Concerto - I Pomeriggi Musicali - Teatro Dal Verme

Le date

Sala Grande
giovedì 17 febbraio 2011
Ore: 21:00
sabato 19 febbraio 2011
Ore: 17:00

Bach – Concerto per violino in  Mi maggiore
Hindemit
– Kammermusik n. 7 op. 46 n. 2 per organo e orchestra
Hindemith
– Kammermusik n. 4 op. 36 n. 3 per violino e orchestra
Bach
– Concerto brandeburghese  n.2  Bwv 1047

Note di Sala:
a cura di Sergio Casesi

La parola Concerto, nella sua accezione etimologica, ha diverse sfumature utilissime all’ascolto musicale. Se partiamo dalla voce latina Con-certare, portiamo alla luce l’idea forte di gara, di disputa. Concertare per pretendere a sé qualcosa che ci spetta per merito, per le nostre qualità. Concertare e vincere sull’altro interlocutore a cui si contende la ragione. Ma possiamo anche pensare a Concentus, e quindi ad armonia, a consonanza, ad accordo. Forse proprio la distanza delle due definizioni descrive al meglio il nostro concetto di Concerto musicale.
L’opposizione di uno o più strumenti ad un ensemble strumentale è sempre ambigua, è allo stesso tempo sia consonante che combattiva sul piano tecnico ed espressivo.
L’ambivalenza del Concerto quindi è la definizione più appropriata per descrivere il rapporto che definisce il solista e l’orchestra, il Solo e il Tutti, per estensione l’individuo e la comunità, quando vengono a contatto, quando si definiscono a vicenda, quando cioè concorrono conflittualmente alla definizione uno dell’altro.

Gli strumenti musicali che fronteggiano l’orchestra in questo modo da sempre dimostrano l’uomo nell’impossibilità di uscire dalla definizione delle proprie relazioni, ma anche, attraverso la contrapposizione fra il Solo e il Tutti fondamentale nella musica europea, la complessità di significati, di atteggiamenti psicologici che entrano in gioco nel fare dialettico della vita di ognuno. Possiamo spingerci a dire che proprio la contrapposizione fra uno e più strumenti definisce il timbro e le caratteristiche del solista. Riusciamo a percepire nella sua complessità la voce del violino se distaccata dal resto ed esposta. Riusciamo a immedesimarci nel suo canto più che nel concertato diffuso di molte opere polifoniche in senso lato, dai cori fiamminghi del ’400 alle sinfonie di Schumann, piuttosto che alle opere polifonicamente costruite ad esempio di Boulez. Il Solo dà l’opportunità a noi uomini di oggi, con la nostra cultura e sensibilità, di cogliere meglio il discorso musicale e i suoi contenuti che non gli affreschi totalizzanti di altre epoche. Ma anche le composizioni per strumento solo, ad esempio le Partite e le Sonate di Bach, sono sempre in relazione. Che siano composizioni solitarie non ci deve trarre in inganno. A contrapporsi lì non è il Tutti orchestrale bensì la sua negazione, il silenzio. Un silenzio totale in cui scolpire le nostre più feroci fantasie. Quello è un silenzio mistico che l’orchestra scioglie con i suoi colori e le sue esplosioni di umanità.

Nello scambio del Concerto, i molti e differenti gesti psicologici che la musica esprime nel suo dirsi, questo scambio che oppone e unisce, questo scontro e questa armonia, equilibrio e disordine, si manifesta la conflittualità interiore dell’essere umano. Conflitto che viene da Con-fligere,  urtare, con forza, senza poterne fare a meno.
Se la forma del Concerto è così longeva, e forse destinata a non spegnersi mai, è proprio perché nel Solista, eroe asemantico ma fortemente emotivo e comunicativo, ognuno di noi può immedesimarsi, colmando il vuoto di significato superficiale con mille e più propri contenuti, intimi e individuali, riuscendo a sentire l’opposizione dentro di sé e l’opposizione con il Tutti dei gruppi e delle comunità di appartenenza.

Non è una caso che proprio i Concerti più soggettivi, da Beethoven a Chopin a Rachmaninov, siano i più amati da ogni pubblico in tutto il mondo. Escluso il loro grande valore musicale, è il soggettivismo che vi si esprime che rende più facile la loro comprensione, che rende quelle opere così vicine, specie per l’uomo contemporaneo così centrato su se stesso, unicamente rivolto al proprio individualismo e alla soddisfazione di esso.

Il Concerto, storicamente, può avere uno o più solisti, così da essere chiamato Concerto Solista o Concerto Grosso. Le differenze nel corso della storia, specie nel Romanticismo, diventano più sfumature ideologiche che vere e proprie forme diverse. Se pensiamo al doppio concerto di Brhams, piuttosto che al Triplo di Beethoven, ma anche ai concerti solistici per più strumenti di Bach, non ci viene in mente il termine di Concerto Grosso, possiamo invece dire che si tratti di Concerti dove i solisti vengono sovrapposti, anche in presenza di una forte dialettica interna fra i solisti.

Il Concerto grosso del XVIII secolo, con la sua idealizzata ripresa novecentesca, si differenzia dal Concerto vero e proprio di tutte le epoche per l’unità timbrica che si richiede al concertino. Il piccolo gruppo strumentale solista è sentito come un’unità, e non un gruppo di soli. Nel Concerto Grosso, che anticamente, soprattutto per i compositori italiani fra sei e settecento, era composto da soli violini, il concertino prevede diversi strumenti con la stessa dignità e peso all’interno del discorso musicale.

Il Concerto per Violino in Mi maggiore di Bach, scritto attorno al 1720, è un alto esempio di Concerto solistico. Tipicamente barocco, anche se informato da una nuova espressività, possiede una comunicativa semplice che lo rende giustamente un antenato del concerto classico.

Il primo movimento, subito fortemente caratterizzato emotivamente dal gioco del ribattuto della melodia e dalla progressione armonica che ne scaturisce, dà al violino la possibilità di esprimere, attraverso una voce naturale e mai scomposta, la forza di un canto ritmicamente innervato, sicuro, atto a spiegare un percorso logico intelligente, sorprendente e senza vuoti.

L’Adagio, come già nel Concerto in La minore, è indiscutibilmente il cuore prezioso della composizione. Dopo l’oscura introduzione, notturna, fosca di nubi e di un’ansietà irrisolta, appare il canto supremo del solista toccante ad ogni nota, in ogni legatura e in ogni salto della melodia. L’Adagio si eleva al cielo come una preghiera, come un lamento della fede che trova, nella coscienza di un più alto disegno inconoscibile, la pace e la quiete necessarie alla sopportazione della infima e terrena imperfezione terrestre.

Il Rondò, “Allegro Assai”, con cui si conclude l’opera riporta, come sempre in Bach, con gioia e serenità, alla meraviglia della quotidianità, dove il ritmo si manifesta nella concretezza della materia, e nella felice esperienza di essa.

Il Concerto per organo di Hindemith, la Kammermuisk op 46 n 2, fu scritto per la Radio di Francoforte  in occasione dell’inaugurazione del nuovo organo. La prima esecuzione fu di Reinhold Merten, diffusa dalla radio nel gennaio del ’28. E’ la più gioiosa delle Kammermusiken; in tre movimenti alterna spazi meditativi a pagine leggere e festose. Il carattere religioso, insito già nel timbro dell’organo, si espande in una grande sapienza polifonica, che avrà nella fuga annunciata dalla tromba il suo più grande e maestoso compimento.

La Kammermusik n. 4 di Hindemith per violino e strumenti si apre con un affresco lacerante della disperazione. Solo l’orchestra, adombrata dai timbri più scuri e dilaniata dagli squilli di tromba, inscena il prologo dove il violino troverà coraggio per la sua prosa senza respiro.

Scritto per l’amico Licco Amar, primo violino del quartetto in cui Hindemith suonava come violista, ci appare come la più ricercata fra le opere che compongono questo ciclo. Quando il Notturno si stende come morente, e dalle armonie d’immensità buia e segreta sorge il canto selenita del violino, viene alla luce come da un incubo l’atmosfera allucinata di quella prima modernità meccanica del 1925. Di un futurismo disperato, disumano, velenoso è composta questa Kammermusik. Il racconto teso e stravolto di questa composizione, con i due movimenti finali, decisi da un’apnea senza precedenti nelle opere del compositore tedesco, ci appare come un presagio terrorizzato di ciò che la cultura tedesca vivrà nel giro di pochi anni.

Il Secondo Concerto Brandeburghese è un Concerto Grosso che prevede al concertino un quartetto inusuale, composto da tromba, violino, oboe e flauto.

Sappiamo che i Sei Concerti Brandeburghesi furono scritti da Bach per testimoniare la sua bravura e pretendere un nuovo posto di lavoro che non arrivò, e che per questo motivo in ogni Concerto dei sei abbiamo un virtuosismo compositivo e strumentale incredibile ancora oggi, dopo tutte le evoluzioni strumentali a cui abbiamo assistito. Il modo di comporre queste pagine è quindi anche teorico, come nell’Arte della fuga o nel Clavicembalo ben temperato.

L’unità timbrica composta dai solisti è abbagliante, chiara, sovraesposta verso l’acuto e verso il bagliore di una polifonia spinta verso il registro supremo.

Bianco è il colore del Secondo Brandeburghese, bianco come la veste dei primi santi, dei puri di cuore e dei bambini. Bianco come la luce che in un prisma di cristallo riesce a dare tutti i colori.

Dopo la forza polifonica del primo movimento, è con il secondo movimento che Bach scrive uno dei momenti più alti della storia della musica, un brano che Goethe amò definire “il soliloquio di Dio prima della creazione”. E’ qui, nell’unità e grandezza del discorso polifonico, nel suo apparire voce composta da mille voci, che Bach dona all’umanità uno degli esisti musicali più importanti della storia. Per profondità mistica, commozione e altissima ispirazione e tensione emotiva, il secondo tempo del Secondo Brandeburghese si colloca fra le meraviglie dell’uomo, del suo patrimonio creativo.

Nel terzo poi, dopo la chiamata della tromba, una conversazione allegra e festosa concluderà la composizione.

Biglietteria

La sera del Giovedì di questo concerto è inserita nella speciale rassegna: LA MUSICA È GIOVANE.
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Abbonamenti e bilgietti in vendita presso:
Biglietteria Ticket One – Teatro Dal Verme
Via San Giovanni sul Muro, 2 – Milano
Tel. 02 87905

Orari d’apertura
Dal martedì al venerdì dalle ore 10 alle ore 18
Sabato e domenica dalle ore 10 alle ore 13
Vendita Online: www.ticketone.it

Il Cast

Direttore: Daniele Rustioni
Violino: Carolin Widmann
Organo: Giulio Mercati
Orchestra: I Pomeriggi Musicali