel rapporto con i compositori delle leve successive: Berio, Bussotti, Luciano Chailly, Clementi, Donatoni, Hazon, Maderna, Mannino, Manzoni, Margola, Pennisi, Testi, Tutino, Panni, Fedele, Francesconi, Vacchi. Oggi I Pomeriggi Musicali contano su un vastissimo repertorio che include i capolavori del Barocco, del Classicismo e del primo Romanticismo insieme alla gran parte della musica moderna e contemporanea. Compositori come Honegger e Hindemith, Pizzetti, Dallapiccola, Petrassi e Penderecki hanno diretto la loro musica sul podio de I Pomeriggi Musicali, che diventano trampolino di lancio verso la celebrità di tanti giovani artisti. È il caso di Claudio Abbado, Leonard Bernstein, Rudolf Buchbinder, Pierre Boulez, Michele Campanella, Giuliano Carmignola, Aldo Ceccato, Sergiu Celibidache, Riccardo Chailly, Daniele Gatti, Gianandrea Gavazzeni, Carlo Maria Giulini, Vittorio Gui, Natalia Gutman, Angela Hewitt, Leonidas Kavakos, Alexander Lonquich, Alexander Igor Markevitch, Zubin Mehta, Carl Melles, Riccardo Muti, Donato Renzetti, Hermann Scherchen, Thomas Schippers, Christian Thielemann, Salvatore Accardo, Antonio Ballista, Arturo Benedetti Michelangeli, Bruno Canino, Dino Ciani, Severino Gazzelloni, Franco Gulli, Nikita Magaloff, Nathan Milstein, Massimo Quarta, Maurizio Pollini, Corrado Rovaris e Uto Ughi. Tra i Direttori stabili dell’Orchestra, ricordiamo Nino Sanzogno, il primo, Gianluigi Gelmetti, Giampiero Taverna e Othmar Maga, per arrivare ai milanesi Daniele Gatti, Antonello Manacorda e Aldo Ceccato, direttore emerito dell’Orchestra. In alcuni casi, la direzione musicale è stata affiancata da una direzione artistica; in questa veste: Italo Gomez, Carlo Majer, Marcello Panni, Marco Tutino, Gianni Tangucci, Ivan Fedele, Massimo Collarini e, da luglio 2013, Maurizio Salerno. L’Orchestra I Pomeriggi Musicali svolge la sua attività principalmente a Milano e nelle città lombarde, mentre in autunno contribuisce alle stagioni liriche dei Teatri di Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Mantova, Pavia – all’interno del cartellone di Opera Lombardia – e alla stagione di balletto del Teatro alla Scala. Invitata nelle principali stagioni sinfoniche italiane, l’Orchestra è ospite anche delle maggiori sale da concerto europee. I Pomeriggi Musicali sono una Fondazione costituita dalla Regione Lombardia, dal Comune di Milano, dalla Provincia di Milano, e da enti privati, riconosciuta dallo Stato come istituzione concertistico-orchestrale e dalla Regione Lombardia come ente primario di produzione musicale. Sede dell’Orchestra I Pomeriggi Musicali è lo storico Teatro Dal Verme, sito nel cuore di Milano.