Le date
Giovedì 14 dicembre, ore 21 Milano – Teatro Dal Verme
Sabato 16 dicembre, ore 17 Milano – Teatro Dal Verme
Concerto di Natale
Direttore:
Alessandro Ferrari
Baritono:
Armando Ariostini
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Il programma
Alessandro Ferrari
Sinfonia degli anelli:
“Ouverture” & “Finale”
Allegro. Pesante. Andante. Allegro
Francesco Paolo Tosti
A’vucchella (orch.: A. Vindrola)
Non t’amo più (orch.: A. Vindrola)
Vorrei morire (orch.: M. Carrieri)
Johann Strauss II
Trisch – Tratsch Polka Schnell Op.214
Francesco Paolo Tosti
Marechiare (orch.: A. Vindrola)
Vorrei (orch.: A. Vindrola)
La serenata (orch.: A. Vindrola)
Josef e Johann Strauss II
Pizzicato Polka op. 45
Francesco Paolo Tosti
Sogno (orch.: A. Vindrola)
Ideale (orch.: A. Vindrola)
***
F. Chopin / P. Coggiola
Mazurkas, Op.7 & Posth. per orchestra
I.Op.7 n.1
Vivace
II.Op.7 n.2 & Posth.
Vivo, ma non troppo.Molto vivace
III.Op.7 n.3, n.4 & Posth.
Mosso. Presto ma non troppo
IV.Posth.,Op.7 n.5 & Posth.
Allegretto.Nuovo tempo. Tempo precedente
Johann Strauss I
Lucifer – Polka, op.266
Frülingsstimmen, valzer op.410
An der schonen blauen Donau,
valzer op.314
Il concerto
a cura della redazione
La Sinfonia degli anelli è un lavoro musicale di chiara ispirazione tolkieniana.
J.R.R. Tolkien, autore del Signore degli anelli e di tanto altro, ormai ha acquisito grande notorietà per merito della sua versione cinematografica. Prima di questo importante evento, il libro non era così conosciuto nei minimi dettagli e ancor meno numerosi erano gli artisti ispirati a quel mondo del fantastico. Il mio lavoro dunque precede di parecchi anni la diffusione sul grande schermo e tutto il materiale musicale ispirato al libro è stato raccolto in questa Sinfonia. Ho desiderato interpretare questo mondo ispirandomi note senza preoccuparmi troppo del tipo e genere di linguaggio musicale. In questa sede ne viene esposta solamente una piccola parte introduttiva. Il preciso scopo di questo lavoro è quello di condurre l’ascoltatore nel mondo del fantastico tramite la propria immaginazione e non con il suggerimento di immagini, di fantasie create da altri. Cos’è la musica in ogni momento trascina nella storia epica e travolge con i propri echi l’ascoltatore, facendo rivivere il sapore e l’odore di quel momento, mai veramente scomparso e mai veramente esistito.
Alessandro Ferrari
Francesco Paolo Tosti (Ortona, Chieti, 9 aprile 1846 – Roma, 2 febbraio 1916) è noto soprattutto come il più celebre autore di romanze da salotto.
Quinto dei cinque figli sopravvissuti di Giuseppe, commerciante ortonese, studiò col Maestro Saverio Mercadante presso il Conservatorio di San Pietro a Majella a Napoli, dove si diplomò in violino e composizione nel 1866.
Iniziò a lavorare organizzando spettacoli e dirigendo opere per gli impiegati della ferrovia adriatica, seguendo i lavori tra Ortona e Ancona; si trasferì poi a Roma dove, sfruttando la sua voce tenorile, iniziò ad esibirsi come cantante: grazie a questa attività divenne una celebrità e iniziò a frequentare gli ambienti mondani della capitale, e venne assunto come maestro di canto di Margherita di Savoia, la futura regina d’Italia.
Alla fine degli anni ’70 si trasferì a Londra dove, grazie a Lord Major, nel 1880 entrò alla corte della regina Vittoria come maestro di canto: mantenne la sua posizione anche sotto il suo successore, Edoardo VII, che nel 1908 gli conferì il titolo di baronetto: intanto, pur riluttante, aveva accettato anche la cittadinanza britannica (1906). Per tutto il suo periodo inglese continuò ad avere rapporti con l’Italia, dove trascorreva regolarmente alcuni periodi.
Alla morte di Edoardo VII (1910) decise di rientrare definitivamente in Italia e di stabilirsi a Roma, dove morì presso l’Hotel Excelsior nel 1916.
Tra le sue oltre 500 romanze per canto e pianoforte, i cui testi vennero scritti anche da poeti come Antonio Fogazzaro e Gabriele d’Annunzio, e sono stati interpretati dalle voci di Enrico Caruso, Giuseppe Di Stefano, Luciano Pavarotti e José Carreras, possiamo ricordare brani come Vorrei Morir, Non t’amo più, Ideale, Mattinata e A Marechiare,ormai un classico della canzone napoletana.
Tosti visse la sua lunga stagione musicale con grande intelligenza, capacità e raro senso della musica. In un’epoca nella quale il più oscuro maresciallo capomusica di un reggimento di frontiera dava il suo contributo al melodramma, Tosti comprese che al tempo di Verdi, Puccini, Leoncavallo, Mascagni, non sarebbe stato intelligente dedicarsi al melodramma per ingrossare le fila di tanti “minori”. Si applicò invece totalmente al genere discreto ed attualissimo della romanza da salotto nella quale riversò i suoi interessi e le sue qualità di musicista elevando la sua produzione ai massimi livelli, in termini di qualità e quantità, e dandole energia sufficiente a vivere, anche quando il mondo per la quale l’avevano concepita e realizzata e sarebbe scomparso.
Mazurkas. Quando orchestro brani del passato, soprattutto di compositori siderali come Chopin, avverto sempre la necessità di rileggere alcuni saggi de I testamenti traditi di Kundera o alcune pagine del romanzo Antichi maestri di Bernhard. Solo così mi è possibile procedere in quella che mi sembra, per molti aspetti, un’intollerabile e perversa appropriazione di esiti artistici perfettamente compiuti, fossi anche Ravel. Bernhard prospetta che l’esistenza sia meno atroce, fra l’altro, se riusciamo a scorgere i difetti dei “capolavori” del passato. Kundera, magistralmente, ci fa percepire invece una realtà liquida della cultura, dove, come nell’amore del resto, il tradimento è connaturato e, forse, inevitabile. Non è un caso che spesso mi sia ritrovato a tradire – orchestrare – pagine di autori che amo intensamente, come Bach e Chopin.
Nell’orchestrazione di questo numero di catalogo (cui accosto all’Op. 7 alcune mazurche coeve pubblicate postume che presentano sorprendenti affinità con quelle del ciclo, in una sorta di montaggio in quattro sezioni), ho tradito scopertamente il testo all’inizio (trovo difficile infatti nascondersi dietro a un filo d’erba). Dal momento che un’orchestrazione può essere però anche un potente strumento analitico, una sorta di microscopio musicale (con le sue affascinanti possibilità di ingrandimento e moltiplicazione di dettagli), ho voluto illudermi di ripercorrere, dopo la tempesta, tracce di un sentiero che avrebbe potuto infine mostrarmi, da lontano, un ormai sempre più inaccessibile paesaggio incantato.
Paolo Coggiola
Oggigiorno si guarda al Walzer viennese come a una creatura musicale elegante e ineffabile, quintessenza della gioia di vivere e suggello degli amori romantici. Tuttavia ai suoi albori non furono pochi gli accigliati teorici che ne vollero evidenziare la pericolosità sociale, testimoniata dal “Verbot gegen walzende Tänze” [Divieto delle danze da giro] vigente fin dalla fine del 700 e da un susseguirsi di proibizioni che rimbalzano dal vescovo di Würzburg allo storiografo Charles Burney, che nel 1805 ne evidenziò il “comportamento sfacciato e il contegno compiacente, la cui licenziosità è ricambiata dalle femmine!”. Ciononostante – o forse proprio per questo – il cosiddetto Walzertempo ha veleggiato indomito fino alla contemporaneità, è risuonato in deformazioni ironiche o sarcastiche sulla scia del Tabarro di Puccini o del Mandarino meraviglioso di Bartók e si è insinuato persino nel castissimo Parsifal wagneriano o nel fantascientifico 2001 Odissea nello spazio di Kubrik. Il contributo fondamentale a questo totale cambiamento di prospettiva è stato apportato dalla dinastia degli Strauss, che con la loro contagiosa energia musicale hanno fatto danzare l’universo intero.
Tutto ha inizio con il Congresso di Vienna: l’occasione è propizia per imporre a vincitori e vinti il disegno politico-culturale e la brillante vitalità della società viennese. La capitale asburgica è una delle più belle città europee, costellata di locali di divertimento dove gareggiano le migliori orchestre da ballo. Una, soprattutto, guidata da un pittoresco e geniale individuo eternamente ubriaco, Michael Pamer, manda in visibilio il pubblico. Egli è una figura di primo piano nel periodo che segna il passaggio fra le varie danze paesane austriache e quel tipico prodotto cittadino che fu il valzer, il quale rispondeva al diffuso desiderio di una effettiva uguaglianza tra i ballerini, liberati dai rigidi schemi delle coreografie settecentesche.
Il genere di danza eseguita dalle altre orchestrine della capitale era il vecchio Ländler contadinesco rivestito di un’impeccabile veste mondana, ma ancora imbrigliato in una implacabile scansione ritmica: era troppo Ancien Régime perché potesse piacere a un pubblico sempre più borghese. Qui fa capolino la figura di Johann Strauss I, che si stacca progressivamente dallo stile di Pamer per fonderlo con la libertà ritmica di altre danze provenienti dall’est, come il Galop ungherese, la Mazurka e la Krakowiak polacche, la Polka boema. Il pubblico più giovane, entusiasta del vortice inebriante che si sprigiona dal suo violino, lo segue sempre più favorevole.
Il Walzer entra nella sua fase matura e la dirompente personalità di Johann Strauss I entra in conflitto con quella del figlio Johann II. Nato nel 1825, quest’ultimo compie i suoi studi musicali di nascosto dal padre, che si oppone alla sua vocazione artistica. Egli vuole per lui una vita più facile di quella del musicista e per questo motivo lo iscrive a un corso di tecnica bancaria. Johann jr, sostenuto amorevolmente dalla madre, è costretto ad approfittare delle lunghe assenze paterne per avvicinarsi alla musica. Di fatto può studiare con regolarità soltanto a partire dal 1843, quando Johann sr. lascia la famiglia per legarsi sentimentalmente alla modista Emilie Trampusch. L’anno successivo, il primogenito ottiene dalle autorità civili il permesso necessario per fondare un piccolo complesso strumentale con il quale esordisce a Hietzing – un piccolo borgo alle porte di Vienna – sopportando ogni tipo di angheria e azione di disturbo da parte del genitore. Ciononostante la sua prima esibizione si rivela un autentico trionfo.
A riprova della grave opposizione tra i due, stanno le rispettive posizioni durante i moti del ‘48: il figlio rischia di compromettere la carriera componendo marce per i liberali e dirigendo pubblicamente la Marsigliese, mentre il padre parteggia apertamente per i conservatori. Testimone di questo momento particolare è la notissima Radetsky – Marsch, op.228 composta da Johann I per festeggiare il generale di cavalleria nonché governatore di Milano Joseph Radetzky, vittorioso sulle truppe piemontesi di Carlo Alberto a Custoza. L’aspetto caratteristico della partitura è il suo oscillare fra un’atmosfera solenne e marziale – come si conviene per festeggiare un eroe militare – e il piacere tutto viennese per la bella melodia ritmata. Marciare è in fondo un po’ danzare, sembra ammiccare l’autore.
Poco dopo, il 25 settembre 1849, Johann Strauss I muore di scarlattina a quarantacinque anni. Gli vengono tributate solenni onoranze funebri, tanto che un cronista poté scrivere: “La morte di Strauss, più che le dichiarazioni ottimistiche dell’Imperatore, pose fine alla frattura della capitale in due fazioni e con i funerali del padre del valzer si concluse realmente la rivoluzione”. Il primogenito diviene finalmente l’erede legittimo dell’arte paterna e il suo primo concerto dopo la scomparsa del genitore viene letto in chiave decisamente conciliatoria. Egli stesso avrà modo di affermare: “Mio padre e Joseph Lanner mi hanno indicato la strada sulla quale si potevano fare dei progressi arricchendo la forma musicale. Questo è stato il mio contributo, il mio modesto contributo, e tutto il mio merito”.
A questo punto Johann II può fondere i due ensemble rivali per creare una grande compagine orchestrale con la quale intraprendere trionfali tournées in Austria, Germania, Polonia e Russia. E’ la fase in cui compone a getto continuo oltre 170 numeri d’opera, tra cui si segnala la Luzifer – Polka op. 266 . Questi impegni finiscono per logorarne la salute : appena ventottenne è costretto a ritirarsi in una clinica privata, dove ha finalmente il tempo di fare un bilancio della sua attività. Decide così di affidare una parte dei suoi impegni direttoriali al fratello Josef, che inizialmente non accetta l’incarico, preferendo continuare i suoi amati studi di matematica, meccanica e fisica. Alla fine, su insistenza della tenacissima madre, cede: comincia a dirigere nel 1853 e ha subito un successo strepitoso. Di indole meno focosa e più riflessiva del padre e del fratello, Josef imprime al valzer una sfumatura pensosa e nostalgica che non dispiace ai viennesi e questo lo rinfranca, convincendolo a dedicarsi con impegno spasmodico alla sua nuova attività. Nel 1870, durante un concerto a Varsavia, viene colto da un collasso e cade dal podio; la moglie e Johann lo riportano a Vienna, ma dopo un mese muore. I tanti capolavori che ci ha lasciato, manifestano un talento e una creatività che partono dal modello formale fraterno per giungere a notevoli finezze compositive, con un’armonia che palesa influenze wagneriane e una malinconia testimoniata da numerosi valzer in tonalità minore, completamente assenti nella produzione del primogenito. La loro collaborazione è suggellata da un capolavoro assoluto, Pizzicato – Polka, che fu composto a quattro mani proprio nell’anno della morte.
Nel frattempo Johann si era sposato con Henriette Chaloupetzky, notissima in quegli anni come cantante con lo pseudonimo di Jetty Treffz. Dal 1864, grazie all’ingente patrimonio della moglie, può dedicarsi esclusivamente alla composizione. Ciò favorisce l’evoluzione in senso sinfonico del Walzer viennese: partendo dalla forma ciclica – costituita da un’introduzione, un seguito di 5 valzer e una coda – che fu inventata dal padre e da Joseph Lanner, egli ne sviluppa tutte le componenti sonore e impiega un particolare stile di esecuzione, caratterizzato dall’anticipazione del secondo tempo nell’accompagnamento e da un inizio lento che progressivamente accelera per giungere al tempo normale. Johann studia attentamente l’armonia di Liszt e Wagner e trasforma radicalmente la propria orchestrazione: tanto nella scrittura per i legni quanto nell’impiego degli ottoni e degli archi, spesso suddivisi in sezioni, Strauss realizza un ideale di brillante chiarezza e di straordinaria ricchezza timbrica, che conferiscono ai cosiddetti walzer-concerto il loro tipico colore viennese. In tal modo giunse a esiti artistici altissimi e ammirati. Basti citare in tal senso il giudizio di Johannes Brahms, assiduo frequentatore di casa Strauss, che mettendo la propria dedica su un ventaglio della moglie di Johann riportava le prime note di An der schönen blauen Donau [Sul bel Danubio blu] e aggiungeva: “Ahimé, non è mio!”.
Sotto l’impulso di una trionfale esecuzione viennese della celeberrima operetta di Offenbach Orphée aux enfers, Johann II iniziò a affrontare il repertorio vocale. La prima versione di Frühlingsstimmen [Voci di primavera] op. 410 prevedeva la presenza rispettivamente di un coro e di un solista. Tuttavia il massimo traguardo in questa direzione è rappresentato dall’operetta Die Fledermaus [Il pipistrello] del 1874, vera e propria apoteosi teatrale della danza, che condusse il suo autore alla definitiva consacrazione internazionale.
Testi:
A’ VUCCHELLA ARIETTA DI POSILLIPO
(G. d’Annunzio)
Si’ comm’a nu sciurillo…
Tu tiene na vucchella,
Nu poco pucurillo,
Appassuliatella.
Méh, dammillo, dammillo,
– è comm’a na rusella –
Dammillo nu vasillo,
Dammillo, Cannetella!
Dammillo e pigliatillo
Nu vaso…piccerillo
Comm’a chesta vucchella,
Che pare na rusella…
Nu poco pucurillo
Appassuliatella…
NON T’AMO PIÙ
(C. Enrico)
Ricordi ancora il dì che c’incontrammo?
Le tue promesse le ricordi ancor?
Folle d’amore io ti seguii,ci amammo,
E accanto a te sognai, folle d’amor.
Sognai felice di carezze a baci
Una catena dileguante in ciel;
Ma le parole tue furon mendaci
Perché l’anima tua fatta è di gel.
Te ne ricordi ancor?
Or la mia fede, il desiderio immenso
Il mio sogno d’amor non sei più tu:
I tuoi baci non cerco, a te non penso
Sogno un altro ideal: Non t’amo più, non t’amo più!
Nei cari giorni che passamo insieme,
Io cosparsi di fiori il tuo sentier:
Tu fosti del mio cor l’unica speme,
Tu della mente l’unica pensier.
Tu m’hai visto pregare, impallidire,
Piangere tu m’hai visto inanzi a te.
Io, sol per appagare un tuo desire
Avrei dato il mio sangue e la mia fè.
Te ne ricordi ancor?
VORREI MORIRE
(L.M. Cognetti)
Vorrei morir nella stagione dell’anno
Quando è tiepida l’aria e il ciel sereno,
Quando le rondinelle il nido fanno,
Quando di nuovi fiori s’orna il terreno,
Vorrei morir,
Vorrei morir, quando tramonta il sole,
Quando sul prato dormon le viole,
Lieta farebbe a Dio l’alma ritorno
A primavera e sul morir del giorno.
Vorrei morir,
Ma quando infuria il nembo e la tempesta,
Allor che l’aria si fa scura:
Quando ai rami una foglia più non resta,
Allora di morire avrei paura.
Vorrei morir.
MARECHIARE
(S. Di Giacomo)
Quanno sponta la luna a Marechiare
pure li pisce nce fann’ a l’ammore,
se revotano l’onne de lu mare,
pe la priezza cagneno culore
quanno sponta la luna a Marechiare.
A Marechiare nce sta na fenesta,
pe’ la passione mia nce tuzzulea,
nu carofano adora int’a na testa,
passa l’acqua pe sotto e murmuléa,
A Marechiare nce sta na fenesta
Ah! Ah! A Marechiare,
a Marechiare nce sta na fenesta.
Chi dice ca li stelle so lucente
nun sape l’uocchie ca tu tiene nfronte.
Sti doje stelle li saccio io sulamente.
dint’a lu core ne tengo li ponte.
Chi dice ca li stelle so lucente?
Scetate, Carulì, ca l’aria è doce.
quanno maie tanto tiempo aggio aspettato?
P’accompagnà li suone cu la voce
stasera na chitarra aggio portato.
Scetate, Carulì, ca l’aria è doce.
Ah! Ah! O scetate, o scetate,
scetate, Carulì, ca l’area è doce.
VORREI
(G. d’Annunzio)
Vorrei, allor che tu pallido e muto
pieghi la fronte tra le mani e pensi,
e ti splendon su l’animo abbattuto
i vani sogni e i desiderî immensi:
Vorrei per incantesimi d’amore
pianamente venire al tuo richiamo,
e, su di te piegando come un fiore,
con dolce voce susurrarti: Io t’amo!
Vorrei di tutte le mie sciolte chiome
cingerti con lentissima carezza,
e sentirmi da te chiamare a nome,
vederti folle de la mia bellezza.
Vorrei per incantesimi d’amore
pianamente venire al tuo richiamo,
e, su di te piegando come un fiore,
con dolce voce susurrarti: Io t’amo!
LA SERENATA
(G.A. Cesareo)
Vola, o serenata: La mia diletta è sola,
e, con la bella testa abbandonata,
posa tra le lenzuola:
O serenata, vola. O serenata, vola.
Splende pura la luna,
l’ale il silenzio stende,
e dietro I veni dell’alcova bruna
la lampada s’accende.
Pure la luna splende,
Vola, o serenata.
Vola, o serenata:
La mia diletta è sola,
ma sorridendo ancor mezzo assonnata,
torna fra le lenzuola:
O serenata, vola.
L’onda sogna su ‘l lido,
e ‘l vento su la fronda;
e a’ baci miei ricusa ancora un nido
la mia signora bionda…
Sogna su ‘l lido l’onda.
Sogna su ‘l lido l’onda.
Vola, o serenata,
Vola, o serenata: Vola.
SOGNO
(L. Stecchetti)
Ho sognato che stavi a’ ginocchi,
Come un santo che prega il Signor …
Mi guardavi nel fondo degli occhi,
Sfavillava il tuo sguardo d’amor.
Tu parlavi e la vocesommessa…
Mi chiedea dolcemente mercè…
Solo un guardo che fosse promessa…
Imploravi, curvato al mio piè…
Io taceva e coll’anima forte
Il desio tentatore lottò…
Ho provato il martirio e la morte
pur mi vinsi e ti dissi di no.
Ma il tuo labbro sfiorò la mia faccia…
E la forza del cor mi tradì.
Chiusi gli occhi, ti stesi le braccia…
Ma, sognavo e il bel sogno svanì!…
IDEALE
Melodia
(C.Errico)
Io ti seguii come iride di pace
Lungo le vie del cielo:
Io ti seguii come un’amica face
De la notte nel velo.
E ti sentii ne la luce, ne l’aria,
Nel profumo dei fiori;
E fu piena la stanza solitaria
Di te, dei tuoi splendori.
In te rapito, al suon de la tua voce,
Lungamente sognai;
E de la terra ogni affanno, ogni croce,
In quel sogno scordai.
Torna, caro ideal, torna un istante
A sorridermi ancora,
E a me risplenderà, nel tuo sembiante,
Una novella aurora.
Gli interpreti
Alessandro Ferrari direttore
Alessandro Ferrari si è diplomato al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano in violino col maestro Osvaldo Scilla, in pianoforte con la professoressa Anita Porrini ed in composizione col maestro Giacomo Manzoni. Dal 1983 fa parte dell’Orchestra e della Filarmonica del Teatro alla Scala, in qualità di violinista.
In veste di pianista si è distinto come accompagnatore in numerosi recital cantanti lirici sia in Italia che all’estero.
Come compositore ha realizzato una vasta produzione di musica da camera, brani sinfonici e balletti.
Nell’estate ’96, il M° Myung Whun Chung lo ha selezionato ai corsi di perfezionamento in Direzione d’orchestra dell’Accademia Chigiana di Siena, per dirigere l’orchestra di Sofia in diverse sinfonie di Mozart, Schubert, Dvorak. Successivamente ha diretto i Solisti della Scala, ed è stato collaboratore del M° Giuseppe Sinopoli nella produzione scaligera di “Arianna a Nasso” di Richard Strauss. Nel 2002 ha ricevuto l’incarico di Maestro preparatore dell’Accademia delle Arti e dei Mestieri della Scala dal M° Riccardo Muti.
Tra i più importanti impegni direttoriali spiccano il concerto dedicato alla memoria di Giuseppe Sinopoli con il suo Kammerkonzert eseguito con Silvia Cappellini-Sinopoli al pianoforte al Teatro Dal Verme di Milano.
Nella primavera del 2004 è stato invitato dai Cameristi del Teatro alla Scala a condurre un importante concerto straordinario presso il Teatro Arcimboldi.
Tra i futuri impegni si consolida il rapporto con l’Accademia delle Arti e dei Mestieri della Scala con cui è prevista la preparazione dei giovani al repertorio classico/moderno sia sinfonico che operistico con grande attenzione alla produzione del Teatro. E’ presente sia in Italia che all’estero con impegni direttoriali di piccoli ensemble.
Armando Ariostini baritono
Armando Ariostini, nato a Milano, ha inziato gli studi con Lia Guarini e li ha proseguiti poi come “cadetto” alla Scuola di perfezionamento per ArtistiLirici del Teatro alla Scala sotto la guida dei maestri Edoardo Muller, Giulietta Simionato e Gina Cigna.
In questo periodo è stato finalista e vincitore di numerosi concorsi internazionali tra cui “Voci Verdiane” di Busseto, “Maria Callas” indetto dalla RAI, “Laboratorio Lirico” di Alessandria e “Achille Peri” di Reggio Emilia. Nel 1984 ha affronatato il ruolo di Einstein nel “Pipistrello” al Teatro la Fenice di Venezia dove è tornato, in seguito al grande successo, in numerose altre produzioni: “Da una casa di morti” (Siskov), “La Bohéme” (Marcello). “Crispino e la Comare” (Fabrizio), “Le convenienze e inconveniente teatrali” (Prospero e Procolo), “La finta pazza”, “Beatrice di Tenda” (Filippo), La vedova allegra” (Danilo), e i “Carmina Burana”, da cui è stato realizzato un CD in favore della ricostruzione del teatro.
Spaziando dal repertorio classico-operistico a quello operettistico e moderno, passando con elasticità dai ruoli buffi a quelli drammatici, è stato invitato in importanti teatri e festival del mondo lavorando con direttori, registi, e cantanti di fama internazionale: al Teatro alla Scala (“Carmen” in occasione dell’inaugurazione della stagione 1984/1985 con la direzione di Claudio Abbado e la regia di Piero Faggioni, “Viaggio a Reims” ancora con Claudio Abbado e la regia di Luca Ronconi, “La caduta di casa Usher”, “Pollicino”, “Les Noces” e infine protagonista ne “L’occasione fa il ladro” con la direzione di Daniele Gatti e la regia di Ponnelle), a Buenos Aires, alla Staatsoper e alla Bayerischer Rudfunk di Monaco, a Bordeaux, ad Avignone, a Genova, nel ruolo di Figaro del “Barbiere di Siviglia”, a Santiago del Cile in “Manon Lescaut” e “Faust”, all’Operhaus di Zurigo in “Bohéme”, “Elisir d’amore”, e “Linda di Chamounix” accanto alla Gruberova. Tra i circa 90 ruoli interpretati possiamo annoverare alcune opere eseguite in prima mondiale quali: “Il Viaggio” di Fabio Vacchi, “La brocca rotta” di Flavio Testi, “Il gatto con gli stivali” di Marco Tutino e “The banquet” di Marcello Panni.
A Montecarlo per il gran galà del Principe Ranieri ha cantato con Katia Ricciarelli nel “Sogno di Susanna” e successivamente è stato ospite d’onore accanto a Placido Domingo. tra gli ultimi importanti impegni ricordiamo: “Cenerentola” (Dandini) a San Paolo del Brasile, “Pagliacci” a Baltimora e Catania, “Carmina Burana” a Verona, “Fedora” con Daniela Dessy e Placido Domingo all’Opera di Roma, “Turandot” nell’importante produzione di Hugo de Ana al Festival di Cesarea in Israele, ripresa al National Theatre di Tokyo. Numerose sono le sue incisioni discografiche.
È recente la sua partecipazione in qualità di cantante-attore (nella partesi Scarpia) nel film “Tosca e le altre due” al fianco di Franca Valeri e Adriana Asti.
Nel 2005 ha festeggiato 25 anni di carriera al Teatro “Verdi” di Trieste, dove ha ricevuto dal Sindacala targa della città. Il suo ultimo debutto è stato nel ruolo di Gianni Schicchi a Iesi.
Il Cast
Direttore: Alessandro Ferrari