MUSIC CLUB # 4 - Teatro Dal Verme

Le date

Sala Grande
martedì 13 dicembre 2011
Ore: 21:00

La seconda tappa che Music Club dedica al panorama italiano è con la proposta originale di un cantautore come Gianmaria Testa, alle prese con il nuovo lavoro, “Vitamia”, undici canzoni tutte da scoprire

Biglietteria

BIGLIETTI

Platea € 20,00 + prevendita

Balconata € 15.00 + prevendita

Il Cast

GIANMARIA TESTA, voce e chitarra

Roberto Cipelli – pianoforte
Giancarlo Bianchetti – chitarre
Claudio Dadone – chitarre
Nicola Negrini – contrabbasso e basso elettrico
Philippe Garcia – batteria

Note di sala

Vitamia Tour

Frutto tardivo della migliore scuola della canzone d’autore nostrana, Gianmaria Testa approda al primo lavoro discografico, Montgolfières, all’età di trentasette anni, per un’etichetta francese che ha deciso di investire su di lui dopo le belle affermazioni al festival di Recanati, dove è stato premiato nel 1993 e nel 1994: e ci vorrà qualche tempo prima di trovare i giusti riconoscimenti anche in patria.

Il primo disco nato in Italia è Il valzer di un giorno del 2000, che gli spiana la via a soddisfazioni sempre maggiori, mentre un po’ alla volta abbandonerà definitivamente il mestiere di capostazione a Cuneo, per il quale viene soprannominato ‘il ferroviere cantautore’. Amato Oltralpe quanto in Italia, oggi Testa è un artista maturo, che ha mostrato anche in campo teatrale il suo valore, dalla divertente prova in Guarda che luna, ispirato a Fred Buscaglione (con Banda Osiris, Rava, Bollani…) al legame umano e di palcoscenico con Giuseppe Battiston.

A cinque anni di distanza da Da questa parte del mare,  il disco dedicato interamente al tema delle migrazioni moderne vincitore della Targa Tenco 2007,  il 17 ottobre 2011 è stato pubblicato  il nuovo lavoro discografico di Gianmaria Testa, Vitamia.

Undici tracce che rappresentano una riflessione personale e sociale lunga 50 anni, 18 mila giorni (come recita il titolo di una delle canzoni dell’album).

Vitamia racconta un Gianmaria Tessta meno conosciuto: l’autore che lascia spazio alla veste musicale e al piacere di suonare, esaltando l’alternanza dei piani e dei forti.

Suonato tutto in diretta e insieme in studio in una settimana, si caratterizza per la presenza di un nucleo forte e compatto di musicisti che da molto tempo collaborano con Gianmaria: Claudio Dadone alle chitarre (autore anche di alcuni arrangiamenti e partecipante attivo al lavoro di pre-produzione artistica insieme a Gianmaria Testa e Paola Farinetti), Giancarlo Bianchetti sempre alle chitarre, Nicola Negrini al contrabbasso, Philippe Garcia alla batteria e Roberto Cipelli al pianoforte (autore dell’arrangiamento degli archi su Lele).
Colpiscono le chitarre elettriche, che non di rado cercano la distorsione; colpisce l’assenza dei fiati, se si fa eccezione per il trombone quasi elettrico di Petrella, e si tratta di novità non di poco conto, pensando alla storia musicale di Gianmaria Testa.

Dal punto di vista tematico, a ben guardare, possiamo individuare tre filoni: quello infantile caratterizzato da almeno due episodi “Aquadub” e La Giostra; quello più incentrato sul sociale con Cordiali saluti, Sottosopra20 mila leghe (in fondo al mare), canzone-operina che però si riallaccia per la forma sia musicale che linguistica con la quale è stata realizzata al filone infantile di cui si parlava prima; infine il filone più intimo, sentimentale e anche più caratteristico per Gianmaria con 18 mila giorni, Di niente metà, Lasciami andare, Lele, Nuovo, Dimestichezze d’amor.

Come ultima traccia una canzone immaginifica e surreale come La Giostra che rappresenta un po’ la firma dell’intero disco, quasi a dire che è di una giostra che in fondo si è qui raccontato; la musica si chiude in crescendo con un’insolita e gioiosa fanfarina realizzata solo con strumenti a corde e inaspettatamente senza fiati.

Vitamia è prodotto da Paola Farinetti. E’ distribuito in Italia da Egea Records e nel resto del mondo da Harmonia Mundi – Le Chant du monde.

 
Una volta un amico mi ha detto -prova a contare la vita in giorni invece che in anni, vedrai come cambia la prospettiva -. Aveva ragione, tutto si accorcia e si rimpicciolisce. Il giorno è una dimensione minima e quasi misurabile in respiri. Gli anni al confronto sono un tempo metafisico, anche se pure loro adesso mi passano alla velocità della luce. Così questo disco doveva chiamarsi 18000 giorni perché quella era l’età che avevo quando ho cominciato a pensarci. Poi i giorni sono diventai 19000 e più, il materiale non era pronto e ho rinunciato a quel titolo.

Si chiama “Vitamia”, tutto attaccato per un po’ di ragioni fra le quali il fatto che non c’è nessuna pretesa riassuntiva, nessun bilancio in corso d’opera. Ci sono degli appunti sul passato, sul presente e perfino una sommessa e laica invocazione per il futuro, quella sì intitolata “18000 giorni” e dedicata a Erri De Luca per fraterna amicizia e perché lui insieme ad altri ha provato a un certo punto a immaginare un futuro diverso.

La gestazione quindi è stata lunga e questo non è naturalmente garanzia di buona riuscita, però ha permesso una specie di sedimentazione consapevole e soprattutto condivisa.

Perché se è vero che un disco è sempre un’avventura collettiva non necessariamente diventa qualcosa di condiviso. In questo caso invece sia nel lavoro di pre-produzione con Paola Farinetti e Claudio Dadone, sia poi nelle prove e durante la registrazione, ogni singolo musicista ha dato un apporto creativo importante e molto superiore al semplice suonare.

Sette delle undici canzoni di Vitamia sono state scritte per lo spettacolo teatrale “18000 giorni – il pitone” nel quale Giuseppe Battiston e io stesso abbiamo portato in scena un monologo di Andrea Bajani sul tema del lavoro. Anche a loro, Giuseppe e Andrea, così come al regista Alfonso Santagata questo disco è in qualche misura debitore. Al libro di Bajani “Cordiali saluti” è poi ispirata l’omonima canzone presente nel CD.

Sono passati 5 anni dall’ultimo mio disco di inediti “Da questa parte del mare”, un tempo lungo mi dicono quelli che si intendono di scadenze. Io rimango persuaso che un disco si fa quando si pensa di avere qualcosa da raccontare, soprattutto a se stessi. In questi anni complicati mi è stato difficile anche scrivere sommerso com’ero da un’unica assordante domanda: PERCHE’?

Gianmaria Testa