È un’orchestra ospite, la Haydn di Bolzano e Trento a esibirsi il 10 e 12 novembre diretta da Gábor Takács-Nagy in un programma che si apre con gli accenti romantici delle Ebridi di Mendelssohn, e poi si colloca nel cuore del Classicismo con la Sinfonia n. 99 di Haydn e la Sinfonia n. 39 di Mozart.
Programma
Felix Mendelssohn – Bartholdy (1809 – 1847)
Le Ebridi (Ouverture da concerto)
Allegro moderato. Animato in tempo
Franz Josef Haydn (1732 – 1809)
Sinfonia n. 99 in mi bemolle maggiore, Hob:I:99
Adagio; Vivace assai
Adagio
Minuetto: Allegretto e Trio
Finale: Vivace
Wolfgang Amadeus Mozart (1756 – 1791)
Sinfonia n. 39 in mi bemolle maggiore, K 543
Adagio, Allegro
Andante con moto
Minuetto e trio. Allegretto
Finale: Allegro
Direttore Gábor Takács-Nagy
Orchestra Haydn di Bolzano e Trento
Biglietteria
Intero
I settore € 20,00 – II settore € 14,50 – Balconata € 11,00 + prevendita
Ridotto
I settore € 16,00 – II settore € 12,50 – Balconata € 9,00 + prevendita
Note di sala
La luce del Mi bemolle
di Raffaele Mellace
Le sinfonie in programma condividono la tonalità d’impianto di Mi bemolle maggiore, che con i suoi tre bemolli in chiave è stata riletta tra Sette e Ottocento nell’ottica del sublime, tra simbologie trinitaria (Bach, Clavier-Uebung III), massonica (Mozart, Il flauto magico) ed eroica (Beethoven, Terza sinfonia, Concerto “L’imperatore”). Nel concerto odierno, aliena da simbologie specifiche, la tonalità promana un’aura grandiosa e solare, che emerge folgorante, per contrasto, dall’ouverture, nel remoto si minore, su cui si alza il sipario. Die Hebriden (“Le Ebridi” o “La grotta di Fingal”) esprime la dimensione, fondamentale nella vita di Mendelssohn, del viaggio come straordinaria esperienza formativa. Per il musicista, e talentuoso acquarellista, l’incontro con paesaggi e civiltà, espressione di natura e cultura, diventa occasione per tradurre in suoni la risonanza interiore di tali esperienze in un animo estremamente ricettivo. Tema dell’ouverture è la fascinosa evocazione marina dello spettacolo sublime del selvaggio arcipelago scozzese. Concepita da un abbozzo di 21 battute appuntato nel viaggio in Scozia del 1829, originariamente intitolata Ouverture zur einsamen Insel (“L’isola solitaria”), venne scritta a Roma nel 1830 e rivista, in un’ormai terza versione, nel 1832. Lavoro potente, rappresenta l’incunabolo dell’immaginario marino del romanticismo musicale, senza il quale titoli come L’Olandese volante di Wagner sarebbero impensabili. L’eccezionale effetto d’eco della grotta di basalto che Mendelssohn aveva sperimentato nell’estremo Nord della Scozia è tradotto in un tema evocativo, sordo, misterioso formato da un disegno discendente esposto nel registro grave cui contrasta un tema lirico in Re maggiore che sale sempre dai violoncelli: dialettica che ospita un episodio centrale risonante di fanfare militari (memoria del mitico re Fingal, padre di Ossian, il bardo popolare presso i romantici) ma finisce per rifluire nell’ineluttabile flutto marino di cui l’onnipresente tema principale è simbolo formidabile.
Composta a Vienna, nel 1793 in cui dava lezioni al giovane Beethoven, in vista del secondo viaggio londinese, e presentata appunto a Londra, sotto la direzione dell’Autore stesso, il 10 febbraio 1794, la Sinfonia n. 99 di Haydn è uno dei lavori più maturi dell’intera storia del genere. Vanta un’ampia e densa introduzione in Adagio al I tempo dalla concezione armonica sofisticata, una progettazione non meno originale della relazione tra tonalità dei diversi tempi (Mi bemolle, Sol, Do), un uso magistrale nel trattamento contrappuntistico dei temi, grande delicatezza nell’impiego dei fiati, tra cui i clarinetti che per la prima volta compaiono in una sinfonia haydniana, uno splendido equilibrio nella varietà di atteggiamenti espressivi: l’energia scattante del Vivace assai, il puro incanto dello splendido Adagio centrale, con i suoi due temi e l’originale cinguettio dei legni soli, enclave dolcissima che si contrappone al resto dell’orchestra, la relazione contrastante tra il vigoroso Minuetto e il bucolico Trio, il Finale pieno di spirito e humour.
Scritta forse per un’ipotetica occasione concertistica che probabilmente non si realizzò, la Sinfonia in Mi bemolle maggiore K. 543, compiuta il 26 giugno 1788, coniuga in termini altamente originali la grandiosità d’un disegno di neoclassico nitore, dal carattere spiccatamente pubblico e dall’eloquenza immediata e aperta, con i tratti più raffinati di uno stile maturo dedito a un ideale artistico personale, appartato rispetto ai gusti della committenza. Un ideale di bellezza apollinea straordinariamente remoto dalla situazione contingente in cui versavano le sorti di Mozart, ormai lontano dall’effimero idillio con la società viennese che l’aveva illuso pochi anni prima. Un solenne Adagio cerimoniale di teatrale drammaticità accoglie anche qui l’ascoltatore con quella nobile, quieta semplicità associata presso Mozart, nei concerti per pianoforte, nel Don Giovanni e nel Flauto magico, al Mi bemolle maggiore. In questa introduzione tripartita si assiepano, cifra inconfondibile dello stile tragico, austeri ritmi puntati e sciabordate violente degli archi, mentre ai fiati spetta insidiare la serenità dell’armonia. Da questo sfondo austero sorge alato il I tema dell’Allegro, affidato ai violini I, fino all’esplosione dell’intera orchestra in uno slancio sinfonico dall’empito eroico. Il II tema è d’una delicatezza quasi estenuata, suddiviso tra un oscillante nastro di crome dei violini e la risposta per note ribattute dei legni. L’Andante con moto si propone come creatura dal volto enigmatico, settecentesca figura velata. Nella calma d’un ritmo di marcia trasfigurato lievita insensibilmente il tema esposto ai violini. In questa forma sonata priva di Sviluppo, il secondo tema, in drammatico fa minore, si materializza nel dialogo tra coppie di fiati, viole e bassi nell’atmosfera sinistra stabilita dal tremolo dei violini. Nella Ripresa, affidata all’orchestra al completo, Mozart introduce una modulazione del tutto imprevista nel remoto Si maggiore. Il Menuetto è costituito da un tempo di danza di respiro sinfonico grandioso, che alterna la compattezza dell’orchestra piena con la delicatezza dei soli archi. Il Trio propone il tenero incanto dei legni, perforato a due riprese la melodia popolaresca del clarinetto, prima della canonica ripresa del Menuetto. Il Finale è affidato a una memorabile, magnifica invenzione di haydniana levità: un agilissimo tema giocoso che crepita sotto la pelle, esposto dai violini I ma ben presto raccolto e amplificato dall’orchestra al completo. Una cadenza fragorosa lascia il passo in questa forma sonata fittizia a un sedicente II tema, costituito in realtà dalla semplice trasposizione del I in Si bemolle, proposto dai violini col discreto contributo dei legni. La Ripresa, che recluta fin dall’inizio i fiati, ribadisce l’appartenenza alla regione di Mi bemolle dell’unico tema ubiquo cui spetta, immancabilmente, l’ultima parola.