Le date
Giovedì 29 gennaio, ore 21 – Teatro Dal Verme
Venerdì 30 gennaio, ore 21, Teatro Sociale di Como
Sabato 31 gennaio, ore 17, Teatro Dal Verme
Direttore e violino:
Dmitri Sitkovetsky
Orchestra:
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Ottorino Respighi (1879 —1936)
Antiche arie e danze per liuto, Suite n.3 per orchestra d’archi
Ignoto (fine del sec. XVI) Italiana (Andantino)
Giovan Battista Besardo (sec. XVI)
Arie di corte
(Andante cantabile-Allegro vivace)
Ignoto (fine sec) Siciliana (Andantino)
Lodovico Roncalli (1692): Passacaglia
Johann Sebastian Bach (16985-1750)/Ottorino Respighi
Sonata in Mi minore per violino, archi e organo
G.Tartini (1692-1770) Fritz Kreisler (1875 — 1962)
Il trillo del diavolo per violino, archi e organo
Petr Il’ic Caikovskij (1840- 1893)
Serenata per archi in Do magg. op.48
Pezzo in forma di sonatina
Valse
Elégie
Final-tema russo
Il Concerto
a cura di Carla Moreni
Guardare indietro, per vedere meglio in avanti: era diventato un motto per tutti, in Italia, sul finire dell’Ottocento. Lo aveva detto persino Verdi, il grande vecchio. Col suo carico di anni, di storia ormai incisa nel tempo: guardate all’antico e sarete più moderni. Frase sibillina, enigmatica; quasi a sottintendere che il passato valesse di più del presente; come se tante conquiste, faticosamente raggiunte, non valessero che polvere al cospetto di una immutabile verità, consegnata ai padri e poi dai figli sbriciolata, di generazione in generazione.
Come sempre lo schiudersi di un secolo nuovo sembrava presentare più dubbi che certezze. In tutte le arti questo ciclicamente avviene, e quel periodo di “crisi” agli occhi di poi viene letto come la necessaria transizione al nuovo, cabalisticamente legata a una mutazione di calendario. Ma sui pentagrammi di fine Ottocento,nel nostro Paese, il catalizzarsi della fatica, il presagio della fine e la necessità di cambiamento divennero esperienza autonoma: i giovani ripudiavano l’esperienza dei diretti predecessori per guardare alle fonti originali, e tale percorso di riscoperta, di studio, poi di imitazione della scrittura, assunta a modello, divenne un movimento estetico. Si creò uno stile. Supportato anche da una linfa teorica che gli dava vigore e autorevolezza, il recupero degli antichi si venò di una tinta nazionalistica: andare indietro ai dimenticati maestri della musica strumentale significò rivendicare radici perdute col passaggio tempestoso del melodramma. La musica italiana riprendeva una sua originalità, aveva voglia di freschezza. I padri, tolti dalle polveri delle biblioteche, degli archivi dove giacevano dimenticati, si stagliarono via via come figure se non di statuaria grandezza, almeno particolari, curiose. Si incominciò a diffondere — con qualche venatura pericolosa, dato quel che sarebbe accaduto di lì a breve — una volontà di rivendicazione del primato della musica di casa. Documenti alla mano, uscirono conferme sorprendenti: molti dei Maestri — uno per tutti, Mozart — avevano attinto alla nostra scuola, si erano formati da noi. Furono in particolare le ricerche di Fausto Torrefranca ad avallare per prime queste tesi. Contemporaneamente i compositori detti della generazione dell’Ottanta — Pizzetti, Malipiero, Casella e il nostro Ottorino Respighi — vivificarono il lavoro degli studiosi dimostrando che quelle composizioni antiche (antico divenne di uso comune nelle intestazioni delle nuove musiche) erano attuali, interessanti e incontravano il favore del pubblico.
Respighi (Bologna 1879 — Roma 1936) conobbe la prima fama internazionale con l’esecuzione a Berlino del Lamento d’Arianna (1908) di Claudio Monteverdi, diretto da Arthur Nikisch, e per tutta la vita manifestò il proprio aderire affettuoso alla poetica della trascrizione: nel suo catalogo si contano pagine di Tartini, Valentini, Veracini, Vitali (la famosa Ciaccona), Vivaldi, Marcello, Frescobaldi, Pergolesi, Cimarosa, e naturalmente Bach. Dell’amato Bach qui ascoltiamo la Sonata in mi minore, ampliata all’organico di archi e organo; ma famose restano la trascrizione dell’aria per contralto dalla Passione secondo Matteo (1910), il Preludio e fuga in re maggiore per orchestra (1929), la Passacaglia in do minore e i tre Corali (1930).
Le Antiche arie e danze per liuto lo occuparono in tre diverse raccolte, datate rispettivamente 1917, 1923, 1931. La terza alterna una “Italiana” e una “Siciliana” di autori ignoti del Cinquecento, entrambe in tempo ternario di danza, a “Arie di corte” e “Passacaglia” modellate sul calco di Besardo e Roncalli. Giovanni Battista Besardo è la versione italiana del nome di un liutista compositore, Jean Baptiste Basard, di Besançon, vissuto tra il XVI e XVII secolo. Oscar Chilesotti, musicologo di Bassano del Grappa (1848 — 1916), ordinò una ricca raccolta di pagine per liuto, alle quali attinse Respighi. Lodovico Roncalli, conte bergamasco del secolo XVII, è l’ultimo autorevole rappresentante della chitarra barocca. La prima esecuzione della Suite n.3 delle Antiche arie e danze avvenne a Milano, diretta dall’autore, in Conservatorio.
Diversa è l’attitudine con cui il virtuoso del violino Fritz Kreisler (Vienna 1875 — New York 1962), l’indimenticabile autore di Liebesleid e Liebesfreud, si avvicinò al repertorio antico: il suo Trillo del diavolo, “scippato” a Tartini, rappresenta la classica revisione con estensione del funambulismo, dispiegata sopra un tappeto di archi. Famosi furono invece i numerosi falsi, di cui Kreisler si rese protagonista, spacciando per originali brani di Vivaldi, Porpora o Pugnani mai esistiti, perché solo da lui inventati sulla falsariga del Settecento italiano.
E diversa ancora è l’inclinazione verso l’antico italiano dimostrata da Piotr Ilic Ciaikovskij (Kamsko-Votkinsk, 1840 — San Pietroburgo, 1893). La Serenata in do maggiore op.48 (1880) piuttosto che il Souvenir de Florence, sestetto per archi (1892) testimoniano di una inappagata e insaziabile nostalgia di luoghi “wo die Citronen blühen”, come lo stesso scriveva alla fida amica e patrona, von Meck, ammiccando con un lieve errore agli “Zitronen” goethiani. La Serenata ha il respiro delle notti italiane, l’eleganza galante di corti svanite, e fluisce con naturalezza in un finale tutto russo, basato su due temi di Balakirev. Quel passato che per Respighi e i nostri era vessillo di identità, in Ciaikovskij diventa solamente sogno.
Dmitry Sitkovetsky
Violinista e Direttore d’Orchestra
Come violinista ha collaborato con le più importanti orchestre: la Filarmonica di Berlino, la Gewandhaus di Lipsia, l’Orchestra Sinfonica di Londra, la BBC Symphony Orchestra, le Orchestre di Chicago, Philadelphia, Los Angeles, New York e Cleveland e molte altre. E’ stato ospite al Festival di Salisburgo e ai Festival di Lucerna, Edinburgo, Verbier, Ravinia e Mostly Mozart, oltre che regolarmente dei BBC Proms. Parallelamente a quella di solista ha condotto un’importante carriera di direttore: è Direttore Principale e Sovrintendente Artistico della Ulster Orchestra, con la quale ha tenuto un esteso tour che lo ha portato a Madrid, Amsterdam, Monaco, Stoccarda, Hong Kong e nel Regno Unito con Lynn Harrell come solista. E’ inoltre fondatore e direttore della NES Chamber Orchestra che comprende rinomati musicisti provenienti da tutto il mondo. Con loro ha tenuto diversi tour in festival e teatri d’Europa ed ha prodotto diverse registrazioni. E’ stato anche Direttore Ospite dell’Academy of St. Martin in the Fields, della BBC Philharmonic, MDR Leipzig e della NDR Hannover, dell’Accademia di Santa Cecilia, della Bergen Philharmonic, della Hong Kong Philharmonic Orchestra, della Stuttgart Chamber Orchestra, della Munich Chamber Orchestra e delle Los Angeles e St. Paul Chamber Orchestra.