Le date

Sala Grande
domenica 24 marzo 2013
Ore: 11:00

CONCERTO DI PASQUA

Biglietteria

Biglietti
Adulti €. 7,00 + prevendita –  Bambini €. 5,00 + prevendita


Abbonamento a 8 concerti
dal 18 novembre 2012 al 26 maggio 2013
Adulti €. 40,00 + prevendita – Bambini €. 24,00 + prevendita. La campagna abbonamenti chiude il 25 Ottobre 2012. L’Abbonamento dà diritto allo sconto del 30% sui biglietti per il Concerto di Halloween

Il Cast

Con la partecipazione straordinaria di

Sunlight Gospel Choir

Barbara Massaro, soprano

Orchestra I Piccoli Pomeriggi Musicali

Daniele Parziani, direttore

Note di sala

La musica religiosa nel corso dei secoli e nell’evoluzione dei linguaggi e dei generi. E’ il cuore di questo Concerto di Pasqua che focalizza l’attenzione su una delle tradizioni musicali più emozionanti che l’uomo abbia concepito: il Gospel.

In programma:

Amen (orch Saeed Mirzazareh)

Elijah Rock (arr Giulia Lorusso)

Nobody knows the trouble I’ve seen (Arr. Antonio Covello)

G.B. Pergolesi  da Stabat Mater “Cujus animam gementem”  aria Soprano

My soul’s been anchored in the Lord (Orch. Paolo Pecin)

A. Solbiati Luce

C. Jenkins Adiemus

C. Debussy Cathedrale engloutie (Orch. Paolo Pecin)

L. Cohen Halleluja (Arr. A. Cadario)

Didn’t my Lord deliver Daniel (orch. Silvia Pepe)

To him (Arr. A. Cadario)

Focus: Il Gospel
   
   
Per capire cosa sia il Gospel, bisogna ripercorrere brevemente la sua storia. Oggi la definizione di canto Gospel è quella di canto popolare su tema evangelico, la traduzione italiana di Gospel è, infatti, Vangelo. In inglese Gospel è la forma ellittica di Gospel song, cioè canto Gospel.
Durante i secoli XVII e XVIII, quando i Neri dal continente africano furono portati in schiavitù al di là dell’Atlantico a lavorare nelle piantagioni di cotone degli Stati Uniti meridionali, la loro musica li accompagnava spesso durante il giorno e, per alleviare la fatica, nacquero i “plantation songs” (canti della piantagione) da cui derivarono i “work songs” (canti di lavoro) e i “calls” (richiami), canti che servivano anche a comunicare tra loro. Quando – in seguito – predicatori battisti e metodisti venuti dall’Europa li convertirono al Cristianesimo, essi cominciarono a cantare canti religiosi, chiamati Spirituals derivati, appunto, dagli inni inglesi ai quali essi aggiunsero i ritmi e i colori africani.
Il termine Spiritual acquista una marcata caratterizzazione nera solo dal XIX secolo. Prima di allora designava gli inni sacri dei coloni metodisti del New England. Le prime monodie religiose degli schiavi risalgono invece agli inizi del XVIII secolo, quando l’approccio dei neri al Cristianesimo avveniva ancora in forma clandestina, perché proibito dai loro padroni. Quei canti erano, tutto sommato, una rielaborazione in chiave cristiana della musica rituale africana. Un leader pronunciava ad alta voce una frase, generalmente tratta dalle Sacre Scritture, mentre il coro la ripeteva subito dopo, riproducendo la stessa intonazione e le medesime inflessioni della voce guida. “Ring shouts”, “shuffle rings”, “shuffle shouts” erano, infatti, balli religiosi che i fedeli delle chiese nere danzavano tutti in circolo, tenendosi per mano, ascoltando le melodie ritmate del coro. Il battito delle mani, dei piedi, l’uso di tamburelli e percussioni forniva all’insieme musicale una pulsazione variegata e intensissima, tipica della poliritmia africana. Alcuni elementi liturgici afrocristiani, ma soprattutto l’uso di tamburi e percussioni, l’impiego di cori polifonici scatenati sui ritmi più incandescenti della tradizione nera, si unirono ai primi del secolo alle nascenti forme del jazz. La musica sanctified assimila la strumentazione, i ritmi, spesso anche le atmosfere di vitalità sfrenata caratteristiche del primo jazz. Sono però le voci che risuonano nelle chiese nere ad ispirare le prime strumentazioni e i primi arrangiamenti dei jazzisti, che guardano ancora alla famiglia degli spirituals per i riff e i break della loro musica.

Negli anni Trenta una sintesi sistematica di  tutti i generi sacri nero-americani e, insieme, una rielaborazione rigorosa e fedele di essi riesce al pianista e compositore T. A. Dorsey. Il suo sforzo è quello di modernizzare  gli antichi moduli espressivi senza tradirli. Uno sforzo che si sostanzia con la creazione di un nuovo genere : il GOSPEL. Grazie a Dorsey sono emersi  cantanti eccezionali che hanno divulgato il gospel sia negli Usa che in tutto il mondo negli anni a seguire. Mahalia Jackson, (The Queen of Gospel” (1911-1972), Clara Ward (1924-1973) e James Cleveland (“The king of Gospel” 1931-1991) che fu anche fondatore, nel 1968, del GMWA (Gospel Music Workshop of America), un’ importante convention annuale di musica gospel e Edwin Hawkins (autore della famosissima “Oh happy day”). Interpreti leggendari degli anni ’50 e ’60 furono Edna Gallmon, Sam Cooke (“A change is gonna come”) e Brother Joe May. Altri artisti gospel come Aretha Franklin, Della Reese, Lou Rawls e Ray Charles sono entrati nella leggenda.