Le date
Giovedì 25 marzo, ore 21 Teatro Dal Verme di Milano
Venerdì 26 marzo, ore 21 Teatro Verdi di Padova
Sabato 27 marzo, ore 17 Teatro Dal Verme di Milano
Direttore:
Aldo Ceccato
American Horn Quartet
Orchestra:
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Programma:
Robert Schumann (1810 -18569)
Manfred, ouverture, op.115
Konzertstück
per quattro corni e orchestra in Fa maggiore, op.86
Lebhaft
Romanze
Sehr lebhaft
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Sinfonia n.3 “Renana”
in Mi bemolle maggiore, op.97
Lebhaft
Scherzo – Sehr mässig
Nicht schnell
Feierlich
Lebhaft
Il concerto:
a cura di Andrea Dicht
Nella nostra cultura la figura di Manfred rimanda ad un poema di Lord George Gordon Byron, Manfred è il protagonista del primo dei suoi poemi di rivolta, ma con certezza non sono molti oggi ad avere padronanza di quel testo o almeno a conoscerne il contenuto. All’epoca di Schumann, invece, il poema di Byron, così come molta della sua opera, godeva di grandissima diffusione, quasi paragonabile a quella di un best-seller dei nostri giorni. Manfred non era solo un eroe romantico, enigmatico quanto spirituale come il suo autore, egli rappresentava la personificazione di quel mal du siècle di cui il Werther di Goethe era il contraltare tedesco, la legittimazione culturale di un spirito del tempo che pervadeva la cultura europea sino alla foggia degli abiti (cappotti neri con bavero alzato e complessioni emaciate del tutto simili allo stile di Matrix).
Byron era più celebrato nell’Europa continentale che nella sua patria, l’Inghilterra. Lo stesso Goethe, dall’alto del suo olimpico distacco, si sbilanciava dicendo che “Gli inglesi possono pensare ciò che vogliono su Byron, ma è ben certo che [oggi] non hanno nessun poeta da porgli a paragone”, e le dozzine di traduzioni che seguirono la pubblicazione del poema (in francese, spagnolo, italiano, tedesco, olandese, danese, russo, polacco, cecoslovacco, ungherese, rumeno, etc.) ben confermano questa fama. Schumann avvertì immediatamente una grande compatibilità spirituale con l’eroe byroniano; egli amava leggere ampi passi del testo a voce alta, ed uno dei suoi primi biografi, Wasielewski, narra che “all’improvviso la sua voce [di Schumann] si spezzava, egli scoppiava in lacrime e ne era così sopraffatto da non poter leggere oltre”. Al di là di ogni agiografia, il contenuto magico e sovrannaturale del poema, gli spiriti che lo animano ed un’atmosfera generale di mistero non potevano non attrarre una personalità come quella di Schumann, un attento lettore della società del suo tempo ma anche un individuo costantemente alla ricerca di quei principi generali che governano il mondo (è nota l’attrazione che lo spiritismo esercitò sulla coppia Schumann negli ultimi anni di vita di Robert). I suoi primi schizzi per la musica di scena per Manfred datano 5 aprile 1848, proprio il giorno successivo al completamento della sua opera Genoveva. La partitura fu completata il 22 novembre ed il 14 marzo 1852 Schumann stesso ne diresse l’ouverture al Gewandhaus di Lipsia in occasione di una “Serata Schumann”. Tre mesi più tardi la prima messa in scena del poema, con tutte le musiche di Schumann, ebbe luogo in Weimar sotto la direzione di Franz Liszt.
La definizione di Pezzo da Concerto o Konzertstück è quanto mai vaga ma generalmente sta ad indicare un brano per solista ed accompagnamento (di orchestra o pianoforte, o altro ancora). Schumann scrisse due di questi Pezzi nel 1849, uno per pianoforte e orchestra (Introduktion und Allegro appassionato op.92) e quello eseguito stasera, Konzertstück für vier Ventilhörner und Orchester (cioè per quattro corni a pistoni e orchestra), op.86. La dicitura esatta è importante perché fa riferimento ad un tipo di corno al quale oggi siamo abituati ma che era una novità nella metà dell’Ottocento. Se la tecnica costruttiva degli strumenti ad arco aveva raggiunto il vertice già all’inizio del Settecento, gli anni Quaranta e Cinquanta del secolo successivo videro infatti la nascita ed il perfezionamento di molti strumenti a fiato, attraverso l’adozione di meccaniche sempre più raffinate e di accorgimenti tecnici che li rendevano più duttili e spesso in grado di produrre più note o suoni più vari. Ne è un esempio significativo il lavoro di ricerca che in Francia Berlioz svolse con l’aiuto di Adolphe Sax, colui che avrebbe di lì a poco creato il sassofono modificando l’imboccatura di un clarinetto e adottando il metallo al posto del legno. Sia i corni che le trombe fino a quegli anni erano strumenti dalle possibilità molto limitate: erano strumenti “naturali”, in lega metallica ma senza un apparato tecnico che permettesse di modulare la lunghezza del tubo e quindi della colonna d’aria. Era così possibile produrre solo i suoni appartenenti alla serie degli armonici della nota sulla quale era tagliato il tubo, ma non l’intera gamma cromatica. L’invenzione dei pistoni permise questo ampliamento dello spettro sonoro e subito molti compositori si avvantaggiarono di questa novità: tra di essi, prima di Schumann, Beethoven scrisse un famoso assolo per il corno a pistoni nella IX Sinfonia. Il Pezzo da Concerto di Schumann è il primo brano importante per questo strumento (anche se lo stesso Schumann lo aveva introdotto nelle sue partiture sin dal 1848), addirittura quadruplicato nel numero dei solisti, e non si tratta di un brano d’occasione bensì di un vero e proprio concerto, in tre movimenti dei quali il primo è in forma sonata. E’ un brano di grande virtuosismo, e ciò non sorprende all’interno dell’estetica del compositore. Schumann non fu mai un compositore frivolo, tutta la sua musica abbonda di contenuti sia nei brani di carattere più raccolto che nelle opere più grandiose, ma il virtuosismo era connaturato allo stile dell’epoca quasi a diventare componente costitutiva del Romanticismo. La musica solistica, quello stile “concertante” intorno al quale molto si impegnava Schumann, fu il luogo principe per lo sviluppo di un linguaggio strumentale virtuosistico ma mai, s’intenda, scevro da intenzioni espressive e comunque sempre diretto al contenuto più che alla forma esteriore. Nel caso del Pezzo da Concerto op.86 si può parlare di virtuosismo molto acceso, al punto che ancora in epoca moderna, e nonostante uno sviluppo davvero eccezionale del corno contemporaneo, spesso si usa aggiungere ai quattro temerari un quinto corno assistente e di rinforzo. Val la pena notare che i due corni compresi nell’orchestra sono intesi da Schumann come “naturali”, ovvero i vecchi strumenti che al suo tempo erano ancora massimamente diffusi.
La Terza Sinfonia di Schumann è oggi forse la più famosa ed ascoltata tra le quattro complete della sua opera sinfonica. E’ musica francamente descrittiva. Schumann arrivò nella renana città di Düsseldorf il 2 settembre 1850, accompagnato dalla moglie Clara e dai figli, per assumere l’incarico di Direttore Musicale Municipale, una carica alla quale aveva ambito per potersi completamente immergere nell’orchestra sinfonica ed affinare la propria conoscenza delle logiche musicali che la governano. Una lettera all’editore Simrock ci informa che le terre intorno al Reno sembrano aver effettivamente ispirato Schumann per la composizione di questa Sinfonia. Tradizionalmente si ritiene che il quarto movimento sia stato ispirato in particolare dalla cerimonia di investitura cardinalizia dell’arcivescovo Johannes von Geissel che ebbe luogo presso la cattedrale di Colonia ma la ricerca storica oggi confuta questa tesi. E’ vero che in calce al brano, sul manoscritto, Schumann appose la didascalia “Im Character der Begleitung einer feierlichen Ceremonie” [Nel carattere di un accompagnamento ad una cerimonia solenne], ma è anche vero che la citata cerimonia si tenne il 12 novembre 1850 e che il diario di Schumann, dettagliatissimo, indica che il compositore in quel giorno si sentiva poco bene ed era a Düsseldorf. Robert e Clara visitarono comunque la città di Colonia il 29 settembre precedente, ed il diario di Clara recita: “Domenica, il 29, abbiamo fatto un viaggio a Colonia, che ci ha incantati immediatamente, a cominciare dalla vista dal Deutz, e continuando con la particolarmente impressionante vista della grandiosa cattedrale, che ad un esame più attento ha superato ogni nostra aspettativa… Dopo mangiato… siamo andati al Belvedere, dove abbiamo goduto di una splendida veduta del Reno (…)”. In ogni caso Schumann cancellò il titolo dal quarto movimento perché “non si dovrebbe mostrare il cuore alla gente, poiché l’impressione generale di un’opera d’arte è più efficace. In questo modo, almeno, l’ascoltatore non stabilirà assurdi nessi nella sua mente”.
Al di là di ogni considerazione storica, la Sinfonia “Renana” rimane un lavoro di grandi dimensioni, generalmente pervaso da un ottimismo certamente legato alla nuova fase della vita che la famiglia Schumann si apprestava a cominciare, e comunque il primo lavoro sinfonico della produzione più matura del compositore, musica veramente sinfonica sopra ogni giudizio negativo che ha sempre gravato riguardo alla sua strumentazione.
Schumann schizzò il materiale fondamentale della Sinfonia e redasse la partitura completa nello spazio di un mese circa, dagli inizi di novembre al 9 dicembre 1850, così come recita accuratamente il suo prezioso diario. Dagli appunti che vi sono inseriti sappiamo anche che prima stesura e redazione definitiva dei singoli movimenti non si succedettero come di norma ma che il compositore lavorò contemporaneamente sugli schizzi e sulla partitura finale, dato singolare nella biografia di Schumann. La cronologia del diario mostra un lavoro febbrile, intenso e concentrato principalmente sul primo movimento (dall’Halthausbuch citato si evince chiaramente che quarto e quinto movimento vennero creati con grande celerità e che la sezione centrale del primo movimento fu soggetta ad un’estesa revisione strutturale). La prima esecuzione dell’op.97 ebbe luogo in Düsseldorf il 6 febbraio 1851 sotto la direzione dello stesso compositore. La Sinfonia era il primo brano in programma in quella serata, seguita da un’aria dalla “Creazione” di Haydn, un Concerto di Bach per tre clavicembali e archi, un’ouverture di Rietz, l’ouverture dal “Fidelio” di Beethoven e una selezione di Lieder. Schumann diresse dal manoscritto, e dopo la pubblicazione della partitura la Sinfonia venne eseguita subito a Colonia, Rotterdam, Lipsia (5 volte!), L’Aia, Dessau, Monaco, Anversa, Amburgo e Utrecht, a testimoniare il favore con cui questa musica venne subito accolta.
Il primo movimento, Lebhaft, si apre senza introduzione con uno dei temi più vitali di Schumann, un grande slancio pieno di fiducia, forte e a piena orchestra, nel quale è facile leggere uno spirito positivo ed un entusiasmo non frequenti nella sua musica. La forma è quella tradizionale dei primi movimenti di sinfonia, una forma sonata divisa in tre sezioni principali e informata da due temi fondamentali, sempre però pronti a lasciare spazio a materiale melodico accessorio e comunque interconnesso. Il secondo tema si pone in opposizione al primo ed è preparato dal primo diradarsi della massa orchestrale, suoni più contenuti per far largo ad una melodia di oboi e clarinetti dal carattere intimo e sottilmente malinconico, nel piano, legato, una linea che torna su se stessa, un cerchio del tutto estraneo alla linea infinita del primo tema.
Sembra che lo Scherzo portasse originariamente il titolo di “Mattino sul Reno” e, anche se Schumann lo cancellò, di sicuro l’atmosfera generale è semplice e mattinale. Esso è contraddistinto da una melodia tagliata su un ritmo di danza allora molto in voga in ambiente popolare, il Ländler, il vero progenitore del valzer. Due brevi episodi, uno ritmico ed un altro più melodico presentato dal corno (a pistoni!) concorrono a rendere più dinamico lo Scherzo, ma la melodia principale sembra farsi carico anche del nuovo materiale e ci conduce alla conclusione attraverso un progressivo allontanamento e rarefazione dei suoni, come una scena di vita contadina vista da una barca che si allontana.
Il terzo movimento, Nicht schnell, è un breve e grazioso interludio lirico collocato nella posizione normalmente assunta dal tradizionale movimento lento in forma di Lied della sinfonia classica. Esso è basato su due temi principali, uno presentato in apertura dal duetto dei clarinetti e l’altro dal gruppo delle viole diviso in due sottosezioni su un controcanto del violoncello solo. E’ un brano splendido, dalla dimensioni affatto imponenti e tutto giocato su dinamiche oscillanti tra il piano e il ppp.
A questo punto la forma sinfonica canonica prevedrebbe un movimento finale, ma Schumann, per le ragioni descrittive suesposte decise di inserire un movimento accessorio, Feierlich [Solenne] dal carattere maestoso ed indubbiamente affine all’impressione che la gotica cattedrale di Colonia poteva esercitare su un visitatore della prima metà dell’Ottocento. Proprio a sottolineare la solennità di questa musica Schumann introdusse tra gli strumenti tre tromboni il cui suono così particolare ed “antico” risulta particolarmente adatto. Sono proprio questi ottoni, affiancati dai corni, ad enunciare il tema su cui si fonda l’intero movimento, una melodia di sapore fortemente arcaicizzante intorno alla quale Schumann crea un ordito contrappuntistico molto complesso, arcaico esso stesso per metodi e sonorità, a raffigurare una musica moderna per orchestrazione ma antica nell’assunto.
Conclude la Sinfonia un finale Lebhaft dai toni di una festa popolare brillante e piena di vita, alla fine del quale un trionfale ritorno della musica chiesastica colloca un sigillo sereno ed ottimista.
American Horn Quartet:
David Johnson – Charles Putnam – Kerry Turner – Geoffrey Winter
Costituito nel 1982 da quattro americani che ricoprono il ruolo di primo corno in quattro diverse orchestre europee, l’ensemble si impone immediatamente nei maggiori concorsi internazionali, vincendo, tra gli altri, il Primo Premio al Philip Jones International Brass Chamber Music Competition di Barcs (Ungheria), al Notamus International Chamber Music Competition di Bruxelles e al Seventh Tokyo International Chamber Music Competition. Negli anni tiene numerose tournée in Europa, Giappone, Hong Kong, Canada e Stati Uniti, riscotendo ovunque enorme successo, anche grazie ad un repertorio vastissimo che non si limita alla musica storicamente composta per il corno, ma si apre ad arrangiamenti e trascrizioni di musiche appartenenti a strumenti, generi e tradizioni musicali molto diversi. Non mancano, inoltre, composizioni originali degli stessi membri del Quartetto. Vasta la discografia del gruppo che ha partecipato anche ad un gran numero di produzioni televisive.