Le date
Giovedì 23 gennaio, ore 21
Sabato 25 gennaio, ore 17
Sala Grande del Teatro dal Verme di Milano
Direttore:
Krzysztof Penderecki
Clarinetto:
Michel Lethiec
Orchestra:
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Programmma:
Franz Joseph Haydn (1732-1809)
Sinfonia n. 49 in Fa minore “La passione” (1768)
Adagio
Allegro di molto
Menuet
TrioFinale-Presto
Krzysztof Penderecki (1933)
Concerto per clarinetto e orchestra (dal Concerto per viola, 1983)
Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791)
Sinfonia n. 29 in La maggiore K201 (186 a)
Allegro moderato
Andante
Menuetto
Trio Allegro con spirito
Il Concerto:
a cura di Alice Bertolini
Impeto e tempesta. E’ il vento forte dello Sturm und Drang ad animare la Sinfonia n. 49 di Haydn. Nel campo della letteratura europea il fortunato movimento culturale avrebbe dovuto attendere gli anni Settanta del Settecento e i capolavori goethiani: dal Prometeo del 1773 ai Dolori del giovane Werther del 1774. La musica sembrò invece captare più rapidamente le nuove suggestioni e, indipendente da vincoli semantici, fu in grado di interpretare in modo diretto gli ideali di libertà espressiva che nel giro di pochi anni avrebbero affascinato tutti i campi artistici.
Il caso di Haydn è esemplare: le sinfonie composte tra il 1765 e il 1772 recano i segni del cambiamento e sono improntate ai nuovi valori del soggettivismo, della libertà creativa e dell’incisività drammatica. E non è un caso che ben sette di questi lavori siano in Minore, il tono degli umori malinconici, ma anche dei sottili giochi di chiaroscuro. Con l’unica eccezione del Trio, la tonalità di Fa minore domina su tutta la Sinfonia n. 49 (1768), dando vita a un’avvincente alternanza di colori e atmosfere e giustificando il titolo ufficiale dell’opera: “La Passione”. Sembra assodato, infatti, che qualsiasi riferimento alla Pasqua cristiana sia da escludere, se non altro perché Haydn aveva già composto una sinfonia sull’argomento (la 26).
Ma è soprattutto l’ascolto di questa musica, dai toni riflessivi più che religiosi e ricca di emozioni, a fugare ogni dubbio. A cominciare dall’ampio Adagio iniziale, che si basa su una solida forma sonata e mostra un tessuto contrappuntistico piuttosto semplice: uno stile quasi primitivo piegato a un’espressività intimista a tratti commovente. Enunciato nelle prime battute, il tema principale suona come un corale antico, di cui nel corso del movimento resterà soltanto una lontana eco. Si fa strada invece una melodia dei primi violini: il suo lungo arco melodico si trasforma continuamente, passando da una dolce cantabilità a una struggente perorazione che ricorda certi Adagi mozartiani. Un tema vivace e imperativo caratterizza il secondo movimento, Allegro molto, tutto percorso da una fitta trama contrappuntistica, con molti giochi imitativi tra le voci. Il Minuetto è invece improntato a una maggiore compostezza, anche se il metro in 3/4 evoca lontani passi di danza. Al centro, protagonisti i corni, fa da contraltare la serenità del Trio, unica oasi in tonalità maggiore della sinfonia. Eroico e squillante l’ultimo movimento, Presto, che trascina l’orchestra in un vorticoso finale. La ricchezza espressiva fa di queste pagine un unicum personalissimo, chiaro segnale di un’irrequietudine artistica che avrebbe dato ancora molti frutti.
Il Concerto per viola, che oggi ascoltiamo nella versione per clarinetto curata dallo stesso autore, appartiene alla produzione considerata meno avanguardistica di Krysztof Penderecki. Dopo le ardite sperimentazioni timbriche di Threni per le vittime di Hiroshima (1961) e il non meno avventuroso “ritorno ai classici” della monumentale Passione secondo Luca (1962-65) e dell’opera Paradise Lost (1975-78), il compositore polacco mette a punto un linguaggio certamente più vicino alla tradizione rispetto agli anni Sessanta-Settanta, ma caratterizzato da una cifra stilistica affatto personale che si sottrae a qualsiasi tentativo di classificazione. E’ il caso di questo Concerto, eseguito per la prima volta, nella versione originale per viola, nel 1983 a Maracaibo, Venezuela, per il bicentenario della nascita di Símon Bólivar.
Si tratta di un brano in un unico movimento: estensione minimalista per un Concerto, non fosse per la durata che supera i venti minuti. Ascoltandolo si ha l’impressione di assistere a un monologo teatrale che vede impegnato lo strumento solista in una continua alternanza di passaggi cantabili e virtuosistici. Il tutto quasi senza pause, con l’orchestra che appare e scompare come uno straniato sfondo sonoro. Un ruolo fondamentale è svolto dalle percussioni, scelte accuratamente tra pelli, tastiere e strumentini: in partitura figurano triangoli, piatti, cimbali, tamtam, campane tubolari, bonghi, celesta, tamburo e tamburo militare. Una ricca tavolozza alla quale Penderecki attinge in qualche caso per rinforzare le sonorità nei passaggi più drammatici, ma più spesso per conferire una cornice grottesca alle perorazioni del clarinetto. Le battute iniziali disegnano un sommesso mormorio che sembra comparire dal nulla e che dà il via a una lunga melodia del clarinetto, malinconica quanto inquietante. L’ampia sezione centrale è molto movimentata e le stesse cadenze solistiche sono spesso incalzate dall’intervento degli archi. Infine, rivelando una forma simmetrica, il concerto si ripiega su sé stesso, e torna alle sonorità iniziali, mentre le note, che passano dal piano al pianissimo, scompaiono misteriosamente in un silenzio denso di interrogativi.
La K201 di Mozart ci riporta al clima culturale della Sinfonia di Haydn che apre il programma. Scritta nel 1774, quando il compositore aveva 18 anni, è uno dei primi capolavori del Salisburghese e, insieme alla K 183, si distacca nettamente dai lavori anche di poco precedenti. Il critico tedesco Alfred Einstein, illustre studioso mozartiano, ne sintetizza efficacemente le peculiarità: “Ci troviamo di fronte a una sensibilità nuova che avverte la necessità di approfondire la sinfonia mediante una tecnica imitativa ravvivante, di salvarla da una funzione puramente decorativa trattandola con finezza cameratistica”.
Un punto di svolta, dunque, che forse in parte si deve a un breve soggiorno a Vienna, durante il quale Mozart poté avvicinarsi al sinfonismo haydniano. La K201 mostra una strumentazione raffinata, anche se l’orchestra è limitata a soli due oboi e due corni oltre agli archi. Ciascun timbro viene valorizzato dai frequenti giochi imitativi che anziché obbedire a una logica puramente esornativa concorrono a una profonda espressività. Ma è un’atmosfera spensierata a caratterizzare i primi tre movimenti. L’Allegro moderato è un profluvio di temi – tre soltanto nell’esposizione iniziale e un quarto nel corso dello sviluppo – che scorrono lievi come in una Serenata. E se nell’Andante la morbida sonorità degli archi con sordina disegna un incedere melodico semplice e cullante, il Minuetto ammicca civettuolo a passo di danza. Le maggiori sorprese si nascondono nel finale, Allegro con spirito, che esordisce con un tema perentorio e pieno di slanci, sapientemente sfruttato nella sezione centrale dello Sviluppo: come commenta Einstein, “lo svolgimento più ricco e drammatico che Mozart avesse scritto fino a quel momento”. Un punto d’arrivo, dunque, rispetto a lavori giovanili come la K162 o la K181 di poco precedenti, ma anche l’avvio dell’irripetibile percorso creativo che avrebbe portato alle ultime tre grandi sinfonie del 1788.
Krzysztof Penderecki
Direttore d’orchestra e compositore
Nato nel 1933 a Debica, ha frequentato il Conservatorio di Cracovia proseguendo poi gli studi presso l’Accademia di Composizione Musicale con i maestri Malewski e Wicchowicz. Vincitore nel 1959 del Concorso per Giovani Compositori Polacchi della Società dei Compositori di Varsavia, già con i suoi primi lavori ottiene un immediato successo: Anaklasis per archi e percussione, Polymorphia per 48 archi e Threni per le vittime di Hiroshima per 52 archi. Vincitore di numerosi altri premi Penderecki è attualmente il più noto compositore polacco della sua generazione: fra le sue tante composizioni ricordiamo La Passione di Luca e le opere Paradise Lost, La maschera nera e Ubu Rex. E’ inoltre autore di 5 sinfonie, piccoli pezzi per orchestra e di numerosi concerti per strumento solo. Dal 1988 è il direttore ospite principale dell’Orchestra Orchestra Sinfonica di Amburgo. In ambito internazionale gli sono state conferite numerose onorificenze ed è stato nominato Cavaliere di San Giorgio. E’ dottore onorario presso le Università di Georgetown, Washington D.C., Glasgow, Mosca, Rochester, Belgrado e Madrid. E’ membro onorario dell’Accademia di Musica di Londra, dell’Accademia di Santa Cecilia, dell’Accademia Reale di Musica di Stoccolma, dell’Accademia delle Arti di Berlino e di Buenos Aires.
Michel Lethiec
Clarinetto
Molto presente sulla scena internazionale in qualità di solista, si esibisce sovente in formazioni da camera e ha collaborato, nel corso della sua carriera, con musicisti come Pasquier, Shaham, Bashmet, Gallois, Menuhin, Gothoni, Heisser, Pennetier, P. Amoyal, Kantorow, Csaba, Martin, Gandelsmann, Golan e i quartetti Artis, Amati, Prazak, Lindsay.Ha collaborato con l’Orchestre di Barcellona, l’Israel Chamber Orchestra, la St Pétersbourg Philharmonie, le orchestre di Stoccolma e Malmoe, l’English Chamber, l’Orchestre de chambre de Toulouse il Mozarteum. Interprete entusiasta della musica contemporanea, ha eseguito Penderecki, Corigliano, Denisow, Maratka, Ballif, Landowski, Decoust , Fourchotte, Scolari, Narita , Brotons .In questa stagione si esibirà al Théatre des Champs Elysées di Parigi. Sarà quindi a Praga e in Cina, Finlandia, Russia, Estonia , Brasile e Australia. Riproporrà poi al Festival di Cracovia il Sestetto di Penderecki..Intensissima la sua attività discografica. Ha inciso per Lyrinx, Arion, RCA, Bis, Talen, Actes Sud, vincendo numerosi premi. Di prossima uscita le incisioni della musica da camera di Carter, del Trio di Kurtag e dei tre concerti di Penderecki. Entro il 2003 saranno pubblicate inoltre le incisioni della musica da camera di Pendercki. Insegnante presso i Conservatori di Nizza e di Parigi, tiene numerosi masterclasse. E’ direttore artistico del Festival Pablo Casals di Prades.