Le date
Note
L’Associazione Civile Giorgio Ambrosoli ha deciso di porre quest’anno all’attenzione dell’opinione pubblica e soprattutto delle generazioni più giovani il problema dell’equità fiscale, un tema annoso e finora trattato in maniera inconcludente, ma che la crisi economica ha reso ormai di estrema attualità. Il titolo della Giornata della Virtù civile 2014, La sfida dell’equità fiscale, intende mettere in luce la necessità e l’urgenza di riflettere sul patto sociale tra i cittadini e le istituzioni attorno al tema delle tasse, per risanare una situazione drammaticamente ingiusta che si trascina da decenni con effetti nefasti sulla vita economica e sociale del nostro paese.
Per questo motivo, l’Associazione ha voluto ricordare la figura di Tommaso Padoa-Schioppa, un grande personaggio della cultura italiana ed europea scomparso il 18 dicembre 2010.La sua famosa dichiarazione che “le tasse sono una cosa bellissima”, pronunciata da Ministro dell’Economia del secondo Governo Prodi, era una sfida coraggiosa lanciata al populismo dilagante, alimentato dalla retorica di chi ha sempre cercato d’impedire con ogni mezzo una qualunque forma di equità fiscale. Padoa-Schioppa, una delle figure di maggior rilievo uscite dall’Università Bocconi, nella sua attività di studioso e attraverso il concreto impegno all’interno delle istituzioni ha cercato di contrastare la patologica arretratezza del nostro sistema fiscale. Il termine sfida non era estraneo al carattere dell’uomo, che non temeva di “mettere a repentaglio quel po’ di reputazione che ho accumulato in una vita di lavoro”, come scriveva nel 2006 poco prima di assumere l’incarico di Ministro.
La Giornata si conclude, come da tradizione, al Teatro Dal Verme, con il VI ‘Concerto Civile Giorgio Ambrosoli’ offerto dall’Orchestra dei Pomeriggi Musicali. Il programma di quest’anno mette in luce un tema costante nella storia qual è quello del rapporto tra musica d’autore e musica popolare. Dai tempi di Perotinus, forse il primo nome di musicista a emergere dal buio indistinto della Storia, nel XII secolo, le orecchie dei compositori sono sempre state delle finestre aperte sul mercato sottostante, per così dire. Il progressivo scollamento tra arte e vita quotidiana ci ha fatto dimenticare che ai tempi di Bach era normale improvvisare in chiesa una fuga all’organo su un motivo ascoltato magari nella taverna la sera prima. Il Quodlibet finale delle Variazioni Goldberg, per esempio, intreccia la melodia di due canzoni popolari, Ich bin so lang nicht bei dir gewest (Da tanto tempo non sto vicino a te) e Kraute und Rüben haben mich verstriben (Cavoli e rape mi hanno fatto scappare), che certo non appartengono al rango della musica di corte. Per fare un esempio più recente, uno degli ultimi lavori del “padre” del minimalismo americano, Steve Reich, prende spunto da due canzoni dei Radiohead, rielaborate in una scrittura pensata per un ensemble tradizionale come la London Sinfonietta. La musica popolare ha alimentato in maniera costante la produzione dei compositori, quindi non deve stupire se anche due autori completamente diversi come Mendelssohn e Luciano Berio hanno inteso rileggere secondo il proprio stile l’espressione musicale di culture lontane. Mendelssohn, un altro ‘giovane favoloso’ come Leopardi, era stato educato nel primo Ottocento a una severa disciplina d’arte classica, ma sentiva con prepotenza i fermenti rinnovatori che serpeggiavano tra i suoi coetanei romantici. La Sinfonia in la maggiore op. 90, detta “Italiana” perché abbozzata durante il soggiorno nel nostro paese nel 1830/31, rappresenta in maniera esemplare questa tensione. La prima esecuzione del lavoro, diretto dall’autore, avvenne a Londra il 13 maggio 1833, suscitando uno strepitoso successo. L’unico a non essere convinto del risultato però era proprio Mendelssohn, che rimaneggiò più volte la Sinfonia senza mai pubblicarla. I dubbi riguardavano soprattutto il forte contenuto caratteristico del famoso Andante con moto e del Saltarello finale, che raffiguravano rispettivamente una tipica processione di campagna e una vivace scena di ballo rustico, due immagini pittoresche del paesaggio italiano legate ai ricordi pittorici e musicali di Mendelssohn. Il descrittivismo di queste scene rischiava di mettere a repentaglio una visione classica della forma, e in questa contraddizione Mendelssohn si dibatteva senza riuscire a trovare una soluzione convincente. Berio, come tanti musicisti della sua generazioni usciti dalla guerra con l’esigenza impellente di rinnovare il mondo da zero, si è gettato subito anima e corpo nel ribollente mondo della Nuova musica, senza dimenticare però di avere alle spalle una storia musicale antica e vigorosa. A proposito di Folk Songs, ha scritto: «Ho sempre provato un senso di profondo disagio ascoltando canzoni popolari (cioè espressioni popolari spontanee) accompagnate dal pianoforte. È per questo e, soprattutto, per rendere omaggio all’intelligenza vocale di Cathy Berberian che nel 1964 ho scritto Folk Songs per voce e sette esecutori e, successivamente, per voce e orchestra da camera (1973)». L’attrazione per il mondo della musica “popolare” risale agli inizi della parabola artistica di Berio, ma si è approfondita grazie al rapporto creativo con la prima moglie, la cantante Cathy Berberian, che gli aveva trasmesso l’interesse per gli elementi fonetici del linguaggio. La Canzone d’amore dell’Azerbaijan, per esempio, era stata scovata da Cathy Berberian in un vecchio disco proveniente dall’Unione sovietica. La cantante, di origine armena ma nata negli Stati Uniti, non conosceva una parola della lingua azera e ha trascritto a orecchio i suoni che riusciva a catturare. Ecco un esempio eloquente dell’influenza di Cathy Berberian sull’interesse di Berio per gli elementi fonetici del linguaggio, che hanno avuto un ruolo cruciale nelle sperimentazioni musicali di quegli anni. Il ciclo di Berio ha un carattere diverso, rispetto all’antica e diffusa prassi della trascrizione. L’epoca dei Folk Songs era anche quella delle prime ricerche sul patrimonio musicale del mondo contadino meridionale e di altre culture subordinate. Studiosi come Alan Lomax, Diego Carpitella e Roberto Leydi stavano portando alla luce un mondo sonoro sconvolgente e irriducibile alle categorie antropologiche tradizionali. Berio ha tentato a sua volta d’interpretare in maniera creativa una serie di fenomeni musicali, che dimostravano la moltiplicità delle strutture linguistiche. Il lavoro di Berio è una vera e propria ri-composizione, che lascia emergere le tracce della storia depositate su queste espressioni della cultura popolare. Il programma offre in definitiva due maniere diverse di entrare in rapporto con il patrimonio musicale di un popolo, ma con una caratteristica comune. Lo sguardo dell’artista infatti si posa con curiosità e attenzione sull’espressione musicale dell’altro, senza pretendere di ricercare gli elementi costitutivi di un’identità linguistica o culturale. La musica di Mendelssohn e quella di Berio, in forme diverse e con linguaggi appartenenti a secoli differenti, aspirano a rappresentare quella che Nietzsche definiva “una voce per l’anima dell’Europa”, a incarnare cioè un ideale artistico che in nessun caso aveva intenzione di limitarsi a esprimere un fatto meramente nazionale.
In ricordo di Tommaso Padoa-Schioppa
Musiche di Felix Mendelssohn e Luciano Boerio
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Monica Bacelli Mezzosoprano
Tito Ceccherini Direttore
Biglietteria
Ingresso gratuito con ritiro obbligatorio dei biglietti in distribuzione presso la biglietteria del Teatro Dal Verme a partire dal 20 novembre durante il normale orario di cassa (martedì – sabato, ore 11:00 – 19:00).
I biglietti resteranno in distribuzione fino all’esaurimento degli stessi.
Il Cast
Tavola rotonda con Caterina Padoa-Schioppa, Ivan Lo Bello, Umberto Ambrosoli, Ferruccio de Bortoli
Moderatore: Marino Sinibaldi
Musiche di Felix Mendelssohn e Luciano Boerio
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Monica Bacelli Mezzosoprano
Tito Ceccherini Direttore
Note di sala
CONCERTO CIVILE GIORGIO AMBROSOLI – VI EDIZIONE
In ricordo di Tommaso Padoa-Schioppa
L’Associazione Civile Giorgio Ambrosoli ha deciso di porre quest’anno all’attenzione dell’opinione pubblica e soprattutto delle generazioni più giovani il problema dell’equità fiscale, un tema annoso e finora trattato in maniera inconcludente, ma che la crisi economica ha reso ormai di estrema attualità. Il titolo della Giornata della Virtù civile 2014, La sfida dell’equità fiscale, intende mettere in luce la necessità e l’urgenza di riflettere sul patto sociale tra i cittadini e le istituzioni attorno al tema delle tasse, per risanare una situazione drammaticamente ingiusta che si trascina da decenni con effetti nefasti sulla vita economica e sociale del nostro paese.
Per questo motivo, l’Associazione ha voluto ricordare la figura di Tommaso Padoa-Schioppa, un grande personaggio della cultura italiana ed europea scomparso il 18 dicembre 2010. La sua famosa dichiarazione che “le tasse sono una cosa bellissima”, pronunciata da Ministro dell’Economia del secondo Governo Prodi, era una sfida coraggiosa lanciata al populismo dilagante, alimentato dalla retorica di chi ha sempre cercato d’impedire con ogni mezzo una qualunque forma di equità fiscale. Padoa-Schioppa, una delle figure di maggior rilievo uscite dall’Università Bocconi, nella sua attività di studioso e attraverso il concreto impegno all’interno delle istituzioni ha cercato di contrastare la patologica arretratezza del nostro sistema fiscale. Il termine sfida non era estraneo al carattere dell’uomo, che non temeva di “mettere a repentaglio quel po’ di reputazione che ho accumulato in una vita di lavoro”, come scriveva nel 2006 poco prima di assumere l’incarico di Ministro.
La Giornata si conclude, come da tradizione, al Teatro Dal Verme, con il VI ‘Concerto Civile Giorgio Ambrosoli’ offerto dall’Orchestra dei Pomeriggi Musicali. Il programma di quest’anno mette in luce un tema costante nella storia qual è quello del rapporto tra musica d’autore e musica popolare.
Dai tempi di Perotinus, forse il primo nome di musicista a emergere dal buio indistinto della Storia, nel XII secolo, le orecchie dei compositori sono sempre state delle finestre aperte sul mercato sottostante, per così dire. Il progressivo scollamento tra arte e vita quotidiana ci ha fatto dimenticare che ai tempi di Bach era normale improvvisare in chiesa una fuga all’organo su un motivo ascoltato magari nella taverna la sera prima. Il Quodlibet finale delle Variazioni Goldberg, per esempio, intreccia la melodia di due canzoni popolari, Ich bin so lang nicht bei dir gewest (Da tanto tempo non sto vicino a te) e Kraute und Rüben haben mich verstriben (Cavoli e rape mi hanno fatto scappare), che certo non appartengono al rango della musica di corte. Per fare un esempio più recente, uno degli ultimi lavori del “padre” del minimalismo americano, Steve Reich, prende spunto da due canzoni dei Radiohead, rielaborate in una scrittura pensata per un ensemble tradizionale come la London Sinfonietta. La musica popolare ha alimentato in maniera costante la produzione dei compositori, quindi non deve stupire se anche due autori completamente diversi come Mendelssohn e Luciano Berio hanno inteso rileggere secondo il proprio stile l’espressione musicale di culture lontane.
Mendelssohn, un altro ‘giovane favoloso’ come Leopardi, era stato educato nel primo Ottocento a una severa disciplina d’arte classica, ma sentiva con prepotenza i fermenti rinnovatori che serpeggiavano tra i suoi coetanei romantici. La Sinfonia in la maggiore op. 90, detta “Italiana” perché abbozzata durante il soggiorno nel nostro paese nel 1830/31, rappresenta in maniera esemplare questa tensione. La prima esecuzione del lavoro, diretto dall’autore, avvenne a Londra il 13 maggio 1833, suscitando uno strepitoso successo. L’unico a non essere convinto del risultato però era proprio Mendelssohn, che rimaneggiò più volte la Sinfonia senza mai pubblicarla. I dubbi riguardavano soprattutto il forte contenuto caratteristico del famoso Andante con moto e del Saltarello finale, che raffiguravano rispettivamente una tipica processione di campagna e una vivace scena di ballo rustico, due immagini pittoresche del paesaggio italiano legate ai ricordi pittorici e musicali di Mendelssohn. Il descrittivismo di queste scene rischiava di mettere a repentaglio una visione classica della forma, e in questa contraddizione Mendelssohn si dibatteva senza riuscire a trovare una soluzione convincente.
Berio, come tanti musicisti della sua generazioni usciti dalla guerra con l’esigenza impellente di rinnovare il mondo da zero, si è gettato subito anima e corpo nel ribollente mondo della Nuova musica, senza dimenticare però di avere alle spalle una storia musicale antica e vigorosa.
A proposito di Folk Songs, ha scritto: «Ho sempre provato un senso di profondo disagio ascoltando canzoni popolari (cioè espressioni popolari spontanee) accompagnate dal pianoforte. È per questo e, soprattutto, per rendere omaggio all’intelligenza vocale di Cathy Berberian che nel 1964 ho scritto Folk Songs per voce e sette esecutori e, successivamente, per voce e orchestra da camera (1973)».
L’attrazione per il mondo della musica “popolare” risale agli inizi della parabola artistica di Berio, ma si è approfondita grazie al rapporto creativo con la prima moglie, la cantante Cathy Berberian, che gli aveva trasmesso l’interesse per gli elementi fonetici del linguaggio. La Canzone d’amore dell’Azerbaijan, per esempio, era stata scovata da Cathy Berberian in un vecchio disco proveniente dall’Unione sovietica. La cantante, di origine armena ma nata negli Stati Uniti, non conosceva una parola della lingua azera e ha trascritto a orecchio i suoni che riusciva a catturare. Ecco un esempio eloquente dell’influenza di Cathy Berberian sull’interesse di Berio per gli elementi fonetici del linguaggio, che hanno avuto un ruolo cruciale nelle sperimentazioni musicali di quegli anni.
Il ciclo di Berio ha un carattere diverso, rispetto all’antica e diffusa prassi della trascrizione. L’epoca dei Folk Songs era anche quella delle prime ricerche sul patrimonio musicale del mondo contadino meridionale e di altre culture subordinate. Studiosi come Alan Lomax, Diego Carpitella e Roberto Leydi stavano portando alla luce un mondo sonoro sconvolgente e irriducibile alle categorie antropologiche tradizionali. Berio ha tentato a sua volta d’interpretare in maniera creativa una serie di fenomeni musicali, che dimostravano la moltiplicità delle strutture linguistiche. Il lavoro di Berio è una vera e propria ri-composizione, che lascia emergere le tracce della storia depositate su queste espressioni della cultura popolare.
Il programma offre in definitiva due maniere diverse di entrare in rapporto con il patrimonio musicale di un popolo, ma con una caratteristica comune. Lo sguardo dell’artista infatti si posa con curiosità e attenzione sull’espressione musicale dell’altro, senza pretendere di ricercare gli elementi costitutivi di un’identità linguistica o culturale. La musica di Mendelssohn e quella di Berio, in forme diverse e con linguaggi appartenenti a secoli differenti, aspirano a rappresentare quella che Nietzsche definiva “una voce per l’anima dell’Europa”, a incarnare cioè un ideale artistico che in nessun caso aveva intenzione di limitarsi a esprimere un fatto meramente nazionale.
Oreste Bossini
Folk Songs
1. Black Is the Colour (USA)
Black black black is the colour of my true love’s hair
His lips are something rosy fair
The sweetest smile and the kindest hands
I love the grass whereon he stands
I love my love and well he knows
I love the grass whereon he goes
If he no more on earth will be
’twill surely be the end of me
Nero è il colore
Nero è il colore dei capelli del mio amore
le labbra ha di un bel rosa,
il più dolce dei sorrisi e le mani più gentili;
amo l’erba su cui poggia i piedi.
Amo il mio amore, e ben lo sa
amo l’erba su cui cammina
se non dovesse esser più a questo mondo
per me certo sarebbe la fine.
2. I Wonder as I Wander (USA)
I wonder as I wander out under the sky
How Jesus our Saviour did come for to die
For poor ordn’ry people like you and like I
I wonder as I wander out under the sky
When Mary birthed Jesus ’twas in a cow stall
With wise men and farmers and shepherds and all
But high from the Heavens a star’s light did fall
The promise of ages it then did recall
If Jesus had wanted of any wee thing
A star in the sky or a bird on the wing
Or all of God’s angels in Heav’n for to sing
He surely could have had it ’cause he was the king
Mi meraviglio mentre vago
Mi meraviglio mentre vago là fuori sotto il cielo
Come abbia potuto Gesù, il Salvatore, venir qua a morire
per povera gente comune come te e me.
Mi meraviglio mentre vago là fuori sotto il cielo.
Quando Maria mise al mondo Gesù era in una stalla,
con re magi e contadini e pastori e così via,
ma dall’alto dei Cieli cadeva la luce di una stella,
ricordando le profezie antiche di secoli.
Se Gesù avesse voluto una cosa qualunque,
una stella in cielo o un uccello in volo,
o tutto gli angeli di Dio in Paradiso a cantare,
l’avrebbe avuta di certo, poiché era il re.
3. Loosin yelav (Armenia)
Loosin yelav en sareetz
Saree partzaer gadareetz
Shegleeg megleeg yeresov
Paervetz kedneen loosnidzov
Jan ain loosin Jan ko loosin
Jan ko gaelor sheg yereseen
Xavarn arten tchaekatzav
Oo el kedneen tchaegatzav
Loosni loosov halatzvadz
Moot amberi metch maenadz
Jan ain loosin Jan ko loosin
Jan ko gaelor sheg
La luna è alta
La luna è alta sulla collina
proprio in cima alla collina
con la sua luce rossa e rosea
rischiara splendidamente la terra.
Cara luna, cara la tua luce
caro il tuo volto rotondo e roseo.
Prima il buio regnava
avvolgendo la terra
il chiardiluna l’ha ricacciato
fra le nuvole nere
4. Rossignolet du bois (Francia)
Rossignolet du bois
Rossignolet sauvage
Apprends-moi ton langage
Apprends-moi-z à parler
Apprends-moi la manìère
Comment il faut aimer
Comment il faut aimer
Je m’en vais vous le dire
Faut chanter des aubades
Deux heures après minuit
Faut lui chanter: la belle
C’est pour vous réjouir
On m’avait dit la belle
Que vous avez des pommes
Des pommes de renettes
Qui sont dans vot’ jardin
Permettez-moi la belle
Que j’y mette la main
Non je ne permettrai pas
Que vous touchiez mes pommes
Prenez d’abord la lune
Et le soleil en main
Puis vous aurez les pommes
Qui sont dans mon jardin
Piccolo usignolo del bosco
Piccolo usignolo del bosco,
piccolo usignolo selvatico,
insegnami la tua lingua,
insegnami a parlare,
insegnami il modo
in cui si deve amare.
Come si debba amare
adesso vi dirò:
cantando serenate
due ore dopo mezzanotte,
cantarle: – O carina,
è per darvi gioia.
Mi avevan detto, carina,
che avevate certe mele,
mele renette
che sono nel vostro giardino,
lasciate che le tocchi.
No, mai permetterò
che tocchiate le mie mele,
prima prendete la luna
e il sole con le mani,
poi avrete le mele
che sono nel mio giardin
5. A la femminisca (Sicilia)
E Signuruzzu miù faciti bon tempu
Ha iu l’amanti miu ’mmezzu lu mari
L’arvuli d’oru e li ntinni d’argentu
La Marunnuzza mi l’av’aiutari,
Chi pozzanu arrivòri ’nsarvamentu.
E comu arriva ’na littra
Ma fari ci ha mittiri du duci paroli
Comu ti l’ha passatu mari, mari
Alla maniera delle donne
E caro Signore, dateci il bel tempo,
il mio innamorato è in mezzo al mare
con l’albero d’oro e le vele d’argento
la Madonnina me lo deve aiutare
a giungere a salvamento.
E se arriva una lettera,
che ci metta due paroline dolci,
come hai attraversato il mare.
6. La Donna Ideale (Liguria)
L’ómo chi mojer vor piar
De quatro cosse de’e spiar
La primiera è com’èl è naa
L’altra è se l’è ben accostumaa
L’altra è como el è formaa
La quarta è de quanto el è dotaa
Se queste cosse ghe comprendi
A lo nome di Dio la prendi
7. Ballo
La la la la la la…
Amor fa disviare li più saggi
E chi più l’ama meno ha in sé misura
Più folle è quello che più s’innamura
La la la la la la…
Amor non cura di fare suoi dannaggi
Co li suoi raggi mette tal calura
Che non può raffreddare per freddura
8. Motettu de tristura (Sardegna)
Tristu passirillanti
Comenti massimbillas
Tristu passirillanti
E puita mi consillas
A prangi po s’amanti
Tristu passirillanti
Cand’happess interrada
Tristu passirillanti
Faimi custa cantada
Cand’happess interrada
Canzone triste
Passerotto triste
quanti ricordi.
Passerotto triste
se puoi consolami
piango per il mio amore.
Passerotto triste
quando sarò sottoterra
Passerotto triste
canta per me questa canzone
quando sarò sottoterra
9. Malurous qu’o un fenno (Alvernia)
Malurous qu’o uno fenno,
Malurous qué n’o cat!
Qué n’o cat n’en bou uno,
Qué n’o uno n’en bou pas!
Tradèra, ladèri dèrèro
Ladèra, ladèri dèra.
Urouzo lo fenno
Qu’o l’omé qué li cau!
Urouz’ inquèro maito
O quèlo qué n’o cat!
Tradèra, ladèri dèrèro
Ladèra, ladèri dèra
Sfortunato chi ha moglie
Sfortunato chi ha moglie,
sfortunato chi non ce l’ha!
Chi non ce l’ha, ne vuole una,
chi ce l’ha non la vorrebbe!
Trallallera…
Felice la donna
Che ha un uomo che le piaccia!
Felice ancor di più
quella che non ce l’ha!
Trallallera…
10. Lo Fïolairé (Alvernia)
Ton qu’èrè pitchounèlo,
Gordavè loui moutous.
Ti lirou lirou… la la diri tou tou la lara!
Obio ‘no counoulhèto
È n’ai près u postrou.
Ti lirou lirou… la la diri tou tou la lara!
Per fa l’obiroudèto
Mè domound’ un poutou.
Ti lirou lirou… la la diri tou tou la lara!
È ièu soui pas ingrato,
Èn lièt d’un n’in fau dous!
Ti lirou lirou… la la diri tou tou la lara!
La filatrice
Quand’ero piccina
badavo le pecore.
Lirù lirù lirù…
Avevo una conocchia
e chiamai un pastore.
Lirù lirù lirù…
Per far la guardia
mi chiese un bacio.
Lirù lirù lirù…
E io non sono ingrata:
invece d’uno glie ne diedi due!
Lirù lirù lirù…
11. Azerbaijan Love Song (Qalalıyam)