Europa, volti di una tradizione - I Pomeriggi Musicali - Teatro Dal Verme

Le date

Evento in streaming
giovedì 11 febbraio 2021
Ore: 20:00
sabato 13 febbraio 2021
Ore: 17:00

Luci e ombre
Cara, Wedding and Funeral Marching Band, prima esecuzione. Commissione I Pomeriggi Musicali
Chopin, Concerto n 2 per pianoforte e orchestra in fa minore op. 21
Schubert, Sinfonia n. 3 in re maggiore D. 200

Direttore: James Feddeck
Pianoforte: Viviana Lasaracina
Orchestra I Pomeriggi Musicali

Note di sala

Alberto Cara (1975)
Wedding and Funeral Marching Band per orchestra di fiati e percussioni PRIMA ESECUZIONE ASSOLUTA (Commissione dei Pomeriggi Musicali)

Fryderyk Chopin (1810-1849)
Concerto per pianoforte e orchestra n. 2 in fa minore, op. 21

I: Maestoso
II: Larghetto
III: Allegro vivace

Franz Schubert (1797-1828)
Sinfonia n. 3 in re maggiore, D 200

I: Adagio maestoso. Allegro con brio
II: Allegretto
III: Menuetto: Vivace
IV: Presto vivace


Luci ed ombre
Il concerto odierno propone l’intramontabile capacità della musica di rappresentare luci ed ombre dell’esistenza. Lo fa con i lavori di due giovanissimi che diverranno tra le massime personalità del romanticismo: il concerto di Chopin, dagli umori contrastanti, e la luminosa sinfonia di Schubert. Il tono della convivenza di fragranze diverse nell’alchimia della vita lo stabilisce però la novità in prima esecuzione assoluta. La firma Alberto Cara, classe 1975, noto ai Pomeriggi Musicali, nelle cui stagioni hanno debuttato negli ultimi tre lustri diversi suoi lavori, tra cui, nel 2013, la trenodia per tromba e orchestra Il mio mattin brillò che anticipa la novità odierna. Autore di opere teatrali (ultima La notte di Natale da Gogol’, 2019), pioniere dell’opera in formato web series (The Banker), è convinto che un compositore oggi debba offrire ai suoi contemporanei “oggetti” artistici adeguati all’attuale società di massa: comporre assemblando materiali storicizzati, con un occhio al sublime “artigianato” stravinskijano e un altro a John Adams. Oltreoceano, come spesso in Cara, guarda Wedding and Funeral Marching Band per fiati e un nutrito gruppo di percussioni, soprattutto membranofoni, tra cui spiccano cinque tom tom, dal grave all’acuto. La composizione, tripartita, racchiude tra introduzione e finale una sorta di apparizione che viene dal nulla (da un Lentissimo/pianissimo, Solenne/piano) e a quello ritorna, superata la concitazione d’un Molto mosso poi Incalzante. Scanditi con ritualità ostinata e processionale, gli eventi si polarizzano tra frenesia e stasi, eccitazione e lutto, nozze e funerali.

Il Concerto in fa minore fu la prima esperienza di Chopin con un genere ineludibile per un interprete che stava costruendo, nell’euforia dei diciannove anni, il proprio repertorio. Preceduto nell’edizione a stampa dal più fortunato Concerto gemello n. 1 composto qualche mese più tardi, fu completato entro l’inverno 1829/30, interpretato dall’Autore il 3 marzo 1830 in privato e il 17 al Teatro di Varsavia, scelto per il concerto d’esordio a Parigi il 26 febbraio 1832 e suonato da Liszt, Clara Schumann e dal connazionale Paderewski. L’ampia introduzione orchestrale del Maestoso esordisce con un profilo melodico originale, contrastato dall’improvvisa esplosione in fortissimo d’una gestualità enfatica, gonfia d’umor nero. Il pianoforte entra fantasticando, con un’intimità di eloquio cui l’orchestra lascia volentieri il passo. L’esibizione virtuosistica del solista è, in linea con i coevi concerti Biedermeier, la ragion d’essere del I  tempo, cui offrono abbondanti occasioni, pur in assenza di cadenze, i temi, due principali e altrettanti secondari, e lo Sviluppo. Altrettanto accurate e meditate quanto le prime battute del Maestoso sono quelle che avviano il Larghetto: asserzione reticente dell’orchestra da cui prende il volo, dall’arpeggio di La bemolle maggiore, tonalità d’impianto della pagina, il canto del solista. Perché di canto si tratta, trasfigurazione della vocalità operistica, tra Rossini e Bellini, in cui si esaltano a vicenda lirismo e ornamentazione: cantabilità distesa, romanticismo autentico che non scade in sentimentalismo e molto piacque a Schumann e a Liszt. La sezione centrale ospita a sorpresa un recitativo strumentale del solista sul drammatico tremolo degli archi. La chiave di lettura della pagina ci è offerta dallo stesso Chopin, che il 3 ottobre 1829 confessò a un amico: «Forse per mia infelicità, ho già incontrato il mio ideale, che servo fedelmente, sebbene senza dirle una parola per sei mesi: la sogno di notte e mi ha ispirato l’Adagio [recte Larghetto] del mio Concerto». Si trattava di Konstancja Gladkowska, studentessa di canto al conservatorio di Varsavia, ignara del timido ammiratore. L’Allegro vivace finale, virtuosistico come l’intero concerto, è dominato dallo spirito della danza: il I tema arieggia a un valzer, mentre il II è a ritmo di mazurka, finché l’euforica coda, con l’ultimo acceso contrasto di questo concerto dai tanti colori, non capovolge il modo in maggiore

Si resta in maggiore con Schubert, che per la Terza sinfonia ritorna al brillante Re maggiore della Prima. Luce, velocità, slancio giovanile sono la sigla coerente e convincente di una partitura che rappresenta un balzo rispetto alla Seconda sinfonia, completata appena due mesi prima, nella padronanza dell’autore diciottenne d’un discorso sinfonico complesso. Tutto è veloce in quel prodigioso 1815 in cui vedranno la luce 200 composizioni, un quinto dell’intero catalogo schubertiano. Anche la Terza sinfonia partecipò di quel ritmo indiavolato in cui i progetti – intrapresi, interrotti, abbandonati o completati – si affastellavano sulla scrivania del talento in erba ma quanto già maturo. Avviata a fine maggio, fu ripresa solo a luglio, quando in poco più d’una settimana, tra l’11 e il 19, viene completato il I tempo e scritti ex novo gli altri tre. Tra i guadagni più sensibili andranno segnalati l’utilizzo audace dell’armonia, la rilevanza attribuita ai fiati, che tanto contribuiscono alla generale brillantezza di matrice mozartiana, probabilmente l’esito più rilevante e personale di un lavoro che venne eseguito pubblicamente solo nel 1881, a oltre cinquant’anni dalla morte dell’autore. Una particolare vivacità ritmica, fondata sullo sfruttamento del ritmo puntato, su cui sono basati entrambi i temi esposti al clarinetto e all’oboe, anima l’Allegro con brio, a liquidare le inquietudini dell’introduzione Adagio maestoso. L’Allegretto, avviato in punta di piedi à la Haydn, esibisce una scrittura parente prossima di quella dei tanti Lieder che in quei mesi, tra maggio e ottobre, la sensibilità e la bella stagione ispiravano a Schubert a getto continuo. L’allegro umorismo del Menuetto vivace e la tarantella indiavolata del Presto vivace, che sarebbe di casa sulla scena dell’opera buffa, completano il quadro ridente di questo gioiello giovanile.

Raffaele Mellace


James Feddeck
direttore e direttore principale

Il talento musicale del direttore d’orchestra James Feddeck è riconosciuto in tutto il mondo.

Le ultime stagioni hanno visto il suo debutto con la Sinfonica della Radio di Vienna, la Deutsches Symphonie-Orchester di Berlino, la Royal Stockholm Philharmonic, la Filarmonica di Helsinki, l’Orchestre National de Belgique, l’Orchestre National de France, l’Orchestre National de Lyon, la BBC Philharmonic, la BBC Symphony Orchestra, la Royal Scottish National Orchestra e la Sinfonica della Nuova Zelanda.

In particolare, è apprezzato per le sue interpretazioni della musica di Anton Bruckner, grazie a una serie di acclamate esibizioni delle Sinfonie del compositore: l’Ottava con la San Francisco Symphony Orchestra, la Quinta in tournée con l’Orchestre National de Belgique, la Sesta con l’Orchestra Sinfonica di Dublino RTÉ e la Nona con la Sinfonica di Birmingham.

In Nord America, James Feddeck ha diretto la Chicago Symphony Orchestra, la Cleveland Orchestra e le Orchestre Sinfoniche di Dallas, Seattle, San Francisco, Toronto e Montréal.

Nell’agosto 2017 è stato pubblicato il suo primo CD in collaborazione con la Deutsche Symphonie-Orchester di Berlino e Deutschlandfunk Kultur, con le musiche di una delle più importanti figure neo-romantiche della Germania, Georg Schumann.


Viviana Lasaracina
pianoforte

Inizia lo studio del pianoforte a sei anni e si diploma a diciotto con il massimo dei voti, la lode e la menzione presso il Conservatorio “Nino Rota” di Monopoli sotto la guida del M° Benedetto Lupo, con il quale si diploma anche all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia nel 2016. Nel 2013 consegue il Master of Art presso la Royal Academy of Music di Londra con Christopher Elton. È stata premiata in numerosi concorsi pianistici nazionali ed internazionali (tra i tanti, ha vinto premi ai concorsi “Ciudad de Ferrol”, “Ciudad de Jaen”, “Premio Iturbi” di Valencia, Euregio Piano Award, “Maj Lind” di Helsinki) e le sono state assegnate prestigiose borse di studio. Intensa l’attività concertistica, solistica, cameristica e con orchestra; dopo il debutto per la “Società dei Concerti” nel 2006, è stata invitata ad esibirsi in importanti sale e Festival in Italia e all’estero. Annovera importanti collaborazioni artistiche e partecipazioni a trasmissioni radiofoniche per Radio Vaticana e RAI Radio 3.