Le date
Mozart
Sinfonia K 16
Concerto per violino e orchestra K 216
Serenata Haffner
Direttore: Giancarlo De Lorenzo
Violino Solista: Ettore Pellegrino
Orchestra Sinfonica Abruzzese
Biglietteria
BIGLIETTI
Interi
Primo Settore (Platea dalla fila 1 alla 30) € 19,00
Secondo Settore (Platea dalla fila 31 alla 40) € 13,50
Balconata € 10,50
Ridotti (Giovani under 26 ; Anziani over 60; Cral ; Associazioni Culturali ; Biblioteche ; Gruppi; Scuole e Università)
Primo Settore (Platea dalla fila 1 alla fila 30) € 15,00
Secondo Settore (Platea dalla fila 31 alla fila 40) € 11,50
Balconata € 8,50
Il Cast
Direttore: Giancarlo De Lorenzo
Violino Solista: Ettore Pellegrino
Orchestra Sinfonica Abruzzese
Note di sala
NOTE DI SALA a cura di Francesco Sanvitale
W.A. MOZART
Sinfonia n. 1 in mi bemolle maggiore per orchestra, K 16
Molto Allegro / Andante / Presto
Mozart compose la sua prima Sinfonia K. 16 tra la fine del 1764 e l’inizio del 1765 a Londra, dove il piccolo Wolfgang – ha solo nove anni – stringe amicizia con il figlio di Bach, Johann Christian, stimato come direttore d’opera e sinfonista. Soprannominato “il milanese” per il lungo soggiorno nella città lombarda, Johann Christian prese a modello il tipo di sinfonia all’italiana e specie quella di Sammartini, che era concepita come una forma strumentale in tre brevi movimenti: un adagio racchiuso fra due movimenti, il primo dei quali di respiro abbastanza ampio e l’ultimo modellato su una danza. Questo genere di composizione era una filiazione diretta dell’introduzione strumentale operistica, molto diffusa in Italia sin dal principio del Settecento, e continuò a chiamarsi sinfonia anche durante l’Ottocento, mentre altrove assunse il nome anche di ouverture. Non va dimenticato inoltre che la derivazione operistica aveva conferito alla sinfonia alcuni caratteri tipici: scorrevolezza ritmica e invenzione melodica di scintillante vivacità. Quest’ultimo era forse l’aspetto più rilevante della sinfonia, in quanto per la prima volta veniva trasferita nel campo strumentale la freschezza melodica dell’opera buffa napoletana, ritenuta una esperienza di portata storica nel campo della musica. C’è poi una seconda osservazione da fare, relativa alla destinazione di queste prime sinfonie: esse venivano eseguite in apertura e chiusura di concerti i cui pezzi forti erano costituiti dalla esibizione di solisti, cantanti o strumentisti, conservando così la fisionomia originaria di musica d’introduzione.
Il primo gruppo delle sinfonie di Mozart, così come le prime sinfonie di Haydn – che iniziò a scriverne intorno al 1759, soltanto 5 o 6 anni prima di Mozart – sono concepite secondo questo schema d’impostazione generalmente definito italiano. Ma ben presto in terra tedesca tale modello italiano subisce delle trasformazioni, dettate da una diversa struttura dell’organismo orchestrale. Sia Haydn ad Esterhàzy che Mozart a Mannheim si trovarono di fronte a orchestre di dimensioni più ampie di quelle italiane, fornite di una più evoluta tecnica individuale e di una più severa disciplina di gruppo. Queste orchestre erano quindi in grado di produrre un volume di suono più robusto, di creare contrasti di sonorità più evidenti e un fraseggio più espressivo. Il discorso sinfonico diventava in tal modo più complesso e non era affidato soltanto ad una successione di brillanti trovate melodiche, ma ad una tematica più elaborata e giocata sulla diversità delle modulazioni. In tal modo la forma sinfonica risultava ampliata, sia allungando sensibilmente i singoli movimenti, specie il primo, e sia aggiungendo un quarto tempo, cioè un Minuetto o uno Scherzo, fra l’Adagio e il Finale. Così la Sinfonia non è più semplice introduzione ad una esibizione di solisti, ma diventa il corpus centrale di un programma.
L’autografo della Sinfonia in mi bemolle maggiore K. 16 reca sul frontespizio la seguente scritta: “Sinfonia del signor Wolfgang Mozart a Londra”, il che fa immaginare che sia stata composta prima della fine del gennaio del 1765. Essa ha una struttura molto semplice e sin dall’Allegro iniziale, formato da due temi, tutto si svolge con estrema chiarezza nel rapporto tra invenzione e modulazione delle melodie, secondo il gusto strumentale italiano. L’Andante in do minore contiene un solo soggetto, variato dal maggiore al minore, nell’ambito dello stile patetico, ispirato probabilmente ai modelli di Schobert. Va sottolineato, inoltre, il piacevole effetto provocato dalla precisa diversificazione ritmica tra i primi violini e i violoncelli. Il Rondò finale ha un piglio fresco e brillante e non si discosta sostanzialmente dal tipo di scrittura, nel gioco fra piano e forte, usato da Christian Bach, un autore al quale Mozart bambino guardò con particolare ammirazione e devozione.
Concerto per violino n. 3 in sol maggiore, K 216
Allegro / Adagio / Rondò. Allegro
È questo il primo dei cinque concerti per violino, composti a Salisburgo fra l’aprile e il dicembre 1775, che sia entrato stabilmente in repertorio. Porta la data del 12 settembre: tre mesi soltanto lo separano dal Concerto K. 211, rispetto al quale rappresenta un deciso balzo in avanti. Il virtuosismo della parte solistica è abbastanza contenuto, visto che Mozart (pur essendo anche un ottimo violinista) preferiva orientarsi verso la sensibilità e il cantabile di gusto italiano piuttosto che verso il brillante impegno tecnico dello stile francese. Resta comunque predominante la dimensione sinfonica, garanzia in ogni momento di un profondo impegno compositivo. La conclusione dello sviluppo centrale dell’Allegro d’inizio è segnata da alcune battute di recitativo del solista a imitazione dello stile vocale dell’opera italiana coeva.
Dopo il primo tempo (dove compare anche un’eco del Re pastore, musicato pochi mesi prima), in luogo del più consueto Andante, Mozart inserisce un Adagio che, per la purezza delle linee melodiche, resta una fra le sue pagine più suggestive; contribuiscono al suo incanto la piccola e cristallina forma di sonata e la sostituzione degli oboi coi flauti. Conclude l’opera un Rondò ricco di umorismo, contraddistinto da imprevedibili cambiamenti di tempo (fra cui un breve Andante in sol minore), di metro e di tonalità.
Serenata n. 7 in re maggiore per orchestra “Haffner”, K1 250 (K6 248b)
1. Allegro maestoso
2. Andante
3. Minuetto – Trio
4. Rondò. Allegro
5. Minuetto II galante – Trio
6. Andante
7. Minuetto III – Trio I – Trio II
8. Adagio. Allegro assai
Le Serenate, i Divertimenti, le Cassazioni e i pezzi che prendono il nome di musiche notturne sono legati al gusto settecentesco di far musica insieme e riflettono una identica struttura formale in cui si alternano movimenti di danza e passaggi solistici e virtuosistici, riservati ad esecutori bravi e di talento, ma non necessariamente eccezionali. Per questa ragione le Serenate e i Divertimenti per archi e per strumenti a fiato sono musiche di gradevole ascolto, dalla scrittura semplice e lineare e dai segni armonici chiari e precisi, che denotano un classicismo equilibrato e sereno. Si avverte certamente la presenza di uno stile cameristico di solida fattura e di illuministica intelligenza, ma si è ancora lontani dal grande Mozart caratterizzato da una inesauribile forza creativa e da una profonda personalità espressiva. Il dato rilevante delle Serenate e dei Divertmrenti è la limpidezza e la trasparenza quartettistica del suono e l’omogeneità e la fusione degli impasti strumentali, in ubbidienza alle regole di un discorso musicale accessibile a tutti e senza quei risvolti tragici e quei tormenti spirituali che pur esistono nell’arte mozartiana.
Un esempio tra i più riusciti e brillanti di Serenate mozartiane è la cosiddetta «Haffner» in re maggiore composta per le nozze della figlia del borgomastro di Salisburgo, Sigmund Haffner, ricco e munifico commerciante, al quale Mozart dedicherà anche la Sinfonia in re maggiore K. 385 per festeggiare l’ingresso nel circolo della nobiltà di tale personaggio. Questo delizioso carme nuziale venne eseguito per la prima volta il 21 luglio 1776 a Salisburgo, in occasione di una festa notturna che precedette il matrimonio. E’ probabile, come scrive il Saint-Foix, che alla esecuzione partecipasse lo stesso Mozart nel ruolo di violinista, rendendo ancora più indimenticabile la serata.