Le date
Giovedì 23 febbraio, ore 21
Teatro Dal Verme
Sabato 25 febbraio, ore 17
Teatro Dal Verme
Domenica 26 febbraio
Brescia – Teatro Grande ore 21
V – Viaggio con Mozart:Concerto per l’Incoronazione
Direttore:
Christoph Poppen
Pianoforte:
Maurizio Baglini
Soprano:
Barbara Bargnesi
Lettore:
Sandra Zoccolan
Orchestra:
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Programma:
Wolfgang Amadeus Mozart (Salisburgo, 1756 – Vienna, 1791)
Concerto per pianoforte e orchestra in re maggiore K.537 “Incoronazione”
Allegro
Larghetto
Allegretto
Recitativo “A questo seno deh vieni” e Aria “Or che il cielo a me ti rende” K.374 per soprano e orchestra (testo di G. de Gamerra)
Sinfonia in re maggiore K.385 “Haffner”
Allegro con spirito
Andante
Menuetto
Presto
Testo e adattamento Piero Rattalino
Il Concerto
note di sala a cura di Andrea Dicht
La Sinfonia Haffner, seppur composta su commissione del salisburghese Sigismund Haffner in occasione del conferimento delle agognate patenti nobiliari da parte del magnanimo Giuseppe II, è in realtà la prima delle sei sinfonie viennesi di Mozart, le ultime sei che compose. Redatta in fretta e furia tra il luglio e l’agosto del 1782, essa vide la luce in uno dei periodi più intensi della vita di Wolfgang, giorni pieni di angoscia e di aspettative collegate al suo imminente matrimonio con la discussa Constanze, nata Weber.
La vita sentimentale e coniugale di Mozart è sempre stata oggetto di molte discussioni, basate però più su illazioni che su dati concreti. Ciò è dovuto in massima parte alla carenza quasi totale di documenti scritti, i veri testimoni della storia, legati a Constanze, in particolare per quanto riguarda i nove anni di matrimonio che la legarono a Wolfgang. Una tradizione (anche filmografica) ci tramanda l’immagine di una donna fin troppo semplice, a tratti sordida, in ogni caso mai del tutto immune da accuse di interesse e premeditazione, ma probabilmente tutte queste caratteristiche sono da imputare più alla madre di Constanze che a lei stessa.
Che Mozart fu condotto a nozze a dir poco premature è un dato di fatto piuttosto incontestabile: mamma Weber, abile capocomico di una compagnia raffazzonata, la sua famiglia, quanto ben strutturata, era ben al corrente dell’interesse del giovane compositore per Aloysia, la sua figlia maggiore ed il miglior “affare” che la famiglia potesse offrire al bel mondo di uomini in età di matrimonio. Il rifiuto della bella Aloysia verso la proposta di Mozart in fin dei conti era stato ben visto dalla madre: Mozart era da molti considerato un genio ma la sua posizione non era affatto solida, Aloysia era di bella presenza, vantava doti canore rispettabili e tutto lasciava pensare che avrebbe potuto interessare uomini dalle possibilità ben piu concrete. Mozart, lasciata rocambolescamente la corte arcivescovile di Salisburgo, ormai ai suoi occhi una prigione insopportabile (un insieme di limitazioni invece da accettare, agli occhi del padre), giungeva a Vienna con un bagaglio fatto più di speranze che di argomenti. Stabilire quale potesse essere il suo vero peso nei confronti di potenziali nobili committenti per la sua musica è difficile, certo è che il suo nome circolava nella capitale già da anni, ed anche in ambienti imperiali. Sotto molti punti di vista Wolfgang poteva essere un buon partito, ma questa sua immagine un po’ infantile, questa sua ricerca affannosa di commissioni e di occasioni per accademie (i concerti pubblici a sottoscrizione privata del Settecento) davvero male si sposavano con quella solidità borghese che ormai si era ben affermata anche in Austria. In fondo si tratta di una visione del mondo, quella della Weber, non dissimile ad esempio da quella descritta da uno Joseph Roth o da un Karl Kraus seppur in piena finis Austriae, un mondo di funzionari, di stipendi, di rispettabilità basata sulla pubblica ed indiscutibile occupazione di un posto nella società.
Mozart andò a vivere in casa Weber, a Vienna, e la sua natura esuberante non tardò ad esprimersi nei confronti di Constanze, la figlia mediana dei Weber, ben meno appariscente della perduta e già altrimenti maritata Aloysia. Quanto si trattasse di un ripiego, è anche questo difficile da stabilire, ed ogni considerazione successiva deve scontrarsi con la caparbietà con cui Mozart sempre difese questa sua unione, nei confronti di tutti.
In tutto questo intreccio per la prima volta Leopold si trovò a vestire i panni del comprimario, un personaggio che ben poco si addiceva ad una personalità tanto illuminata quanto autocratica, in particolare per tutto quello che riguardava la condotta della carriera e della vita del prediletto figlio. Leopold Mozart fu ovviamente interpellato in vista di un consenso per il matrimonio, benedizione che negò recisamente e che venne sostituita in solido dalle finanze della baronessa von Waldstätten, separata e chiacchierata nobile quarantenne che aveva preso a cuore le sorti della giovane coppia, e molto in particolare quelle di Wolfgang. L’assenso di Leopold giunse, comunque, ma tardivo, accompagnato da poche righe di augurio da parte dell’adorata sorellina Nannerl, dopo la cerimonia in Santo Stefano ed il principesco rinfresco supplito dalla generosa baronessa. Perché mai Leopold si opponeva così fermamente a questo matrimonio? Le ragioni di Wolfgang espresse nelle lettere supplichevoli al padre sono indiscutibili, e si appellano più ai valori piccolo-borghesi di casa Weber che alle idee dei Mozart, e fu proprio questa ragione a provocare tanto malumore nel difficile genitore: Leopold conosceva bene suo figlio, le sue potenzialità artistiche, la sua indole giocosa, la profonda spiritualità che aveva già avuto modo di esprimere nelle sue opere. E’ difficile però immaginare quale avrebbe potuto essere la moglie di Mozart, sia per noi che abbiamo del compositore il profilo ricavato da ciò che ne abbiamo ascoltato, sia per suo padre. Una nobile? Scarse possibilità, anche perché quando anche Mozart fosse riuscito ad ottenere un incarico a corte sarebbe rimasto un dipendente, una livrea appena più curata di quella di un cameriere, un sottoposto quanto lo era il Kapellmeister Salieri. Forse una borghese di più elevata famiglia sarebbe stata più adatta, ma la gerarchia dei nuovi ricchi era tutta basata sulle sostanze, e anche in un’epoca di grande sensibilità artistica quale fu il XVIII secolo, il denaro difficilmente poteva unirsi alle sole belle speranze di un poco concreto musicista.
A giudicare dagli esiti e dalle notizie che ne abbiamo, il matrimonio di Mozart fu riuscito, e gli indicatori della temperatura di quell’unione nascono dalla stessa natura di una coppia che vedeva nel gioco e nella fisicità il proprio campo espressivo. Constanze, con ogni probabilità, non comprese mai in profondità l’uomo che aveva sposato, ma è arduo immaginare chi avrebbe potuto essere a quell’altezza. I posteri spesso hanno rimproverato alla ventenne Weibchen (tedesco per “mogliettina, donnina”, così amava chiamarla Wolfi) di non aver mai badato alle esigenze pratiche e quotidiane dell’altrettanto sbadato Mozart, ma è vero anche che per sua diretta ammissione Wolfgang era del tutto disinteressato a questi aspetti così prosaici dell’esistenza. Mozart aveva sì bisogno di essere coccolato, ma ne aveva altrettanto di coccolare, di “giocare” al marito che si prende cura dell’esserino debole, di condividere finalmente quell’aspetto della sua personalità, quello ironico e sagace, che lo aveva messo al riparo da un’infanzia complessa, una crescita che oggi non esiteremmo a definire traumatica.
Ciò che mosse mamma Weber verso il partito Mozart fu la commissione di un’opera da parte del Teatro dell’Opera di Vienna, un incarico importante anche se non duraturo, comunque foriero di ottimismo e di buoni auspici. Mozart compose un Singspiel, il “Ratto dal Serraglio”, una piéce teatrale composta da musica e dialoghi recitati, in pieno ossequio alle esigenze giuseppine di creare un’opera nazionale in grado di reagire all’avanzata inesorabile dei gusti teatrali francesi ed italiani. Mozart colpì nel centro, solo nel 1782 le repliche furono quindici e l’anno successivo lo spettacolo fu richiesto a Praga ed in gran parte della Germania. Nel frattempo da Salisburgo, tra le tuonanti parole di sdegno di Leopold sulle recenti decisioni maritali del figlio, arrivava anche la commissione di una Serenata, un brano celebrativo per gli Haffner. Il lavoro cominciava ad essere davvero molto ma l’opera aveva di certo la preminenza, e Wolfgang, a volte accorto osservatore della realtà, passava notti intere anche a trascrivere per soli fiati l’opera, “prima che qualcun altro lo faccia e ci guadagni”! La cerimonia di investitura di Haffner ebbe luogo con una partitura incompleta da parte di Mozart, l’Andante e i minuetti (originalmente erano due) arrivarono a cose fatte. Leopold completò la commissione riutilizzando la marcia che lo stesso Wolfgang aveva composto per una precedente Serenata per le nozze di Sophie Haffner, la figlia di Sigismund.
Sei mesi più tardi Mozart ebbe di nuovo bisogno di una sinfonia, per una serie di concerti che avrebbero dovuto presentarlo in grande stile. Il 5 febbraio del 1783 chiese indietro la partitura a suo padre e con pochi tocchi trasformò la Serenata in una Sinfonia: soppresse la vecchia marcia ed uno dei minuetti, aggiunse flauti e clarinetti all’orchestra ed il gioco era fatto. Anche stavolta fu un successo; così scrisse il Magazin der Musik “Nessun qui ricorda un più grande esempio di acclamazione, sia dall’Imperatore che dal pubblico”, e così il compositore corrispose al padre “Il teatro non poteva essere più pieno, e tutti i palchi erano occupati… Ma ciò che più mi ha fatto piacere è che Sua Maestà l’Imperatore era presente, e che era molto compiaciuto, e che sonoro applauso mi ha dedicato!… E’ sua abitudine lasciare il denaro al botteghino prima di entrare in teatro, altrimenti avrei potuto aspettarmi ben di più da lui, tanta era la sua soddisfazione… Mi ha lasciato venticinque ducati”.
Questa era la situazione che Mozart visse al suo definitivo insediamento a Vienna, ed il suo ottimismo ci sembra del tutto giustificato. L’atmosfera festiva della serenata resta intatta nella sinfonia, in ogni pagina della partitura, e la cura del cesello (in particolare nell’Andante e nel Menuetto) ci mostrano un musicista nel pieno controllo della propria arte. Il giudizio storico ha sempre teso a sottolineare le peculiarità dell’ultima triade di sinfonie di Mozart, tre mondi collegati a formare un sunto della sua idea sinfonica, ma la conoscenza più approfondita che oggi abbiamo della biografia mozartiana e del corpus della sua opera ci permette forse di estendere questo trittico a quello precedente, aperto dalla Haffner. Il Mozart di questa sinfonia è quello della pienezza dello spirito, e quello delle ombre paterne diradate, è quello che precede le tristezze di un’improvvida ed infelice visita della coppia Stanzi-Wolfi a Salisburgo. Mozart è sereno come poche volte ebbe la fortuna di esserlo prima e dopo il suo arrivo nella città delle speranze, un Mozart che, nonostante i capolavori spirituali che ci ha regalato nei suoi momenti più bui, avremmo voluto vedere più spesso all’opera.
Il Cast
Direttore: Christoph Poppen