Felix Mendelssohn-Bartholdy - I Pomeriggi Musicali - Teatro Dal Verme

Le date

Sala Grande
giovedì 28 ottobre 2004
Ore: 21:00
sabato 30 ottobre 2004
Ore: 17:00

giovedì 28 ottobre alle ore 21
sabato 30 ottobre alle ore 17,
Teatro Dal Verme, Sala Grande

Direttore:
Aldo Ceccato
Soprano:
Kirstern Blank,
Soprano:
Loredana Bigi
Tenore:
Rogelio Marin
Orchestra:
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Direttore del Coro:
Marco Berrini 

Programma:
Felix Mendelssohn-Bartholdy
(1809 – 1847)
Ouverture “delle trombe”, op.101
Allegro vivace
Sinfonia n.2, op.52 “Canto di lode
1. Sinfonia
Maestoso con moto – Allegro – Maestoso con moto come I
Allegretto un poco agitato
Adagio religioso
2. Allegro moderato maestoso – Animato: “Alles, was Odem hat, lobe der Herrn!”
Allegro di molto: “Lobt den Herrn mit Saitenspiele”
Molto più moderato ma con fuoco: “Lobe der Herrn, meine Seele”
3. Recitativo: “Saget es, die ihr erlöst seid durch den Herrn”
Allegro moderato: “Er zählet unsre Tränen”
4. Coro – A tempo moderato: “Sagt es, die ihr erlöset seid”
5. Andante: “Ich harrete des Herrn”
6. Allegro un poco agitato: “Stricke des Todes hatten uns umfangen”
7. Allegro maestoso e molto vivace: “Die Nacht ist vergangen”
8. Corale – Andante con moto: “Nun danket alle Gott”
Un poco più animato: “Lob, Ehr’ und Preis sei Gott”
9. Andante sostenuto assai: “Drum sing’ ich mit meinem Liede ewig dein Lob”
10. Coro conclusivo – Allegro non troppo: “Ihr Völker, bringet her dem Herrn Ehre und Macht”
Più vivace: “Alles danke dem Herrn!”
Maestoso come I: “Alles, was Odem hat, lobe der Herrn!”

Il Concerto
Felix Mendelssohn-Bartholdy è uno di quei compositori con i quali la storia postuma ha incontrato serie difficoltà di atteggiamento e, di conseguenza, di ricezione dell’opera. Durante la sua vita, breve ma contrassegnata da un’infanzia prodigiosa, fu un musicista acclamato sia in patria che all’estero. Era un poliglotta i cui interessi culturali si estendevano dal disegno alla pittura, alla poesia, gli studi classici e la teologia (suo nonno, Moses, fu un importante intellettuale nell’ambito dell’ebraismo). Nessuno, tra i cosiddetti “grandi compositori” poté vantare una cultura più ampia, frutto anche di un’educazione molto attenta e ben strutturata. Schumann non esitò a considerarlo il “Mozart” del diciannovesimo secolo, e questa definizione risulta calzante se si pensa che, oltre alle doti compositive che ancora oggi possiamo apprezzare, Mendelssohn fu uno strumentista di assoluto valore: egli fu forse il più grande organista della sua epoca, virtuoso del pianoforte ma anche ottimo violista e violinista, fu uno dei primi direttori d’orchestra professionisti (tra i primi ad adottare la bacchetta per dirigere, egli sviluppò una tecnica di prova con l’orchestra simile a quella moderna). Promotore di una rivalutazione dell’opera di Bach, egli fece risorgere  la forma dell’oratorio e, nonostante la brevità della sua parabola creativa, compose molta musica che ancora oggi fa parte del repertorio stabile, sia sinfonico che cameristico o solistico, sacro e profano.

Nonostante l’imponenza delle doti umane e artistiche di Mendelssohn, la sua fama dopo la morte conobbe fasi alterne e la storia della sua ricezione nelle epoche successive e nei vari Paesi meriterebbe uno studio esclusivo. E’ difficile crederlo, ma un grave danno alla sua immagine scaturì da due momenti ben precisi: da un lato la critica dell’età vittoriana nata nei due decenni precedenti la scomparsa della regina (Mendelssohn era in stretti rapporti con la corte inglese e alla regina Vittoria egli dedicò la sinfonia Italianaß), dall’altra la politica antiebraica dell’era nazista.

Fu un gioco facile etichettare la sua musica con quegli epiteti che vennero riservati all’età vittoriana in blocco: “priva di contenuti, ipocrita, puritana”, e nel 1911 Tovey, nell’undicesima edizione dell’Enciclopedia Britannica, aggiornò la voce dedicata al compositore  affermando che “la reputazione di Mendelssohn, al di là di quella di un compositore di pochi brani orchestrali inspiegabilmente belli e originali, si è dissolta (…)”.

Allo stesso modo, sull’onda dell’articolo di Wagner sul “Giudaismo in musica” di metà secolo, l’ebraismo di Felix fu motivo di cancellazione della sua memoria da parte dei suoi connazionali nazisti. Nel 1934 la statua di Mendelssohn installata nel 1892 di fronte alla Gewandhaus di Lipsia fu abbattuta, alla fine del 1938 gli istituti di credito dei banchieri Mendelssohn furono posti in liquidazione e a Hans Pfitzner, Richard Strauss e Werner Egk fu chiesto di comporre nuova musica di scena per il “Sogno di una notte di mezza estate” (rifiutarono tutti, eccetto Carl Orff, ma la sua musica non andò mai in scena).

A fronte di tutto questo abbiamo un corpus di composizioni di altissimo livello ma che sarebbe ingiusto paragonare al titanismo di Beethoven o all’arte cerebrale di Bach. Mendelssohn fu un compositore geniale e allo stesso tempo dotato di un artigianato solido che gli permise di contemperare i tratti dell’ispirazione romantica con il “mestiere” dell’artista. La ricerca di una linea di demarcazione tra queste due aree è inutile tanto quanto lo è la valutazione delle due caratteristiche compresenti nel nostro compositore.

Mendelssohn scrisse una decina di ouvertures ma sotto questa etichetta vanno intesi brani che non sempre nascono come “introduzione” a qualcosa di più ampio. A seconda delle epoche storiche e delle varie estetiche musicali,  il termine “ouverture” ha assunto vari significati e, di conseguenza, varie forme. Tra un’ouverture di Bach (che ne scrisse quattro) o di Telemann, ed un’ouverture intesa come preludio ad un’opera (teatro musicale quanto balletto o musiche di scena) esiste una parentela, anche se non troppo stretta. Passando però dall’epoca barocca al romanticismo il discorso si complica perché cambiano i modi stessi della fruizione musicale, in particolare attraverso la creazione del concerto sinfonico pubblico. Parallelamente a questa evoluzione l’ouverture viene ad assumere una sua specificità strumentale, ovvero si affranca dall’essere l’introduzione di qualcosa d’altro per esistere autonomamente come brano musicale brillante e, sì, introduttivo, ma nel senso di apertura di un concerto.

Sotto quest’ottica va ascoltata la Trompeten-Ouvertüre op.101 di Mendelssohn, un brano del 1829 scritto senza alcuna particolare suggestione letteraria o descrittiva come accadrà in seguito o come aveva già cercato di fare Beethoven con il Coriolano. Non è di certo l’ouverture più nota di Mendelssohn (la fama spetta al Sogno di una notte di mezza estate o alle Ebridi) ma con esse condivide una struttura formale unitaria sostenuta da due temi principali e contrassegnata da figurazioni musicali che si pongono come motti caratterizzanti. L’indicazione “delle trombe” si riferisce alla preminenza che questi ottoni chiari esprimono sin dall’inizio del brano attraverso tre accordi ben decisi che ricorreranno in tutta la partitura. Il brano è un Allegro vivace in forma sonata nel quale i due temi fondamentali sono ben riconoscibili: subito dopo il motto delle trombe irrompe il primo tema affidato ai violini, mentre il secondo, anch’esso gaio ma meno rivolto verso l’alto, è patrimonio degli strumentini. Le trombe intervengono in ogni sezione della forma, nell’esposizione, nello sviluppo e nella ripresa, e concludono il brano con tre forti accordi a piena orchestra. Non va trascurato il fatto che si trattasse del brano preferito da Abraham, il padre di Mendelssohn, nonostante sia stato composto dopo l’ouverture del Sogno di Shakespeare.

Ben diverso è il discorso che riguarda la Sinfonia n.2, per l’imponenza della composizione, le dimensioni e la portata musicale. Al di là di ogni questione riguardante le fonti di ispirazione ed i modelli precedenti, la parentela almeno formale con la Sinfonia Corale di Beethoven è evidente: a tre movimenti meramente strumentali fa seguito un ampio quarto tempo con coro e solisti di canto. La Nona di Beethoven fu la prima sinfonia ad ospitare le voci ma la Lobgesang di Mendelssohn non esitò a raccogliere la sfida.

Dedicata a Federico Augusto di Prussia fu in realtà la penultima delle cinque sinfonie per grande orchestra in ordine di composizione perché nel conteggio Mendelssohn riteneva la sua sinfonia Riforma un fallimento e pensava che l’Italiana avesse ancora bisogno di un’ampia revisione. Dobbiamo la nascita della Lobgesang ad una commemorazione che fu molto sentita a Lipsia nel 1840: veniva celebrato il quarto centenario dell’invenzione della stampa a caratteri mobili da parte di Johann Gutenberg, personaggio allora sentito come una sorta di eroe nazionale al pari di Hans Sachs, il Meistersinger protagonista dell’opera di Wagner. Anche se si ritiene che l’invenzione ebbe luogo a Strasburgo, non va dimenticato che allora Lipsia era la città più importante del mercato librario. Le celebrazioni durarono una settimana e la sinfonia di Mendelssohn fu solo una delle commissioni che la città rivolse a musicisti ed artisti. Lortzing scrisse per l’occasione un’opera proprio su Hans Sachs mentre il nostro produsse un Festgesang, oggi pressoché sconosciuto anche se ebbe molta notorietà in Inghilterra, e la sinfonia che oggi ascoltiamo.

E’ probabile che l’idea di una composizione con questa forma e quest’organico fosse già nei piani di Mendelssohn quando ricevette la commissione, e dal carteggio sappiamo che gli schizzi dei movimenti strumentali erano già sulla carta. L’aggiunta delle voci fu successiva e da quel momento la sinfonia venne definita da Mendelssohn una “sinfonia-cantata”, nella quale il testo esplicitava ciò che gli strumenti avevano espresso in precedenza nei primi tre movimenti. In questo senso la parentela con la sinfonia di Beethoven decade subito: se pensiamo al tenore che, in Beethoven, dopo la “fanfara del terrore” nega ogni suono precedente, il contrasto è evidente. Il testo del Canto di lode è un pastiche dello stesso compositore dalla traduzione di Lutero del Vecchio Testamento, ed una frase di Lutero fu posta da Mendelssohn sul frontespizio della partitura a stampa: “Vorrei che tutte le arti, la musica soprattutto, fossero al servizio di Colui che le ha create”.

Il primo movimento si apre con un Maestoso con moto nel quale viene enunciato dai tromboni e dall’orchestra intera un tema solenne che funge da principio unificatore dell’intera composizione. La solennità deriva, oltre che dall’incedere quasi chiesastico, dal fatto che si tratta di una melodia piuttosto semplice presentata dai tromboni quasi vocalmente ed armonizzata in senso corale dall’orchestra. Sull’origine di questa melodia non c’è accordo: sembra molto vicina ad un Magnificat gregoriano del Liber usualis ma in realtà gli assomiglia soltanto. Probabilmente, così come nel corale che funge da Trio del secondo movimento, si tratta di un’idea originale di Mendelssohn plasmata sui modi e sui passi di materiale antico. Al Maestoso succede un ampio Allegro basato sui due temi fondamentali della forma sonata: il primo è affidato ai violini ed è caratterizzato da repentini e successivi slancio verso la regione acuta, mentre il secondo, di clarinetti, fagotti e viole, è nettamente più cantabile con due voci parallele a distanza di terza che si muovono per gradi congiunti o vicini. A cementare il discorso dialettico tra questi due temi (ed altri successivi che interverranno nello sviluppo) si pone il tema iniziale, che pervade ogni sezione dell’orchestra e torna ad occhieggiare pur senza imporsi.

Una cadenza del clarinetto solo basata sulla seconda semifrase del tema di apertura ci conduce all’interno del secondo movimento, un Allegretto un poco agitato connotato da una lunga frase distribuita tra le coppie violini primi – violoncelli e oboe – fagotto. Il movimento è suddiviso in tre sezioni delle quali l’ultima è una ripresa della prima. Al centro vi è un episodio che ospita un corale esposto da tutti i fiati, al quale funge da contraltare la massa degli archi che indugia su elementi della prima sezione.

L’Adagio religioso è una delle pagine più affascinanti di quest’ampia composizione. In verità si tratta di un breve brano informato unicamente da una melodia dei soli archi con cui si apre. Cellule motiviche desunte da questo materiale intervengono a comporre le piccole sezioni contrastanti che si schiudono nel discorso musicale complessivo, ma l’incedere generale suggerisce quello di una celebrazione religiosa. I toni terreni dei due movimenti precedenti si smorzano per far posto ad un idioma musicale più adatto all’ingresso delle voci, e così avviene nel quarto movimento, dopo una breve introduzione, in crescendo, basata sul tema di apertura della sinfonia, sulla quale fa ingresso il coro.

Il solo ultimo movimento supera in dimensioni gli altri tre uniti e, come nel modello beethoveniano, è suddiviso in varie sezioni, solistiche o corali. L’invenzione della stampa è accostata al cammino dell’uomo verso la luce, sottolineando così l’importanza della parola come veicolo di verità, di fede quanto culturale. I toni su cui questo viaggio è descritto sono simili a quelli del racconto, pur nella semplicità della trama. Per questa ragione più che ad un sinfonia sembra di assistere ad un oratorio, una forma particolarmente congeniale a Mendelssohn (il quale, ricordiamo, ebbe il merito di riportare in vita una forma musicale che sembra desueta per sempre).

I personaggi sono pochi, e al centro vi è l’uomo; il suo è un viaggio, pieno di pericoli, del quale non conosce la meta. La speranza è la sua forza propulsiva e se conoscerà la luce ciò sarà dovuto alle sue forze unite alla fede in una conoscenza superiore, che guida benevolmente l’uomo verso di sé.

Mendelssohn diresse la prima esecuzione di questo lavoro, nella Chiesa di San Tommaso di Lipsia, il 25 giugno 1840. Tra orchestra e coro gli artisti impegnati erano più di 500, ed il programma comprendeva, oltre alla sinfonia pur mastodontica, l’ouverture Jubel di Weber ed il Dettingen Te Deum di Haendel. Una replica a Birmingham era prevista per il 23 settembre successivo e Mendelssohn, nonostante un’improvvisa malattia, riuscì a dirigerla. La traduzione in inglese fu dovuta all’immediato impegno dell’editore Alfred Novello e, se in terraferma il successo dell’opera non fu così eclatante, nel Regno Unito la Lobgesang diventerà una delle sinfonie più eseguite e l’Inno di Gloria una delle melodie più amate e popolari.

I Testi:
CANTO DI LODE
Coro:
Ogni vivente dia lode al Signore!
Alleluia, lode al Signore!
Lodate il Signore col suono degli strumenti,
lodateLo con il vostro canto!
E ogni essere benedica il Suo santo nome.
Ogni vivente dia lode al Signore.

Soprano e coro femminile:
Benedici il Signore, anima mia, e quanto è in me
benedica il Suo santo nome!
Benedici il Signore, anima mia, e non dimenticare
i tanti Suoi benefici!

Tenore (recitativo):
Ditelo, voi che siete stati riscattati dal Signore,
che siete stati da Lui liberati da ogni travaglio,
dalla profonda afflizione, dall’avvilimento e dalle catene,
voi che eravate prigionieri delle tenebre,
voi tutti che Egli ha liberato dai travagli.
Ditelo! RingraziateLo e celebrate la Sua bontà!
Egli conta le nostre lacrime nelle ore del travaglio,
Egli consola con la Sua parola gli afflitti.

Coro:
Ditelo, voi che il Signore ha riscattato
da ogni afflizione.
Egli conta le nostre lacrime nelle ore del travaglio.

Soprani I e II e coro:
Ho sperato nel Signore
ed Egli su di me si è chinato
e ha dato ascolto alla mia supplica.
Beato colui che spera nel Signore!
Beato colui che spera in Lui!

Tenore:
Le catene della morte ci avevano avvolto
e la paura dell’inferno ci aveva colto,
noi ci aggiravamo nelle tenebre.
Ma la Sua voce dice: Svegliati!
Svegliati, o tu che dormi,
destati dai morti,
io ti voglio illuminare!
Noi gridavamo nelle tenebre:
Guardiano, finirà presto la notte?
Ma il guardiano disse:
Anche se viene il mattino,
pure continuerà la notte;
anche se voi chiedete,
pure ritornerete
e chiederete ancora:
Guardiano, finirà presto la notte?

Soprano:
La notte è trascorsa.

Coro:
La notte è trascorsa,
il giorno è venuto.
Gettiamo perciò via le opere delle tenebre
e indossiamo le armi della luce,
e prendiamo le armi della luce!

Coro (corale):
Ora ringraziate tutti Iddio
con il cuore, la bocca e i gesti,
colui che in ogni travaglio
si rivolge misericordioso verso di noi,
colui che compie tanto bene;
fin dall’infanzia
ci ha protetto
e ha fatto tanto bene a tutti.
Sia lode, onore e gloria a Dio,
al Padre e al Figlio
e allo Spirito Santo
nel supremo trono dei cieli.
Lode a Dio uno e trino,
che ha separato la notte e le tenebre
dall’aurora e dalla luce,
a Lui rende grazie il nostro canto.

Tenore e soprano:
Per questo canterò in eterno il mio inno
le Tue lodi, o Dio generoso!
E Ti ringrazio per tutto il bene che mi hai fatto!
E mi aggiro nella notte e nelle tenebre profonde,
circondato da nemici che m’incanzano;
allora invoco il nome del Signore,
ed Egli nella sua bontà mi salva.
Per questo canterò in eterno il mio inno
le Tue lodi, o Dio generoso!
E mi aggiro nella notte,
e allora invoco il Tuo nome,
in eterno, o Dio generoso!

Coro finale:
O popoli, rendete al Signore
gloria e potenza!
O re, rendete al Signore
gloria e potenza!
Che i cieli rendano al Signore
gloria e potenza!
Che la terra renda al Signore
gloria e potenza!
Tutto renda grazie al Signore!
Rendete grazie al Signore e celebrate il Suo nome,
e glorificate la Sua grandezza!
Ogni vivente dia lode al Signore,
alleluia, lode al Signore!

LOBGESANG
Chor:
Alles, was Odem hat, lobe den Herrn!
Halleluja, lobe den Herrn!
Lobt den Herrn mit Saitenspiel,
lobt ihn mit eurem Liede!
Und alles Fleisch lobe seinem heiligen Namen.
Alles, was Odem hat, lobe den Herrn!

Sopran und Frauenchor:
Lobe den Herrn, meine Seele, und was in mir ist,
seinem heiligen Namen!
Lobe den Herrn, meine Seele, und vergiß es nicht,
was er dir Gutes getan!

Tenor (Rezitativ):
Saget es, die ihr erlöst seid durch den Herrn,
die er aus der Not errettet hat,
aus schwerer Trübsal, aus Schmach und Banden,
die ihr gefangen im Dunkel waret,
alle, die er erlöst hat aus der Not.
Saget es! Danket ihm und rühmet seine Güte!
Er zählet unsre Tränen in der Zeit der Not,
er tröstet die Betrübten mit seinem Wort.

Chor:
Sagt es, die ihr erlöset seid
von dem Herrn aus aller Trübsal.
Er zählet unsre Tränen in der Zeit der Not.

Sopran I/II und Chor:
Ich harrete des Herrn,
und er neigte sich zu mir
und hörte mein Flehn.
Wohl dem, der seine Hoffnung setz auf den Herrn!
Wohl dem, der seine Hoffnung setz aud ihn!

Tenor:
Stricke des Todes hatten uns umfangen,
und Angst der Hölle hatte uns getroffen,
wir wandelten in Finsternis.
Er aber spricht: Wache auf!
Wache auf, der du schläfst,
stehe auf von den Toten,
ich will dich erleuchten!
Wir riefen in der Finsternis:
Hüter, ist die Nacht bald hin?
Der Hüter aber sprach:
Wenn der Morgen schon kommt,
so wird es doch Nacht sein;
wenn ihr schon fraget,
so werdet ihr doch wieder kommen
und wieder fragen:
Hüter, ist die Nacht bald hin?

Sopran:
Die Nacht ist vergangen.

Chor:
Die Nacht ist vergangen,
der Tag aber herbeigekommen.
So laßt uns ablegen die Werke der Finsternis
und anlegen die Waffen des Lichts
und ergreifen die Waffen des Lichts!

Chor (Choral):
Nun danket alle Gott
mit Herzen, Mund und Händen,
der sich in aller Not
will gnädig zu uns wenden,
der so viel Gutes tut;
von Kindesbeinen an
uns hielt in seiner Hut
und allen wohlgetan.
Lob, Ehr’ und Preis sei Gott,
dem Vater und dem Sohne
und seinem heil’gen Geist
im höchsten Himmelsthrone.
Lob dem dreiein’gen Gott,
der Nacht und Dunkel schied
von Licht und Morgenrot,
ihm danket unser Lied.

Tenor und Sopran:
Drum sing’ich mit meinem Liede
ewig dein Lob, du treuer Gott!
Und danke dir für alles Gute, das du an mir getan!
Und wandl’ich in Nacht und tiefem Dunkel,
und die Feinde umher stellen mir nach:
so rufe ich an den Namen des Herrn,
und er errettet mich nach seiner Güte.
Drum sing’ich mit meinem Liede
ewig dein Lob, du treuer Gott!
Und wangl’ich in Nacht,
so ruf ich deinen Namen an,
ewig, du treuer Gott!

Schlusschor:
Ihr Völker, bringet her dem Herrn
Ehre und Macht!
Ihr Könige, bringet her dem Herrn
Ehre und Macht!
Der Himmel bringe her dem Herrn
Ehre und Macht!
Die Erde bringe her dem Herrn
Ehre und Macht!
Alles danke dem Herrn!
Danket dem Herrn und rühmt seinem Namen
und preiset seine Herrlichkeit!
Alles, was Odem hat, lobe den Herrn,
Halleluja, lobe den Herrn!