Ciclo Beethoven - I Pomeriggi Musicali - Teatro Dal Verme

Le date

Sala Grande
giovedì 25 ottobre 2007
Ore: 21:00
sabato 27 ottobre 2007
Ore: 17:00

Schönberg
Ode to Napoleon Buonaparte
(tempo unico)

Beethoven
Concerto per Pianoforte e Orchestra n. 5 in Mi bemolle Maggiore, op. 73

Allegro
Adagio un poco mosso
Rondó: Allegro

Beethoven
Sinfonia n. 3 in Mi bemolle Maggiore, op. 55
Allegro con brio
Marcia funebre: Adagio assai
Scherzo: Allegro vivace
Finale: Allegro molto

Il Concerto
Beethoven aveva individuato un suo tipo di concerto, quasi una rappresentazione simbolica in tre scene: la vita attiva, la vita contemplativa, il gioco.
P. Rattalino

L’asse Napoleone-Beethoven-Byron
Nella cosmogonia di Beethoven (già di per sé “ingombrante”) si impone massicciamente l’ombra di un altro Grande: proponendo raffronti fra profili psicologici, fra cambi di rotta dell’esistenza, sfide di vita e sconfitte mortali. Un intreccio scontato ed inusuale al tempo stesso: la psicologia sofferta di Beethoven che si misura con una personalità complessa come quella di Napoleone.
Due entità “uniche” eppure universali; nomi mitici, semidei che sfidano i limiti estremi della realizzazione umana.
In occasione del concerto di oggi, “dominato” dal condottiero francese, può essere interessante, più che il profilo delle singole composizioni, un breve saggio su queste figure.
Prendiamo avvio da una significativa osservazione di Rossini che, nell’udire il nome di Beethoven, aveva affermato: “Dappertutto, a Vienna e nel mondo, si avverte la presenza di Lui. Lui dappertutto”. Di passo in passo – attraverso pagine musicali d’impronta epica, limitazioni fisiche e tormenti psicologici, messaggi spirituali come il Testamento di Heiligenstad – il mito di Beethoven si imponeva nell’immaginario collettivo europeo.
La medesima onnipresenza vale anche per Napoleone. Quando, dopo la débacle di Waterloo, l’Imperatore fu esiliato nell’isola di Sant’Elena, la sua figura di Prometeo, “arrogante nella sconfitta”, acquisì – proprio perché in esilio – una proiezione ancor più mitologica. Per non parlare della morte, responsabile di infiammare la “leggenda”: la silhouette del condottiero immortalata nell’arte, nella musica, nella letteratura. Anche per Napoleone, dunque, può funzionare lo stesso inciso: “Sempre Lui, Lui dappertutto”.
Ma un terzo nome si inserisce nei destini di questa coppia. La maggior parte dei saggi evoca infatti il nome di George Byron (1788-1824): esponente del romanticismo letterario inglese, celebre come figura di patriota ed esule, perfetta incarnazione di un “titanismo” karmico. Nessuno dei due – né Beethoven né Byron – conobbe dal vivo Napoleone; ma entrambi furono uniti da un’ossessione romantico-passionale per quel “colosso”, ne condivisero il fantasma lungo tutta la vita. Biograficamente i tre erano praticamente contemporanei: Beethoven era nato nel 1770, un anno dopo Napoleone, diciotto anni prima di Byron.
Come molti utopisti della loro generazione, i due artisti pensavano che la rivoluzione francese, fregiata dai suoi ideali – libertà, fraternità e uguaglianza -, annunciasse una nuova era; come se l’umanità stesse per affacciarsi ad un nuovo rinascimento, sostenuta dalla speranza che quel “grande buon uomo” avrebbe condotto la società verso una meta di respiro europeo.
Nonostante Beethoven e Byron avessero chiari i contorni (pregi e pesi) del genio militare di Napoleone, ammiravano soprattutto il “condottiero uomo”, quello che abbagliava l’anima mundi con le sue sfide esistenziali. Diabolicamente abile come stratega, ma difficilmente superabile come uomo: questo nella mente di tutti, sostenitori e detrattori. Ma veniamo alle simmetrie.
Per Beethoven e Byron, Napoleone fu, ambivalentemente, modello e rivale. Entrambi nutrirono nei suoi confronti uno spettro di emozioni choccante: illusione-disillusione, fiammate di esaltazione, fitte di rancore. Dove il percorso irregolare, a zig-zag, delle difficili reazioni dipendeva dai loro stati d’animo, dal corso delle loro esistenze, dalle afflizioni interiori; ben più che dalle sorti obiettive di quel dominatore della scena militare europea. Per Beethoven l’entusiasmo per Napoleone raggiunge l’apice con la Sinfonia Eroica (1803-1804); per Byron il punto più esplicito è nell’Ode a Napoleone Bonaparte (1814).
Con la diffusa credenza che l’alone napoleonico fosse sbiadita dopo tali esperienze; mentre, nella realtà, l’ossessione di Beethoven e Byron li braccò fino alla morte. Ossessione intricata ma accompagnata da una certezza: sicuramente tale imprinting concorse a forgiare il taglio psicologico delle loro esistenze (secondo uno psicanalista inglese il marchio consisteva nell’impegno a “raggiungere livelli di sfida sempre più arroganti e rischiosi”).
Sotto il profilo musicale, fu proprio l’Eroica a inaugurare quello stile che verrà definito (con gli inevitabili crucci delle etichette) lo “stile eroico”; mentre con la Vittoria di Wellington (deprimente tentativo di celebrare in musica l’eroismo militare) si determina la fine di quel periodo. Oltre all’Eroica vengono riferite allo stile eroico il Fidelio, le Sonate per pianoforte Waldstein e Appassionata, e i tre quartetti d’archi Op. 59.
Agguerrite nell’impronta, fiere nei temi, queste opere risultano un contraltare degli alti e bassi dell’avventura napoleonica: l’incoronazione del 1804, il trionfo degli austriaci e dei russi ad Austerlitz, le vittorie a Jena e ad Auerstadt del 1806. A latere vive il Concerto per pianoforte Op.73, uno dei capisaldi della letteratura pianistica, anch’esso riferibile, per quanto più sfuocatamente, alla figura di Napoleone.
Vienna 1809, l’esercito napoleonico era in marcia contro Vienna – cronaca di un assedio annunciato -, i nobili cercavano riparo nella dimore di campagna, Beethoven soffocato dai cuscini per attutire il rombo delle cannonate.
Che l’attenzione del compositore nei confronti delle sorti del paese fosse quanto mai vigile lo si apprende dai Quaderni di conversazione; mentre l’acceso sentimento patriottico traspare dalle numerose composizioni di impronta militare (Inni e Marce).

GLI INTERPRETI

Antonello Manacorda, direttore
Nato a Torino nel 1970, frequenta il Conservatorio nella sua città, diplomandosi in violino con il massimo dei voti, la lode e menzione speciale. Grazie ad una borsa di studio pluriennale della DESONO, Associazione per la Musica, si perfeziona con Herman Krebbers ad Amsterdam, Eduard Shmider e Franco Gulli. In occasione delle celebrazioni colombiane è stato invitato a tenere un concerto a Genova con il violino di Paganini “il Cannone”. Nel 1994 è stato scelto da Claudio Abbado come Konzertmeister della Gustav Mahler Jugend Orchester, con la quale ha partecipato a numerose tournée in tutto il mondo, sotto la direzione di Claudio Abbado, Bernard Haitink, Ivan Fischer e Pierre Boulez. Nel 1997, insieme ad alcuni colleghi e sotto la spinta di Claudio Abbado, ha fondato la Mahler Chamber Orchestra, della quale è violino di spalla e vice presidente. Sempre intensa l’attività di concertista che lo vede solista con orchestra e camerista con artisti quali Dimitri Ashkenazi, Thomas Demenga, Victor Liebermann, Andrea Lucchesini e Alexander Lonquich. Dall’autunno 1999 è docente di violino presso la Accademia orchestrale della Mahler Stiftung creata a Bolzano da Claudio Abbado. Nel 2002 è stato nominato direttore artistico per quanto riguarda la musica da camera della Académie Européenne de Musique du Festival d’Aix en Provence. Dopo il notevole successo ottenuto nel novembre 2001 come direttore d’orchestra nella produzione di Pier Luigi Pizzi de La Clemenza di Tito, Antonello Manacorda si è dedicato allo studio della direzione d’orchestra con il Maestro Jorma Panula, godendo di una borsa di studio messa a disposizione dalla DESONO di Torino. Dal Maggio 2006 è insignito della carica di Direttore Musicale dell’orchestra I Pomeriggi Musicali.

Andrea Lucchesini, pianoforte
Nato a Massa e Cozzile (Pistoia) nel 1965, Andrea Lucchesini si è formato alla scuola di Maria Tipo, imponendosi all’attenzione internazionale nel 1983 con la vittoria al Concorso “Dino Ciani”, presso il Teatro alla Scala di Milano. Da allora ha suonato con le più prestigiose orchestre, collaborando con direttori quali Claudio Abbado, Semyon Bychkov, Roberto Abbado, Riccardo Chailly, Dennis Russell Davies, Charles Dutoit, Daniele Gatti, Gianluigi Gelmetti, Daniel Harding, John Neshling, Gianandrea Noseda e Giuseppe Sinopoli. Recentemente ha eseguito nel Regno Unito i Concerti di Beethoven con la London Philharmonic diretta da Vladimir Jurowski e la BBC Philharmonic diretta da Edward Downes. Ha dato inoltre concerti e recital a Parigi, Budapest, Barcellona, Valencia. Nel 1994 una giuria internazionale di musicologi, valutando gli esiti di una così ampia attività concertistica, ha conferito a Lucchesini il prestigioso Premio “Accademia Chigiana”, cui si è aggiunto, nel 1995, il Premio della Critica “F. Abbiati”. Nel luglio 2001 Andrea Lucchesini ha eseguito la nuova Sonata per pianoforte di Luciano Berio in prima mondiale a Zurigo, proseguendo così una felice collaborazione che aveva preso l’avvio con il Concerto II “Echoing curves” dello stesso Autore, eseguito da Lucchesini in tutto il mondo e registrato con la London Symphony per la BMG. La Sonata è stata poi eseguita in Francia, Portogallo, Belgio, Olanda e Inghilterra L’interesse per il repertorio novecentesco, oltre che nella scelta dei programmi, è testimoniato anche da alcune incisioni discografiche – Pierrot Lunaire di Schoenberg e Kammerkonzert di Berg – effettuate per la Teldec con la Dresdner Staatskapelle diretta da Giuseppe Sinopoli. Si dedica con passione anche al repertorio cameristico, realizzando in particolare una stretta collaborazione con il violoncellista Mario Brunello, e partecipando ai più importanti festival internazionali di musica da camera, come Moritzburg e Lockenhaus con Gidon Kremer. L’integrale live delle Sonate per pianoforte di Beethoven, incisa per la Stradivarius, ha avuto il riconoscimento di disco del mese nell’ agosto 2004 da Fonoforum. Nel 2007 è da poco uscita per l’etichetta inglese Avie Records l’integrale delle opere per piano solo di Luciano Berio. Il disco, oltre a contenere importanti contributi di musicologi di fama internazionale, propone alcuni brani inediti di Luciano Berio e non appena pubblicato ha ricevuto importanti riconoscimenti dalla critica, tra cui le 5 stelle del BBC Music Magazine. Recentemente Piero Farulli lo ha voluto accanto a sé nella direzione della prestigiosa Scuola di Musica di Fiesole.

Il Cast

Direttore: Antonello Manacorda
Pianoforte: Andrea Lucchesini
Baritono e voce recitante: Daniel Teadt*
Orchestra: Orchestra I Pomeriggi Musicali