Direttore: Alessandro Cadario, Pianoforte: Emanuele Arciuli - I Pomeriggi Musicali - Teatro Dal Verme

Le date

Sala Grande
giovedì 21 marzo 2024
Ore: 10:00*
giovedì 21 marzo 2024
Ore: 20:00
sabato 23 marzo 2024
Ore: 17:00
*I Pomeriggi in anteprima

Ludwig van Beethoven (1770 – 1827)
Le creature di Prometeo (Ouverture)

Narong Prangcharoen (1973)
Concerto per pianoforte e orchestra “Luminary” (prima esecuzione italiana)

Ludwig van Beethoven (1770 – 1827)
Sinfonia n. 7 in La maggiore op. 92

direttore Alessandro Cadario
pianoforte Emanuele Arciuli
Orchestra I Pomeriggi Musicali

 

Un’esplosione di energia
Filo conduttore di queste pagine è l’energia che esse sprigionano, in onore rispettivamente d’un mito antico, d’un maestro moderno e come riflesso di un’intera temperie storica. Il Concerto del thailandese Prangcharoen s’ispira all’illuminazione spirituale e artistica che da un maestro si può irradiare sugli allievi, a incorniciarlo due capolavori di Beethoven che superano deliberatamente, in cerca di nuove vie, il senso del sublime caro ai classici così come lo “stile eroico” col quale il compositore si era già contraddistinto fino a quel momento.

Biglietteria

Prezzi dei singoli biglietti
Intero
I settore € 20,00 – II settore € 14,50 – Balconata € 11,00 + prevendita
Ridotto (fino a 26 anni, oltre i 60 anni, gruppi, associazioni ed enti convenzionati)
I settore € 16,00 – II settore € 12,50 – Balconata € 9,00 + prevendita

Note di sala

Accomuna le tre pagine in programma l’energia che queste sprigionano, in onore rispettivamente d’un mito antico, d’un maestro moderno e come riflesso di un’intera temperie storica. Il viaggio inizia nel 1801, pietra miliare nel percorso creativo di Beethoven. A quell’anno risale infatti l’affermazione shock raccolta dall’allievo Carl Czerny: «Non sono molto soddisfatto dei lavori che ho scritto finora; da oggi in poi voglio battere una via nuova». È sorprendente che l’annuncio della svolta del cosiddetto “stile eroico” avvenga al termine d’un biennio particolarmente intenso per composizioni, pubblicazioni, successi, che aveva portato il compositore trentenne a padroneggiare ogni genere strumentale. Questa piena maturità creativa venne salutata dal pubblico viennese col successo tributato il 28 marzo 1801 al balletto eroico e allegorico Le creature di Prometeo, messo in scena al Teatro di Corte dal celebre danzatore e coreografo Salvatore Viganò. Il soggetto ha per protagonista il mito classico del titano che si cimenta nel conferire vita fisica e intellettuale a due statue da lui plasmate (le creature del titolo), mobilitando in Parnaso Apollo, Bacco, Orfeo, le Muse e altre figure mitologiche perché le educhino alla bellezza. Beethoven risponde alla commissione con una partitura – ouverture e sedici numeri – dominata da una cifra di elegante, classico nitore e ispirato lirismo, la cui pagina introduttiva apre il nostro concerto con prorompente e teatrale vitalità.
L’energia è sicuramente un tratto essenziale anche del Concerto per pianoforte e orchestra “Luminary”, presentato dai Pomeriggi Musicali in prima esecuzione italiana, del compositore thailandese Narong Prangcharoen. Classe 1973, formatosi negli Stati Uniti e attualmente preside della Facoltà di musica della Mahidol University, 20 km. a ovest di Bangkok, Prangcharoen si è affermato compiutamente nell’ultimo decennio come uno dei compositori di musica d’arte di punta nel mondo asiatico, grazie a una serie di premi, onorificenze ed esecuzioni della sua musica da parte di prestigiose compagini, innanzitutto negli Stati Uniti e in Giappone, oltre che in patria (tra i riconoscimenti basti citare la Guggenheim Fellowship 2013). Gode inoltre della stima incondizionata di colleghi come John Corigliano e interpreti come appunto Emanuele Arciuli. Il concerto in programma è stato composto per onorare il 72° compleanno del maestro dell’autore, il pianista Bennett Lerner, ed è stato presentato il 17 giugno 2016 alla Prince Mahidol Hall nell’interpretazione del condiscepolo del compositore Christopher Janwong McKiggan e dall’Orchestra Sinfonica della Thailandia diretta da Dariusz Mikulski. Il titolo “Luminary” è quanto mai significativo. Si riferisce infatti all’illuminazione spirituale e artistica che dal maestro Lerner si è irradiata sugli allievi come una profusione di ispirazione. A questa dinamica fondamentale della trasmissione della conoscenza nel senso più alto e nobile si riferisce in particolare il gesto memorabile con cui il concerto, articolato peraltro nella classica scansione ternaria di due movimenti dinamici e persino frenetici che ne racchiudono uno più lirico, si apre: i tasti del pianoforte sprigionano infatti, percussivi, una pioggia di luce, raggi penetranti cui nulla può sfuggire. Viene in mente la metafora smagliante che corona il percorso virtuoso del Flauto magico mozartiano: «Die Strahlen der Sonne vertreiben die Nacht», i raggi del sole mettono in fuga la notte.
Un immaginario meno sereno risuona nell’energia della Settima sinfonia beethoveniana. Umiliata dall’occupazione francese e quindi costretta a un oneroso armistizio, Vienna, patria adottiva di Beethoven, offriva uno spettacolo che il 26 giugno 1809, dieci giorni prima della vittoria di Napoleone a Wagram, Beethoven commentava con queste parole: «Che devastazione e sconquasso attorno a me, nient’altro che tamburi, cannoni, afflizione umana d’ogni genere». Il furore delle armi e le drammatiche difficoltà dei tempi, lungi dal restare ai margini delle composizioni beethoveniane, vi si riversano imperiosamente e impregnano l’invenzione musicale influenzando in misura determinante la qualità della scrittura. Sarebbe impossibile concepire una partitura simile prescindendo dal contesto storico-culturale di un’Europa avviata a completare un secondo decennio di guerre, rivoluzionarie prima e napoleoniche poi: andranno ricondotte al rumore della Storia, meno indirettamente di quanto si potrebbe supporre, la spiccata propensione alla gestualità, le sonorità marziali, l’immagine sonora di un sublime che in quella stagione tanto inquieta non poteva se non assumere il tono d’uno stile eroico. Nacque in quel contesto la Settima sinfonia (si noti, all’avvio del Vivace che finalmente deflagra dopo l’ampia, divagante introduzione, il ruolo propulsivo del ritmo puntato): fragorosa musica di guerra, corroborata dall’ubiquo protagonismo dei fiati, in grado di trasformare il rumore della Storia in pura euforia dionisiaca. Non a caso Wagner lesse questa partitura audace, euforica ed energetica come l’apoteosi della danza: giudizio condivisibile per il ruolo principe che vi assume il ritmo, perfino nel tempo lento, un inconsueto, incantatorio Allegretto, ma che poco aiuta l’ascoltatore odierno, la cui attenzione andrà allertata lungo altri percorsi. Insomma, direbbe Figaro, «invece del fandango, / una marcia per il fango». Andranno infatti piuttosto apprezzati l’andamento da marcia funebre (intesa, come nell’“Eroica”, quale tributo sommesso alla memoria di un Grande) del severo Allegretto processionale in La minore (capovolgimento del luminoso La maggiore d’impianto), nobilitato dall’inserzione di una doppia fuga; la violenza espressiva dello Scherzo, completato da un doppio Trio dalla solennità degna del Campo di Marte; il carattere inequivocabilmente marziale del Finale. Non sembra casuale che la prima esecuzione della sinfonia, a Vienna, nel salone dell’Università, l’8 dicembre 1813, si accompagnasse a quella d’un altro lavoro beethoveniano minore che avrebbe dovuto rappresentare il cuore di quel concerto di beneficienza per soldati austriaci e bavaresi feriti: La vittoria di Wellington. Cinquanta giorni prima Napoleone era stato sconfitto a Lipsia, avvisaglia che un’epoca feroce si avviava a conclusione, non senza evidenti conseguenze perfino sul paesaggio sonoro del Continente.

Raffaele Mellace