Concerto Civile "Giorgio Ambrosoli" VI Edizione - Teatro Dal Verme

Le date

Sala Grande
giovedì 04 dicembre 2014
Ore: 19:30

Note

L’Associazione Civile Giorgio Ambrosoli ha deciso di porre quest’anno all’attenzione dell’opinione pubblica e soprattutto delle generazioni più giovani il problema dell’equità fiscale, un tema annoso e finora trattato in maniera inconcludente, ma che la crisi economica ha reso ormai di estrema attualità. Il titolo della Giornata della Virtù civile 2014, La sfida dell’equità fiscale, intende mettere in luce la necessità e l’urgenza di riflettere sul patto sociale tra i cittadini e le istituzioni attorno al tema delle tasse, per risanare una situazione drammaticamente ingiusta che si trascina da decenni con effetti nefasti sulla vita economica e sociale del nostro paese.

Per questo motivo, l’Associazione ha voluto ricordare la figura di Tommaso Padoa-Schioppa, un grande personaggio della cultura italiana ed europea scomparso il 18 dicembre 2010.La sua famosa dichiarazione che “le tasse sono una cosa bellissima”, pronunciata da Ministro dell’Economia del secondo Governo Prodi, era una sfida coraggiosa lanciata al populismo dilagante, alimentato dalla retorica di chi ha sempre cercato d’impedire con ogni mezzo una qualunque forma di equità fiscale. Padoa-Schioppa, una delle figure di maggior rilievo uscite dall’Università Bocconi, nella sua attività di studioso e attraverso il concreto impegno all’interno delle istituzioni ha cercato di contrastare la patologica arretratezza del nostro sistema fiscale. Il termine sfida non era estraneo al carattere dell’uomo, che non temeva di “mettere a repentaglio quel po’ di reputazione che ho accumulato in una vita di lavoro”, come scriveva nel 2006 poco prima di assumere l’incarico di Ministro.

La Giornata si conclude, come da tradizione, al Teatro Dal Verme, con il VI ‘Concerto Civile Giorgio Ambrosoli’ offerto dall’Orchestra dei Pomeriggi Musicali. Il programma di quest’anno mette in luce un tema costante nella storia qual è quello del rapporto tra musica d’autore e musica popolare. Dai tempi di Perotinus, forse il primo nome di musicista a emergere dal buio indistinto della Storia, nel XII secolo, le orecchie dei compositori sono sempre state delle finestre aperte sul mercato sottostante, per così dire. Il progressivo scollamento tra arte e vita quotidiana ci ha fatto dimenticare che ai tempi di Bach era normale improvvisare in chiesa una fuga all’organo su un motivo ascoltato magari nella taverna la sera prima. Il Quodlibet finale delle Variazioni Goldberg, per esempio, intreccia la melodia di due canzoni popolari, Ich bin so lang nicht bei dir gewest (Da tanto tempo non sto vicino a te) e Kraute und Rüben haben mich verstriben (Cavoli e rape mi hanno fatto scappare), che certo non appartengono al rango della musica di corte. Per fare un esempio più recente, uno degli ultimi lavori del “padre” del minimalismo americano, Steve Reich, prende spunto da due canzoni dei Radiohead, rielaborate in una scrittura pensata per un ensemble tradizionale come la London Sinfonietta. La musica popolare ha alimentato in maniera costante la produzione dei compositori, quindi non deve stupire se anche due autori completamente diversi come Mendelssohn e Luciano Berio hanno inteso rileggere secondo il proprio stile l’espressione musicale di culture lontane. Mendelssohn, un altro ‘giovane favoloso’ come Leopardi, era stato educato nel primo Ottocento a una severa disciplina d’arte classica, ma sentiva con prepotenza i fermenti rinnovatori che serpeggiavano tra i suoi coetanei romantici. La Sinfonia in la maggiore op. 90, detta “Italiana” perché abbozzata durante il soggiorno nel nostro paese nel 1830/31, rappresenta in maniera esemplare questa tensione. La prima esecuzione del lavoro, diretto dall’autore, avvenne a Londra il 13 maggio 1833, suscitando uno strepitoso successo. L’unico a non essere convinto del risultato però era proprio Mendelssohn, che rimaneggiò più volte la Sinfonia senza mai pubblicarla. I dubbi riguardavano soprattutto il forte contenuto caratteristico del famoso Andante con moto e del Saltarello finale, che raffiguravano rispettivamente una tipica processione di campagna e una vivace scena di ballo rustico, due immagini pittoresche del paesaggio italiano legate ai ricordi pittorici e musicali di Mendelssohn. Il descrittivismo di queste scene rischiava di mettere a repentaglio una visione classica della forma, e in questa contraddizione Mendelssohn si dibatteva senza riuscire a trovare una soluzione convincente. Berio, come tanti musicisti della sua generazioni usciti dalla guerra con l’esigenza impellente di rinnovare il mondo da zero, si è gettato subito anima e corpo nel ribollente mondo della Nuova musica, senza dimenticare però di avere alle spalle una storia musicale antica e vigorosa. A proposito di Folk Songs, ha scritto: «Ho sempre provato un senso di profondo disagio ascoltando canzoni popolari (cioè espressioni popolari spontanee) accompagnate dal pianoforte. È per questo e, soprattutto, per rendere omaggio all’intelligenza vocale di Cathy Berberian che nel 1964 ho scritto Folk Songs per voce e sette esecutori e, successivamente, per voce e orchestra da camera (1973)». L’attrazione per il mondo della musica “popolare” risale agli inizi della parabola artistica di Berio, ma si è approfondita grazie al rapporto creativo con la prima moglie, la cantante Cathy Berberian, che gli aveva trasmesso l’interesse per gli elementi fonetici del linguaggio. La Canzone d’amore dell’Azerbaijan, per esempio, era stata scovata da Cathy Berberian in un vecchio disco proveniente dall’Unione sovietica. La cantante, di origine armena ma nata negli Stati Uniti, non conosceva una parola della lingua azera e ha trascritto a orecchio i suoni che riusciva a catturare. Ecco un esempio eloquente dell’influenza di Cathy Berberian sull’interesse di Berio per gli elementi fonetici del linguaggio, che hanno avuto un ruolo cruciale nelle sperimentazioni musicali di quegli anni. Il ciclo di Berio ha un carattere diverso, rispetto all’antica e diffusa prassi della trascrizione. L’epoca dei Folk Songs era anche quella delle prime ricerche sul patrimonio musicale del mondo contadino meridionale e di altre culture subordinate. Studiosi come Alan Lomax, Diego Carpitella e Roberto Leydi stavano portando alla luce un mondo sonoro sconvolgente e irriducibile alle categorie antropologiche tradizionali. Berio ha tentato a sua volta d’interpretare in maniera creativa una serie di fenomeni musicali, che dimostravano la moltiplicità delle strutture linguistiche. Il lavoro di Berio è una vera e propria ri-composizione, che lascia emergere le tracce della storia depositate su queste espressioni della cultura popolare. Il programma offre in definitiva due maniere diverse di entrare in rapporto con il patrimonio musicale di un popolo, ma con una caratteristica comune. Lo sguardo dell’artista infatti si posa con curiosità e attenzione sull’espressione musicale dell’altro, senza pretendere di ricercare gli elementi costitutivi di un’identità linguistica o culturale. La musica di Mendelssohn e quella di Berio, in forme diverse e con linguaggi appartenenti a secoli differenti, aspirano a rappresentare quella che Nietzsche definiva “una voce per l’anima dell’Europa”, a incarnare cioè un ideale artistico che in nessun caso aveva intenzione di limitarsi a esprimere un fatto meramente nazionale.

In ricordo di Tommaso Padoa-Schioppa
Musiche di Felix Mendelssohn e Luciano Boerio
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Monica Bacelli Mezzosoprano
Tito Ceccherini Direttore

 


Biglietteria

Ingresso gratuito con ritiro obbligatorio dei biglietti in distribuzione presso la biglietteria del Teatro Dal Verme a partire dal 20 novembre  durante il normale orario di cassa (martedì – sabato, ore 11:00 – 19:00).
I biglietti resteranno in distribuzione fino all’esaurimento degli stessi.

Il Cast

Tavola rotonda con Caterina Padoa-Schioppa, Ivan Lo Bello, Umberto Ambrosoli, Ferruccio de Bortoli
Moderatore: Marino Sinibaldi

Musiche di Felix Mendelssohn e Luciano Boerio
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Monica Bacelli Mezzosoprano
Tito Ceccherini Direttore

Note di sala

CONCERTO CIVILE GIORGIO AMBROSOLI – VI EDIZIONE

In ricordo di Tommaso Padoa-Schioppa

 

L’Associazione Civile Giorgio Ambrosoli ha deciso di porre quest’anno all’attenzione dell’opinione pubblica e soprattutto delle generazioni più giovani il problema dell’equità fiscale, un tema annoso e finora trattato in maniera inconcludente, ma che la crisi economica ha reso ormai di estrema attualità. Il titolo della Giornata della Virtù civile 2014, La sfida dell’equità fiscale, intende mettere in luce la necessità e l’urgenza di riflettere sul patto sociale tra i cittadini e le istituzioni attorno al tema delle tasse, per risanare una situazione drammaticamente ingiusta che si trascina da decenni con effetti nefasti sulla vita economica e sociale del nostro paese.

Per questo motivo, l’Associazione ha voluto ricordare la figura di Tommaso Padoa-Schioppa, un grande personaggio della cultura italiana ed europea scomparso il 18 dicembre 2010. La sua famosa dichiarazione che “le tasse sono una cosa bellissima”, pronunciata da Ministro dell’Economia del secondo Governo Prodi, era una sfida coraggiosa lanciata al populismo dilagante, alimentato dalla retorica di chi ha sempre cercato d’impedire con ogni mezzo una qualunque forma di equità fiscale. Padoa-Schioppa, una delle figure di maggior rilievo uscite dall’Università Bocconi, nella sua attività di studioso e attraverso il concreto impegno all’interno delle istituzioni ha cercato di contrastare la patologica arretratezza del nostro sistema fiscale. Il termine sfida non era estraneo al carattere dell’uomo, che non temeva di “mettere a repentaglio quel po’ di reputazione che ho accumulato in una vita di lavoro”, come scriveva nel 2006 poco prima di assumere l’incarico di Ministro.

La Giornata si conclude, come da tradizione, al Teatro Dal Verme, con il VI ‘Concerto Civile Giorgio Ambrosoli’ offerto dall’Orchestra dei Pomeriggi Musicali. Il programma di quest’anno mette in luce un tema costante nella storia qual è quello del rapporto tra musica d’autore e musica popolare.

Dai tempi di Perotinus, forse il primo nome di musicista a emergere dal buio indistinto della Storia, nel XII secolo, le orecchie dei compositori sono sempre state delle finestre aperte sul mercato sottostante, per così dire. Il progressivo scollamento tra arte e vita quotidiana ci ha fatto dimenticare che ai tempi di Bach era normale improvvisare in chiesa una fuga all’organo su un motivo ascoltato magari nella taverna la sera prima. Il Quodlibet finale delle Variazioni Goldberg, per esempio, intreccia la melodia di due canzoni popolari, Ich bin so lang nicht bei dir gewest (Da tanto tempo non sto vicino a te) e Kraute und Rüben haben mich verstriben (Cavoli e rape mi hanno fatto scappare), che certo non appartengono al rango della musica di corte. Per fare un esempio più recente, uno degli ultimi lavori del “padre” del minimalismo americano, Steve Reich, prende spunto da due canzoni dei Radiohead, rielaborate in una scrittura pensata per un ensemble tradizionale come la London Sinfonietta. La musica popolare ha alimentato in maniera costante la produzione dei compositori, quindi non deve stupire se anche due autori completamente diversi come Mendelssohn e Luciano Berio hanno inteso rileggere secondo il proprio stile l’espressione musicale di culture lontane.

Mendelssohn, un altro ‘giovane favoloso’ come Leopardi, era stato educato nel primo Ottocento a una severa disciplina d’arte classica, ma sentiva con prepotenza i fermenti rinnovatori che serpeggiavano tra i suoi coetanei romantici. La Sinfonia in la maggiore op. 90, detta “Italiana” perché abbozzata durante il soggiorno nel nostro paese nel 1830/31, rappresenta in maniera esemplare questa tensione. La prima esecuzione del lavoro, diretto dall’autore, avvenne a Londra il 13 maggio 1833, suscitando uno strepitoso successo. L’unico a non essere convinto del risultato però era proprio Mendelssohn, che rimaneggiò più volte la Sinfonia senza mai pubblicarla. I dubbi riguardavano soprattutto il forte contenuto caratteristico del famoso Andante con moto e del Saltarello finale, che raffiguravano rispettivamente una tipica processione di campagna e una vivace scena di ballo rustico,  due immagini pittoresche del paesaggio italiano legate ai ricordi pittorici e musicali di Mendelssohn. Il descrittivismo di queste scene rischiava di mettere a repentaglio una visione classica della forma, e in questa contraddizione Mendelssohn si dibatteva senza riuscire a trovare una soluzione convincente.

Berio, come tanti musicisti della sua generazioni usciti dalla guerra con l’esigenza impellente di rinnovare il mondo da zero, si è gettato subito anima e corpo nel ribollente mondo della Nuova musica, senza dimenticare però di avere alle spalle una storia musicale antica e vigorosa.

A proposito di Folk Songs, ha scritto: «Ho sempre provato un senso di profondo disagio ascoltando canzoni popolari (cioè espressioni popolari spontanee) accompagnate dal pianoforte. È per questo e, soprattutto, per rendere omaggio all’intelligenza vocale di Cathy Berberian che nel 1964 ho scritto Folk Songs per voce e sette esecutori e, successivamente, per voce e orchestra da camera (1973)».

L’attrazione per il mondo della musica “popolare” risale agli inizi della parabola artistica di Berio, ma si è approfondita grazie al rapporto creativo con la prima moglie, la cantante Cathy Berberian, che gli aveva trasmesso l’interesse per gli elementi fonetici del linguaggio. La Canzone d’amore dell’Azerbaijan, per esempio, era stata scovata da Cathy Berberian in un vecchio disco proveniente dall’Unione sovietica. La cantante, di origine armena ma nata negli Stati Uniti, non conosceva una parola della lingua azera e ha trascritto a orecchio i suoni che riusciva a catturare. Ecco un esempio eloquente dell’influenza di Cathy Berberian sull’interesse di Berio per gli elementi fonetici del linguaggio, che hanno avuto un ruolo cruciale nelle sperimentazioni musicali di quegli anni.

Il ciclo di Berio ha un carattere diverso, rispetto all’antica e diffusa prassi della trascrizione. L’epoca dei Folk Songs era anche quella delle prime ricerche sul patrimonio musicale del mondo contadino meridionale e di altre culture subordinate. Studiosi come Alan Lomax, Diego Carpitella e Roberto Leydi stavano portando alla luce un mondo sonoro sconvolgente e irriducibile alle categorie antropologiche tradizionali. Berio ha tentato a sua volta d’interpretare in maniera creativa una serie di fenomeni musicali, che dimostravano la moltiplicità delle strutture linguistiche. Il lavoro di Berio è una vera e propria ri-composizione, che lascia emergere le tracce della storia depositate su queste espressioni della cultura popolare.

Il programma offre in definitiva due maniere diverse di entrare in rapporto con il patrimonio musicale di un popolo, ma con una caratteristica comune. Lo sguardo dell’artista infatti si posa con curiosità e attenzione sull’espressione musicale dell’altro, senza pretendere di ricercare gli elementi costitutivi di un’identità linguistica o culturale. La musica di Mendelssohn e quella di Berio, in forme diverse e con linguaggi appartenenti a secoli differenti, aspirano a rappresentare quella che Nietzsche definiva “una voce per l’anima dell’Europa”, a incarnare cioè un ideale artistico che in nessun caso aveva intenzione di limitarsi a esprimere un fatto meramente nazionale.

Oreste Bossini

Folk Songs

1. Black Is the Colour (USA)

Black black black is the colour of my true love’s hair

His lips are something rosy fair

The sweetest smile and the kindest hands

I love the grass whereon he stands

I love my love and well he knows

I love the grass whereon he goes

If he no more on earth will be

’twill surely be the end of me

Nero è il colore

Nero è il colore dei capelli del mio amore

le labbra ha di un bel rosa,

il più dolce dei sorrisi e le mani più gentili;

amo l’erba su cui poggia i piedi.

Amo il mio amore, e ben lo sa

amo l’erba su cui cammina

se non dovesse esser più a questo mondo

per me certo sarebbe la fine.

2. I Wonder as I Wander (USA)

I wonder as I wander out under the sky

How Jesus our Saviour did come for to die

For poor ordn’ry people like you and like I

I wonder as I wander out under the sky

When Mary birthed Jesus ’twas in a cow stall

With wise men and farmers and shepherds and all

But high from the Heavens a star’s light did fall

The promise of ages it then did recall

If Jesus had wanted of any wee thing

A star in the sky or a bird on the wing

Or all of God’s angels in Heav’n for to sing

He surely could have had it ’cause he was the king

Mi meraviglio mentre vago

Mi meraviglio mentre vago là fuori sotto il cielo

Come abbia potuto Gesù, il Salvatore, venir qua a morire

per povera gente comune come te e me.

Mi meraviglio mentre vago là fuori sotto il cielo.

Quando Maria mise al mondo Gesù era in una stalla,

con re magi e contadini e pastori e così via,

ma dall’alto dei Cieli cadeva la luce di una stella,

ricordando le profezie antiche di secoli.

Se Gesù avesse voluto una cosa qualunque,

una stella in cielo o un uccello in volo,

o tutto gli angeli di Dio in Paradiso a cantare,

l’avrebbe avuta di certo, poiché era il re.

3. Loosin yelav (Armenia)

Loosin yelav en sareetz

Saree partzaer gadareetz

Shegleeg megleeg yeresov

Paervetz kedneen loosnidzov

Jan ain loosin Jan ko loosin

Jan ko gaelor sheg yereseen

Xavarn arten tchaekatzav

Oo el kedneen tchaegatzav

Loosni loosov halatzvadz

Moot amberi metch maenadz

Jan ain loosin Jan ko loosin

Jan ko gaelor sheg

La luna è alta

La luna è alta sulla collina

proprio in cima alla collina

con la sua luce rossa e rosea

rischiara splendidamente la terra.

Cara luna, cara la tua luce

caro il tuo volto rotondo e roseo.

Prima il buio regnava

avvolgendo la terra

il chiardiluna l’ha ricacciato

fra le nuvole nere

4. Rossignolet du bois (Francia)

Rossignolet du bois

Rossignolet sauvage

Apprends-moi ton langage

Apprends-moi-z à parler

Apprends-moi la manìère

Comment il faut aimer

Comment il faut aimer

Je m’en vais vous le dire

Faut chanter des aubades

Deux heures après minuit

Faut lui chanter: la belle

C’est pour vous réjouir

On m’avait dit la belle

Que vous avez des pommes

Des pommes de renettes

Qui sont dans vot’ jardin

Permettez-moi la belle

Que j’y mette la main

Non je ne permettrai pas

Que vous touchiez mes pommes

Prenez d’abord la lune

Et le soleil en main

Puis vous aurez les pommes

Qui sont dans mon jardin

Piccolo usignolo del bosco

Piccolo usignolo del bosco,

piccolo usignolo selvatico,

insegnami la tua lingua,

insegnami a parlare,

insegnami il modo

in cui si deve amare.

Come si debba amare

adesso vi dirò:

cantando serenate

due ore dopo mezzanotte,

cantarle: – O carina,

è per darvi gioia.

Mi avevan detto, carina,

che avevate certe mele,

mele renette

che sono nel vostro giardino,

lasciate che le tocchi.

No, mai permetterò

che tocchiate le mie mele,

prima prendete la luna

e il sole con le mani,

poi avrete le mele

che sono nel mio giardin

5. A la femminisca (Sicilia)

E Signuruzzu miù faciti bon tempu

Ha iu l’amanti miu ’mmezzu lu mari

L’arvuli d’oru e li ntinni d’argentu

La Marunnuzza mi l’av’aiutari,

Chi pozzanu arrivòri ’nsarvamentu.

E comu arriva ’na littra

Ma fari ci ha mittiri du duci paroli

Comu ti l’ha passatu mari, mari

Alla maniera delle donne

E caro Signore, dateci il bel tempo,

il mio innamorato è in mezzo al mare

con l’albero d’oro e le vele d’argento

la Madonnina me lo deve aiutare

a giungere a salvamento.

E se arriva una lettera,

che ci metta due paroline dolci,

come hai attraversato il mare.

6. La Donna Ideale (Liguria)

L’ómo chi mojer vor piar

De quatro cosse de’e spiar

La primiera è com’èl è naa

L’altra è se l’è ben accostumaa

L’altra è como el è formaa

La quarta è de quanto el è dotaa

Se queste cosse ghe comprendi

A lo nome di Dio la prendi

7. Ballo

La la la la la la…

Amor fa disviare li più saggi

E chi più l’ama meno ha in sé misura

Più folle è quello che più s’innamura

La la la la la la…

Amor non cura di fare suoi dannaggi

Co li suoi raggi mette tal calura

Che non può raffreddare per freddura

8. Motettu de tristura (Sardegna)

Tristu passirillanti

Comenti massimbillas

Tristu passirillanti

E puita mi consillas

A prangi po s’amanti

Tristu passirillanti

Cand’happess interrada

Tristu passirillanti

Faimi custa cantada

Cand’happess interrada

Canzone triste

Passerotto triste

quanti ricordi.

Passerotto triste

se puoi consolami

piango per il mio amore.

Passerotto triste

quando sarò sottoterra

Passerotto triste

canta per me questa canzone

quando sarò sottoterra

9. Malurous qu’o un fenno (Alvernia)

Malurous qu’o uno fenno,

Malurous qué n’o cat!

Qué n’o cat n’en bou uno,

Qué n’o uno n’en bou pas!

Tradèra, ladèri dèrèro

Ladèra, ladèri dèra.

Urouzo lo fenno

Qu’o l’omé qué li cau!

Urouz’ inquèro maito

O quèlo qué n’o cat!

Tradèra, ladèri dèrèro

Ladèra, ladèri dèra

Sfortunato chi ha moglie

Sfortunato chi ha moglie,

sfortunato chi non ce l’ha!

Chi non ce l’ha, ne vuole una,

chi ce l’ha non la vorrebbe!

Trallallera…

Felice la donna

Che ha un uomo che le piaccia!

Felice ancor di più

quella che non ce l’ha!

Trallallera…

10. Lo Fïolairé (Alvernia)

Ton qu’èrè pitchounèlo,

Gordavè loui moutous.

Ti lirou lirou… la la diri tou tou la lara!

Obio ‘no counoulhèto

È n’ai près u postrou.

Ti lirou lirou… la la diri tou tou la lara!

Per fa l’obiroudèto

Mè domound’ un poutou.

Ti lirou lirou… la la diri tou tou la lara!

È ièu soui pas ingrato,

Èn lièt d’un n’in fau dous!

Ti lirou lirou… la la diri tou tou la lara!

La filatrice

Quand’ero piccina

badavo le pecore.

Lirù lirù lirù…

Avevo una conocchia

e chiamai un pastore.

Lirù lirù lirù…

Per far la guardia

mi chiese un bacio.

Lirù lirù lirù…

E io non sono ingrata:

invece d’uno glie ne diedi due!

Lirù lirù lirù…

11. Azerbaijan Love Song (Qalalıyam)