«Johann Strauss era a Vienna lo zar di tutte le gambe. […] Era l’ambiente che aveva creato lui, o era lui che aveva creato l’ambiente? Chi lo sa?»
Il Cast
Direttore Alessandro Bonato
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Note di sala
Johann Strauss jr.
Kaiserwalzer op. 437
Auf der Jagd. Polka op. 373
Im Krapfenwald’l. Polka française op. 336
Joseph Strauss
Jockey-Polka. Polka schnell op.278
Johann Strauss jr.
Die Fledermaus. Ouverture
Vergnügungszug. Polka schnell op. 281
Joseph Strauss
Feuerfest. Polka française op. 269
Johann Strauss jr.
1001 Nacht. Walzer op. 346
Éljen á Magyar! Polka schnell op. 332
Unter Donner Und Blitz. Polka schnell op.324
An der schönen blauen Donau. Walzer op. 314
Belle époque
«Johann Strauss era a Vienna lo zar di tutte le gambe. […] Era l’ambiente che aveva creato lui, o era lui che aveva creato l’ambiente? Chi lo sa?». Se lo chiedeva il periodico «Scena illustrata» dopo che il 6 giugno 1899 una folla imponente aveva accompagnato al Cimitero centrale la salma del “re del Valzer”. Johann Baptist Strauss (figlio per distinguerlo dall’omonimo padre) si era spento a 73 anni al termine d’un secolo, l’Ottocento, cui la sua musica aveva prestato una veste sonora splendida, divenendone icona universalmente riconosciuta. Il secolo borghese, le cui «magnifiche sorti e progressive» Leopardi aveva guardato con disincanto, rinveniva nella produzione straussiana, unicamente musica d’intrattenimento, soprattutto da ballo, la trasfigurazione artistica dell’energia, della vitalità, della visione edonistica e ottimistica dell’esistenza che, superata la rivoluzione del Quarantotto (Strauss aveva debuttato nell’ottobre 1844) si avviava a celebrare i fasti della belle époque, prima che l’altra batosta, ben più traumatica, della Grande Guerra precipitasse l’Austria e l’Europa tutta nel drammatico Secolo breve.
Intanto però, nel quarto di secolo coperto dalla musica in programma (1864-1889), Vienna è in piena espansione. Orfana dal 1827 di Beethoven, rifondata con l’innalzamento attorno alla nuova cintura della Ringstraβe d’una serie di edifici monumentali, ritrova una vita musicale palpitante: nel 1863 Brahms assume la direzione della Singakademie, nel 1866 va in scena Cavalleria leggera di Suppé, nel 1868 Bruckner è nominato docente al Conservatorio, nel 1869 s’inaugura la nuova Opera di Corte. Come nella Parigi di Offenbach, la civiltà dell’intrattenimento leggero, voce d’un insopprimibile desiderio di evasione, alimentata nella prima metà del secolo da Johann Strauss padre (autore nel 1848 della celeberrima Marcia di Radetzky) e dal socio Joseph Lanner, conosce uno sviluppo prodigioso. Un repertorio originariamente destinato all’organico essenziale di due violini e chitarra, da suonarsi nelle bettole, con la generazione di Strauss sn. conquistò i saloni delle feste e persino la Corte imperiale. Il fondamento è costituito da poche danze fortunate, due soprattutto, pilastri di quel repertorio e anima del nostro concerto: il valzer, già citato nel 1787 e plausibilmente derivato dal Ländler, e la polka, danza rapida di origine boema nota a Vienna dal 1839, evolutasi negli anni Cinquanta nelle varianti più aggraziata (polka française) o ancor più veloce (polka schnell), chiamata a Parigi galop.
Fu in particolare Strauss figlio a conferire a quel repertorio la dignità artistica di composizioni sinfoniche degne d’una sala concerto, con ambizioni da musica d’arte, sviluppando l’Introduzione e la Coda, curando invenzione melodica, armonia e orchestrazione, dimostrando un gusto, un astuto dosaggio degli effetti e un sicuro magistero compositivo riconosciutigli dallo stesso Brahms, poco propenso ai complimenti. Onnipresente nel celebrare qualsiasi evento pubblico in mezzo secolo di vita viennese, godette già in vita d’un successo consolidato da tournée internazionali dalla Russia agli Stati Uniti (il 7 maggio 1874 diresse anche qui, al Teatro Dal Verme) che gli valsero il nomignolo di “re del valzer”. Quando nel 1895 l’anziano Verdi ricevette lo spartito del Guntram del giovane e in Italia ancora quasi sconosciuto Richard Strauss, chiese a Ricordi se si trattasse dell’«autore dei Valzer». Delle centinaia di titoli (ben 479 numeri d’opus) pubblicati da Johann Strauss jn., il florilegio odierno offre un campione assai vario. Apre un autentico capolavoro, quel Kaiserwalzer dedicato all’imperatore Francesco Giuseppe, presentato il 21 ottobre 1889 in occasione del (fatale) abbraccio con la Germania guglielmina. Pagina monumentale, coniuga genialmente l’ambizione sinfonica della grande occasione e il carattere pubblico, manifestati dall’ampia introduzione a tempo di marcia e dall’evidenza del tamburo militare, con il lirismo suadente della melodia principale, dall’allure nobilissima e travolgente. An der schonen, blauen Donau (1867) propone una sintesi prodigiosa di dolcezza, sensualità ed energia, originariamente con l’apporto del coro, committente il Wiener Männergesang-Verein (“Associazione corale maschile viennese”), e immediatamente salito alla ribalta internazionale nella versione esclusivamente orchestrale presentata quell’anno stesso all’Esposizione universale di Parigi e poi a Londra. Non meno interessante è la genesi di altri due numeri: la frizzante polka schnell Vergnügungszug, la pagina più antica in programma, presentata il 19 gennaio 1864 al Redoutensaal della Corte per il ballo di carnevale delle Associazioni industriali, in omaggio al turismo ferroviario proposto dalla compagnia Südbahn; e l’accattivante, ampio e sfaccettato 1001 Nacht. Walzer, realizzato da Strauss nel 1871 sfruttando per l’ennesimo ballo viennese temi della sua coeva, prima operetta, Indigo und die vierzig Räuber. Trascorrono come un lampo le polke veloci Auf der Jagd (1875), brillante e leggera, Eljien a Magyar! (1869), il cui sapore ungherese, evidente sin dall’attacco, tradisce la genesi del lavoro, dedicato alla nazione ungherese in vista di concerti in una nuova grande sala di Budapest, e Unter Donner und Blitz (1868), dal passo rapido e dall’eloquio arguto. Meno frenetica la polka Im Krapfenwald’l (1869), caratterizzata dal tocco spiritoso del cucù e da altri richiami ornitologici. Arricchisce il concerto – in cui non mancano due polke, la française Feuerfest! (1869) e la schnell Jokey-polka (1871), di Josef Strauss, il fratello minore con cui il re del valzer operò a lungo in associazione – l’ouverture dell’operetta forse più celebre tra le quindici composte, Die Fledermaus (1874), la cui prorompente vitalità anticipa, tra le altre, due pagine memorabili, uno dei più irresistibili valzer straussiani, coronamento dell’atto II, e un’altra, bella melodia alata esposta dall’oboe.
Raffaele Mellace