Le date
Programma di sala:
a cura di Edgar Vallora
F. J. HAYDN – “DIE SCHOPFUNG” ovvero “LA CREAZIONE“
Oratorio per soli, coro e orchestra, Hob. XXI:2
OUVERTURE: Il celebratissimo Caos originario
Un lungo accordo in do minore: all’apparenza isolato, come abbandonato, senza proiezioni, “senza un sotto, senza un sopra”: ecco l’incontro col Caos all’apertura della Creazione. Se non giungessero i violini a soccorrere, a “confortar di suono”, potrebbe afferrarci uno smarrimento cosmico: qualche tratto tremante esiste, è vero, ma, insieme, avvertiamo un segnale inequivocabile: tutto ha avuto inizio. Poi l’Ouverture si snoda in forma di movimento lento di sonata (pur non essendo, in questo caso, assolutamente in forma-sonata: così come è, senza sviluppo, a favore di esposizioni articolate).
Quanto al Caos, viene espresso mediante l’assenza di lucide articolazioni, a favore di frasi irregolari che si intersecano: frammenti, ritardi, dissonanze, accordi sincopati, cadenze evitate (non per altro l’attenzione dell’ascoltatore viene calamitata dai particolari, dai quali dipende l’effetto complessivo: insuperabile).
Un caos, comunque, non intimorente, non terrificante: pur nel suo incedere apparentemente senza direzione – tra volate dei fiati, ristagni delle voci basse, misteriosi interrogativi dei flauti – si presagisce che qualcosa di grande/positivo è alle porte.
Il cuore dell’universo ha incominciato a pulsare. Definita da più parti “La più perfetta rappresentazione del caos iniziale”.
“Nel testo ebraico della Bibbia si conserva un verbo prezioso che l’agiografo riserva solamente all’azione creatrice di Dio: è “barà”, un suono che scompare quando l’uomo cerca di creare qualcosa, quando riesce a produrre. Haydn questo l’aveva meditato con una sottigliezza a noi ignota. Accompagna le forme che nascono da Dio con dolcezza e le trasforma in quella che gli uomini chiamano realtà”.
LA GENESI DELL’ORATORIO
Biograficamente ci troviamo nel 1794, secondo viaggio del compositore in Inghilterra. A Londra, sicuramente perché ascoltò e ammirò vibrantemente alcune opere sacre di Haendel, Haydn subì l’incantamento favorevole per concepire due Oratori, “la Creazione” e “Le stagioni”.
Gestazione lunga e faticosa (un lavoro “sfinente”, si dice): iniziata sul finire del 1796, Haydn termina “La Creazione” solo nella primavera del 1798 (negli stessi mesi in cui viene nominato membro dell’Accademia Reale svedese”); e in quello stesso periodo essa viene regalata al mondo.
L’Oratorio fu rappresentato per la prima volta a Vienna al Palais Schwarzenberg per un pubblico privato, composto da nobili (che l’avevano commissionato) e relativi ospiti. Successivamente fu messo in scena pubblicamente nel 1799 al Burgtheater di Vienna (grande première, anche strutturalmente: ben 120 strumentisti e 60 cantanti!).
IL TESTO
Il testo de “La Creazione” si ricollega, con lontane e indirette triangolazioni, al “Paradiso perduto” di Milton; testo che Haydn scoprì appunto in occasione del soggiorno londinese, nella biblioteca del compositore/direttore di Teatro Thomas Linley (al punto che alcuni attribuirono a questi l’origine del libretto).
Nella realtà Haydn affidò all’erudito filologo-compositore van Swieten un lavoro di revisione e “rimodellaggio” dell’opera originale (ed è il testo tedesco – riuscito – quello che ancora sopravvive). Prodigo di indicazioni anche musicali, pare fosse stato van Swieten ad invitare Haydn a dar vita ad un’opera, non “di immani proporzioni”, ma profondamente sensibile alla “bellezza sovrannaturale” del mondo naturale. Invito più che accolto.
Si fa notare che la versione tedesca dello Swieten subirà una retroversione (giudicata “abbastanza maldestra”) in inglese. Il lavoro venne in effetti pubblicato in versione bilingue (tedesco e inglese), e diffusa in tali vesti in tutta Europa. Ancora oggi può venir rappresentata in entrambi le lingue.
PROFILO MUSICALE
“La Creazione” fu concepita per tre voci soliste (soprano, tenore e basso) e coro a quattro voci; orchestra tardo-classica decisamente robusta (specie negli strumenti a fiato); recitativi al clavicembalo o forte-piano. I tre solisti, che rappresentano tre arcangeli, raccontano e commentano i sei giorni della Creazione.
Nella terza parte il ruolo di Adamo, secondo la scelta di Haydn, viene ricoperto dal solista che incarna l’arcangelo Raffaele; mentre la parte di Eva spetta alla voce che interpreta Gabriele.
Il coro è impegnato in una ruota di monumentali episodi corali; in genere quando si celebra la fine “perfetta” del vari giorni della Creazione.
L’orchestra racconta frequentemente senza l’appoggio del canto: principalmente negli episodi musicalmente e naturalisticamente metafisici: come il tenero sorgere del sole, l’eterea opalescenza legata all’alba, la creazione degli animali e dell’uomo; e naturalmente nell’Ouverture, la celebre descrizione del Caos che precede la nascita del Tutto.
La “relativa” debolezza della concezione sacra di Haydn – debolezza a volte già percepita in certe Messe -, quella sua “estetica espressiva” solida ma un po’ ingenua, era decisamente di scarso aiuto di fronte ad un testo di ortodossa dottrina; così come l’ironia e l’arguzia, a lui connaturate, potevano rappresentarne un inciampo.
Osborne: “ La Creazione è un’opera che ridefinisce il sentimento religioso, in un’epoca in cui la teologia stretta aveva perduto la sua forza di persuasione; e vira coraggiosamente verso lo stile pastorale”.
La “scappatoia” per Haydn – tanto per usare un brutto termine – fu il ricorrere alla sua amata “pastorale”. Non costretto dai lacci della liturgia ortodossa, la musica si adatta con miracolosa aisance alla struttura d’insieme di questa formula musical-psicologica. Consente ad un genio dell’altezza di Haydn delle soluzioni per nulla equivoche nel mettere in musica un testo di colore sacro; e questo alla fine del Settecento, periodo pieno di contraddizioni proprio in tale ambito.
Va segnalato che “La Creazione” ha uno schema atipico per l’epoca. Nella prima e seconda parte l’inizio di ogni giorno viene collocato in una cornice di narrazione biblica, e si chiude con un coro. Nella terza parte Adamo ed Eva contemplano, in un’infinita beatitudine, se stessi e il mondo creato attorno a loro, avvolti in una luce idillico-metafisica.
Non manca qualche “scarto” pittoresco: come quando Haydn si diverte nella descrizione della creazione di animali pesanti (controfagotto), o quando sferra il violento colpo di trombone che preannuncia la nascita del re leone…
La semplicità programmatica della “pastorale” è la scelta che rende ideale il contatto e la rappresentazione con soggetti di tale immensità: senza questa speciale “ingenuità” – il “vedere il mondo con gli occhi del bambino” – non potrebbe esistere un capolavoro del genere.
Il soggetto della “pastorale” non è la Natura, ma il rapporto dell’uomo con la natura e con ciò che è naturale: di qui l’estrema stilizzazione della scrittura descrittiva di Haydn nei suoi due Oratori (e della parallela eccelsa gamma espressiva).
Dopo “La Creazione”, giungono ”Le Stagioni”. E dopo “Le Stagioni”, l’appannamento. Un compositore esaurito.
Gli ultimi anni della vita di Haydn, pur sostenuti da agi, successi e celebrità, furono infatti fra i più grami della sua vita.
PICCOLA CURIOSITA’
Da una nota del diario di Haydn: “ Non sono mai stato pio e legato alla religione come negli anni in cui componevo “La Creazione”. Tutti i giorni mi mettevo in ginocchio e chiedevo a Dio la grazia di darmi la forza di portare quest’opera a termine”.
E dopo la Prima, diretta personalmente da lui: “A tratti mi sentivo ghiacciato; a tratti una sensazione di calore bruciante si impadroniva di me. Più di una volta ebbi la sensazione che mi venisse un attacco di cuore…”
Il Cast
Direttore: Antonello Manacorda
Direttore del Coro: Carlo Pavese
Soprano: Lisa Larsson
Tenore: Stefano Ferrari
Baritono: Stephan Loges
Coro: Torino Vocalensemble
Orchestra: I Pomeriggi Musicali