Direttore: Pietari Inkinen, Pianoforte: Giuseppe Albanese - I Pomeriggi Musicali - Teatro Dal Verme

Le date

Sala Grande
giovedì 01 febbraio 2024
Ore: 10:00*
giovedì 01 febbraio 2024
Ore: 20:00
sabato 03 febbraio 2024
Ore: 17:00
*I Pomeriggi in anteprima

Robert Schumann (1810 – 1856)
Concerto in La minore per pianoforte e orchestra op. 54

Ludwig van Beethoven (1770 – 1827)
Sinfonia n. 3 in Mi bemolle maggiore op. 55 “Eroica”

direttore Pietari Inkinen
pianoforte Giuseppe Albanese
Orchestra I Pomeriggi Musicali

 

Inventare il Nuovo
“Innovativo” è forse l’aggettivo che più caratterizza i nostri tempi: un imperativo morale per qualsiasi progetto, ricerca, strategia di successo. Le due pagine in programma corrispondono pienamente a un intento squisitamente innovativo. Si potrebbe affermare che la qualità eccellente che queste partiture esprimono è debitrice, oltre che verso il genio degli autori, anche verso la volontà di rinnovamento che le ispirò.

Biglietteria

Prezzi dei singoli biglietti
Intero
I settore € 20,00 – II settore € 14,50 – Balconata € 11,00 + prevendita
Ridotto (fino a 26 anni, oltre i 60 anni, gruppi, associazioni ed enti convenzionati)
I settore € 16,00 – II settore € 12,50 – Balconata € 9,00 + prevendita

Note di sala

“Innovativo” è forse l’aggettivo che più caratterizza i nostri tempi: un imperativo morale per qualsiasi progetto, ricerca, strategia di successo. Le due pagine in programma corrispondono pienamente a un intento squisitamente innovativo. Si potrebbe affermare che la qualità eccellente che queste partiture esprimono è debitrice, oltre che verso il genio degli autori, anche verso la volontà di rinnovamento che le ispirò. Per Schumann il concerto in quanto genere rappresentava un problema tout court. Ne aveva discusso già nel 1839 con l’amata Clara, grande pianista concertista e dall’anno dopo sua moglie, presentandole il suo concerto ideale come «qualcosa di mezzo tra sinfonia, concerto e grande sonata. Mi rendo conto che non posso scrivere un concerto da “virtuoso” [aveva già fatto diversi tentativi infruttuosi] e che devo mirare a qualcos’altro». Fu però soltanto nel 1841, l’“anno sinfonico” schumanniano – vi videro la luce anche due sinfonie, l’abbozzo d’una terza e l’Ouverture, Scherzo e Finale– che l’intenzione iniziò a prender forma. Dico iniziò perché ciò che Schumann scrisse, forse su modello del Konzertstück di Weber, fu una Fantasia per pianoforte e orchestra mai presentata in pubblico e completata solo quattro anni più tardi con un Intermezzo e un Finale, a formare un concerto completo che Clara finalmente eseguì a Dresda il 4 dicembre 1845, sotto la direzione di Ferdinand Hiller, dedicatario del lavoro. Questo travaglio creativo fruttò uno dei concerti più popolari dell’intero repertorio, il cui ascolto è stato ininterrotto dal 1845. Clara ne restò subito entusiasta: «Com’è ricco di invenzione, com’è interessante dal principio alla fine; com’è fresco, e quale insieme ben connesso! Studiandolo, provo un vero piacere». Aveva ragione: la partitura è in effetti interessante, cioè innovativa e personalissima. Se il primo movimento (l’originaria Fantasia) si basa sulla classica forma sonata, il tema principale, esposto dall’oboe e ripreso dal pianoforte, è un’allusione cifrata, secondo il codice alfabetico delle note in lingua tedesca, (Do, Si, La = C, H, A) tanto al nome sCHumAnn, quanto allo pseudonimo di Clara in seno alla Lega di Davide, CHiArinA. Se si aggiunge che 1) il tema costituisce una citazione letterale, nella medesima tonalità, dell’aria con cui Florestan, in apertura del Secondo atto del Fidelio beethoveniano, invoca la fedelissima moglie; e che 2) questo primo tema è strettamente imparentato col secondo della Fantasia e ritorna ciclicamente, dissimulato, anche nell’invenzione tematica dei due tempi aggiunti successivamente, risulterà allora chiaramente come l’intero concerto costituisca una lettera d’amore per Clara, musa ispiratrice del primo lavoro schumanniano dedicato alla donna e alla pianista dopo il contrastato matrimonio che li aveva uniti. L’indicazione Allegro affettuoso posta in testa al primo movimento svela così tutta la profondità e intensità del suo significato.

Anche la Terza sinfonia rappresentò un impegno straordinario per Beethoven, che occupò eccezionalmente, al di là di abbozzi già del 1801, tra il 1802 e l’inizio del1804, fruttando un intero quaderno di abbozzi tormentati. Della novità dell’impresa era naturalmente ben conscio lo stesso artista, che nel presentare la sinfonia all’editore chiosava fiducioso, seppur con notevole understatement: «Credo che interesserà il pubblico musicale». Con l’Eroica Beethoven impresse una direzione affatto nuova alla sinfonia, realmente «grande» sotto vari profili: nell’accrescimento delle dimensioni, raddoppiate rispetto alle sinfonie precedenti (Beethoven stesso suggeriva di tenerne conto nella collocazione all’interno dei concerti), non per moltiplicazione dei tempi, bensì per inusuale dilatazione degli stessi; nell’accrescimento dell’organico orchestrale, che guadagna soltanto un terzo corno, strumento peraltro chiave nella partitura, ma indica alla moderna orchestra sinfonica una direzione precisa (ad esempio nella costruzione di una sezione di ottoni in-comparabile con quella settecentesca). La novità storicamente forse più notevole sta però nell’intenzione di concepire un intero lavoro all’insegna di un’unica idea poetica: tradurre in suoni una grandezza fuori dal comune, quel sublime che in una stagione tanto inquieta per l’Europa non poteva se non assumere la forma dell’idealità eroica coltivata dal coevo immaginario neoclassico: perfettamente in linea con la statua di Napoleone come Marte pacificatore di Canova, esattamente coeva (1803-06) della sinfonia beethoveniana, la cui versione in bronzo campeggia nel cortile di Brera, o con i versi del terzo inno delle Grazie foscoliane, dedicato a Pallade, che «sola tien l’asta paterna / […] per cui splende / a’ magnanimi eroi sacro il trionfo». Sinfonia Eroica […] composta per festeggiare il sovvenire di un grand’Uomo, è il titolo con cui apparve a stampa il lavoro inaugurale in ambito sinfonico della «via nuova» beethoveniana, composto in origine con in mente un nome e un cognome precisi. «Intitulata Bonaparte» recita il titolo poi depennato in testa a un manoscritto, confermato qualche riga più sotto dalla precisazione «Geschrie-ben auf Bonaparte» (“scritta su Bonaparte”). Col titolo «Bonaparte» Beethoven presentava al suo editore la Sinfonia ancora nell’agosto 1804, tre mesi dopo averne rinnegato la dedica alla notizia della svolta tirannica di Napoleone, autoproclamatosi imperatore. Concepita con quell’orizzonte ideale, anche spogliata della dedica originaria la Terza sinfonia resta la sonorizzazione del mito dell’eroe (propugnatore di idee rivoluzionarie, non nerboruto, atletico Sigfrido), alla cui apoteosi concorrono la concezione complessiva, epica e romanzesca; l’impianto monumentale; la drammatica e trionfale peripezia dell’elementare e nobile tema principale dell’Allegro con brio (691 battute, di cui 140 per la sola Coda, mentre l’introduzione lenta è condensata in due accordi perentori); la solenne Marcia funebre nel prediletto do minore, completa d’un episodio centrale trasfigurato, che annette, del tutto irritualmente in una sinfonia, una meditazione sulla morte; l’aerea, ignea leggerezza dello Scherzo, che col suo Trio agìto dai corni rappresentala culla del Romanticismo musicale tedesco; il Finale che attinge all’autorevolezza del mito classico elaborando il tema che aveva concluso il balletto Le creature di Prometeo con cui Beethoven si era imposto nei primi mesi del nuovo secolo al Teatro di Corte di Vienna.

Raffaele Mellace