Le date
Giovedì 8 marzo, ore 21 Milano – Teatro Dal Verme
Sabato 10 marzo, ore 17 Milano – Teatro Dal Verme
Capolavori compiuti ed incompiuti
Direttore:
Antonello Manacorda
Violino:
Pekka Kuusisto
Orchestra:
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Programma:
Cristian Gentilini
Rosabel, secondo premio Concorso Mozart Oggi 2006 – prima esecuzione assoluta
Jean Sibelius (1865 – 1957)
Concerto per violino e orchestra in re minoreop. 47
Allegro moderato
Adagio di molto
Allegro ma non tanto
Franz Schubert (1797 – 1828)
Sinfonia in si minoren. 8 D759 (Incompiuta)
Allegro moderato
Andante con moto
Il Concerto:
A cura di Edgar Vallora
Rosabel
Spesso le mie composizioni nascono da una semplice suggestione sonora: il timbro di uno strumento, un’armonia, la “stimmung” di un canto popolare, un suono catturato per caso diventano il nucleo generatore dell’idea musicale. Il processo compositivo, partendo da questa suggestione sonora, la esplora e la svolge nel tempo (nel respiro) della forma che mi sembra più vicina a quell’emozione originale.
Nel caso di “Rosabel” serenata per orchestra, sono partito dalla citazione di un vero e proprio tema: le battute iniziali del terzo movimento della Serenata K361 (Gran Partita) di W.A.Mozart. Questo ha dato un’impronta più “classica” all’idea, che si ispira liberamente alla forma del rondò. Attraverso varie modalità di trasformazione la figura melodico-ritmica del tema diventa l’elemento generatore di tutte le arcate formali della composizione.
JEANSIBELIUS– CONCERTO PER VIOLINO OP.47
Come la fine – a volte -può diventare un inizio.Composto nel 1903, il Concerto per violino di Sibelius fu presentato al pubblico di Helsinkinel febbraio 1904, sotto la direzione dell’autore. Lo scarso favore (“disappunto”, secondo alcune voci) del pubblico – e perfino degli interpreti stessi! – convinse Sibelius a rimetterlo in cantiere (“una sostanziale rielaborazione”, nelle parole del compositore); che è poi laversione conosciuta ed eseguita anche oggi.
Circa un anno dopo, il Concerto nella nuova veste venne presentato alla Singakademie di Berlino: la parte solistica affidata al violinista ceco Karel Halir, la direzionecurata niente meno che da Richard Strauss!Sorte migliore, certamente; ma ciò nonostante il Concerto stentò ad imporsi nei programmi dei primi decenni del XX secolo. Reclamatissimo, invece, al giorno d’oggi.
Breve cenno biografico. Proprio a partire dal 1904, l’anno della rielaborazione del Concerto,Sibelius si era ritirato in campagna – quellalinda casetta, nei sobborghi di Helsinki, che ritroviamo in molte fotografie;ove vivrà “per sempre”, trascorrendo un’esistenza tranquilla e operosa, solamente interrotta da qualche viaggio-fulmine (Stati Uniti nel 1914,Festival di Copenaghen del 1919, Inghilterra nel 1921).Colpito da un tumore alla gola nel 1907,il pensiero della morte non darà tregua al compositore; rendendolo cupo e solitario e spandendo un’ombra ancor più opaca, riflessiva e melanconica sulle opere di quegli anni.Compositore prolificissimo (a parte le notissime Finlandia, Valse triste e la suite Karelia, sono sette leSinfonie, undicii Poemi sinfonici, un centinaio di Lieder, musiche di scena per 13 drammi; eperfino pagine massoniche), dal 1929 Sibelius-compositore praticamente tacerà: forse temendo che lasua arte fosse toccata da un declino “per anacronismo”. Così, nel trentennio di vita che il destino (ancora) gli concesse- arco di vita lunghissimo (musicalmente siglato dall’inseguimento di una Sinfonia, abbozzata per anni epoi distrutta) – sopravvisse a se stesso: come se si fosse “auto-confinato” in una estenuata vecchiaia, imprigionato in quella maschera severa-accigliata che conosciamo attraverso l’iconografia.
Violinista egli stesso (con un “contorno” ampissimo: studi di diritto,violinista di un quartetto,docente di violino, di teoria e composizione; scrittore e critico), Sibelius concepì unconcerto solistico di esuberante sfoggio esteriore eppure intriso di un romanticismo raccolto e personalissimo (fin dall’attacco: quando il solista innesta la sua rapsodica melodia sull’ondivago mormorare dei violini, senza introduzione orchestrale); un concerto marchiato da unavena rapsodica e da unaspontaneità melodica così convinte, da essere considerato “l’ultimo esempio di concerto romantico”. Con reciproci riguardi e cautele:il virtuosismo non uccide mai le “voglie” espressive; la vocazione lirica non limita mai le prodezze del violino..
Indubbiamente il compositore conosceva a fondo i misteri dello strumento: nel Concerto non arretra dinanzi a nulla – formuleal limite della bizzarria, passaggiacrobatici, soluzioni anticonformiste a fianco di scelte più scontate. Anzi, con questa operazione,tradizionale e coraggiosa al tempo stesso – vale a dire la convivenza di rapide pennellatevirtuosistichecon teleridi languida espressività – veniva a cadere la tesi secondo cui, dopo Brahms, “non sarebbe stato più possibile comporre un concerto per violino e orchestra”. Il Concerto, invece,offre agli interpreti uno stupefacente spettro di possibilità, tecniche ed espressive (non mancano critici accreditati che estremizzano il concetto; sostenendo addirittura che l’efficacia dell’opera dipende esclusivamentedall’abilità dell’esecutore e dal talento “imaginifico” del direttore). Declinazione completa di tutti gli stati d’animo: un violino incerto, audace, temerario, seduttivo: trapassi continui, nel giro di poche battute.
Sotto il profilo della struttura, il Concerto è concepito secondo una tramaclassica e tradizionale: un primo movimento organizzato in forma-sonata; un secondo tempo accomodato nella struttura tripartita del Lied; unterzo movimento nella forma-spirito del rondò.
Celebre l’attacco (i tremoli dei violini, divisiin quattro sezioni, dai quali si elevano le volute del solista); magistrale lo sviluppo, che strega a tratti per il potere di un suono lussureggiante, a tratti per il ritmo esplosivo. Celebre l’Adagio, che nellasua scenografica personalità vieneconsiderato un perfetto esempio di “drammaturgia sonora”. Celebre il Finale (evidentemente la “mano”,presa nelle prime Sinfonie, aveva reso il compositore disinvolto nello strutturareuna pagina densa come questa):movimento demonicamenteintricato nella parte solistica (salti,intervalli, vortici, corde doppie, ritmi ostinati), di una esuberanza così forte che Sibelius stesso la definì “danza inesaustasopra le fisse vastità finlandesi”. Dove la forza espressiva – anche in questo caso – è necessaria quanto la prodezza tecnica.
Due parole sulla poetica generale.Sebbene sia un luogo comuneconsiderareSibelius come “il portavoce della tradizione finlandese”, in realtà il compositore non fa mai appello sfacciato a temi popolari (come Grieg o Nielsen); si limita a guardare, con spirito decisamente mitteleuropeo, quella tradizione musicale che altri inventariavano con evidenza (bella la notazione diGavazzeni: “Come un guardare all’Europa, ai suoi gusti, alle sue mode da un estremo angolo della Finlandia”). A comprova delle ascendenze tardo-romantiche, che eludono ogni tentazionefolcloristica, vengono per l’appuntocitate la prima Sinfonia e il Concerto per violino.
Il ritratto del Nord, terra quasi irreale, evocata attraverso paesaggi senza orizzonti,viene inteso da Sibelius nel senso di unamiticapreistoria (la stessa che muove anche certe opere teatrali: Bjornson, Ibsen, Strindberg);secondo una suggestione di miti, riletti attraverso seduzioni letterarie. Un modo di comunicare evocativo più che descrittivo. Leggenda, non storia.
Se nei Poemi sinfonici il tratto patriottico o la leggenda popolare lasciavano ancora un segno,è proprio nelle Sinfonie e in questo Concerto (terrenial di fuori di ogni programma) che possiamo conoscere ispirazioni più ampie ed astratte (come pure in certe composizioni appartate: “Le Oceanidi” ad esempio, le musiche di scena per Pelléas et Melisande o le pagine per “La tempesta” di Shakespeare). Un marcato accento etnico, sì;ma con una traduzioneprivata e personale, scevra dall’indirizzo citazionistico di uno Janacek o diun Bartòk: quasi che l’autenticitàdellinguaggio di Sibelius si censurasse deliberatamente nelpresagire intenti più moderni.
Da questo incontro “organico”, astratto, oniricocon la realtà proviene quell’inconfondibile spazialità tipica di Sibelius: che ricorda, per ascoltare un poeta connazionale, “la pallida e tarda primavera finnica, tra paesaggi lineari fino all’astrazione ma palpitanti di leggende”.
(Curiosità a latere, sugli incroci e gli innesti nella storia della musica. Ferruccio Busoni, insegnante di pianoforte ad Helsinki nell’autunno 1888,fu uno dei primi estimatori del giovane Sibelius; tanto da consigliarlo di recarsi a Vienna a studiare. Con una lettera di presentazione: a Johannes Brahms!)
FRANZSCHUBERT-SINFONIA n.8D 759Incompiuta
In genere si legge: tra la fine del 1822 e l’inizio del 1823Schubert si impegna nella realizzazione della sua ottava Sinfonia. Compone un primo movimento, un Allegro, cui fa seguito un Andante; poi affronta uno Scherzo, che abbozza ed inizia a orchestrare. Così,in via superficiale, viene tratteggiata la genesi dell’Incompiuta.
In realtà la concezione dell’Ottava è ben più complessa, nebulosa, sofferta, significativa;e si intreccia con la composizione delle sorelle contigue. Tra la sesta Sinfonia e la “effettiva” Sinfonia n.7 esistono tre lavori incompiuti. I primi due (datati 1818 e 1821) rimasero allo stato di frammenti (nonostante, sotto il profilo musicale, documentino la grande maturazione che era in atto nel sinfonismo schubertiano); il terzo “oggetto” è la leggendariaUnvollendete del 1822. Che verrà però catalogata come l’Ottava.
La Sinfonia n.7 sarà, nella realtà, la prosecuzione dell’affresco; e confermerà quellamaestria tecnica e quell’originalità neltrattamento dell’orchestra che già si erano affermati nella n.8 (con la famosa comparaison: fra la “divina lunghezza” della Settima e la serrata concentrazione dell’Ottava).
Due soli i tempi dell’Incompiuta (come suggerisce il sottotitolo stesso): magistrali entrambi per concezione e svolgimento, parlano del nuovo stile di Schubert e confermano l’incontrastata affermazione del sinfonismoromantico. Volentieri i critici indugiano sull’ambivalenza del “fare schubertiano”. Da un lato l’urgenza creativa(quando non aveva origine da un sano, istintivo bisogno di musizieren) è riconducibile al tentativo di imitatio res rei (quasi sempre il Modello è beethoveniano); dall’altra i risultati comportano tale originalità, tale dignità, e una così grande compiutezza espressiva da divenire (anche se le fonti rimanevano in filigrana) assolutamente schubertiani. Emblematico l’esempio della Incompiuta: pagina nata dalla volontà di rievocare i grandi gesti eroici (interiori) delle sinfonie beethoveniane (soprattutto le Sinfonie del periodo centrale: della Quinta in particolare), pagina che incenerisce ogni possibile riferimento stilistico ed emotivo.
Ve è perfino che esalta tale concetto; e legge, nella decisione di non portare a compimento la Sinfonia – malgrado i sofferti tentativi di dar vita a un terzo movimento, e poiun quarto -, il riconoscimento di un’“intrinseca debolezza nell’avvicinarsi al modello”. Nella realtà i due momenti dell’Incompiuta sono talmente ricchi di carica comunicativa, di emozione, didoloroso ripiegamento, che non sarebbe stato umanamente possibile aggiungere nulla: tutti i critici concordi nel riconoscere che la “pagina non trova confronti in nessun’altra pagina sinfonica”. Affiora a tratti la “potenza dinamica” del Beethoven eroico ma l’Incompiuta, anche nelle sue violente esplosioni telluriche, riversauna melanconia del tutto nuova (per l’appunto schubertiana); a tratti si elevaun sospiro di mozartiana seraficità, subito interrotto e come tracimato.Vano dunque cercare confronti o ascendenze per questo capolavoro: basterebbe soltanto la straordinaria adozione di quel tema-Landlersu un accompagnamento sincopato,dolce-cullante-ferito: momento siderale.
Equilibrio, concisione, euritmia: frutto di un irripetibile stato di grazia.
Evidenti, a questo punto, i motivi (o la scelta) dell’incompiutezza della Sinfonia: gli abbozzi (che esistono) dello Scherzo dimostrano un’insuperabile difficoltà nel “rimanere in quota”; nel mantenere vivo il “calor bianco” dei primi due movimenti.. Lo stesso Schubert ne percepiva i contorni (senza contorni), al puntoda rinunciare alla sfida.
Indimenticabile l’andamento (o meglio la “staticità”, come sottolineaJ. Mainke) delle prime otto battute: note che sembranoaffiorare da ancestrali profondità, checontengono in nucegli elementi che innerveranno l’Allegro moderato (e che nutriranno, a ben osservare, certe idee dell’Andante), chetestimoniano la forza costruttiva, pienamente consapevole, del compositore.
Danzante e idillico, il secondo tema sembra apportare conforto(tema che figurò, per secoli, come il simbolo della Sinfonia)quando fanno inveceirruzione sonorità “titaniche”: fracasso, brutalità, inquietudine profonda. Analoga ciclotimia nel secondo movimento: un universo di felicità e bellezza presto insidiato (l’”idillio minacciato”) da nubi oscure e da pesanti ombre. Anche la tonalità di Mi maggiore (la medesima del Wanderer e della Fantasia Wanderer: novembre 1822, pochi passi dopo) rafforza indelebilmente il profilo di questo Andante.
I biografi – da sempre tentati, e non solo nel caso di Schubert,di sottolineareuna correlazione fra opere e vita – scorgono in queste composizioni il preannuncio della malattia che, dal 1823, isoleràSchubertdagli amici e dalla vita. E’ rischiosissimo, soprattutto nel caso di certe tematiche (malattie, povertà, morte)accostare l’arte alla vita: ma non si può negare la grave malattia venerea che lo affliggeva(con le effimere, illusorie parentesi di ripresa) non può non aver avutoripercussioni sulla sua anima.
Uno stralcio dallalettera scritta all’amico Kupelwieser, che si trovava a Roma, maggio 1824, può essere illuminante. “Credimi: sono la creatura più disgraziata del mondo. Pensa: un uomo la cui salute è sempre più vacillantee che la sfiducia non fa che peggiorare… Pensa: un uomo che ha visto svanire ogni speranza, e per il quale le stesse dolcezze dell’amicizia e dell’amore non son altro che fonte di dolore. Ogni giorno è come se cantassi: “Pesa il mio cuore, pace non ho. Né mai in terra la troverò”. Tutte le sere, andando a letto, prego di non svegliarmi al mattino;e ilmattino mi porta solamenteil ricordo delle pene del giorno prima. Così trascorrono i miei giorni, senza gioia e senza amici…”
Ed è lo stesso Schubert che ci accompagna in questo (insondabile)corto-circuito fra stato d’animo e ispirazione musicale: “Ogni mia creaturaè collegata alle mie pene: eppure… proprio le pagine che vedono la luce nella più tagliente delle tristezze, paiono rallegrare il mondo… Misteri”.
Tanti i misteri, effettivamente. Presentate in pubblico – la Settima e l’Ottava – dopo il 1860, Schubert non udì mai una nota “reale” di queste duecreature.
PEKKA KUUSISTO
violino
Pekka Kuusisto ha intrapreso la sua carriera internazionale nel 1995. A soli 19 anni, è acclamato per il suo talento musicale e tecnico, la sua naturale espressività e il suo contagioso entusiasmo.
Si è esibito con alcune delle più prestigiose orchestre del mondo, tra le quali la Chicago Symphony Orchestra, Philharmonia Orchestra, le Orchestre di Cleveland e Philadelphia, ed è stato diretto da artisti quali Valery Gergiev, Yuri Temirkanov, Vladimir Ashkenazy, Osmo Vanska, Paavo Berglund e Thomas Dausgaard. Nelle passate stagioni Pekka ha inoltre collaborato con la Czech e Netherlands Philharmonic Orchestras, la Hessischer Rundfunk, la Tonhalle Orchestra di Zurigo, la City of Birmingham Orchestra, la Detroit Symphony Orchestra, la Royal Stockholm Philharmonic Orchestra e la Deutsches Symphonie-Orchester di Berlino.
Si è esibito con orchestre da camera del calibro della Nieuw Sinfonietta di Amsterdam e della Deutsche Kammerphilharmonie Bremen ed è regolarmente invitato dalla Australian Chamber Orchestra come solista e direttore. La scorsa stagione lo ha visto ospite della Trondheim Symphony, BBC Symphony Orchestra, New Jersey Symphony Orchestra, Toronto Symphony Orchestra, Sundsvall Chamber Orchestra, Hallé Orchestra.
Questa stagione inizierà con un tour nel Regno Unito con la Scottish Chamber Orchestra nella veste di Direttore Solista e un tour in Giappone con la Stavanger Symphony Orchestra e Susanna Maelkki. Pekka debutterà inoltre con la Malaga Symphony Orchestra, London Chamber Orchestra, Lausanne Chamber Orchestra, Hungarian National Philharmonic Orchestra, e farà ritorno alla Malaysian Philharmonic Orhestra e Ulster Orchestra. Ha suonato nelle prestigiose sale da concerto: London’s Wigmore Hall, Châtelet di Parigi, in Ravina, Bergen, Bremen e in Finlandia; con Olli Mustonen al Lincon Center a New York ed è stato inviato dallo stesso pianista e dal violoncellista Steven Isserlis a prendere parte alla loro stagione di musica da camera in Badenweiler, in Germania e alla London Wigmore Hall. Primo finlandese a vincere nel 1995 il prestigioso concorso Sibelius, è Direttore Artistico insieme al fratello Jaalkko del Lake Tuusula Chamber Music Festival in Finlandia.
Pekka affianca alla sua attività in campo classico, diversi altri stili musicali, incluso il folk, il jazz e la musica elettronica.
La sua ricerca sulla musica finlandese del sedicesimo e diciasettesimo secolo lo ha condotto alla registrazione di Folk Trip realizzato dall’etichetta Ondine nell’autunno 2002.
Pekka ha un’esclusiva con l’etichetta Ondine e le sue incisioni de Le quattro stagioni di Vivaldi con I Virtuosi di Kuhmo hanno ricevuto eccezionali consensi della critica.
Per Ondine ha inciso inoltre il ciclo completo dei concerti di Bach con la Tapiola Sinfonietta e Jaakko Kuusisto, un disco su musiche di Olli Mustonen, e i lavori per violino e pianoforte di Sibelius.
Il Cast
Direttore: Antonello Manacorda