Spazio alla creatività contemporanea il 16 e il 19 febbraio nel concerto diretto da Carlo Boccadoro con una sua composizione commissionata per l’occasione Afternoon Variations e, insieme alla Sinfonia “Classica” di Prokof’ev e alla “Parigi” di Mozart, anche la prima italiana di Strong on Oaks, Strong on the Causes of Oaks di Michael Nyman.
Programma
Wolfgang Amadeus Mozart (1756 – 1791)
Sinfonia n. 31 “Parigi” in re maggiore, K 297 (K 300a)
Allegro assai
Andantino
Allegro
Michael Nyman (1944)
Strong on Oaks, Strong on the Causes of Oaks (prima esecuzione italiana)
Carlo Boccadoro (1963)
Afternoon Variations (prima esecuzione assoluta, nuova commissione dei Pomeriggi Musicali)
Sergej Prokof’ev (1891 – 1953)
Sinfonia n. 1 in re maggiore “Classica”, op. 25
Allegro
Intermezzo. Larghetto
Gavotta. Non troppo allegro
Finale. Molto vivace
Direttore Carlo Boccadoro
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Biglietteria
Intero
I settore € 20,00 – II settore € 14,50 – Balconata € 11,00 + prevendita
Ridotto
I settore € 16,00 – II settore € 12,50 – Balconata € 9,00 + prevendita
Note di sala
Geografia musicale
di Raffaele Mellace
Il concerto odierno propone musica legata a luoghi e istituzioni o coincide con lo sradicamento geografico-culturale del suo autore. Gran parte di questo “diario di viaggio” è accompagnato da una stessa tonalità: l’estroverso Re maggiore. Incontriamo innanzitutto Mozart in quella prima metà dell’esistenza vissuta tra la natìa Salisburgo e numerosi viaggi. Fu proprio durante il viaggio del 1778 d’un Mozart ventiduenne in una Parigi ancora ignara della Rivoluzione, viaggio funesto perché vi morì la madre, che vide la luce, non senza fatica a giudicare dai ripensamenti testimoniati dall’autografo, la Sinfonia in Re maggiore K. 297. Pagina grandiosa concepita in gusto francese e arricchita dal timbro di quei clarinetti che a quell’altezza cronologica in Austria e in Italia non erano ancora in voga, piacque molto all’istituzione, il Concert Spirituel, che gli aveva commissionato una «Sinfonia a 10 instrumenti» (cioè a dieci parti). Piacquero soprattutto i brillanti e fragorosi tempi estremi: l’Allegro assai dall’architettura efficacissima, in cui Mozart incorpora il premier coup d’archet, il perentorio gesto inaugurale all’unisono che impressionava per la solenne enfasi sinfonica e si diceva prerogativa dell’orchestra parigina; e il crepitante Finale (si apprezzi l’apertura personalissima con i violini I e II in piano), di cui, sostiene qualcuno, si sarebbe ricordato Schubert nel finale della propria Prima sinfonia. Joseph Le Gros, direttore del Concert Spirituel, apprezzò meno l’idillico Andantino, di cui era invece convinto l’autore, che ne elogiava al padre la doppia qualità che avrebbe conquistato «tutti gli amatori e gli intendenti»: l’essere «naturale e breve».
Ci trasferiamo nella patente modernità con i prossimi due ascolti, altrettante prime. Una prima italiana propone Strong on Oaks, strong on the causes of Oaks di Michael Nyman, grande autore di colonne sonore, storico collaboratore di Peter Greenaway. Composto nel 1997 su commissione della English Sinfonia, il pezzo s’ispira al toponimo sassone Sithenaece, che significa “forte per le querce”, nei pressi di Stevenage, nello Hertfordshire, nuova sede dell’orchestra che festeggiava con questa commissione il proprio trasferimento. Con un tocco di quell’ironica leggerezza caratteristica del compositore minimalista inglese, il titolo è al contempo una parodia dello slogan della campagna laburista di Tony Blair di quegli stessi anni, “Tough on crime, tough on the causes of crime”. Eseguita per la prima volta il 14 aprile 1998 al Royal Festival Hall, a Londra, sotto la direzione di Bramwell Toevy, strumentata per orchestra classica, la composizione, in tipico stile Nyman, rappresenta l’orchestrazione di due lavori preesistenti, il Quartetto per archi n. 4 e Yamamoto Perpetuo per violino solo, in cui è rielaborato in termini originali materiale tematico del folklore scozzese. Il finale ricorda il musicista Simon Jeffes, scomparso durante la composizione, omaggiato con l’imitazione della sonorità dell’ukulele caro all’amico. Complessivamente la partitura presenta un discorso aggressivo, serrato, omogeneo, in cui l’intera compagine, compatta, guidata dagli archi, esibisce impeto costante nelle cinque parti, di durata simile, in cui è articolato il lavoro: modulate diversamente nelle sottigliezze del tono espressivo (si pensi all’avvio suggestivo e misterioso della seconda), sono tuttavia da ricondursi a una violenza espressiva di fondo, basata su un impulso ritmico incoercibile, su un’iterazione ossessiva sublimato dall’apoteosi (appunto in Re maggiore) dell’ultima parte, la più breve, festiva, giubilante, euforica.
In prima esecuzione assoluta è Afternoon Variations di Carlo Boccadoro. Autentico specialista della scrittura per l’orchestra, il compositore marchigiano, classe 1963, imbocca con questa novità, commissione dei Pomeriggi Musicali, una strada diversa rispetto alla consueta variazione dei parametri ritmico-melodici, cui si rifacevano le Variazioni per orchestra scaligere del 2011. Ora il focus si sposta sul parametro timbrico: l’interesse principale è il colore, il dialogo tra gruppi strumentali, la lavorazione della compagine orchestrale da cui emergano macchie di colore; un trattamento, insomma, dell’orchestra – che non a caso presenta le dimensioni contenute dell’orchestra classica – come grande ensemble cameristico, non come l’elefantiaco organismo tardoromantico. Modelli di tale scrittura sono i lavori della tarda maturità di Stravinskij, la lezione insuperata di lavori degli anni Cinquanta e Sessanta come le Variations “Aldous Huxley in memoriam”, Agon, Requiem Canticles. Modelli che agiscono in una fase della produzione di Boccadoro in cui è il lavoro di cesello, l’attenzione al dettaglio a prevalere rispetto alla ricerca a tutti i costi dell’effetto eclatante e popolare.
Nel 1918 il giovane Sergej Prokof’ev lascia la Russia in fiamme portando con sé a New York la partitura della Sinfonia “classica” in Re maggiore, scritta nei due anni precedenti e presentata nell’allora Pietrogrado il 21 aprile 1918. Sorprendentemente la composizione, saldamente e precocemente ispirata all’orientamento estetico neoclassico, nulla tradisce dei drammatici eventi rivoluzionari. Si configura piuttosto come una sinfonia di Haydn al quadrato: non una parodia, cioè un falso, bensì la restituzione del sereno orizzonte espressivo haydniano rivissuto dal venticinquenne russo con un candore che produce il miracolo d’una perfetta immedesimazione negli ideali del classicismo viennese. Idee tradotte nella nettezza adamantina di oggetti musicali dal carattere pregnante. Ed ecco che la musica crepita sotto la pelle nel frizzante Allegro d’apertura in forma sonata; non si scompone nel passo elegante e misurato d’un Larghetto in cui convivono misura olimpica e umorismo discreto; imbocca la strada d’una danza dal profilo inconfondibile nella sapida Gavotte. Non troppo allegro (la prima a veder la luce, già nel 1916), preferita al regolamentare minuetto e reimpiegata vent’anni dopo nel balletto Romeo e Giulietta; si congeda infine dagli ascoltatori con la frenesia inarrestabile del bel Finale. Molto vivace.