A.V. - I Pomeriggi Musicali - Teatro Dal Verme

Le date

Sala Grande
giovedì 23 ottobre 2008
Ore: 20:30
sabato 25 ottobre 2008
Ore: 17:00

PROGRAMMA DI SALA
a cura di Edgar  Vallora

ROBERTO CACCIAPAGLIA – NOTTE LUMINOSA
Nessun incanto più appropriato, nessun prologo più felice all’onirica esecuzione del “Sogno di una notte di mezza estate” di Mendelssohn – di questa pagina di Roberto Cacciapaglia. Compositore contemporaneo (col supporto di un valente assistente musicale, Giampiero Dionigi), filosofo e cultore di un “esistere esoterico”, questo intrigante autore è ben conscio – letterariamente ed esistenzialmente – che “da millenni si esplori, (volontariamente o involontariamente) la dimensione del sogno”: quell’impalcatura del nostro esistere a volte trascurato, ma ben più istruttivo di mille contorcimenti dell’esistere razionale.
Dopo “Viaggio di notte” e “Lucid dream” (esperienze musicali sempre legate alla fenomenologia onirica), con “Notte luminosa”, l’opera che ascoltiamo questa sera, l’autore ha determinatamente approfondito i meccanismi del sogno: fenomeno che procede per visioni, per intermittenze, per sovrapposizioni, per trame mai consequenziali e razionali. Si tratta – ed in effetti lo è – di un magico puzzle dove si intrecciano relazioni, contatti e combinazioni; di un incontro con i sotterranei dell’anima, dove la volontà è sì quella di scandagliare, ma soprattutto di evadere dai confini di un reale a volte agghiacciantemente muto. Come dire: dal silenzio nasce il suono, dal suono si by-passano stacoli e cesure, dalla magia del magma sonoro si può avere accesso al sogno.
Nulla di più illuminante e poetico di una sua visione, con parole “sue”: “Personalmente mi interessa la musica nella mitologia, quella musica che attraverso i poteri del suono incantava i delfini e faceva danzare gli alberi nel mito di Orfeo; o quel suono che attraverso il suo potere oggettivo abbatteva addirittura le mura di Gerico”.
Nella notte, nel buio della foresta, l’animo umano – solitario – va errando e persegue nella ricerca di nuove dimensioni: ma non si tratta di “evasione della realtà” quanto del raggiungere i contorni di una realtà Altra.
Ecco perché questo pezzo inconsueto (eseguito tra l’altro da un’orchestra di giovanissimi esecutori) non può anticipare in modo più suggestivo il capolavoro che segue, vale a dire…

MENDELSSOHN – “SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE”
LA “STORIA”, LA TRAMA
Commedia in cinque atti (mista di prosa e versi) di William Shakespeare, scritta alla fine del ’500 e rappresentata nella stessa epoca. Difficile rintracciare le fonti, le più disparate: dalla “Scoperta della stregoneria” di Reginald Scot , alle suggestioni dell’”Asino d’oro” di Apuleio; e ancora da Chaucer  a Plutarco ecc.

La trama è complessa – la tipica “complessità” delle trame amorose. Storia stra-classica, coppie stra-classiche. In breve: Ermia rifiuta di sposare Demetrio (ovviamente) impostole dal padre, in quanto pazza di Leandro; mentre Demetrio è amato dall’amica di lei, Elena. Quattro giorni di tempo per obbedire ai voleri paterni, e  poi la morte di Ermia.
Geniale è il capovolgimento della scena: Ermia e Lisandro abbandonano Atene e si rifugiano in un bosco. Anzi: tutti e quattro i personaggi si fronteggiano nella foresta, e (ovviamente) in una foresta resa cieca dalla notte. Qui Oberon e Titania, re e regina delle fate, chiedono al folletto Puck, “simbolo della capricciosità dell’amore”, di procurare un “succo” magico che dovrà farà invaghire Titania del primo essere che vedrà al suo risveglio.
Nella notte, giochi di ombre e scambi di filtri: un filtro finisce a Lisandro, un altro a Demetrio con (devastante) collettivo amore per Ermia. Mentre Titania, al risveglio, vede il tessitore Bottom (travestito da asino per un dramma campestre) e se ne invaghisce, come non bastasse….
Puck, (ovviamente) smarrito, sparge nebbia sugli amanti e permette riappacificazioni. L’erba magica fa fiorire gli amori di prima: i “fuggitivi” perdonati, le coppie convolano a nozze.

IL CLIMA
I fili diversi e così attorcigliati del dramma – le nozze di Teseo e di Ippolita, la lite di Oberon e Titania, la fuga dei quattro amanti, le scene del bosco, la recita degli artigiani – si intrecciano grazie al genio di Shakesperare nel modo più naturale e ammaliante, in un sontuoso mantello dai colori smaglianti, eppur-tenebrosi, sullo sfondo di una surreale foresta. Geniale: che il mondo classico e quello fiabesco si fondano come in un “trionfo” del tardo Rinascimento.
All’irreale leggerezza del mondo degli elfi si accorda la vicenda umana; ed anche i moti, le passioni, i furori degli amanti sembrano svolgersi secondo arabeschi metafisici: s’avviluppano in assurdi nodi e si dissipano d’incanto, come in una danza elegante e contorta allo stesso tempo, proprio perché governata dalla capricciosità dell’amore.
Rarissimo: il cosmo fantastico delle allegorie rinascimentali e il mondo terrestre-amoroso dei romanzi cavallereschi – “con le fontane che accendono e ghiacciano l’amore” – trovano qui, grazie a Shakespeare, la loro più levigata, naturale, perfetta, poetica espressione.

GLI AMMIRATORI
Innumerevoli gli “stregati” da questa saga folle: da Alexandre Pope a Martin Wieland (traduttore della commedia nei primi anni dell’800); da William Blake, in campo pittorico (suo è l’”Oberon e Titania” che riposa al British Museum), nonché un’infinità di pittori romantici.
Innumerevoli i musicisti caduti nella trappola del “Sogno”: non si può dimenticare “La Regina delle fate” di Henry Purcell; non va trascurato l’“Oberon” di Karl Maria von Weber. Per finire, dopo i tanti “amanti del genere”, con il celebre, ortogonale Bernhard Paumgartner, il quale lasciò alla storia – perfino lui – un “Sogno di una notte d’estate”.

L’OPERA DI MENDELSSOHN
Degne del capolavoro di Shakespeare sono, senza retorica, le musiche di scena composte da Félix Mendelssohn Bartholdy, solitamente eseguite come pezzi da concerto.
L’Ouverture fu composta nel 1826; le altri parti nel 1843. In tutto si contempla, oltre all’Ouverture, uno Scherzo (che precede il secondo atto); un Intermezzo (tra secondo e terzo atto); un Notturno (tra terzo e quarto atto), la stra-collaudata Marcia nuziale; nonché alcuni altri pezzi di minore importanza, sinfonici o cantati: lievi duetti di elfi, cori di fate, festoni di note, catene di accordi.
La data di composizione dell’Ouverture mostra la singolare precocità del compositore (di soli diciassette anni!), il quale crea, con questa pagina, uno dei suoi capolavori assoluti e una delle opere più composite e “senza macchia” dell’intero Ottocento musicale tedesco.
E quando scriverà, dopo diciassette anni, le altri parti del “Sogno” non sarà possibile rintracciare in tali “aggiunte” la minima discordanza di stile o di alternativo approfondimento.
La miracolosa-inafferrabile levità della poesia shakespeariana, la sua dolcezza aerea e arguta insieme, si trasferiscono in queste pagine mendelssohniane senza che nulla del loro incanto primario si appanni; forse sublimandoli vieppiù, rendendo la parte letteraria ancor più metafisica  e trasparente.
Se si esclude la Marcia nuziale, all’alzarsi del sipario sul quinto atto, suggella col suo fastoso corteggio di suoni le feste nuziali del palazzo di Teseo, anche ogni altra pagina del “Sogno” è “musica d’aria”: ora silente ed immota sotto le occhiate delle stelle e della luna, ora fremente dei sussurri di elfi e di fate. E’ veramente una “infinita-notturna pace” che a tratti vibra dei mille brividi del bosco – sussurri di foglie, balbettii di fiori, contorcimenti degli steli d’erba. Nello Scherzo si affaccia un crepitio di suoni, ma espresso con leggerezza ancor più insolita, con trasparenza ancor più cristallina. Così nell’Intermezzo, unica pagina “amorosa” del “Sogno” (là dove Ermia erra alla ricerca dell’amato Lisandro) non è un cuore di donna a palpitare con abnorme umanità, ma il vegetale animo di una fata che insegue metafisicamente un amore-elfo.
Nel Notturno troviamo ancora l’immobilità che richiama i primi accordi dell’Ouverture, e si amplifica fino a divenire “inno alla pace sovrumana della notte lunare”. Nessun altro musicista ha saputo trasfigurare in suoni quel sentimento immoto e pacifico della notte di buio/luna, che è uno dei motivi eterni della poesia tedesca: pensiamo solo alle notti di Rilke e di Eichendorff…

UN SOLO COMMENTO
“Shakespeare, con questa opera unica, ci regala mele d’oro racchiuse entro bucce d’argento: noi, attraverso lo studio, riusciamo a  riprodurre, forse, le sue bucce d’argento; ma dentro non ci sono che… patate! Ecco il guaio!” (W. Goethe)

L’INTERVENTO DI  LELLA COSTA
“Maga”, ormai, nel rimaneggiamento-invenzione-rianimazione di testi leggendari (ricordiamo l’“Otello”, la “Traviata”, “Alice”, l’“Amleto”), per questa occasione all’attrice è stato chiesto l’impegno di ri-dotare la parte musicale con interventi di testo che ne stavano alla base: interventi che sono, di volta in volta, “narrazioni” o recitazione di inserti poetici fedelmente shakespeariani.

Per questo supporto letterario/scenico, la Costa si è avvalsa del testo ideato, anni or sono, dal musicologo Quirino Principe. Il fine del letterato era, già allora, ben lontano dall’abbassare i toni nella conduzione dell’opera, addomesticandone i contenuti; semmai vivificare una storia che poteva apparire faticosa, con la mira di un “alleggerimento della passione filologica” sempre altissima e di ammaliante valore.

Sogno di una notte di mezza estate
Canzone con coro

Voi serpenti chiazzati, con lingua biforcuta,
voi ricci spinosi, restate nell’ombra;
lucertole e ramarri, non avvicinatevi
strisciando, alla nostra regina.
Via di qua!

Usignolo, canta con noi
Questa dolce melodia.
Mai nessun dolore, incanto
O maleficio tocchi la nostra bella signora.
Buonanotte, dunque, con questa canzone.

Allontanatevi, ragni tessitori,
Via filatori dalle lunghe gambe!
Neri scarafaggi, non osate avvicinarvi,
e così pure voi, vermi e lumache.
Via di qua!

Usignolo, canta con noi
Questa dolce melodia.
Mai nessun dolore, incanto
O maleficio tocchi la nostra bella signora.
Buonanotte, dunque, con questa canzone.

Via di qua! Così va bene:
una, in disparte, resti di guardia.

Il Cast

Direttore: Antonello Manacorda
Direttore del Coro: Alfonso Caiani
Voce recitante: Lella Costa
Soprano: Caterina di Tonno
Mezzo soprano: Lucia Cirillo
Coro: Voci Bianche del Teatro alla Scala
Orchestra: I Piccoli Pomeriggi Musicali
Orchestra: I Pomeriggi Musicali