Le date
Britten – Simple Symphony
Haydn – Concerto per violoncello e orchestra in Re maggiore
Haydn – Sinfonia n. 96 (Il Miracolo)
Programma di Sala:
a cura di Sergio Casesi
Edward Benjamin Britten
Simple Symphony
Benjamin Britten, forse il miglior compositore inglese del XX secolo, dimostrò precocissimo il suo talento. Le grandi composizioni dell’età matura, War Requiem, i Concerti, l’opera Peter Grimes, i cicli di Songs per voce e strumenti, fra cui Les Illuminations da Rimbaud o la Serenata per Tenore, Corno e Archi, non persero mai quel gusto per il gioco musicale, per il puro e felice artigianato, che il compositore sviluppò già dagli esordi.
Le sue composizioni, anche le più intime o le più tragiche, sono caratterizzate dalla felicità di un gesto personalissimo, da una forza comunicativa già rara negli anni che precedettero il secondo conflitto mondiale, e dalla convinzione di una necessità poetica della materia musicale. Difficilmente troviamo nel catalogo del compositore di Lowestoft una pagina non ricercata, non raffinata o spoglia d’ispirazione, anche nelle composizioni più minute o non centrali per importanza o successo presso il pubblico, si scorge sempre un orizzonte poetico vasto e determinato.
Della Simple Symphony Op.4, un lavoro per orchestra d’archi, si ebbe la prima esecuzione il 6 marzo 1934, presso la Hall Stuart di Norwich, con Britten sul podio in veste di direttore.
Questo brano, dedicato all’insegnante di viola del compositore, Audrey Alston, si compone di otto temi, due per movimento, che Britten scrisse da bambino e per i quali aveva una particolare dedizione. Quando all’età di vent’anni decise di rimaneggiarne il materiale, non tradì l’ingenua felicità delle prime composizioni. Anche se larghi tratti della composizione corrispondono alle prime stesure infantili per pianoforte, la sapienza costruttiva della prima maturità seppe plasmare l’op. 4 senza togliere quella lente magnifica e deformante che si trova naturalmente nello sguardo di ogni bambino. Ma la Simple Symphony non è affatto un’opera infantile, la vitalità felice che la compone fa associare il genio inglese al Mendelsshon di un secolo prima piuttosto che al talentuoso Richard Strauss adolescente. L’op. 4 è un brano emozionante ed avvincente, ricco d’espressione, squisitamente moderno e deliziosamente suggestivo.
Franz Joseph Haydn
Concerto per violoncello in re maggiore
Il primo movimento del Concerto in Re per violoncello di Haydn, dolce, amorevole e premuroso, si apre con l’esposizione limpida e pura dell’orchestra. Le prime note hanno la leggerezza di un inchino innamorato e seducente, e quando poi, insieme ai fiati, si chiamerà a rispondere il solista, il tratto del disegno non si farà più greve o più pesante. Il virtuosismo del violoncello sarà sempre iscritto in un equilibrio classico dalle proporzioni perfette. Il solista, cantando, danzando, volando come un elegantissimo acrobata, non scivolerà mai dal filo teso nel cielo del più puro classicismo musicale. Nello sviluppo, come nella ripresa conclusiva, il discorso, ora sereno ora patetico, mai interromperà il suo logico e naturale svolgimento.
Diamante musicale il primo Allegro del Concerto in Re, prezioso ed eterno, a cui segue l’Adagio costituito dal canto intimo del solista, a cui risponderà l’orchestra con l’elegante passione delle armonie haydniane. Al violoncello, strumento che in sé racchiude la voce dell’uomo e la voce di Dio, è destinata l’espressione serena di una profonda elevazione dello spirito. Non è musica sacra nel senso comune, cioè legata alla liturgia, ma l’afflato, il respiro audace dell’estasi, informa le armonie divine e le melodie che sopra vi si innestano. Il canto del violoncello affiora come acqua dall’arsura, e come le nubi bianchissime in un cielo azzurro si muove veloce su uno sfondo che appare eterno. L’Adagio centrale del Concerto è un patto ideale fra uomo e natura, è il vocalizzo dell’uomo che si riconosce nella natura e che di questo sa, consapevolmente, gioire.
A chiudere la composizione il lieto e levigato Rondò in cui, come un’eco dal passato, risuonano la giga antica e le danze delicate dei teatri di corte dell’epoca. Ma il Finale, questo balletto di giovani angeli senza peso, possiede anche una tale ricchezza melodica e armonica così disarmante da farne inevitabilmente qualcosa di diverso e di più complesso che una semplice danza. Come nelle sonate di Bach, qui il passo ritmico serve a Haydn per spiccare il volo, le terzine iniziali sono il salto che occorre al compositore per gettarsi nella volta stellata della fantasia, nel sorriso luminoso e magico di un quarto di luna.
Franz Joseph Haydn
Sinfonia 96 “Il Miracolo”
Il tiolo della Sinfonia si deve ad un aneddoto purtroppo rivelatosi poi infondato storicamente.
A Londra, durante un concerto sinfonico di Haydn, crollò il grande lampadario appeso al centro della sala. Non si registrarono vittime poiché il pubblico, durante gli applausi, per acclamare l’autore aveva raggiunto il palco lasciando vuote le poltrone della platea. Giustamente si gridò al “Miracolo”, solo che l’inconveniente fu storico. Probabilmente in cartellone quella sera non c’era la Sinfonia 96, forse la 103 o un’altra sinfonia londinese, ma all’editore, a cui mancava un titolo per la stampa, non sembrò poi un dettaglio così importante.
“Il Miracolo”, anche senza aneddoti, è comunque una delle migliori composizioni sinfoniche di Haydn. La forma raggiunge quasi la perfezione, i giochi armonici e coloristici sono sempre equilibrati senza che l’intonazione espressiva perda in profondità. Con una confidenza unica verso la forma della sinfonia, Haydn compone un affresco sinfonico possente e luminoso, teso a dimostrare un’intelligenza musicale unica, raffinatissima e irripetibile.
L’Adagio iniziale, tagliato in due sezioni, la prima lucente la seconda ombrosa e introversa, sfocia in un Allegro regale che nasconde in sé oblique linee melodiche, accostamenti imprevedibili e scarti ritmici che vengono però cuciti in un’atmosfera rigogliosa e olimpica, suadente, a tratti intima e segreta, sempre intonata alla più sontuosa bellezza.
Con il tema dei violini, a cui poi rispondono flauto e oboe quasi timidamente, si apre il sipario dell’Andante. Nel corso del movimento si avrà sempre la contrapposizione del tema con squarci emotivi sempre diversi e opposti, ironici e drammatici, prima leggeri e volatili poi pesanti e ruvidi. Fra i Soli degli archi e dei fiati e il Tutti orchestrale si svolgerà l’intero discorso compositivo, volto a narrare di un incredibile gioco di specchi, in cui ognuno è solo, mille volte rifranto e spezzato dalla luce su un vetro.
Il Minuetto, dal carattere gioiosamente popolare, vive di slanci, di fulmini falsamente militari e di scoppi di risate improvvise. Il Trio, più autenticamente pastorale invece, è affidato all’oboe, che qui, usato in veste di solista, fila un capolavoro di semplicità e di candore sapiente.
Ma con il Finale Vivace Assai giungiamo alla forma più originale della composizione, quella dell’autoritratto musicale del compositore. Ironico, dallo sguardo acuto, di umore calmo eppure pronto sia al sorriso che alla tragedia, con l’occhio saggio e attento di chi, benevolo verso il caso, non si pone l’ossessione del domani, tantomeno per il passato che non si può mutare.
Stendhal fu un grande ammiratore di Haydn e, grazie ai suoi scritti, possiamo leggere gli episodi che meglio descrivono il carattere del compositore:
Un lord appassionato di musica, a quanto diceva, venne a trovarlo un mattino e gli chiese delle lezioni di contrappunto, a una ghinea a lezione. Haydn, accorgendosi che il milord aveva qualche conoscenza di musica, accetta. “Quando cominciamo?” “Immediatamente, se volete” disse il lord; ed estrasse dalla tasca un quartetto di Haydn. “Come prima lezione – riprende – analizziamo questo quartetto e ditemi la ragione di certe modulazioni e della condotta generale della composizione, che non posso approvare completamente, perché esse sono contrarie ai principi”.
Haydn, un po’ sorpreso, si dichiara pronto a rispondere. Il lord comincia e dalle prime misure ha da ridire su ogni nota. Haydn, che di solito inventava, e che non era affatto un pedante, si trovava in grande imbarazzo e rispondeva sempre: “Ho fatto questo perché faceva un buon effetto; ho messo questo passaggio qui perché ci stava bene”. L’inglese, giudicando che queste risposte non provavano niente, ricominciava le sue prove e gli dimostrava con buone ragioni che il suo quartetto non valeva niente. “Ma, milord, arrangiate questo quartetto secondo il vostro gusto; fatelo suonare e vedrete quale delle due è la migliore” “Ma come può la vostra essere la migliore, se è contraria alla regole?” “Perché è la più gradevole”. Il lord replicava, Haydn rispondeva meglio che poteva; ma infine spazientito: “Vedo, milord, che siete voi che avete la bontà di darmi lezioni, e sono costretto ad ammettere che non merito l’onore di avere un tale maestro”. Il partigiano delle regole uscì, ed è ancora stupito del fatto che, seguendo le regole alla lettera, non si componga infallibilmente un Matrimonio Segreto.
L’ultimo movimento della Sinfonia “Il Miracolo” dimostra chi era Haydn, di che talento era dotato e del carattere dell’uomo che, senza scomporsi, con l’uso dell’ingegno, sapeva illustrare la forza spirituale dell’umanità insieme alle sue risibili miserie.
La linea dei violini, in tutto il movimento, servirà al compositore da corda con cui legare tutta l’orchestra verso un turbinoso e pieno finale in cui, siamo nel 1791, dai giochi del Tutti e dei Soli dei fiati, scoccherà la fanfara festosa e raggiante della libertà.
Biglietteria
La sera del Giovedì di questo concerto è inserita nella speciale rassegna: LA MUSICA È GIOVANE.
Clicca qui per ulteriori dettagli.
Abbonamenti e bilgietti in vendita presso:
Biglietteria Ticket One – Teatro Dal Verme
Via San Giovanni sul Muro, 2 – Milano
Tel. 02 87905
Orari d’apertura
Dal martedì al venerdì dalle ore 10 alle ore 18
Sabato e domenica dalle ore 10 alle ore 13
Vendita Online: www.ticketone.it
Il Cast
Direttore: Andrea Battistoni
Violoncello: Fernando Caida Greco
Orchestra: I Pomeriggi Musicali