Franz Joseph Haydn (1732 – 1809)
Sinfonia n. 33 in Do maggiore Hob I:33
Wolfgang Amadeus Mozart (1756 – 1791)
Sinfonia concertante per fiati e orchestra K297b
Franz Joseph Haydn (1732 – 1809)
Sinfonia n. 94 in Sol maggiore “La sorpresa” Hob I:94
direttore James Feddeck
oboe Francesco Quaranta
clarinetto Marco Giani
fagotto Lorenzo Lumachi
corno Alessandro Mauri
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Sinfonia e geografia
Le tre composizioni in programma s’intitolano tutte sinfonie. Sono tuttavia lavori molto diversi, nati in altrettanti contesti che hanno influito significativamente sulla loro stessa fisionomia. Una prova elettrizzante del giovane Haydn precede una complessa architettura mozartiana dalla genesi assai discussa: il lavorio timbrico e di orchestrazione di questi due lavori sembra venire “risolto” da una delle ultime sinfonie di Haydn partito, ormai celebre, alla conquista di Londra.
Biglietteria
Prezzi dei singoli biglietti
Intero
I settore € 20,00 – II settore € 14,50 – Balconata € 11,00 + prevendita
Ridotto (fino a 26 anni, oltre i 60 anni, gruppi, associazioni ed enti convenzionati)
I settore € 16,00 – II settore € 12,50 – Balconata € 9,00 + prevendita
Note di sala
Le tre composizioni in programma s’intitolano tutte sinfonie. Sono tuttavia lavori molto diversi, nati in altrettanti contesti che hanno influito significativamente sulla loro stessa fisionomia. Iniziamo da Haydn, anzi, dai due Haydn che incontreremo oggi. Il primo è un compositore giovane, benché non vi siano certezze rispetto a quando esattamente la Sinfonia n. 33 in Do maggiore, di ascolto assai raro tra le 104 haydniane, sia stata scritta. L’unico punto fermo è che il 9 maggio 1768 l’editore parigino La Chevardière ne annunciò la pubblicazione in una raccolta di sei sinfonie di Haydn, pubblicata nuovamente nel 1785 dal collega e concittadino Le Duc. Stabilita questa data ante quem, resta il dilemma se la sinfonia preceda o segua la prima grande svolta nella carriera di Haydn, ovvero la nomina, nel 1761, a vicemaestro di cappella del principe Paul Anton Esterházy. Un elemento significativo potrebbe essere l’adozione della matura scansione in quattro tempi, che sarebbe diventata normale in Haydn attorno al 1764/65, ma non è sufficiente. In ogni caso, la Sinfonia partecipa di quella esplosione del genere (non meno di 10.000 lavori tra il 1740 e il 1810) che elettrizzò gli ambienti musicali di tutto il continente, da Milano a Mannheim, da Parigi ad appunto la Vienna (se non già il castello degli Esterházy ad Eisenstadt o addirittura la splendida reggia di Esterháza) in cui operava il giovane Haydn. È dunque consigliabile abbandonarsi all’ascolto di questo lavoro, breve ma assai ben caratterizzato, nell’energia incontenibile del Vivace d’apertura, che parte come un razzo, un festivo fuoco d’artificio che pare illuminare la notte del giardino all’italiana d’un castello barocco; nel melos discreto e introverso dell’Andante, che capovolge in Do minore il modo d’impianto della sinfonia; nell’elegante Minuetto, che ripristina definitivamente il Do maggiore originario, contrappuntato dal passo felpato del Trio, percorso dal fremito di sincopi insistenti; nella sferzata d’energia con cui il Finale. Allegro chiude brillantemente questo discorso in quattro stadi.
La composizione di grande bellezza al cuore del concerto odierno ci propone un enigma musicologico che risale allo sventurato viaggio parigino di Mozart. Stando alla corrispondenza col padre Leopold, rimasto a Salisburgo, nella primavera del 1778 scrisse infatti per l’istituzione del Concert Spirituel una «Sinfonia concertante» per flauto, oboe, corno e fagotto. La composizione va iscritta nell’effimera fortuna di quel genere musicale ibrido, di cui si è già discusso in occasione del concerto dello scorso 18/20 gennaio, cui Mozart contribuì sicuramente con il capolavoro k 364 per violino e viola. Gli interpreti cui l’opera era destinata erano virtuosi della celebre orchestra di Mannheim, forse allora la migliore d’Europa. Purtroppo, però sul percorso della composizione cala sin dall’inizio una fitta cortina: dalle lettere di Mozart risulta chiaro che il direttore del Concert Spirituel ne impedì l’esecuzione. Cosa accadde allora, in mancanza di prove documentarie, divide gli studiosi: l’unico testimone manoscritto, non autografo, venne ritrovato tra le carte del musicologo Otto Jahn nell’Ottocento, senza neppure l’indicazione dell’autore. Potrebbe trattarsi della trascrizione della sinfonia citata da Mozart e oggi perduta, nella Parigi alla vigilia di un secolo intero di tumulti rivoluzionari. Se studiosi come Giovanni Carli Ballola propendono per l’autenticità, altri sostengono si tratti di un lavoro spurio (così è ritenuto dalla nuova edizione critica mozartiana), confezionato forse da un compositore del primo Ottocento sulla base delle parti solistiche mozartiane. Nel 1988 Robert D. Levin ha pubblicato un libro ponderoso in cui si azzarda a proporre, sulla base di ragioni stilistiche, il nome del francese Alexandre-Pierre-François Boëly (1785-1858) quale presunto autore della sinfonia negli anni Venti dell’Ottocento. Certo, il lavoro presenta una tinta spiccatamente mozartiana (autentica o imitata che sia), con alcuni luoghi che giungono persino a richiamare passi analoghi della produzione del genio, come appunto la Sinfonia concertante sicuramente autentica. Anche in questo caso, l’ascoltatore potrà semplicemente godersi l’immenso Allegro, esteso per oltre 400 misure, arricchito da un profluvio di idee melodiche e dall’incantevole, vivace gioco d’imitazione tra i solisti; l’Adagio che si apre a plaghe di bellezza sublime nella scrittura per fiati, nel lamento del fagotto o nel canto dolce dell’oboe; infine, l’Andantino con Variazioni conclusivo, che del genere sinfonia concertante propone tanto la brillante leggerezza del tono quanto l’ordinata esibizione del talento dei solisti.
È un altro Haydn quello che ci viene incontro con uno dei suoi lavori sinfonici più celebri, la Sinfonia n. 94, singolarmente associata a un doppio titolo, l’inglese “The Surprise” e il tedesco “Mit dem Paukenschlag”, con il colpo di timpani. Composta nel 1791, dunque circa trent’anni dopo la n. 33, è la seconda delle dodici scritte nei due viaggi a Londra, dove fu presentata il 23 marzo 1792, e destinate alle stagioni concertistiche organizzate dall’impresario John Peter Salomon, in cui Haydn avrebbe anche diretto i propri lavori. Con l’occasione il compositore ebbe a disposizione una grande orchestra, di fatto doppia rispetto a quella del principe Esterházy, e si sarebbe confrontato con il pubblico numeroso di una città appassionata di musica, che tributò alla prima esecuzione di questa sinfonia un trionfo, decretando per questo lavori e per le altre sinfonie “londinesi” il ruolo d’un modello classico. Aperto da un’introduzione lirica in Adagio cantabile, il primo movimento consiste in un Vivace assai pieno di vita e di energia, in cui l’umorista Haydn non si nega un giocoso, sornione secondo tema sincopato in Re maggiore. L’origine del doppio titolo della sinfonia, non risalente all’autore (che tuttavia dichiarò di voler «sorprendere il pubblico con qualcosa di nuovo»), andrà ricercato nell’Andante. La “sorpresa” è infatti l’inaspettato accordo dell’orchestra completa in fortissimo, timpani inclusi, che interrompe l’andamento regolare del tempo lento. Il Minuetto – forse perché la sinfonia veniva eseguita a Londra? – sembra deliberatamente ispirato alla tipica danza rusticana austriaca del Ländler, progenitrice del valzer. Il Finale in forma sonata ribadisce lo spirito di freschezza e buonumore che pervade l’intera sinfonia, vero gioiello di affabilità.
Raffaele Mellace