Concerto di Natale - I Pomeriggi Musicali - Teatro Dal Verme

Le date

Sala Grande
giovedì 18 dicembre 2008
Ore: 20:30
sabato 20 dicembre 2008
Ore: 17:00

Johann Strauss jr. (Vienna, 25-X-1825 – ivi, 3-VI-1899)
Kaiser-Walzer, op.437

Johann Strauss jr.
Unter Donner und Blitz, polka schnell op.324

Josef Strauss (Vienna, 22-XIII-1827 – ivi, 21-VII-1870)
Delirien, valzer op.211

Josef e Johann Strauss
Pizzicato-Polka

Johann Strauss jr.
Wiener Blut, valzer op.354

Johann Strauss jr.
Auf der Jagd, polka schnell op.373 (dall’operetta “Cagliostro in Wien”, 1875-6)

Johann Strauss jr.
Tik-Tak, polka schnell op.356 (dall’operetta “Die Fledermaus”, 1874)

Johann Strauss jr.
Frühlingsstimmen, valzer op.410

Johann Strauss jr.
Furioso-Polka quasi Galopp, polka op.260

Josef Strauss
Sphären-Klange, valzer op.235

Johann Strauss jr.
Perpetuum Mobile, “musikalischer Scherz” op.257

Johann Strauss jr.
An der schönen, blauen Donau, valzer op.314

Note di sala a cura di: Andrea Dicht
La tendenza della musicologia moderna è generalmente volta ad inscrivere stili e repertori all’interno di situazioni storiche che ne permettano una comprensione ampia e significativa, in grado di conferire alle opere una leggibilità che trascenda il loro intrinseco valore artistico. Questa operazione, che conserva ogni validità, induce però spesso a valutare le creazioni musicali secondo metri non sempre accettabili, e ancor più spesso ci porta a dover accettare una non-linearità dell’evoluzione musicale rispetto all’epoca in cui le musiche furono composte.
Il caso della Wiener-Musik, termine che identifica un’enorme mole di lavori più o meno impegnati e generalmente volti all’intrattenimento musicale per il ballo o per altre attività sociali, è in questo senso emblematico. La Vienna della seconda metà dell’Ottocento, dai moti del 1848 al cambio di secolo, è la capitale di un impero composto da etnie eterogenee, difficilmente assimilabili, un territorio estesissimo difficilmente governabile da un potere che tenta in ogni modo di essere centrale e delegare il meno possibile ai governi locali. Si può dire che nel cinquantennio che stiamo esaminando, non ci sia decade priva di eventi bellici o moti popolari volti ad introdurre una logica più democratica di governo, a ridurre l’influenza della Chiesa nella formazione dell’individuo, a promuovere il diritto all’autodeterminazione dei popoli dell’imperial-regia Austria.
Vienna era anche, però, il domicilio eletto di grandi compositori, sin dai tempi di Mozart, Beethoven e Schubert fino a Brahms, Liszt, Bruckner, Mahler, Wolf e molti altri. Già nel 1849 le università austriache si videro assegnare ampie libertà scientifiche ed amministrative, e la libertà della scienza, della ricerca e dell’insegnamento vennero garantite per legge. In difesa dello Stato austriaco e come rafforzamento patriottico vennero incoraggiati gli studi storici; a tale scopo si fondò a Vienna l’Institut für Österreichische Geschichtsforschung, un istituto speciale per le ricerche storiche, che contribuì alla formazione critica di nuove generazioni di storici tramite lo studio accurato delle fonti ed il perfezionamento nelle scienze ausiliari come la paleografia e la diplomatica. Lo sviluppo urbanistico straordinario impose nuove regole agli architetti. Inizialmente essi ricorsero per gli edifici di rappresentanza a vari stili propri delle epoche precedenti: il neogotico, il neoromanico ed il neorinascimentale. Soltanto verso al fine del secolo lo storicismo architettonico venne seriamente messo in discussione a vantaggio di una nuova concezione di realismo pratico, attraverso le idee di Otto Wagner, Adolf Loos e Joseph Hoffmann.
A fronte di un così grande fervore scientifico ed artistico diventa difficile, per i nostri moderni canoni di giudizio di valore, definire la portata della Wiener-Musik. Come coniugare mezzo secolo di febbrile attività politica interna ed estera, di rivoluzione scientifica e pedagogica, di grande arte figurativa e musicale con i 500 numeri d’opera del solo Johann Strauss jr.? Come affiancare le sue operette al rivolgimento culturale operato da Sigmund Freud nella stessa città (frutto di teorie che in effetti furono molto contrastate nella sua Vienna a fronte di un pressoché immediato successo a livello europeo).
Le risposte possono essere molte, e forse la più semplice di esse è ancora la più valida: Vienna e l’Austria intera avevano bisogno di fuggire da un clima che annunciava in maniera ormai chiara una dissoluzione inevitabile, la fine di un sogno pangermanico, la fine di un impero la cui influenza sulle sorti mondiali era senza limiti.
La famiglia musicale degli Strauss, composta dal padre Johann senior e dai suoi tre figli Johann junior, Josef ed il riluttante ma ugualmente valido Eduard, non nacque dal nulla, ma fu il risultato di un’azzeccata intuizione iniziale, di una gestione aziendale accorta anche se tra mille travagli interni, e da un talento artistico e strumentale su cui non si possono nutrire dubbi. Il valzer e la polka esistevano ben prima che la famiglia vi costruisse il suo impero e la sua dittatura musicale, ma solo essi, ed in particolare la seconda generazione degli Strauss, seppero condurre la musica da ballo nella sala da concerto. La loro musica restò dedicata al ballo, ma il manto sinfonico, la strumentazione, la forma complessiva, l’economia dei mezzi compositivi impiegati, narrano di un mestiere o di un’arte ben fondati sulla cultura accademica e classica.
Un importante segno della popolarità degli Strauss è dato dal superamento dei confini imperiali dalla richiesta della loro musica: Parigi, Londra (Covent Garden), Varsavia erano affamate della musica di Johann jr. e di Josef, delle loro compagini orchestrali, dell’energia stupefacente che sprigionava dalle loro serate danzanti. Un picco di popolarità si ebbe nel 1876, in occasione di una gloriosa tournée negli Stati Uniti, in cui Johann jr. diresse 20.000 esecutori nel Bel Danubio blu. L’ampiezza del repertorio testimonia anche la frequenza delle apparizioni pubbliche dell’orchestra, pur tenendo conto che il pubblico ed i ballerini erano sempre alla ricerca di nuova musica, ed ogni concerto vedeva qualche nuovo brano affiancato alle hit del momento. Inoltre bisogna considerare che probabilmente la loro musica suonava in maniera un po’ diversa da come la ascoltiamo oggi. Una gran parte del repertorio, anche stampato, venne distrutta dai figli degli Strauss, per impedire che altri compositori potessero appropriarsene e dar luogo a fenomeni di emulazione che avrebbero nuociuto anche economicamente alla loro eredità. Molto è stato ricostruito, riorchestrato, ed è tuttora in corso una edizione completa e definitiva dell’opera della famiglia.
Gli Strauss inventarono anche la divisione dell’orchestra, per venire incontro all’esigenza di apparire contemporaneamente in più luoghi, e attraverso questo escamotage riuscirono a varcare i confini imperiali pur restando sempre presenti sul suolo viennese. Nonostante l’impoverimento di organico che ne succedeva, la musica degli Strauss è generalmente concepita per un’orchestra di dimensioni ragguardevoli, con strumentini doppi, percussioni, 4 corni, 3 tromboni ed una massa di archi debitamente nutrita. Ciò conferisce alla loro musica un suono nettamente sinfonico, molto diverso da quello che potevano avere i più piccoli ensembles che allietavano le serate nella sale meno importanti dell’impero. E questo dà anche la misura della loro fama, poiché di certo avere gli Strauss per una serata comportava costi al di fuori della portata della maggior parte dei clubs, anche se assicurava un successo netto. Colpisce l’attenzione anche la durevolezza di questo successo: nella nostra epoca è difficile immaginare un ensemble di compositori ed esecutori che riesca a rimanere sulla cresta dell’onda per così tanto tempo, che riesca a rinnovare il proprio pur restando fedele alla forma tutto sommato semplice di un valzer con un’introduzione lenta, un’accelerazione che conduce a 5 episodi di ballo, ed una festosa coda conclusiva. Questo è ancora più stupefacente se si pensa alle polke e alle quadriglie, denotate da forme ancora più elementari.
Tra gli Strauss, Johann jr. fu l’unico, però, che superò gli àmbiti del proprio successo alla ricerca di una collocazione artistica più elevata. Con il malcelato intento di contrastare la popolarità dell’operetta di Offenbach (ma anche su diretto invito dello stesso francese), egli creò il modello di operetta tutta (o quasi) viennese, e dal 1870 alla sua morte compose 16 operette, delle quali solo 3 sono oggi rimaste in cartellone: Il Pipistrello (1874), Una Notte a Venezia (1883) e Lo Zingaro Barone (1885).
In Italia solo la prima gode ancora di successo ai nostri giorni, ma quando essa fu presentata Vienna non si accorse che era nato un capolavoro di valore universale. Il Pipistrello restò in cartellone solo 15 giorni, dopodiché si trasferì a Berlino per ben 300 serate! Ritornò a Vienna la sera del 28 ottobre 1894, e questa volta alla seriosa Opera di Stato, sotto la bacchetta di Gustav Mahler.
Le considerazioni finora fatte sulla dinastia Strauss ed il genere di popolarità che conobbero le loro musiche mostrano la difficoltà di collocazione storica e musicologica che abbiamo evidenziato in apertura. All’inizio dell’Ottocento la musica venne brutalmente divisa in “elevata” e “leggera”, e gli Strauss si situarono senza indugio nella seconda categoria. Nondimeno essi, ed in particolare Johann jr., godettero dell’ammirazione di molti mostri sacri della prima. Wagner elogiò “la grazia, la finezza e la sostanza musicale”; Brahms disse di Johann jr. “trabocca di musica”; il severo Richard Strauss così si espresse: “Di tutti i grandi talenti Johann jr. è per me il più amabile dispensatore di gioia. Lo considero uno degli ultimi musicisti capaci di avere trovate “primitive”. Sì, si tratta proprio di primitività, di melodie primitivamente originali”. E Mahler, l’esigente direttore d’orchestra, il compositore di gigantesche sinfonie, lo condusse nel luogo della consacrazione, la Staatsoper di Vienna, due anni prima di morire, dieci anni prima che un conflitto mondiale cancellasse le contraddittorie premesse che avevano permesso a questo repertorio di nascere e restare nella primitiva immaginazione dell’uomo.

Il Cast

Direttore: Jader Bignamini
Orchestra: I Pomeriggi Musicali