Concerto - I Pomeriggi Musicali - Teatro Dal Verme

Le date

Sala Grande
giovedì 10 febbraio 2011
Ore: 21:00
sabato 12 febbraio 2011
Ore: 17:00

Mozart – Eine Kleine Nachtmusik K525
Schoenberg /Händel
– Concerto per quartetto d’archi e orchestra
Mozart
– Sinfonia n.41 k 551 “ Jupiter”

Note di sala:
a cura di Sergio Casesi

Wolfgang Amadeus Mozart
Eine kleine Nachtmusik K 525

Allegro
Romanza
Minuetto
Rondò

La piccola musica notturna, galante, leggera e poetica non è più pesante di un ricordo, di una dolce memoria per caso venuta alla mente. Mozart scrisse questa Serenata nel pieno della sua attività viennese ed internazionale. Dello stesso periodo è il Don Giovanni, rappresentato a Praga nell’ottobre di quel 1787 che vide il compositore alle prese con annosi problemi di eredità e di debiti. Molto tempo è passato dalle notti salisburghesi, dalle galanterie musicali che il gusto più provinciale pretendeva da Mozart. Eppure questa serenata sembra dare vita ad una ideale e ricostruita serenità ormai perduta. Salisburgo non era per Mozart solo la città da cui fuggire, in cui si sentiva soffocare. Era soprattutto il luogo della sua infanzia dorata, della sua famiglia, la casa dove sviluppò il suo primo genio sotto la guida del padre.

Una Serenata che rimanda a quel periodo, quindi, non può che tingersi dei colori della nostalgia; i temi, le strutture formali, la condotta sono perfette ed esemplari. La forma candidamente compiuta e le melodie gloriosamente semplici sono insieme il significato profondo che non scaturisce dal discorso musicale. Ma proprio questo modo di esprimersi, così diverso dalle opere di quel periodo, può far pensare ad un piccolo sogno ad occhi aperti. La data della composizione è il 10 agosto. Forse non era notte, forse non ci fu mai la commissione che molti storici hanno cercato invano. Forse Mozart, una volta soltanto, volse solo lo sguardo indietro, vide la strada fatta e il tempo passato. Quel Mozart bambino, legatissimo ai genitori, non esisteva più. La sua famiglia di origine si era spenta, il rapporto con la sorella amatissima deteriorato per sempre. Mozart, padre e marito inserito negli affanni della grande città, forse si concesse il lusso gratuito di un sogno ad occhi aperti: una notte d’estate, in una Salisburgo fatata, lungo una strada acciottolata, appena sotto la roccia nuda della montagna, una piccola orchestra suonava….

Arnold Schönberg / Georg Friedrich Händel
Concerto per quartetto d’archi e orchestra

Largo – Allegro
Largo
Allegretto grazioso
Horn pipe: moderato

Nel catalogo del grande viennese, le trascrizioni e gli adattamenti hanno uno spazio e un peso particolare. Si tratta di adattamenti per piccoli organici di composizioni per orchestra, da Bach a Strauss, e di veri e propri rifacimenti che hanno un altro significato all’interno del catalogo del compositore. La musica di Händel qui, seppur rispettata profondamente, viene davvero trasfigurata in un’altra dimensione, sotterranea, esplosiva, colma di tensione. Il materiale antico viene come distrutto e ricomposto dal di dentro, come se finalmente se ne mostrasse il lato inconscio da sempre tenuto nascosto. Densità, violenza espressiva, violenza coloristica, frammentazione cromatica, scomposizione cromatica sono le qualità più evidenti della composizione. Lo strato barocco viene visto come da una profondità buia e fredda, come quando dal fondo del mare, sollevata la testa, si vede il disegno di luce che sprofonda a pelo d’acqua. Il Concerto per quartetto d’archi è musica sommersa, che stende un velo timbrico irrazionale su un materiale storico neutro e lontano.

Il denso viluppo del brano mostra come per la Seconda Scuola di Vienna la composizione timbrica sia dominante rispetto alle pure altezze dei suoni. Il susseguirsi dei timbri è il discorso della composizione, gli archi solisti si infrangeranno sull’ondosa fantasia dolente del compositore, fra i dolci suoni dell’arpa, le allucinate percussioni, gli ottoni lunari e freddi, le algide armonie del pianoforte e dei legni.

Fu composto nel ’33, l’anno in cui Schönberg fu costretto a fuggire in America a causa della politica nazista. Al compositore che introdusse nel linguaggio musicale la sensibilità coloristica di Klee e Kandiskij, l’Europa non seppe dare protezione, Schönberg morì a Los Angeles nel 1951.

Wolfgang Amadeus Mozart, Sinfonia n. 41 “Jupiter” K 551

Allegro vivace
Andante cantabile
Minuetto e trio. Allegretto
Molto Allegro

Mozart compose le sue tre ultime Sinfonie in soli tre  mesi, tra il giugno e l’agosto del 1788: la Sinfonia in Mi bemolle, radicata nella luce, la Sinfonia in Sol minore, sospesa fra un profondo senso del terrore ed una malinconia struggente e metafisica, e la grande Sinfonia in Do maggiore    K 551, Jupiter. La morte della piccola Theresia, anche se scardinò il precario equilibrio familiare dei Mozart, sembra non affiorare nella produzione sinfonica, ad esclusione forse di qualche punto della Sinfonia in Sol minore, dove il dolore viene intessuto e scolpito, senza che però mai si indaghi il senso della Tragedia per come è formulato nella cultura occidentale.

La ripresa viennese, in maggio, del Don Giovanni non aveva sortito il successo sperato, Mozart versava ancora in cattive acque. Il compositore è costretto ancora a chiedere soldi agli amici e a cambiare indirizzo, trovando un appartamento più economico in periferia.

E’ un momento amaro della vita di Mozart che, forse più di prima, nella composizione vede non solo il modo più naturale di guadagnarsi da vivere, ma forse l’unico espediente possibile per sopravvivere alla noia e al male della vita. Mozart sembra non riuscire a vedere che con occhi di bambino la realtà. Come dimostrano le composizioni di questo periodo, sia che si esprima gioia, o meraviglia o orrore, Mozart sembra rifugiarsi in uno sguardo volutamente ingenuo. Infantile ma non immaturo. Semplice ma non banale.

Le tre ultime sinfonie sono illuminate da un senso sovrannaturale, mistico e misterico, abbagliato e potente di meraviglia, di stupore per l’esistenza non intaccata dal peso della storia.

La Sinfonia Jupiter vive di questa purezza, di un candore innocente eppure monumentale. La Jupiter è vicina ai grandi lavori polifonici di Händel e di Bach, alle grandi sinfonie di Haydn. L’ultimo lavoro sinfonico di Mozart presenta una maestosa capacità contrappuntistica volta, classicamente, all’esaltazione della bellezza olimpica, vero tema conduttore della Sinfonia, plasmato di un’armonia superiore, dove le difformità, le asperità e difficoltà ritmiche e armoniche vengono esaltate in un calco della perfezione più grande e inclusivo.

Nell’esposizione del primo movimento, Allegro vivace, si ascoltano diversi episodi tematici, diversi fra loro. Una marcia, un tema dolce e cantabile e un motivo buffo, usato da Mozart già per l’arietta comica K 541 “Un bacio di mano”, composta tre mesi prima per il basso Francesco Albertelli, l’interprete del Don Giovanni.

Nel primo tempo il materiale viene continuamente variato, smontato e ricomposto, sovrapposto, spezzato da cambiamenti di clima improvvisi e sconcertanti. Proprio lo sviluppo, la parte centrale e più drammatica del movimento, parte dal tema buffo che, elaborato in maniera colta e sapiente, si trasforma e diventa capace di una nuova e inaspettata forza espressiva.

Sarà il clangore della marcia, rinnovata fino ad apparire celeste e divina, a chiudere la fanfara apollinea dell’Allegro Vivace.

Il secondo movimento, Andante cantabile, è la pupilla densa e luminosa della Sinfonia. La melodia dei violini, preziosa, alta e indimenticabilmente italiana, crea un’atmosfera espressiva fortemente commossa. Il canto, in equilibrio fra chiaroscuri minacciosi, si spiega sui trasparenti suoni dei legni. Un paesaggio all’alba dove il tempo sembra scorrere lentamente, e dove le ombre calme che scivolano sulla terra appaiono dolci e amiche, benevole e giuste.

Il Minuetto, con le trombe e timpani ritrovati, sembra voler annunciare l’ultimo movimento, lineare e semplice, fa da preludio e contrappeso all’intreccio vorticoso del Finale. L’ultimo movimento, grande quadro contrappuntistico di altissima fattura, si basa su un antico tema diffuso in tutta Europa da secoli. Mozart sembra volerlo utilizzare come a dimostrare di essere capace dell’esito più alto, del risultato più bello e certo. Lo studio di Bach, che per Mozart non si compì in giovane età, vide in questo movimento uno dei suoi frutti migliori. Tutta la tendenza polifonica dell’ultimo Mozart si carica di un significato profondo tratto direttamente dai grandi capolavori bachiani, ma la polifonia del salisburghese si emancipa velocemente, dichiarando contenuti moderni, umani e secolari. Il fugato che innerva il glorioso ultimo tempo, conclude con limpida saggezza la composizione: risplendono gli squilli in do maggiore, le voci si inseguono nell’aria ventosa di scale e di note ribattute. Tutto sembra sollevarsi verso l’alto, esposto al volere di un universo illuminato, di un universo grande, magnanimo, dove il Bene sembra finalmente congiungersi al Bello.

Biglietteria

La sera del Giovedì di questo concerto è inserita nella speciale rassegna: LA MUSICA È GIOVANE.
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Abbonamenti e bilgietti in vendita presso:
Biglietteria Ticket One – Teatro Dal Verme
Via San Giovanni sul Muro, 2 – Milano
Tel. 02 87905

Orari d’apertura
Dal martedì al venerdì dalle ore 10 alle ore 18
Sabato e domenica dalle ore 10 alle ore 13
Vendita Online: www.ticketone.it

Il Cast

Direttore: Nathalie Stutzman
Quartetto: Prometeo
Orchestra: I Pomeriggi Musicali