Le date
Anche quest’anno I Pomeriggi Musicali offrono al loro pubblico l’occasione di festeggiare a passo di valzer il nuovo anno!
Biglietteria
Biglietti
Posto unico € 40,00 + prevendita
Speciale Abbonati Pomeriggi Musicali € 30,00 + prevendita
Il Cast
Direttore, Roberto Gianola
Attore comico, Vincenzo Santagata
Soprano, Susie Helena Georgiadis
Soubrette, Ilaria Zanetti
Tenore, Filippo Pina Castiglioni
Orchestra Lirica de I Pomeriggi Musicali
Note di sala
Gran Galà dell’Operetta
Johann Strauss Wiener Blut
Carlo Lombardo Walzer di Frou Frou da La duchessa del bal tabarin
Mario Costa Napoletana da La scugnizza
Franz Lehár Tu che m’hai preso il cor da Il paese del sorriso
Mario Costa Duetto Salomè da La scugnizza
Franz Lehár O fanciulla all’imbrunir da Frasquita
Franz Lehár Romanza della Vilja da La vedova allegra
Johann Strauss Trisch – trasch polka
Carlo Lombardo Spesso a cuori e a picche da Madama di Tebe
Virgilio Ranzato Aria della Bambola da Cin Ci La
Jacques Offenbach Aria dell’ubriaca da La perichole
Franz Lehár Tace il labbro – Vo fare il Parigin
Franz Lehár È scabroso le donne studiar da La Vedova Allegra
Guida all’ascolto di Mariateresa Dellaborra
Preceduta, quasi in funzione di ouverture, dal celebre valzer Sangue viennese (Wiener Blut) op. 354 scritto appositamente da Johann Strauss junior nel 1873 in occasione dei festeggiamenti nuziali per Gisella d’Asburgo-Lorena, figlia maggiore dell’imperatore, e Leopoldo di Baviera, si “apre il sipario” su alcune delle pagine più fascinose e conosciute dell’operetta. Questo genere teatrale, nato nella seconda metà del XIX secolo in Francia e in Austria, e giunto soltanto all’inizio del secolo successivo in Italia, per lungo tempo è stato considerato minore, simbolo esclusivo ed espressione del gusto e della cultura della borghesia francese e austriaca fin de siècle, che prediligeva le storie sentimentali ambientate nella buona società del tempo. In realtà l’operetta presenta trame semplici, lineari, talora inverosimili, in quanto non intende comunicare messaggi ideologici o trame didascaliche-moraleggianti, ma vuole solo offrire una piacevole, ma non vacua occasione di distensione e di divertimento. Per raggiungere tale scopo si avvale, oltre che di elementi scenico-coreografici spettacolari, anche di una intonazione e di una realizzazione musicale particolarmente briosa e godibile che conquista e travolge il pubblico. Musicisti colti ne furono affascinati e la utilizzarono talora per parodiare l’opera seria tal’altra per sperimentare nuovi linguaggi e forme in una cornice scenografica di solito molto sfarzosa. La commistione di parti cantate e di parti dialogate tradisce l’influenza del teatro di prosa o del vaudeville, mentre tutte proprie dell’operetta sono le forme di danza e la vivacità, la piacevolezza e l’immediata comunicativa della scrittura musicale.
Padre dell’operetta francese è universalmente riconosciuto Jacques (Jacob) Offenbach (1819–1880) che dalla nativa Colonia si spostò, ancora adolescente, in Parigi e qui visse per gran parte della sua vita. Fu proprio lui che ribattezzò “operetta” il suo teatro leggero, fatto di ironia e di fine parodia e fu proprio lui che, incontrando a Vienna nel 1864 Strauss jr, che furoreggiava con le danze, lo convinse ad affrontare il nuovo genere musicale. In Austria questa forma fu poi coltivata da Ferenc (Franz) Lehár (1870–1948), il cui più grande successo fu Die lustige Witwe (La vedova allegra), messa in scena per la prima volta al Theater an der Wien il 30 dicembre 1905 e in Italia due anni dopo proprio al Teatro Dal Verme di Milano. Duetti, arie, danze sviluppano con perfetto equilibrio formale, attraverso un’inventiva melodica originale e sempre riuscita, il consueto tema dell’eterno amore tra gelosia, finzioni e passioni reali. Lehar è autore anche della celebre romanza Tu che m’hai preso il cuor da Il paese del sorriso, del 1929. Il brano gode quasi di una vita autonoma ed è stato adottato anche nell’ambito della musica cosiddetta leggera, soprattutto grazie al celeberrimo ritornello. Nella sua veste originale è un duetto d’amore tra la giovane Lisa (soprano) e il principe cinese Sou-Chong (tenore) che si dichiarano disposti a sfidare tutte le difficoltà derivate dalle loro diverse culture di appartenenza pur di coronare il loro sogno. Il refrain del tenore, in declamato, racchiude in sintesi il senso del sentimento amoroso dei due giovani innamorati. Se Il paese del sorriso è ambientato in Cina, Frasquita, che appartiene allo stesso periodo creativo (fu rappresentata il 12 maggio 1922 al Theater an der Wien), si ispira al folclore spagnolo traendone melodie popolari, vivacità ritmica e sfruttandone a fondo le forme di danza.
Proprio grazie alle operette di Strauss e di Lehár anche la borghesia medio-alta italiana, da sempre estimatrice del grande teatro lirico, verso la fine del XIX secolo incominciò ad apprezzare questa forma musicale. E, quasi inevitabilmente, a colui che diresse la prima rappresentazione italiana di Zigeuner Baron di Strauss, alla presenza dello stesso autore toccò il compito di divulgare la cosiddetta piccola lirica, divenendone presto la figura di riferimento e permettendo anche all’Italia di avere una propria storia in questo ambito. Il “predestinato” fu Carlo Lombardo dei Baroni Lombardo di San Chirico (1869-1959) che, dopo un’attività musicale in altri ambiti, nel 1917 creò La Duchessa del Bal Tabarin, dalla storia piccante e dalle melodie sinuose e intriganti, e nel 1918 la fascinosa storia di malavita nella Parigi notturna di Madama di Tebe. La collaborazione con Mario Costa prima e con Virgilio Ranzato poi accrebbe ulteriormente la sua notorietà e il successo tanto da indurlo a radunare una compagnia stabile che diede vita a spettacoli memorabili ed entusiasmanti soprattutto al Teatro Dal Verme. Scugnizza del 1922 fu senza dubbio il capolavoro riconosciuto di Costa, dove echeggiano melodie napoletane commiste a chiari passi di ispirazione pucciniana, mentre Il paese dei campanelli del 1923 e Cin cin là del 1925 contribuirono a consacrare Ranzato, violinista alla Scala di Milano al tempo di Toscanini, come felice creatore di storie musicali lievi, immediatamente recepite e memorizzate dal pubblico. Grazie a tutte queste splendide occasioni, cui parteciparono artisti e attori di teatro di meritata fama, l’operetta acquisì maggiore credibilità, abbattendo finalmente i pregiudizi che l’avevano accompagnata fino a quel momento e si impose come genere autonomo, degno di stare al fianco della grande lirica.
Se il brano iniziale del concerto, Wiener Blut, fu considerato dalla critica contemporanea un «lavoro tra i migliori» di Strauss, «una vera e propria collezione di brani viennesi, pieno di melodie e ritmi elettrizzanti» e si riconobbe proprio che «in questo valzer, alle volte sfacciato, a volte sentimentale, scorre fresco, libero e rosso il sangue viennese», la polka veloce Trisch – Trasch op. 365, collocata in una posizione centrale del programma, quasi in funzione di inizio di un ipotetico secondo atto d’opera, non ebbe successo minore. Il titolo deriva dalla commistione del tema principale del duetto dell’orologio fra Rosalinde e Eisenstein nel secondo atto de Il pipistrello (Die Fledermaus) (la terza operetta che Strauss allestì in Vienna) con altri motivi della stessa.