Le date
«Credo che interesserà il pubblico musicale»
Čaikovskij, Concerto per violino e orchestra in re maggiore op. 35
Beethoven, Sinfonia n. 3 in mib maggiore Op. 55 “Eroica”
Direttore: Alessandro Cadario
Violino: Giuseppe Gibboni
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Note di sala
Pëtr Il’ič Čajkovskij (1840-1893)
Concerto per Violino e Orchestra in re maggiore op.35
I: Allegro moderato – Moderato assai
II: Canzonetta: Andante
III: Finale: Allegro vivacissimo
Ludwig van Beethoven (1770-1827)
Sinfonia n.3 op.55 in mi bemolle maggiore, op.55
I: Allegro con brio
II: Marcia funebre: Adagio assai
III: Scherzo: Allegro vivace
IV: Finale: Allegro molto
«Credo che interesserà il pubblico musicale»
Caratterizza il programma odierno una spiccata individualità: quella di un’opera senz’altro rivoluzionaria, la Terza di Beethoven; e quella d’uno strumento, dell’autore e dell’interprete che vi si esprimono, nel caso del lavoro di Čajkovskij, il primo concerto per violino d’un compositore russo insediatosi stabilmente in repertorio anticipando la proliferazione novecentesca, di cui, nel concerto del 13/15 maggio si avrà uno splendido esempio con il Concerto n. 2 di Prokof’ev. Possediamo un documento significativo sullo spirito in cui venne scritto, e nel quale andrà ascoltato, il Concerto di Čajkovskij. Due giorni prima d’iniziarlo nel marzo 1878, il compositore segnalava alla generosa mecenate Nadeda Filaretovna von Meck d’esser stato folgorato dalla Symphonie espagnole per violino e orchestra di Lalo: «Come Léo Delibes e Bizet non cerca la profondità, ma evita accuratamente la routine, cerca forme nuove e si cura più della bellezza musicale che dell’osservazione di regole stabilite, contrariamente ai tedeschi. Questa falange di compositori francesi comparsi negli ultimi anni promette molto». Al di là dell’orientamento stilistico e delle predilezioni che caratterizzano una delle voci più personali del tardo romanticismo, il concerto ci racconta anche una ritrovata serenità e felicità creativa, che Čajkovskij ha raggiunto sul Lago di Ginevra all’indomani della crisi scatenata dal fallimento del matrimonio col conseguente tentato suicidio. Caratterizzato da una qualità eccezionalmente melodica e cantabile in entrambi i temi, l’Allegro moderato iniziale – «da suonarsi con molta dolcezza», chiedeva l’Autore – conosce due vette: la prima nell’adozione al calor bianco del I tema da parte dell’orchestra intera, quasi l’innalzarsi incontrastabile di un’onda à la Rachmaninov, di cui non a caso Čajkovskij fu mentore. La seconda è naturalmente la cadenza, in cui ha libero sfogo il virtuosismo del solista. La Canzonetta in sol minore propone, col suo melodizzare interiorizzato proiettato sullo sfondo di un’orchestrazione ridotta, un carattere radicalmente divergente, sognante e malinconico, in cui il critico del «Wiener Abendpost» ravviò analogie col carattere dei personaggi femminili dei romanzi di Turgenev. Il solista torna a rivestire i panni dell’istrione capace degli atteggiamenti più diversi e dei funambolismi più spericolati, attingendo questa volta all’inconfondibile patrimonio ritmico-melodico della danza slava.
La Terza sinfonia rappresentò un impegno straordinario, che occupò eccezionalmente Beethoven, al di là di abbozzi del 1801, tra il 1802 e l’inizio del 1804, fruttando un intero quaderno di abbozzi tormentati. Della novità dell’impresa era naturalmente cosciente lo stesso artista, che nel presentare la sinfonia all’editore chiosava fiducioso, pur con notevole understatement: «Credo che interesserà il pubblico musicale». Con l’Eroica Beethoven impresse una direzione affatto nuova alla sinfonia, realmente «Grande» sotto vari profili: nell’accrescimento delle dimensioni, raddoppiate rispetto alle sinfonie precedenti, non per moltiplicazione dei tempi, bensì per inusuale dilatazione degli stessi (Beethoven stesso suggeriva di tenerne conto nella collocazione all’interno dei concerti); nell’accrescimento dell’organico orchestrale, che guadagna soltanto un terzo corno, strumento peraltro chiave nella partitura, ma indica una precisa direzione (ad esempio nella costruzione di una sezione di ottoni incomparabile con quella settecentesca) alla moderna orchestra sinfonica. La novità forse più storicamente notevole sta però nell’intento di concepire un intero lavoro all’insegna di un’unica idea poetica: tradurre in suoni una grandezza fuori dal comune, quel sublime che in una stagione tanto inquieta per l’Europa non poteva se non assumere la forma dell’idealità eroica coltivata dal coevo immaginario neoclassico: la statua di Napoleone come Marte pacificatore di Canova, perfettamente coeva (1803-06) della sinfonia beethoveniana, la cui versione in bronzo campeggia nel cortile di Brera, o i versi del terzo inno delle Grazie foscoliane, dedicato a Pallade, che «sola tien l’asta paterna / […] per cui splende / a’ magnanimi eroi sacro il trionfo».
Sinfonia Eroica […] composta per festeggiare il sovvenire di un grand’Uomo, è il titolo con cui apparve a stampa il lavoro inaugurale della «via nuova» beethoveniana in ambito sinfonico, composto in origine con in mente un nome e un cognome precisi. «Intitulata Bonaparte» recita il titolo poi depennato in testa a un manoscritto, confermato qualche riga più sotto dalla precisazione «Geschrieben auf Bonaparte» (“scritta su Bonaparte”). Col titolo «Bonaparte» Beethoven presentava al suo editore la sinfonia ancora nell’agosto 1804, tre mesi dopo averne rinnegato la dedica alla notizia della svolta tirannica di Napoleone, autoproclamatosi imperatore. Concepita con quell’orizzonte ideale, anche spogliata della dedica originaria la Terza sinfonia resta la sonorizzazione del mito dell’eroe (propugnatore di idee rivoluzionarie, non un nerboruto, atletico Sigfrido), alla cui apoteosi concorrono la concezione complessiva, epica e romanzesca; l’impianto monumentale e la vasta, drammatica e trionfale peripezia dell’elementare e nobile tema principale dell’Allegro con brio (691 battute, di cui 140 per la sola Coda, mentre l’introduzione lenta è condensata in due accordi perentori); la solenne Marcia funebre, completa d’un episodio centrale trasfigurato, che annette, del tutto irritualmente in una sinfonia una meditazione sulla morte; l’aerea, ignea leggerezza dello Scherzo, che col suo Trio agìto dai corni rappresenta la culla del romanticismo musicale tedesco; il Finale che attinge all’autorevolezza del mito classico elaborando il tema che già aveva conclusivo del balletto Le creature di Prometeo e che l’ascoltatore con buona memoria ricorderà dal concerto del 29/31 ottobre scorsi.
Raffaele Mellace
Alessandro Cadario
direttore e direttore ospite principale
Alessandro Cadario è Direttore Ospite Principale dell’Orchestra I Pomeriggi Musicali dal 2016. Ha diretto nelle stagioni dei principali enti lirici e festival italiani e internazionali; ha diretto importanti orchestre, tra cui il Coro e l’Orchestra del Teatro Regio di Torino, l’Orchestra Filarmonica della Fenice, l’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, l’Orchestra del Teatro Carlo Felice, l’Orchestra del Teatro Massimo di Palermo. Ha attirato l’attenzione di pubblico e critica nel 2014, in occasione del suo debutto alla Società del Quartetto di Milano e nel 2015 nella stagione dell’Opera di Firenze e del Teatro Petruzzelli. Sempre nel 2015 ha debuttato al Teatro alla Scala di Milano. Nel 2017 è stato scelto dalla Presidenza del Senato per dirigere il prestigioso concerto natalizio, trasmesso in diretta su RAI 1 dall’Aula del Senato e all’oggi, ha all’attivo collaborazioni con solisti come Mario Brunello, Alessandro Carbonare, Gautier Capuçon, Giovanni Sollima, Francesca Dego e Roman Simovic.
Giuseppe Gibboni
violino
“Giuseppe Gibboni è uno dei talenti più straordinari che abbia conosciuto. Possiede un’intonazione perfetta, una tecnica strabiliante in tutti suoi aspetti, un suono molto affascinante e una musicalità sincera. Sono sicuro che avrà tutti i successi che merita.” (Salvatore Accardo)
Nato nel 2001, inizia lo studio del violino a tre anni con il padre. Si diploma a quindici anni con Lode e Menzione d’Onore presso il Conservatorio di Salerno. Studia con Salvatore Accardo e Pavel Berman. Ha partecipato a numerosi concorsi nazionali ed internazionali classificandosi sempre al primo posto (Crescendo Agimus Firenze, XXIII Concorso Internazionale Violinistico Postacchini, International Competition L. Kogan Bruxells, International Music Competition Dinu Lipatti). Ha ottenuto il terzo premio (primo non assegnato) al prestigioso Enescu International Violin Competition di Bucarest. Si è esibito come solista in sale prestigiose quali: Festival Al Bustan di Beirut; Sala Čhaikovskij di Mosca; Sala Royale del Conservatorio di Bruxelles. Nel 2016 ha vinto il programma di RAI Prodigi – La Musica è Vita. Ha inciso un CD con la casa discografica Warner Classics.
Suona un violino Giovanni Francesco Pressenda (1827).