I Valzer degli Strauss
direttore Pietro Mianiti
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Un vortice di sensualità ed energia
Il secolo borghese, le cui «magnifiche sorti e progressive» Leopardi aveva guardato con disincanto, rinveniva nella produzione straussiana, unicamente musica d’intrattenimento, soprattutto da ballo: la trasfigurazione artistica dell’energia, della vitalità, della visione edonistica e ottimistica dell’esistenza che, superata la rivoluzione del Quarantotto (Strauss aveva debuttato nell’ottobre 1844) si avviava a celebrare i fasti della Belle Époque, prima che l’altra batosta, ben più traumatica, della Grande Guerra precipitasse l’Austria e l’Europa tutta nel drammatico Secolo breve.
Biglietteria
Prezzi dei singoli biglietti
Intero
I settore € 20,00 – II settore € 14,50 – Balconata € 11,00 + prevendita
Ridotto (fino a 26 anni, oltre i 60 anni, gruppi, associazioni ed enti convenzionati)
I settore € 16,00 – II settore € 12,50 – Balconata € 9,00 + prevendita
Note di sala
«Johann Strauss era a Vienna lo zar di tutte le gambe. […] Era l’ambiente che aveva creato lui, o era lui che aveva creato l’ambiente? Chi lo sa?». Se lo chiedeva il periodico «Scena illustrata» dopo che il 6 giugno 1899 una folla imponente aveva accompagnato al Cimitero centrale la salma del “re del Valzer”. Johann Baptist Strauss (figlio per distinguerlo dall’omonimo padre) si era spento a 73 anni al termine d’un secolo, l’Ottocento, cui la sua musica aveva prestato una veste sonora splendida, divenendone icona universalmente riconosciuta. Il secolo borghese, le cui «magnifiche sorti e progressive» Leopardi aveva guardato con disincanto, rinveniva nella produzione straussiana, unicamente musica d’intrattenimento, soprattutto da ballo, la trasfigurazione artistica dell’energia, della vitalità, della visione edonistica e ottimistica dell’esistenza che, superata la rivoluzione del Quarantotto (Strauss aveva debuttato nell’ottobre 1844) si avviava a celebrare i fasti della Belle époque, prima che l’altra batosta, ben più traumatica, della Grande Guerra precipitasse l’Austria e l’Europa tutta nel drammatico Secolo breve.
Intanto però, nell’arco degli oltre quarant’anni coperti dalla musica in programma (1848-1889), Vienna è in piena espansione. Orfana dal 1827 di Beethoven, rifondata con l’innalzamento attorno alla nuova cintura della Ringstraβe d’una serie di edifici monumentali, ritrova una vita musicale palpitante: nel 1863 Brahms assume la direzione della Sing-Akademie, nel 1866 va in scena Cavalleria leggera di Suppé, nel 1868 Bruckner è nominato docente al Conservatorio, nel 1869 s’inaugura la nuova Opera di Corte. Come nella Parigi di Offenbach, la civiltà dell’intrattenimento leggero, voce d’un insopprimibile desiderio di evasione, alimentata nella prima metà del secolo da Johann Strauss padre (autore, nel 1848 dell’ascesa al trono del diciottenne Francesco Giuseppe, della Marcia di Radetzky) e dal socio Joseph Lanner, conosce uno sviluppo prodigioso. Un repertorio originariamente destinato all’organico essenziale di due violini e chitarra, da suonarsi nelle bettole, con la generazione di Strauss sr. conquistò i saloni delle feste e persino la Corte imperiale. Il fondamento è costituito da poche danze, due soprattutto, pilastri di quel repertorio e anima del nostro concerto: il valzer, già citato nel 1787 e plausibilmente derivato dal Ländler, e la polka, danza rapida di origine boema nota a Vienna dal 1839, evolutasi negli anni Cinquanta nelle varianti più aggraziata (polka française) o ancor più veloce (polka schnell), chiamata a Parigi galop.
Fu in particolare Strauss figlio a conferire a quel repertorio la dignità artistica di composizioni sinfoniche degne d’una sala concerto, con ambizioni da musica d’arte, sviluppando l’Introduzione e la Coda, curando invenzione melodica, armonia e orchestrazione, dimostrando un gusto, un astuto dosaggio degli effetti e un sicuro magistero compositivo riconosciutigli dallo stesso Brahms, poco propenso ai complimenti. Onnipresente nel celebrare qualsiasi evento pubblico in mezzo secolo di vita viennese, godette già in vita d’un successo consolidato da tournée internazionali dalla Russia agli Stati Uniti (il 7 maggio 1874 diresse anche qui, al Teatro Dal Verme) che gli valsero il nomignolo di “re del valzer”. Quando nel 1895 l’anziano Verdi ricevette lo spartito del Guntram del giovane e in Italia ancora quasi sconosciuto Richard Strauss, chiese a Ricordi se si trattasse dell’«autore dei Valzer». Delle centinaia di titoli (479 numeri d’opus) pubblicati da Johann Strauss jr., il florilegio odierno offre un campione assai vario.
Apre il programma un autentico capolavoro e incidentalmente la pagina più recente tra quelle proposte all’ascolto: quel Kaiserwalzer presentato il 21 ottobre 1889 a Berlino nella nuova sala da concerto del Königsbau, al tempo del (fatale) abbraccio dell’Austria con la Germania guglielmina (ai due imperatori, Francesco Giuseppe e Guglielmo II, allude il titolo). Pagina monumentale, coniuga genialmente l’ambizione sinfonica della grande occasione, una certa audacia armonica, il carattere pubblico, di cui danno prova l’ampia introduzione a tempo di marcia e l’evidenza del tamburo militare, con il lirismo suadente della melodia principale, dall’allure nobilissima e travolgente. Ha scritto Claudio Magris nel Mito asburgico che in questo valzer «sotto il trascinante abbandono della danza s’annida la malinconia», aggiungendo che oltre vent’anni più tardi, sempre «in un valzer, quello del Rosenkavalier, Richard Strauss farà sentire l’Austria morente». Si alternano nel prosieguo del concerto le architetture più ampie del valzer Wiener Blut op. 354 (1873), dalla cui monumentale, accurata introduzione sorge forse la melodia più bella di questo intero repertorio; l’accattivante, vasto e sfaccettato Tausend und eine Nacht. Walzer op. 346, realizzato da Strauss nel 1871 sfruttando per l’ennesimo ballo viennese temi della coeva, sua prima operetta, Indigo und die vierzig Räuber; infine, il celeberrimo An der schonen, blauen Donau op. 314 (1867), sintesi prodigiosa di dolcezza, sensualità ed energia, originariamente con l’apporto del coro, committente il Wiener Männergesang-Verein (“Associazione corale maschile viennese”), e immediatamente salito alla ribalta internazionale nella versione esclusivamente orchestrale presentata quell’anno stesso all’Esposizione universale di Parigi e subito dopo a Londra.
Trascorrono invece come un lampo la polka veloce Auf der Jagd (1875), brillante e leggera; la polka Im Krapfenwald’l (1869), caratterizzata dal tocco spiritoso del cucù e da altri richiami ornitologici; la Pizzicato-Polka op. 234 (1870), dall’invenzione originalissima e spiritosa; la polka Unter Donner und Blitz op. 324 (1868), dal passo rapido e dall’eloquio arguto. Meno frenetica suonerà la Tritsch-Tratsch-Polka op. 214 (1858), dal piglio comunque spedito e determinato. Non mancano neppure due polke – la schnell Jokey-Polka (1871) e la française Feuerfest! (1869) – di Josef Strauss, il fratello minore con cui il re del valzer operò a lungo in associazione.
Raffaele Mellace